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Autore: Nadie    21/01/2014    2 recensioni
Non ci crede.
Non ci deve credere.
Non ci può credere.
Il tempo non torna indietro e questo lo sanno tutti.
Allora cosa c’è che non quadra?
Cos’hanno quell’istante, quella spiaggia, quel sole, quel mare, quel ragazzo e quella ragazza di sbagliato?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Temporale


Fragili fili d’erba restano schiacciati sotto la schiena dell’uomo e gocce di pioggia gli bagnano il viso.
Si rimette velocemente in piedi ed indossa la sua giacca.
Guarda a terra e proprio lì, nel punto esatto in cui prima c’era la sua schiena, adesso c’è una foto.
La raccoglie e la studia con meticolosità.
Dentro la foto sta piovendo e c’è un ragazzo fradicio che ha l’aria d’esser triste.
È seduto su una panchina verde in mezzo ad un parco.
Ha i capelli biondi e ricci tremendamente disordinati e gli occhi neri fissi a terra.
È Rubén, e sembra ancora un ragazzino.
L’uomo si guarda intorno.
Anche lui è in piedi in mezzo ad un parco.
Gli sembra proprio lo stesso parco della foto.
Fa un giro su se stesso e i suoi occhi studiano ogni cosa, cercano Rubén e la sua panchina verde e li trovano poco dopo.
Rubén sembra non sentire nemmeno la pioggia di Barcellona che lo bagna, è immobile sulla sua panchina verde e fissa l’erba sotto i suoi piedi.
Una ragazza completamente bagnata posa i suoi occhi scuri su Rubén, poi mette le mani nella tracolla che le pende sul fianco e tira fuori una macchina fotografica.
Si scosta i capelli sgocciolanti sul lato sinistro del collo e scatta una foto a Rubén.
Lui alza gli occhi infastidito, poi il suo sguardo incontra il bel viso della ragazza e le sue labbra si incurvano in un sorriso curioso.
L’uomo si mette seduto sotto un albero in prossimità della panchina verde e li osserva.
La ragazza è la creatura più bella che abbia mai visto.
L’odore della sua carne bagnata si mischia con la pioggia e si fa strada nelle sue narici, e lui inspira, inspira il suo odore, lo imprigiona nel naso e se lo tiene stretto.
Quell’odore non deve più andare via.
La ragazza mette via la macchina fotografica e si siede accanto a Rubén.
«Scusa per la foto, non volevo darti fastidio, hai un viso così pieno di tristezza e allora ho pensato: “forse se gli faccio una foto un po’ della sua tristezza si verserà dentro la mia macchina fotografica e allora lui si sentirà più felice”» Rubén fissa le labbra carnose della ragazza e pensa che vorrebbe mandare tutto al diavolo e baciarla.
“Non importa se sei una sconosciuta, regalami le tue labbra e io ti lascerò scattare altre mille foto al mio viso triste”
«Roxana» aggiunge la ragazza e gli tende la mano sorridendo.
Rubén resta un attimo immobile, gli occhi negli occhi di Roxana, poi abbassa lo sguardo sulla sua mano tesa e la stringe.
Intreccia le sue dita alle dita di Roxana e si avvicina piano a lei.
Quanto è bella Roxana.
Quanto è bella la sua pelle chiara.      
Quanto sono belli i suoi capelli bagnati.
Quanto sono belli i suoi occhi scuri e profondi, Rubén ci è caduto dentro e spera di finire sempre più giù, fino a raggiungere lo stomaco di Roxana e restarle dentro.
L’uomo guarda Rubén e sorride.
Ci sei cascato in pieno, eh?
«Io sono Rubén» le dice e stringe più forte la sua mano.
«Ti piace la pioggia, Rubén?» chiede Roxana, poi chiude gli occhi ed alza il capo verso il cielo e la pioggia scivola sul suo viso e le bagna la pelle.
“No, no Roxana, la pioggia non mi piace per niente, ma questa pioggia, questa pioggia che bagna il tuo corpo mi piace più di ogni altra cosa al mondo. Anzi no, non mi piace. Non mi piace perché sono troppo invidioso di lei. Questa pioggia maledetta. Lei può toccarti e scendere nelle parti più intime del tuo corpo senza farsi problemi. Vorrei essere questa pioggia, Roxana. Vorrei essere questa dannata pioggia.”
Pensa Rubén, l’uomo lo sa, lo sa perché ciò che pensa Rubén è ciò che pensa anche lui, che pensava anche lui.
Quel Rubén seduto sulla panchina verde vicino a Roxana ha la testa piena dei pensieri dell’uomo, ha gli occhi dell’uomo, i capelli dell’uomo e le labbra dell’uomo.
«Sì, mi piace la pioggia.» mente Rubén e Roxana riapre gli occhi e lo guarda.
«Sei innamorato, Rubén?» non risponde, lascia la domanda appesa ad un filo inconsistente e intanto guarda Roxana e i suoi capelli bagnati.
E allora l’uomo risponde al suo posto.
Roxana, quel ragazzo l’amore non ha idea di cosa sia, ma neanche tu, neanche tu sai cosa sia l’amore e nemmeno io, nemmeno quell’anziano signore che legge sull’altra panchina e nemmeno il Papa o Shakespeare sanno cosa sia l’amore.
Cos’è l’amore l’amore, Roxana?
Dov’è l’amore, Roxana?
Per me ‘amore’ era la tua pelle chiara e il tuo neo sotto l’occhio sinistro, per me ‘amore’ erano le tue mani calde e gentili, per me ‘amore’ erano le tue labbra e i tuoi occhi scuri, ci sono finito dentro, sono affondato dentro di te e sono caduto oltre la tua pelle.
Ma poi hai chiuso per sempre i tuoi occhi scuri e allora ‘amore’ mi ha abbandonato.
Quel ragazzo, Rubén, lui non lo sa cosa sia l’amore, ma presto, troppo presto perché se ne accorga, comincerà a pensare che ‘amore’, per lui, sei tu, sei solo tu, Roxanita.
E allora se puoi, se puoi Roxanita mia, in questa vita qua, in questa vita fatta di attimi catturati al volo, non chiudere i tuoi occhi scuri, non lo abbandonare, resta con lui fino alla fine del mondo, resta con lui finché non smetterà di piovere, resta con lui e promettigli che questa volta non te ne andrai.
Perché da quando non ci sei tu, non c’è più neppure lui.
Neppure io.
Rubén stringe la mano di Roxana e scuote la testa.
«No, prima non ero innamorato.» le dice e Roxana sorride.
«Ed ora?»
«Ora è cambiato tutto.» le risponde e avvicina le labbra alle sue, si baciano e mischiano i loro respiri, versano la propria essenza l’uno nel corpo dell’altra e viceversa.
Qualcosa cade a terra, vicino all’uomo.
Una foto. Un’altra.
L’uomo la prende in mano, poi lancia un’ultima occhiata a se stesso e Roxana che si baciano sotto la pioggia e sussurra: ‘sono pronto’
E allora dalla terra spuntano delle enormi radici che si aggrovigliano attorno alle sue gambe e lo trascinano giù, giù nel fango, giù nel terreno, giù nel centro della Terra.
E il suolo lo risucchia e poi lo sputa fuori e lui si ritrova in un campo di grano, tra le spighe più alte che abbia mai visto.
Ormai appartengo alle fotografie e loro mi portano dovunque, in qualsiasi momento.
Sorride.
 
 
 
  
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