Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: ermete    19/01/2014    7 recensioni
Questa sarà una raccolta di diversi tipi di flash fic: le prime 3 sono reaction-fic alla terza stagione, mentre le altre saranno storielle scemine ispiratemi da gif e fanart varie. Sarà spessissimo presente il tema degli animali (Sherlock gatto per la maggiore XD). Accetto eventuali prompt! Nel capitolo 1 sposterò l'indice :3
Note: johnlock e tomcroft forever
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
***Buona sera bimbe! Nulla da dire a riguardo se non che sarà la prima e non ultima reac-fic sul rapporto fraterno dei miei adorati Mycr e Sherl! E basta così °.° tanti BACI!!!***
 
 
Rating: verde
Personaggi: Mycroft, Sherlock
Genere: missing moment, introspettivo
Scena di riferimento: Mycroft che va a recuperare Sherlock in madre patria serba *forte accento russo* e conseguente scena sull’aereo del ritorno
 
 
 
 
 
Don’t get involved: caring is a disadvantage
 
 
 
Un pugno.
Sherlock.
Un altro pugno. Dopo un'ora di frustate e sprangate sulla schiena.
Sherlock...
Una ginocchiata in pieno stomaco, mani che si aggrappano alle catene.
Sherlock. Quando pensi di dirgli di quella sua insignificante mogliettina fedifraga in modo che si allontani e io possa portarti lontano da qui?
Il pugno chiuso e sporco di sangue si ferma in aria.
Finalmente.
 
Non fu tanto la motivazione magistralmente pensata da Mycroft a permettergli di uscire da quel bunker con un prigioniero che non era neanche ammanettato. Fu il suo carisma, il suo sguardo intimidatorio contro cui le guardie non poterono far altro che annuire senza possibilità di replica. Gli tennero persino la porta aperta.
E fu quando salirono sull'elicottero camuffato dell'MI6 che Mycroft poté finalmente dismettere la maschera che aveva dovuto indossare durante quei mesi sotto copertura e tirare un sospiro di sollievo. Si voltò verso un silenzioso Sherlock e quando fece per accompagnarlo verso il sedile più vicino, finì col cadere a terra laddove, forse per un calo di adrenalina, forse per la stanchezza fisica, finì col franare anche il fratello minore.
"Sherlock." poté chiamarlo, finalmente, Mycroft, che si affrettò ad afferrarlo per il busto e a farlo sdraiare sulle proprie gambe con la parte superiore del corpo "È tutto finito, Sherlock. Ora sei salvo."
Sherlock si risvegliò da quel breve svenimento e impiegò qualche istante per ricordare che era riuscito a scappare da quei terroristi serbi e che vi era riuscito grazie anche all'aiuto inaspettato del fratello. Sussurrò il suo nome e si irrigidì appena quando capì di trovarsi tra le sue braccia.
Oddio, oddio, oddio.
Si agitò un poco, ma solo Mycroft avrebbe potuto capirlo, giacché il suo stato ansiogeno era palesato solo dalla respirazione che era aumentata leggermente e da repentini e rapidissimi movimenti delle pupille. Ma così come era trasalito, iniziò anche a calmarsi sensibilmente nel vedere il viso del fratello che era il ritratto del sollievo e della calma.
Mycroft...
Sherlock inspirò a lungo trovando in quel modo la calma che andava cercando. Era salvo e vedeva il volto di suo fratello dopo due anni trascorsi allo sbaraglio, lontano da Londra, lontano da John, lontano dal suo stesso sangue.
Mycroft sorrise quando vide il fratello calmarsi e non accennò a volerlo lasciare andare: non c'era nessuno di fronte al quale mantenere le apparenze, nessuno che avrebbe visto che lui era l'irreprensibile e inattaccabile Uomo di Ghiaccio con tutti tranne che con la persona che, al mondo, era per lui la più importante.
Fratellino mio.
Il maggiore degli Holmes alzò la mancina sul volto di Sherlock scostando quei capelli lunghi e sporchi che stonavano così tanto con l'idea che aveva del proprio fratello: elegante, testardo, acuto. Gli bastò una rapidissima occhiata al torace nudo di Sherlock per capire quante ne avesse passate e pensò che no, non era giusto che avesse sofferto così tanto per un solo uomo, per John Watson. Ma lo tenne per sé, quel pensiero, perché sapeva anche che era stato proprio il pensiero di John Watson ad avergli dato la forza di combattere e di rimanere in vita. Un detestabile ossimoro: la ragione per cui il suo piccolo Sherlock era in quelle condizioni era anche la stessa per la quale era, fortunatamente, in quelle condizioni anziché tre metri sotto terra.
Che odio.
La bocca di Sherlock era impastata dal sangue e dall'arsura, quindi le prime parole che pronunciò, furono un sussurro che Mycroft riuscì ad intuire solo grazie al labiale che lesse sulle labbra emaciate del fratello. Annuì, quindi, avvicinando una bottiglietta d'acqua alle sue labbra: lo aiutò a bere e lo tenne stretto pur stando attento a non premere troppo sulle sue ferite "Sì, Sherlock. Mamma e papà stanno bene."
Il tuo nome. L'ho taciuto per due anni. Non poteva essere pronunciato. Ma ora posso dirlo ad alta voce.
"Sherlock." si lasciò infatti fuggire e il più giovane degli Holmes lo guardò con uno sguardo stanco, ma sempre attento. Mycroft sospirò appena e gli sorrise. Non esibiva mai quel tipo di sorriso: non era finto, non era tirato, non era sarcastico. Era un sorriso piccolo, ma sincero. "Non appena atterreremo a Londra cureremo le brutte ferite che hai sulla schiena. E taglieremo barba e capelli."
Sherlock bevve ancora un sorso d'acqua e ruotò lentamente su un fianco, appoggiando la fronte sull’addome di Mycroft “Perché, non sto bene così?”
“Certo. Sei incantevole.” sussurrò Mycroft sarcastico e sorrise di rimando all’inarcarsi delle labbra di Sherlock. Chiuse poi gli occhi e quando li riaprì gli parve di avere tra le braccia il proprio fratellino quando aveva poco più di dieci anni. Gli piangeva il cuore ammetterlo, ma era così che lo vedeva spesso: un bambino spaventato e indifeso che cerca in tutti i modi l’approvazione di un amico.
Scosse appena il capo e ciò che vide fu nuovamente Sherlock, adulto, coperto di ferite. Si tolse il cappotto e glielo posò addosso. Perché la coperta che gli avevano dato non era sufficiente. Perché non voleva più vedere quelle ferite.
“Come stai?” chiese poi Sherlock, stringendosi nel cappotto di Mycroft: inspirò forte quel profumo familiare e per la prima volta nel corso degli ultimi due anni, non si sentì solo. Uno specchio all’interno del suo Palazzo Mentale parlò per lui.
Mi sei mancato.
Mycroft continuò a cullare Sherlock perché non sapeva se avrebbe mai avuto l’occasione di essere così vicino al proprio fratellino ancora una volta: una volta atterrati a Londra sarebbero tornati i soliti scontrosi, sarcastici fratelli Holmes. Ma ora erano in cielo, una zona franca in cui potevano esprimere un’infinitesima parte di quella cosa chiamata affetto, a cui nessuno dei due sembrava voler dar retta nella propria vita.
Alzò cautamente il pollice della mancina e andò ad accarezzargli lo zigomo contuso con inaspettata delicatezza “Annoiato.” confessò come risposta per quella domanda così convenzionale da risultare speciale, tra loro due “Senza Sherlock Holmes che combina guai in giro per Londra, quella città non è più la stessa.”
Mi sei mancato anche tu.
Sherlock sorrise ad occhi chiusi e si rannicchiò ancor meglio addosso al fratello “Devi proprio trovarti qualcuno, Mycroft.” mugolò e inarcò le spalle per testare la sopportazione al dolore che quelle ferite gli infliggevano e concluse che, tutto sommato, aveva patito di peggio. E poi c’era i il profumo di suo fratello che gli rilassava i nervi: in quei due anni aveva affinato ancor meglio i sensi, discriminando con maggior sensibilità la provenienza e divenendo ancor più selettivo riguardo i propri gusti. E il profumo di Mycroft… era così familiare, così dolce rispetto a quelli che aveva più volte subodorato addosso a quei grezzi uomini dell’est europeo.
Mycroft rise leggermente “Non esiste nessuno che sia alla mia altezza, Sherlock.” avvicinò poi la propria mano al viso di Sherlock: ricordava che fin da piccolo aveva mostrato una sensibilità particolare verso gli odori, quindi gli offrì quella piccola parte di sé che sembrava rilassarlo molto.
Sherlock mugolò di autentico piacere nello strofinare il viso sul palmo e sul dorso della mano di Mycroft: ad ogni boccata che tirava, gli sembrava di sentire sempre meno dolore. Trovò così la forza per rispondergli “Non deve essere necessariamente alla tua altezza.”
Il sorriso di Mycroft, a quel punto, fu leggermente più amaro: non era passata neanche mezzora e stava già parlando di John. Se John non fosse esistito, forse Sherlock sarebbe morto, certamente, ma non avrebbe mai sofferto un dolore che andasse oltre quello fisico. Cosa sarebbe stato meglio, a quel punto? Mycroft, dall’alto della sua pragmaticità e del suo ascetismo, era molto sicuro della risposta che, però, sembrava non coincidere con quella del fratello.
Mentre lasciava la propria mano in balia di quelle di Sherlock, Mycroft cercò di trattenere tutto il proprio astio nei riguardi di John e si sforzò di rispondere in maniera del tutto tranquilla “Non è il genere di cose con cui amo dilettarmi, Sherlock, lo sai come la penso.”
Sherlock aprì gli occhi resi lucidi dalla stanchezza e dal dolore e osservò Mycroft tra l’indice e il medio della sua stessa mano che teneva ancora appoggiata sul viso “Anche io ero così, poi sono cambiato.”
Mycroft strinse un poco le dita attorno al viso di Sherlock, memore di quanto quella moina lo divertisse quando era solo un bambino “Ti sembra di essere cambiato in meglio?” gli chiese, poi, cercando di sembrare il più neutrale possibile.
No. Sherlock. No.
Sherlock mugolò divertito e, pur spostando la mano di Mycroft dal proprio viso, la tenne vicino a sè, ancorata con entrambi i propri palmi “Ho scoperto cose nuove.”
Mycroft, se solo tu provassi a capire...
“Nuovo dolore.” rispose Mycroft, subito, quasi avesse previsto le parole del fratello.
No. Caring is a disadvantage.
“Non è solo dolore.” sussurrò Sherlock, a sua volta conscio della risposta che gli avrebbe dato il fratello.
Mycroft…
Se fosse stato un altro momento, Mycroft avrebbe perorato la propria causa all’infinito. Fino a convincere per Sherlock, fino a prenderlo per sfinimento. Ma non era quello il momento. Sospirò e lo strinse un poco con il braccio libero, lasciandogli l’altra mano come sostegno olfattivo ed emotivo “Riposati, fratellino. Ne hai bisogno.”
E Sherlock lo fece. Chiuse gli occhi e si assopì addosso a Mycroft in un tempo paragonabile a tre battiti di ciglia.
Mycroft rimase fisso ad osservarlo per tutto il tempo del volo, controllando ogni piccolo spasmo, quei nervi che, rilassandosi, muovevano i muscoli in piccoli tic. Rimase immobile con la mano imprigionata tra quelle di Sherlock, soddisfacendo il tatto che da molti anni non aveva avuto l’onore di sentire Sherlock. Restò fermo ad ascoltare il respiro del fratello fino a che non riuscì a sincronizzarlo col proprio. Restò fermo ad udire i mugolii che gli uscivano leggeri dalla bocca ogni qual volta provasse anche solo una stilla di dolore. E restò inamovibile anche nel percepire i battiti di quel cuore tanto forte quanto fragile pompare grazie al preterintenzionale volere di un uomo il cui nome non era stato pronunciato a voce da Sherlock, ma la cui identità si leggeva chiaramente su quel viso stanco, emaciato, ma quanto mai coinvolto.
Non farti coinvolgere: tenere a qualcuno è svantaggioso.
E Mycroft lo sapeva bene, si diceva, mentre si godeva l’ultima ora di volo con le braccia piene del proprio fratellino riportato in patria sano e salvo. Perché, in fondo, nessuno al mondo era coinvolto quanto lui. E perché nessuno al mondo, e ne era sicuro, teneva a Sherlock Holmes tanto quanto ci teneva lui.
 
 
 
 
 
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: ermete