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Autore: REDRUMILLA_    19/01/2014    3 recensioni
Harry Styles e Louis Tomlinson sono due ragazzi tutto fuorchè normali. Harry è un indeciso cronico, si aggrappa a chi gli è vicino per vivere e, pur provando in tutti i modi a dare una ragione a tutto quel vuoto che sente dentro di lui più passa il tempo e più si sente inadatto, solo, incompreso.
Louis invece é un ragazzo rabbioso, incazzato con il mondo, con il padre drogato e alcolizzato, con la vita che gli ha giocato un brutto scherzo. Il bullo della scuola, quello che tutto ammirano per la bellezza ma disprezzano per lo spinoso carattere da duro. L' unica cosa in comune che questi due esseri così diversi hanno è un semplice, quanto contorto rapporto di familiarità. Sono fratelli.
Come puó complicarsi ulteriormente un rapporto ormai compromesso? Come puó peggiorare l'irrecuperabile?
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[Larry] [Successivamente Ziam]
Se siete sensibili o facilmente influenzabili evitate di aprire!
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Violenza
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(Non so quanto possa essere utile il riassunto visto che ho aggiornate abbastanza velocemente, quindi non ci sarà in questo capitolo..)
 

Buona lettura, 
Capitolo 9: Foglie secche


Harry Styles
 

“Harry”.

Mia mamma era fissa davanti a me, i suoi stanchi occhi verdi sui miei. Mi fissavano severi, intransigenti, impassibili, pronti ad estrapolare dalle mie iridi una qualsiasi motivazione. Una spiegazione per la mia inspiegabile trasgressione.
Non avevo mai dato particolari segni di ribellione, alla fine non ne avevo mai avuto il motivo.
Quando mio fratello se ne andò ero troppo piccolo per ribellarmi e quando crebbi fui troppo occupato ad odiarlo.
Proprio per questo, scappare con i suoi soldi, chissà dove, senza dare spiegazioni, non riusciva a spiegarselo.
Mi immagino come per più di un giorno, praticamente due, riducendo i miei rapporti con lei al minimo, ero riuscito a scamparle.
Ero riuscito a far passare il tutto come qualcosa di cui non volevo dare e non avrei mai dato una spiegazione.
Ma mia mamma ha il gene Styles, è capricciosa, vuole sapere e non si ferma davanti a una porta chiusa.
E in quei giorni di porte chiuse ne aveva trovate!
Quindi non mi stupii più di tanto quando, appena sveglio quel sabato mattina, me la sono ritrovata a urlarmi di scendere a parlare.
Le mie sorelle erano tutti in salotto, anche se Lottie e credo anche Felicitè abbiano capito che c’è qualcosa che non va.
Alla fine sono ragazze abbastanza grandi per intendere e per volere, alcune volte anche troppo, a dir la verità.

“Sai che vorrei parlarti di quella questione. So che tu non vuoi ma io si.”

Classica ripicca materna.

“Mamma, lasciami in pace.” E cercai di congedarmi mantenendo intatta la mia promessa: Non ne avrei mai parlato con lei.

Non avrebbe capito, mi avrebbe urlato in faccia che ero troppo rancoroso, che dovevo smettere di prendermela con mio fratello, che non aveva nessuna colpa.
La cosa di certo non mi avrebbe dato fastidio visto che ormai l’odio per Louis è lontano anni luce da me.
Ma come gli avrei spiegato tutto il resto? Come avrei potuto introdurgli la faccenda di Nick, la mia amicizia malata con Louis, il mio essere entrato a far parte di una di quelle band che tanto odia?
No, assolutamente non doveva sapere.

 “Harry, so che il tuo rapporto con Lou- tuo fratello” Buffo, credeva in una mia reazione al suo nome, che paranoica. “è, come posso dire, complicato. Non ti stai ambientando nella nuova scuola e in casa ho ritrovato
tutti i tuoi vestiti rovesciati in un angolo dell’armadio. Cosa stai combinando amore?”

E non gliene avrei parlato, se non fosse stato per quella frase:

“Forse dovresti andare da uno psicologo, uno bravo, che riesca a capirti.”

Sarà che ultimamente salto in aria con poco ma, come cazzo puoi solo pensare che io voglia parlare con uno psicologo?
Dover riferire tutto quello che penso, cosa che nemmeno io stesso non riesco bene a comprendere, ad un estraneo.
Se poi lo riferisse a mia madre senza dirmelo? No.
Niente dannati psicologi, niente riappacificazioni stupide e niente buonismo e commiserazione per un povero ragazzo disagiato.
Mi chiedo come mia madre voglia ritornare in contatto con mio padre.
Risi.
Padre un corno.
Non ho mai chiesto le tematiche e le motivazioni per il quale abbiano divorziato anni fa ma, seriamente, adesso riesco a comprenderlo.
Forse dovrei chiederglielo, forse dovrei seriamente provare a capire un po’ del mio passato. Non ho mai provato a chiedere nulla sul me del passato.
Su come avessero deciso di avere così tanti figli e del perché di tutto quanto.
Tutta questa confusione, fraintendimenti, abbandoni.
Come aveva fatto mio padre a ricevere l’affidamento di solo uno dei miei fratelli, solo lui, nessun’altro?
Ai tempi ricordo lavorasse come poliziotto, forse aveva una posizione abbastanza rilevante da poter ricevere in affidamento uno dei figli.
Ma perché solo uno?
E perché Louis accettò?
Io non riesco seriamente a capire, voglio sapere, ne ho bisogno.
Ho passato una vita a odiare, adesso sono disposto ad ascoltare, e non accetterò silenzi, ne hanno beato anche per troppo tempo della mia situazione, negandomi la verità.

“Mamma, sono scappato, sono andato da Nick, immagino tu lo comprenda che mi mancasse no?
Per quando riguarda la questione di Louis e di mio padre, va tutto bene.”

Presi una decisione sul momento.
I nostri cari familiare Tomlinson ci avrebbero gentilmente degnati della loro presenza per pranzo.
Mia madre non avrebbe avuto obiezioni da fare.

“Facciamo così, che ne dici se li invitiamo a pranzo oggi, offro io.” Tirai fuori dalla mia tasca circa venti sterline e le buttai sul tavolo, sorrisi, sperando funzionasse e l’abbracciai.

A quel punto vidi le lacrime scendere sulle sue guance tonde e capì che avevo fatto centro, c’era cascata in pieno.
Non mi restava che avvertire Louis, invitarlo a casa mia e aspettare che tutto si scatenasse davanti ai miei occhi, sperando di ricevere qualche buona notizia, o almeno qualche amara verità.
 
***


Louis Tomlinson


“Scusa, ho chiesto il tuo numero di telefono a Niall, sono Harry.
Volevo sapere se te e nostro padre voleste venire a pranzo da noi, tanto per potermi scusare con voi di persona per la buca assurda dell’altra sera! xx”

E mi trovavo, rileggendo per la trentesima volta quel messaggio, davanti al portone di casa sua, aspettando il coraggio per suonare quel campanello, e rincontrare di nuovo quegli enormi occhi smeraldo.
Alla fine non passarono molti minuti, forse tre per l’esattezza.
Avevo suonato e ad aprirmi, per mia profonda sfortuna, avevo trovato mia madre con il suo solito falso sorriso ad attendermi.

“Oh Louis caro, entra!”  mi dice, mantenendo quel suo sorriso a trentadue denti.

“Ma, tuo padre dov’è? Non è venuto?” Il fatto strano in quella domanda era che non avesse nessun velo di preoccupazione, nessun rammarico per avere un invitato in meno nel suo, sicuramente improvvisato pranzo.

Alla fine era ovvio che non corresse buon sangue fra lei e mio padre, i divorzi di certo non avvengono per motivi futili.
Un attimo. Per quale motivo i miei hanno divorziato?
Sorrisi a mia mamma sovrappensiero, troppo occupato a capire il motivo del quale non avessi mai chiesto spiegazione a mio padre, alla fine era mio dovere saperlo.
Ma infondo al mio cuore sapevo per certo che non era colpa di mia madre, alla fine mio padre è sempre stato un grande testa di cazzo.
Ma allora perché mia madre mi ha lasciato andare con lui?

“Ehi Louis, ben arrivato!” eccolo. E i miei assurdi pensieri si annullarono alla vista di quei riccioli indomabili davanti a me, una mano tesa a stringere la mia e due fossette adorabili a denotare la felicità nel vedervi.

Harry era davvero diventato un bel ragazzo, niente da dire.
Indossava una maglia larga bianca, una collana con uno strano aereo planino di carta a pendergli sullo sterno e dei Jeans stretti neri.

“Ciao, scusa il ritardo! Non trovavo le chiavi della macchina!” dissi per discolparmi del mio solito maledettissimo ritardo.

Non riuscivo mai ad arrivare in tempo agli appuntamenti, nemmeno a quelli importanti, come in questa occasione.

“Non preoccuparti, ti abbiamo aspettato!” L’imbarazzo che il riccio celava con astuzia era davvero adorabile.

Cercava di essere sicuro di se, sorridendo mostrando i suoi denti bianchi ma sotto sotto si vedeva che non era del tutto a suo agio.
Come poterlo essere infondo?  E’ strano anche per me.
Lo vidi inciampare nel mobiletto bianco della cucina, come se ancora non si fosse abituato alla sua presenza in quel determinato posto e, prima di avvertire le bambine che il pranzo era pronto, si rivolse ancora una volta a me.
“Ah! Se hai da poggiare la felpa mettila pure in camera mia, è al piano di sopra, la pri—seconda porta a sinistra.”

Sorrisi con garbo e mi mossi veloce verso la sua camera.
Entrai velocemente e misi la mia felpa sul suo letto. Nel farlo non potei notare che le pareti erano esageratamente spoglie, l’armadio era aperto e miriadi di camicie, felpe e magliette penzolavano da un angolo, in procinto di cadere da un momento all’altro.
Wow, mi ero sempre immaginato la camera di Harry del tutto diversa. Era un ragazzo così spontaneo e creativo e invece quella camera non raccontava assolutamente nulla di lui e del suo meraviglioso carattere.
Decisi di non farci caso e dar la colpa al recente trasloco, quindi scesi e mi accomodai a tavola.
Fizzy e Lottie stavolta erano a tavola e mi sorridevano imbarazzate.
Erano cresciute davvero tanto, a Lottie si vedono anche le tette.

“Ciao! Io sono Phoebe e lei e Daisy! Siamo gemelle!” sorrisi amareggiato dal vedere che le due bambine, sedute alla mia sinistra non sapessero nemmeno della mia esistenza.

Ero andato a stare con mio padre quando loro erano davvero molto piccole ma non credevo che mia madre avesse deciso di eliminarmi categoricamente dalla loro vita.
Pensai che era arrivato il momento di far chiarezza, quindi domandai delle mie perplessità a mia madre.
Non prima di essermi presentato, ovviamente.

“Ma, non sapete chi sono io? Mamma non ve l’ha detto?” Dissi rivolgendomi un po’ perplesso verso di lei.

“Ehm, ecco, diciamo che non ho—“ Era davvero imbarazzante, non sapeva cosa rispondere e balbettava risposte a caso mentre le bambine, confuse, continuavano a fare domande e a denotare che somigliassi molto di più a loro che lo stesso Harry.

 “Scusa Louis, è solo che non ho mai voluto che se ne parlasse in casa, ero abbastanza scioccato da me.”

Rispose Harry che sedeva alla mia destra mentre, con una mano timida si sistemava il ciuffo di capelli caduto sul suo campo visivo.

“O-oh, non c’è problema!” dissi io, mentendo.

Era ovvio che la cosa mi preoccupasse, erano mie sorelle e mi ricordo la mia felicità quando mia mamma le aveva partorite.
Erano delle bambine tenerissime e di nascosto, quando mamma non vedeva, le prendevo in braccio e le facevo volare in aria mentre facevano dei buffi versetti. Che nostalgia di casa.
Il ragazzo alla mia destra mi passò un po’ di carne e la conversazione finì li.
Fui molto onorato di poter sentire che Lottie era molto a suo agio nel parlarmi o nel raccontarmi della scuola; mentre invece Fizzy era un po’ più restia, vista la timidezza.
Il pranzo era andato molto meglio del previsto ed era stato migliore della scorsa cena.
Forse perché Harry era li e riusciva inspiegabilmente a calmarmi, non so.
Mia madre disse che avrebbe sparecchiato e lavato i piatti da sola e quindi chiese ad Harry di accompagnarmi in camera sua nel frattempo.
Vidi nel viso del riccio una strana espressione, come scocciata, come se non volesse portarmici, come se non volesse che io visitassi quel luogo.
Salì comunque lentamente le scale e, abbassando la testa, mi disse di entrare.
Ci furono interminabili minuti di silenzio, Harry non faceva altro che girarsi intorno e fissare l’orologio, in cerca di qualcosa, o di qualcuno.

“Mio padre non verrà, non so dove sia.” Ammisi io, capendo chi cercasse.

“Ho bisogno di parlarci Lou! Ne ho bisogno!”

I suoi occhi si abbuiarono e la luce che avevano sempre emanato si spense alla mia risposta.

“Cosa hai da dire a quel cretino! Chiedi a me, forse posso aiutarti!”

Non capivo cosa aveva in mente, non riuscivo a comprendere del tutto i comportamenti di mio fratello come facevo una volta, alla fine erano passati moltissimi anni e di certo non era rimasto il semplice ragazzino che come maggior problema aveva il volere ad ogni pasto il budino al cioccolato che nostra mamma gli impediva categoricamente di mangiare.
Non ero mai stato bravo a capire cosa la gente pensasse o volesse, chiedevo e mi veniva dato, semplicemente, senza tanti problemi.
Ma invece Harry era un qualcosa di più complicato, qualcosa di arcano, di misterioso che io volevo a tutti i costi scoprire.
Volevo scoprirne ogni sfaccettatura del carattere, ogni posizione che assumono i suoi occhi quando inarca le labbra, quanto, in una scala da uno a cento, fossero perfetti i suoi lineamenti e quanto potesse essere dolce la sua voce.

“Non qui.”

Mi stupì come sempre riusciva a fare e, afferrando sia me che la mia felpa rossa, mi spinse fuori da quella camera, sbattendo sonoramente la porta e, con poche parole annunciò alla madre che noi stavamo uscendo.
 

Harry Styles


Svoltammo l’angolo. Le sue mani erano strette a pugno mentre le mie carpivano il suo polso.
Avevo appena agito d’impulso, senza pensare alle conseguenze, senza preoccuparmi di cosa volesse fare mio fratello e perché fissasse di continuo i miei occhi.
Ricordai quando Nick mi guardava il naso e poi saliva fino ad incontrare le mie iridi con le sue e solo in quel momento diceva una delle cose che penso ricorderò per sempre: “Hai degli occhi bellissimi”.
Pare sciocco da ricordare, mentre si strattona un ragazzo altrettanto bello per un braccio, ma il solo sapere che qualcuno mi reputasse davvero affascinante, riusciva a farmi sorridere.
E poi, il fattore aggiuntivo, cioè il fatto che fosse Nick a dirmelo, rendeva le cose ancora più imbarazzanti e nostalgiche.
L’avevo lasciato con un misero saluto, dopo essere stato insultato pesantemente, dopo aver cancellato il suo numero dal cellulare, dopo aver rimosso le immagini di lui nella cartella del mio portatile e gli ultimi frammenti di affetto dal mio cuore.
Facendo la scelta di accettare i sentimenti per mio fratello ero incorso in qualcosa di molto più grande di me. Era così grande da non essere potuto nemmeno essere classificato sotto un qualsiasi tipo di aggettivo.
Era un sentimento perverso e sbagliato, un affetto malato e celato da tempo, una bomba inesplosa che ad un certo punto, senza un razionale motivo, ha deciso di scoppiare nel bel mezzo di un centro urbano.
Caos, solo caos nella mia testa.
Solo la sua immagine, mentre mi accarezza i capelli, mentre cerca di essere gentile anche se questo non conviene al suo carattere da duro e quel suo maniacale modo di fissarmi gli occhi, come a volervi scavare dentro e cercare in profondità, ricordi di lui.

“Voglio un gelato” ammisi.

Alla fine non sapevo nulla di mio fratello, non più.
Le sue mani erano rimaste assurdamente piccole o le mie erano cresciute spropositatamente, aveva uno strano tatuaggio di un cervo a ricoprirgli la spalla sinistra, adesso coperta dalla felpa, un piccione alquanto inquietante a dominargli tutto l’avambraccio e una corda legata in un modo a me sconosciuto al polso.
Senza dimenticare il mio preferito, la bussola all’interno di quest’ultimo, era abbastanza grande, dei bellissimi dettagli molto realistici e, la cosa che continuava a destare dei sospetti in me, puntava con l’ago verso una parola “home”.

“Oh, volentieri!” rispose lui, sorridendo.

Il suo sorriso era una delle poche cose che erano rimaste immutate; Stringeva sempre gli occhi mentre allargava la bocca e io, da piccolo, amavo sorridere di rimando, notata la bellezza di quel momento.
Alcune volte passavamo minuti interi a sorriderci, senza dire altro. Momenti infiniti fatti di sguardi, di stupide parole infantili non dette e braccia che vorrebbero stringersi ma che, forse troppo timide, esitano scontrandosi erroneamente fra di loro.
Mio fratello era uno dei pochi bambini che riusciva a farmi ridere, ma ridere di cuore, di una risata cristallina e puerile che adesso, dopo lunghi anni, ricordo commuovendomi.
Quindi non seppi fare altre che allargare anche io le mie labbra e mostrare il mio più limpido sorriso sperando che potesse equipararsi al suo, senza fiato.

“Allora Lou! Raccontami di te! Cosa ti piace fare nel tempo libero?”

Ma che stupida domanda ho tirato fuori? La prossima volta potrei chiedergli, che ne so, che numero porta di scarpe o qual è il suo “my little pony” preferito.
Il ragazzo dai piccoli occhi azzurri mi guardò stralunato ma, notando il mio volto implorare risposta, decise di accennare a qualcosa.

“Uhm, fammi pensare..” si fermò un attimo appoggiando le spalle ad un lampione e, avvicinandosi le dita alle labbra, strizzò per un attimo le palpebre “L’anno scorso ero un membro della squadra di calcio della scuola,
giocavo solo perché ero costretto a farlo, non è che ami molto i giochi di squadra. Vincemmo la coppa ma questo non mi spronò a restare un altro anno. Volevo qualcosa che mi piacesse davvero, non volevo seguire le spinte degli altri.”

Mi guardò nel dubbio di aver detto qualcosa di sbagliato ma, notando il mio volto sereno, si rilassò di colpo.

“E quindi hai deciso di creare una band.”

Aggiunsi, cercando di farlo continuare nel raccontarmi la sua storia.

“No, Zayn e Niall stavano cercando un batterista e un chitarrista e Liam aveva sempre amato suonare la batteria. Sai, iniziò a seguirmi come un cane da tartufi quando scoprì da qualcuno che suonavo la chitarra elettrica. Era davvero opprimente, ma pur essendo un attaccamento fastidioso, era sincero. Era l’unico che stesse con me non per la mia reputazione, bella e brutta essa fosse, no, lui stava con il sottoscritto perché mi trovava interessante. Fu la prima volta dopo molti anni in cui pensai di non essere un involucro vuoto. E quindi decisi di entrare a far parte della band, insieme a lui.”
Il fatto che parlasse di Liam in quella maniera così trasognante, quasi surreale, mi fece un po’ ingelosire.
Ma in fin dei conti devo molto a Liam, gli devo davvero tanto.

“E poi.. Nulla! Penso di non aver nient’altro da dire.”

Concluse lui, riprendendo a camminare al mio fianco, verso la gelateria che lui sosteneva fosse la migliore di Londra –Anche se era palese non fosse un tipo da gelato-.

“Beh, ecco io..” Cercai in qualche modo di introdurmi nel silenzio che si era creato fra di noi, lentamente, senza interrompere il momento di pace formatasi. “Io fondamentalmente non ho mai fatto nulla di tanto eclatante. Ho seguito, dall’età di tredici anni dei corsi di canto visto che mamma credeva tanto nelle mie doti canore. Per il resto sono sempre stato uno studente nella media, con una grande passione per le band, la musica pop e, anche se me ne vergogno alquanto, quella elettronica.”

Risi un attimo e poi ripresi.

“Renditi conto che all’età di quindici anni volevo a tutti i costi entrare in un pub, che tutti classificavano come il miglior pub per ballare musica elettrica di qualità e, notando che non mi era permesso mettervi piede, mi sedetti per due ore intere attaccato al vetro ad origliare e a cercare di dare dei nomi alle canzoni che ascoltavo. Che ragazzo malato!”

Sentì una fragorosa risata provenire da un angolo imprecisato della via, credetti fosse Louis a esordire in questa assurda risata ma, voltandomi, notai dei capelli a spazzola spuntare da una delle poltroncine di un bar poco distante da dove eravamo noi.
Notai che accanto a lui vi era un ragazzo dai capelli un po’ più lunghi neri e non vi misi molto per capire a chi appartenessero.
Liam e Zayn stavano ridendo a pochi passi da noi.
Pensai che, visto il concerto di stasera, si trovassero li per accordarsi su di un qualcosa dell’ultimo minuti e, sperando di potermi aggregare anche io, mi diressi verso di loro.

“No.” Sentì dire. Stavolta non proveniva dal tavolo dei due ragazzi ma da accanto a me. Louis aveva le mani in tasca e il volto rivolto verso le mattonelle rovinate del marciapiede, le sue gambe non accennavano a voltarsi verso la mia direzione ma continuavano a proseguire verso la nostra meta.

“Hai visto? Ci sono Zayn e Liam.” Tentai di dire.

“L’ho visti, sciocco” e rise ancora. “Ma voglio stare solo con te..”

Lo disse lentamente, come a cercare di scegliere e dosare bene le parole, il suo tono di voce era stranamente insicuro e ancora non la smetteva di fissarsi le scarpe.
Arrossì in maniera palese e ringraziai il santo padre per avermi permesso di non farmi scoprire visto la distrazione di mio fratello verso le sue Vans.
Voleva stare con me..


“Maledizione Harold! Vieni qua” Disse il piccolo Louis mentre rimproverava suo fratello di essere scappato di nuovo verso le altalene mentre lui stava ancora scendendo dallo scivolo.
Harry notò che il fratello era rimasto indietro e corse veloce verso di lui, indicando la mamma che era a pochi metri da loro.
“Sai che non si dicono quelle parole LouLou!” mise il broncio il riccio, scrutando la reazione della madre.
Non notando nessun segno di disapprovazione o rimprovero disse quindi
“Maledizione! E’ colpa tua che sei leeeento!” Schernì quindi, ripetendo la parola appena detta dal fratello.
“E poi dei ragazzini mi hanno invitato a giocare con loro! Se non mi muovo poi non mi vogliono più!” disse tutto di un fiato, dimenticando di respirare fra una parola e l’altra.
“NO.” Esclamò a quel punto Louis.
“No, no, NO.” Continuò, aumentando sempre di più il tono di voce. Arrivò ad urlare quando Harry, spaventato dalla reazione del fratello, non si mosse velocemente per salire sullo scivolo dove nel frattempo era risalito il fratello.
“Sei cattivo! Ma perché!?” si imbronciò Harry.
“Volevo solo giocare con loro!” continuò mantenendo una smorfia triste nel volto.
“Ma voglio stare solo con te..”
E di certo un ragazzino di cinque anni queste manifestazioni di affetto non le capisce, non riesce proprio a trovarne un senso e forse per questo, in quella casetta sull’albero, il piccolo riccio pianse fino a che, le braccia di Louis non gli circondarono il petto e lo spinsero a se accarezzandogli la chioma ribelle.
“Ti voglio bene Hazza.”
“Anche io Lou!”
E il ragazzino più piccolo, come d’incanto smise di piangere e si abbandonò al contatto col fratello.


Da quel momento in poi, finché finalmente non arrivammo in gelateria vi fu un inquietante silenzio caratterizzato dalle mie guance di un rosso improponibile e il suono in sottofondo del mio cuore che non cessava di scoppiarmi ripetutamente nel petto ad una velocità fuori dal comune.
Avrei tanto voluto levarmi dall’impiccio e baciarlo lì, seduta stante, davanti a tutti.
Alla fine nessuno sapeva chi eravamo e cosa ci univa. La fuori, nel caos di un sabato pomeriggio, potevamo essere chiunque, anche, nel più assurdo dei casi: Felici.
Avrei tanto preferito bloccargli i polsi, avvicinarlo al mio volto e far scontrare le nostre labbra, come il giorno prima, ma adesso nessuno ci avrebbe interrotto.
Ma mai avrei trovato il coraggio di farlo di nuovo dopo la reazione consecutiva alla mia azione di ieri, era sembrato come se volesse dimenticare, come se si fosse pentito di quello che stavamo per fare, o forse non se n’era assurdamente reso conto e io mi stavo facendo paranoie per nulla.
E poi chi era Hanna? Non potevo credere a Niall, non potevo poiché credevo troppo alle parole di mio fratello e, dalle sue azioni e dalla sua apprensione verso di me, presumo non tenga i pieni in due scarpe.
Come se il nostro rapporto potesse paragonarsi a una scarpa.
Come se avessimo un serio rapporto.
Come se avessimo un rapporto.
Ci sedemmo al tavolo fuori dalla gelateria e potei notare che il suo gusto di gelato era rimasto lo stesso, sorrisi.
Pistacchio e panna.
Mentre cercavo di gustare il mio, Louis parlò finalmente portandomi alla realtà.

“Harry” Aveva un espressione seria in volto, quasi minacciosa.

“Chi è Nick?”

Come faceva a sapere dell’esistenza del mio ex ragazzo, del ragazzo che avevo lasciato per seguire un sogno d’amore impossibile come il nostro?
Risposi con assoluta naturalezza, alla fine non c’era nulla di cui preoccuparsi, era finita.

“Il mio ex, nulla di più.”

Il suo volto, da serio com’era, divenne improvvisamente contratto in una espressione stupita.

“S-sei gay?” Mi disse allora, come se non fosse abbastanza evidente.

Come se il tentare di baciarlo non fosse una prova sufficiente.
Non mi spiego il motivo di tanto stupore, alla fine sono sempre io, che differenza fa se mi piacciono i ragazzi e poi, non piacciono anche a lui?
Nella mia testa apparvero enormi punti interrogativi: La sessualità di Louis, come lui avesse inteso il quasi bacio e come dovrei sentirmi io nei suoi confronti.

“Si, pensavo tu lo sapessi.” Allora risposi, velocemente.

Che situazione.

“Oh-oh, non che per me sia un problema, sia chiaro! Ma non avevi l’aspetto di uno che, che ne so, è omosessuale, tutto qui! Non che io ne conosca molti!”

Come pensavo, non è gay e probabilmente non ha mai nemmeno considerato l’idea di esserlo.
Era una giornata alquanto fredda, sulla strada erano presenti foglie che le persone calpestavano ogni qualvolta passassero sul marciapiede e, un rumore come qualcosa di rotto, irrimediabilmente rotto si univa al suono di quelle piccole foglie marroncine  distrutte sotto il loro passaggio.

Il mio cuore aveva subito un duro, quanto inaspettato, colpo.





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Ciao a tutti per prima cosa! :3 Ringrazione a chi ha recensito il capitolo, 4 PERSONE, INCREDIBILE, VI ADORO, GRAZIE!
Grazie alla miriade di gente che ha deciso di aggiungermi alle seguite, sconvolgenti <3
E adesso passiamo alla storia.
SCUSATE, questo capitolo non mi convince per niente come il precendente. Non succede nulla di nulla, niente andamenti particolarmente interessanti nella storia, nessuna interazione fra Louis e Harry particolarmente scottante, nulla.
Si capisce solo quello che già si sapeva:
Harry è bello, la mamma è psicologicamente istabile, da piccino Louis era la dolcezza e un ragazzino particolarmente geloso, Harry è gay, bla bla bla.
Entrano in ballo gli Ziam, piano piano, non voglio anticipare nulla ma mi aspetto cose davvero carine per loro <3
Il prossimo capitolo sarà finalmente quello del concerto, in cui spero di riscattarmi dopo sto capitolo osceno, dove per la prima volta Harry si esibisce dal vivo con la band, WOOOOOW, che emozione! xD
Vabbeh, vi lascio alle recensioni, che spero, anche se il capitolo non è nulla di che, lascerete.
Tengo molto alle recensioni perchè mi spronano a scrivere e ad amare quello che faccio.
Aiutano le mie insicurezze a lasciare spazio alla convinzione di non essere poi così tanto male e.. Nulla <3
Grazie di esserci e di supportarmi! Grazie a chi legge silenziosamente perchè vi amo tutte in ugual misura! (Anche se potreste lasciarla una recensioncina çAAAAç)

BASTA, buonas noches ragazzi e spero di avervi fatto passare una mezz'orettina tranquilla con la mia storia!

Alla prossima, Milla :3
  
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