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Autore: ILoveRainbows    20/01/2014    2 recensioni
Perdersi a Londra se non la conosci può essere spaventoso in un primo momento, ma cosa succederebbe se incontrassi una persona che ammiri, stimi: consideri persino il tuo eroe? Clara potrebbe scoprirlo e chissà...
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3
Osservai la macchina finché non la vidi più e poi mi girai verso la porta dell'albergo. Mi sembrava di camminare a dieci metri da terra e non due sotto terra come avrebbe dovuto essere visto quello a cui andavo incontro. Mi ero completamente dimenticata della profe e non erano ancora sopraggiunti i pensieri più oscuri su quel bacio, anche se sentivo che sarebbero arrivati di lì a poco.
- Signorina Gauthier! - Sobbalzai spaventata. Appena la profe mi vide il suo viso fu trasfigurato dalla rabbia e percorse la sala a grandi falcate venendo verso di me. - Dove è stata?! Le sembra il modo?! - in realtà ero maggiorenne e avrei potuto fare quello che volevo, ma evitai di farglielo notare. Sfuriò per almeno cinque minuti davanti a tutti gli alunni, ma io avevo un sorriso trasognato stampato in faccia e qualsiasi cosa dicesse mi scivolava addosso come olio sull'acqua. La mia mente era ancora fuori in strada, dove il Riccio mi aveva baciata ed abbracciata come mai nessuno prima aveva fatto. Vidi la scena a rallentatore rivivendo ogni istante finché una voce esterna non si intromise nei miei pensieri in modo brusco riportandomi sul pianeta Terra. - Gauthier?! Gauthier?! Mi sta ascoltando?! - Involontariamente scattai sull'attenti come facevo con mio padre quando ero bambina ed era ancora vivo - Signor sì Signora! -
Sembrò se possibile ancora più scocciata e a denti stretti disse - Bene, allora vada immediatamente a mangiare e stasera non si aspetti di poter uscire. -
- Subito signora! - L'umiliazione pubblica in quel momento non mi pesava, ci avrei pensato in seguito. Però si erano iniziati a insinuare pensieri sul bacio non proprio belli. Andai di filato a mangiare sotto lo sguardo greve di tutti e mi sedetti vicino alla mia amica Laura. Iniziò a farmi alcune domande su dove fossi stata ma non risposi a nessuna di quelle. Le volevo un mondo di bene, ma sapeva essere molto pesante. Dopo un po' tacque e i più svariati pensieri ricominciarono a percorrermi la mente. Mentre mescolavo senza appetito il cibo nel piatto nel mio cervello c'era una vera e propria guerra fra buon senso e... Come potevo chiamarla? Pazzia? Forse sì, ma mi piaceva la pazzia.
Da una parte c'era pensavo che quella fosse stata il momento più bello della mia vita e che l'avrei ricordato per sempre. Mi passai le dita sulle labbra senza accorgermene, lì, dove lui aveva posato le sue facendomi sentire viva.
Dall'altra quello che avevo, o meglio, avevamo fatto, era completamente folle. Insomma, era dichiaratamente gay (anche se una parte di me aveva sempre continuato a sperare che fosse almeno bisex); aveva un fidanzato (che nessuno conosceva)... Ed era un cantante famoso. Io dall'altra parte non ero nessuno. Perché avrebbe dovuto scegliere me fra le tante che lo volevano?! Ma tanto, anche fosse, non ci sarebbero stati altri momenti. Era stato un istante, un impulso irrefrenabile che arrivava da luoghi della mente o forse corpo umano sconosciuti. Niente di più che un insieme delle esatte sostanze chimiche nel momento esatto. Eppure nonostante questo i miei pensieri non si distoglievano più dal Riccio, che aveva decisamente monopolizzato la mia mente. Decisi di ritirarmi, pur senza aver toccato cibo e senza dire niente a nessuno mi alzai e andai in camera fra i sussurri degli altri. Avevo bisogno di stare sola con i miei pensieri. Tanto gli altri andavano direttamente a teatro e non sarebbero tornati prima di qualche ora.
Una volta in camera mi tolsi i vestiti, li misi in modo ordinato, stranamente, sul letto e mi feci una doccia gelata. Uscita dalla doccia mi avvolsi in un asciugamano candido e morbido e mi buttai sul letto accendendo il televisore. Iniziai a fare zapping senza realmente cercare qualcosa da guardare e fare attenzione a quello che passava. Mi fermai solo un attimo quando la figura del Riccio in una pubblicità mi passò davanti, e mi misi ad osservarlo; come sempre a dire il vero. Alla fine spensi la TV e andai a prendere il cellulare e l'iPod nella tasca della giacca: uno andava in carica e l'altro serviva per la musica. Infilando la mano in tasca però sentii anche un pezzetto di carta e lo tirai fuori per vedere cos'era. Era piccolino, ruvido, bianco e di cartoncino. Da un lato era completamente bianco e dall'altra c'era un numero di telefono e un nome: Michael.
Quasi svenni. Sbattei le palpebre più volte e mi dovetti sedere sul letto per non cadere prima di convincermi che quello che avevo in mano era reale e non solo frutto della mia immaginazione. Poi mi buttai all'indietro sul letto e fissai il soffitto per qualche istante. Decisi che lo avrei chiamato, così, per fargli sapere che avevo ricevuto il suo biglietto. Misi subito in carica il cellulare pensando a che cosa avrei detto una volta composto il suo numero, ma non avevo idee. Decisi che ci avrei pensato sul momento. Appena il cellulare si accese perché era abbastanza carico salvai il suo numero in rubrica e lo copiai anche in altri venti posti per paura di perderlo. Stavo però per chiamarlo quando un attimo di panico mi prese. Insomma, era gay, come avevo detto e magari sul momento quello che avevamo condiviso gli era sembrato fantastico. Ma poi?! Chi mi diceva che non si era pentito, che non voleva più sentirmi?! Rimasi a fissare il cellulare per l'istante che mi sembrò il più lungo della mia vita. Infine decisi una via di mezzo fra il chiamarlo e il non fare niente. Gli avrei scritto un messaggio. Sarebbe stato libero di fare quello che voleva e una parte di me sperava che non rispondesse mai, così me lo sarei tolta dalla testa una volta per tutte!
"Hi, sono Clara Gauthier. Ho trovato il tuo biglietto. Questo è il mio numero"
- Send! - appena fu partito mi sdraiai di nuovo sul letto, ma pochi istanti dopo, ed erano veramente pochi, il cellulare vibrò e scattai su un po' troppo velocemente: infatti per qualche secondo mi girò la testa e vidi tutto sfuocato. " Hi Clara."
Okay... Allora... Cercai di riordinare le idee. La cosa positiva era che mi aveva risposto. Quella negativa era che ora ero io che non sapevo cosa rispondergli. Per fortuna la mia anima non si penò per molto, come avrebbe detto un qualche scrittore italiano studiato durante la mia carriera scolastica. Infatti poco dopo mi arrivò un altro messaggio che mi portò all'euforia totale. Non potevo crederci... Era assolutamente strabiliante. Rilessi il messaggio un paio di volte e poi lo copiai su note. Come ricordo. Diceva esattamente queste parole "Ti va se ci incontriamo domani?" Avrei potuto ballare sui letti, ma evitai, cercando di pensare a una risposta. Infine digitai con sicurezza una serie di parole che insieme formavano delle frasi che speravo avessero senso compiuto non solo per me, ma per tutti "Domani andiamo al British Museum. In particolare visitiamo una mostra di quadri da tutta Europa. Ci vediamo in quel punto del museo intorno alle 10. Tanto ci fanno girare da soli. Ciao ciao Michael." La risposta arrivò dopo poco anche questa volta. "A domani piccola Clara."
Passai la serata ad ascoltare musica con aria trasognata e quando arrivo Laura, che era in camera con me, feci finta di dormire perché non avevo voglia di dover rispondere ad un interrogatorio.


La mattina dopo mi svegliai prestissimo. Alle sei e un quarto circa. Laura si girò dall'altra parte dicendo che era stanca e che voleva dormire. Mi feci un'altra doccia e poi domai i miei lunghi capelli ribelli color oro.
Alle sei e mezza si svegliò anche Laura e aprendo la porta del bagno una nuvola di vapore caldo la avvolse, tanto che tossì. - Ma che fai?! -
- Hai un ombretto chiaro? Qualcosa che stia in tinta con i miei occhi. - Avevo gli occhi verde smeraldo con grosse venature azzurre, sembrava quasi che avessi le lenti a contatto colorate.
- A cosa ti serve? -
- Beh, non vorrei sottolineare l'ovvio. A truccarmi. -
Mi guardò scettica - ma perché? -
- Ce l'hai sì o no? Perché posso andare benissimo da Maria. -
- Nono. Tieni. - Si mise a rovistare nel beauty e ne uscì con un ombretto rosa chiaro brillantinato. Me lo porse e poi scosse la testa.
Avrei puntato su un trucco semplice: mascara, l'ombretto, un correttore per occhiaie (quello serviva) e un leggero strato di fondotinta. Quando fui soddisfatta erano le sette. In mezz'ora dovevamo essere a colazione. Dovevo trovare dei vestiti. Già, i vestiti. Essendo io una persona molto particolare avevo anche vestiti molto particolari, beh, forse non particolari, ma non il tipo di vestiti che per lo più indossavano le ragazze della mia età. Trovai una camicia bianca e lasciai aperto un bottone più del solito. Sopra misi una giacca dello stesso verde dei miei occhi, molto forte. Indossai una gonna corta, nera, e sotto misi dei leggins sempre neri a fantasia broccato grigia. Infine indossai le stringate nere e sopra di esse misi degli scalda-muscoli per farle sembrare degli stivali. Nel complesso non ero vestita molto colorata, ma era ciò che di meglio riuscivo a fare con i pochi vestiti che avevo lì. Preparai il cappotto, purtroppo era l'unico che avevo e anch'esso era nero... Umpf... Avevo voglia di vestirmi dei colori dell'arcobaleno, ma per troppo tempo mi ero vestita di colori base e non avevo cose colorate, sicuramente non avevo dietro cose colorate. Chiamai Laura per chiederle cosa ne pensava facendo una giravolta su me stessa. - Allora? -
- Bello, ma non capisco cosa t'interessi. -


Alle otto stavamo uscendo dall'albergo e mezz'ora dopo ci stavano dando via libera per girare. Mi avventurai da sola per le sale di quel posto immenso munita di cartina e iniziai a pensare solo alle dieci. Le farfalle avevano iniziato ad ad agitarsi nel mio stomaco quando mi accorsi che erano le dieci meno dieci. Cercai in modo frenetico la sezione del museo che ospitava la mostra per accorgermi che era dalla parte opposta dell'edificio. Mi diressi camminando a passo sostenuto verso quella zona incontrando un paio di compagni lungo il tragitto. Arrivata lì mi accorsi che la maggior parte della mostra era disposta su un lungo corridoio. I quadri erano appesi sia a destra che a sinistra. Al centro c'erano delle panche. Le persone vagavano guardando ora l'uno, ora l'altro quadro. Ma fra tutte quelle figure tristi, se così si può dire: prive di vita e felicità; non trovavo una figura che avrebbe dovuto spiccare fra le altre per altezza e gioia che emanava.
Percorsi buona parte del corridoio con il cuore in gola e la paura che non fosse venuto, quando improvvisamente lo vidi. Era seduto davanti a un quadro famosissimo, da solo. Sembrava che quel quadro non piaceva a ai turisti, che erano per lo più cinesi e si concentravano di più su altre opere. Lo vidi da dietro inizialmente. Indossava la stessa giacca viola del giorno prima, ma i pantaloni erano cambiati, diventando azzurri. In testa portava un basco messo di traverso, verde erba. Solo avvicinandomi notai un farfallino, color porpora, diverso da quello della sera precedente. Sembrava li amasse. E nella tasca una pochette bianca a pois rossi. Per lo più l'abbigliamento era lo stesso, ma aveva stravolto tutto in quanto colori. Sulle gambe aveva un blocco di fogli e in mano teneva una matita con la quale cercava di disegnare il quadro che aveva davanti, "Viandante Sul Mare Di Nebbia". Era un quadro che amavo e lui lo stava riportando sul foglio candido molto fedelmente. Era una scelta curiosa. Già "viandante" rendeva l'idea di un animo tormentato e romantico alla ricerca di qualcosa, forse l'amore o forse l'infinito, rappresentato dall'orizzonte davanti a lui. Un animo che si perde davanti alla maestosità della natura. Come ho detto, scelta curiosa. Non mi aveva ancora visto e con assoluta nonchalance mi sedetti accanto a lui. Si girò verso di me e mi rivolse un sorriso e uno sguardo, che non volevo fraintendere, ma sembrava lo sguardo di qualcuno follemente innamorato. - Ciao - disse semplicemente. - Ciao - Ritornò alla sua opera, ma dopo un po' si avvicinò a me appoggiando il blocco alla sua sinistra. Mi abbracciò stringendomi a sé, senza apparente ragione. Dopo un po' ci alzammo simultaneamente e ci dirigemmo verso il giardino. Ci sedemmo un po' appartati ed ordinammo da bere. Eravamo seduti uno accanto all'altro, con il suo braccio destro che avvolgeva le mie spalle.
- Per ieri sera... - cominciai.
- Sì? -
- È stato fantastico. -
- Anche per me. - Ci fissavamo negli occhi senza quasi battere le palpebre. - Vorrei che ci fossero tanti altri momenti come quello. - Sorrise e fece degli occhi da cucciolo. Non gli si poteva dire di no, e a dire il vero neanche volevo. Al posto di rispondergli le mie labbra cercarono le sue e le trovarono che mi venivano incontro. Mi persi completamente fra le sue labbra e braccia. Non ero il genere di ragazza che pomiciava in giro, ma in quel momento non m'interessava. Quando ci lasciammo continuammo a guardarci, poi gli appoggiai la testa sul torace, rimanendo nel suo abbraccio e lo ascoltai respirare. Ero realizzata. Ed ero felice come mai ero stata.
Erano le dodici quando guardai l'ora per la prima volta e in comune accordo decidemmo di andare. Insistette per pagare e lo ringraziai con un lungo bacio. - Ciao Michael. - Continuavo a prenderlo in giro... Me ne stavo andando quando mi afferrò per un braccio obbligandomi a girarmi.
- Quando parti? - Chiese con aria un po' impaziente e con il viso leggermente crucciato.
- Dopodomani verso ora di pranzo. - Vidi il suo viso sempre felice oscurarsi. - Domani non possiamo vederci. Devo essere assolutamente in studio di registrazione a registrare una nuova canzone. - Una nuvola scura oscurò la mia faccia. - Okay... - Ero tentennante. Quella notizia mi aveva in parte distrutto. Non avevo pensato fino ad allora alla mia partenza, ma ora tutto sembrava crollarmi addosso.
Mi strinse a sé e rimanemmo in piedi così. Ad un certo punto ci lasciammo e avevo gli occhi lucidi. - Allora... -
- Allora Clara, dovremo lasciarci per un po'. Spero che non ti sarai dimenticata di me quando verrò a Milano, in un paio di settimane. -
Lo guardai spaventata quasi. - Due settimane... -
- Sì, anche a me sembra un tempo eterno, ma non sei obbligata ad aspettarmi. - Gli era costato molto dirlo e si capiva benissimo. Gli accarezzai dolcemente il volto e cercando di sdrammatizzare gli dissi - credi davvero che non ti aspetterei? Ti aspetterò sempre scemo. - Risi, anche se non era forse il momento giusto, ma la mia risata lo contagiò e ci lasciammo così, ridendo.

NOTA SCRITTRICE: hei ciao! Ci ho messo poco a scriverlo perché non avevo molto per scuola, ma nei prossimi giorni rallenterò un po'. È più lungo degli altri e forse un po' melenso, ma i personaggi rispecchiano come mi sento... E in questo momento mi sento così. Spero vi piaccia comunque. Alla prossima XD
  
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