Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Curly_crush    23/01/2014    3 recensioni
Iniziare a vivere in una città grande e sconosciuta e, perlopiù, da soli, può essere un'impresa davvero difficile per una ragazza giovane. Ma può anche essere l'occasione per cominciare a vivere una vera e propria favola!
"Mai avrei pensato che potesse succedere a me. Eppure ero lì, a perdermi nell’incredibile verde dei suoi occhi. Non poteva essere vero, doveva essere per forza un sogno, ma il tocco caldo delle sue mani sul mio viso mi confermò quella bellissima realtà. Le mie labbra si aprirono in un sorriso quasi ebete, credo, dato che lui scoppiò in una risata fragorosa."
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Push a button and rewind


Il mattino dopo, svegliandomi, non trovai Harry: al suo posto, sopra il letto, c’era un vassoio colmo di cose da mangiare, accompagnate da un piccolo biglietto bianco. Leggendo la scritta –un semplice “Buongiorno! ;)”- sorrisi, riconoscendo la grafia di Harry. Il mio stomaco, vuoto dalla sera precedente, brontolò, così spiluccai un po’ di tutto, scoprendo poi di avere un grande appetito. Finita la colazione, andai in bagno a darmi una rinfrescata, e quando uscii di Harry ancora non c’era il segno. Mi spostai verso la porta finestra per uscire sul terrazzino a pendere una boccata d’aria, ma mi fermai davanti alla scrivania. Sopra, c’era una busta con il mio nome scritto in nero. Presi la lettera e mi sedetti sul letto, incrociando le gambe. Iniziai a leggere, riconoscendo immediatamente la scrittura del riccio.
 
Verona, 20.05.2013
Ore 2.40

Piccola mia,
non so neanche come iniziarla, questa lettera. Ti guardo dormire su un fianco, i tuoi capelli sciolti che cadono lungo la schiena, le spalle che si alzano e abbassano piano, a ritmo con il tuo respiro, una mano sotto il cuscino, l’altro braccio piegato davanti a te, una gamba ad imitarlo, e l’altra tesa. Dormi sempre così. Immagino il tuo labbro inferiore leggermente sporto in avanti, gli occhi chiusi appena, che non sembra neanche tu stia dormendo. Ho passato ore a guardarti dormire, quando stavamo insieme, lo sai? E penso che tu sia la cosa più bella che io abbia mai visto.

Sei tutto ciò che voglio, e non sai quanto male faccia … Non è vero, lo sai eccome, invece. Ma tu almeno non hai te stessa da incolpare, non devi convivere ora per ora con un senso di fallimento assurdo. Perché è così che mi sento, da quando ti ho lasciata: un fallito. Non sono stato neanche capace di amarti fino in fondo, con tutte le mie forze. E ti capisco, capisco perché questa sera non volevi seguirmi, capisco perché non ti sia lasciata baciare. Ti capisco, se non mi ami più.

Ma voglio almeno provarci, voglio provare a riconquistarti, ad averti di nuovo, perché non so più come andare avanti, senza di te.

Vuoi sapere perché ho deciso, con i ragazzi, di cantare quel pezzo durante il concerto? Ecco, il motivo non è semplice, in realtà, e vista l’ora immagino che non riuscirò a spiegarmi nemmeno bene, ma ci provo. Allora. Io e te stavamo benissimo insieme, mi pare, fino ad un certo momento. È cambiato tutto dopo quel pomeriggio al mare, che tu ci creda o no. Ho permesso a delle persone di mettersi tra noi. Delle persone che, come sai, per me sono importanti, tanto. Delle semplici fan. Ho messo la loro opinione davanti alla nostra storia, decidendo poi di finirla, ma questo lo sai perfettamente, purtroppo. Un giorno, però, ho deciso di reagire, di svegliarmi fuori e di fare qualcosa per riaverti. Ed ecco la nostra canzone: una volta le fan si sono messe tra noi, ora io mi metto tra me e te e loro, come una specie di barriera, non so se capisci. No che non capisci, sembro un analfabeta, Dio!”


Scoppiai a ridere, fermando un attimo la lettura. Sentivo ormai gli occhi umidi, ma quell’uscita imprevista attenuò la mia tensione. Ripresi a leggere.

“Beh, comunque sia, tutto questo pandemonio, per far capire loro che sono pronto ad affrontare qualsiasi cosa per stare con te, prima di tutto le loro opinioni, che siano positive o meno. Non mi tirerò mai più indietro, metterò te davanti a tutto e tutti, e cercherò di essere più forte.

Ora chiudo, altrimenti questa lettera va a finire male … Non so se stai dormendo e se ti accorgerai che starò vicino a te, ma almeno questa soddisfazione voglio prendermela. Potrebbe essere l’ultima volta che dormiamo insieme, quindi perché sprecare questa occasione? Basta, Harry, finiscila di dire cazzate. Non sono cazzate, proprio no. Fantastico, comincio ad avere pure disturbi della personalità.

Tuo per sempre (che tu lo voglia o no)
Harry x

P.S: ti amo”


Le ultime righe – un evidente schizzo di stanchezza di Harry- erano cancellate da una linea, ma riuscii comunque a leggerle e a farmi un’altra risata. Okay, Gioia, respira, mi dissi poi, ripercorrendo le parti serie della lettera nella mia mente. Mi passai il dorso della mano sugli occhi, sorridendo poi come una scema. Quella reazione era la risposta a tutti i miei dubbi: amavo ancora Harry, questo l’avevo capito, ormai, ma realizzai un’altra cosa, che forse mi faceva anche un po’ paura. Ero disposta a provarci di nuovo, a fidarmi, e questa volta ero determinata a farla funzionare al meglio.

Presi le mie cose, ed uscii dalla stanza, raggiungendo velocemente la reception.

“Buongiorno. Mi scusi, per caso un certo Styles è passato di qua, stamattina?”, chiesi, con il cuore in gola.
“Certo. Camera 94, immagino”, rispose la donna, con un sorriso gentile.

Annuii.

“Mi ha detto di riferirle che sarebbe rimasto a Verona fino a mezzogiorno circa, poi è uscito a fare una passeggiata”, mi avvisò.
“Le ha detto se ha intenzione di tornare qui?”, chiesi ancora.
“No, ma ha fatto il check out, quindi non credo si farà rivedere”, rispose.

Ringraziai, poi uscii dall’hotel, in preda ad una forte ansia. Guardai l’ora: le undici. Imprecai sottovoce, poi cominciai a camminare veloce verso il centro. Avevo una paura folle di non trovarlo, di perderlo di nuovo. Come avrei fatto a sapere dov’era? Provai a chiamarlo, ma rispose la segreteria telefonica. Decisi di calmarmi e pensare razionalmente: inizialmente esclusi i luoghi di interesse turistico, in cui ci sarebbe stata fin troppa gente per non essere visto, ma a quel punto cosa mi rimaneva? Non conoscevo così bene Verona da pensare ad un qualche posto in cui potesse essersi fermato. Vagai per una ventina di minuti in giro per la città, osservando attentamente ogni via, ogni angolo, ogni luogo che potesse sembrare adatto ad incontrare Harry. Ma alla fine mi arresi, e, dopo aver fatto un rapido punto di dove mi trovavo, mi diressi verso il balcone di Giulietta.

Guardai ogni singolo volto che incrociai durante il tragitto e, arrivata lì, feci lo stesso, ma di Harry nemmeno l’ombra. Lo stesso risultato negativo lo ebbi in Piazza delle Erbe. Presi allora la strada per l’Arena, sentendo di aver già perso in partenza: era il luogo di maggiore attrazione turistica, non l’avrei mai trovato lì. A meno che non si fosse messo in testa di fare il turista. Feci il giro intero della piazza due volte, per essere sicura che non mi fosse sfuggito, poi mi fermai davanti all’Arena, e alzai lo sguardo, non saprei se più al cielo, in cerca di una risposta, o al teatro stesso, guardando i turisti in cima. Nessuno di loro assomigliava neanche lontanamente alla persona che stavo cercando.

Decisi comunque di tentare, così comprai un biglietto ed entrai. Percorsi una lunga galleria, seguendo il flusso di gente che era entrato assieme a me, poi presi gli scalini che portavano in cima, fino all’ultima gradinata del teatro romano. Li salii uno alla volta, facendo attenzione a dove mettevo i piedi, poi, una volta arrivata in cima, mi fermai, e mi guardai attorno, osservando attentamente le persone più o meno vicine, e aguzzando la vista per quelle più lontane.

A circa cento metri da me, c’era un ragazzo che osservava la piazza sottostante, un cappello beige in testa, maglietta bianca con una scritta arancio scuro che copriva gran parte della schiena, e pantaloni neri stretti. Non mi ci volle che mezzo secondo per riconoscerlo. Sorrisi, felice, speranzosa, con il cuore che scoppiava. Presi a camminare lentamente verso di lui, sperando che non si voltasse, e intanto lo osservai: i riccioli che uscivano dal cappello si muovevano leggeri all’aria, le braccia muscolose, il sinistro in parte coperto da tatuaggi, erano appoggiate alla ringhiera di ferro dell’arena; mi soffermai sulle spalle larghe, la schiena forte e lunga, che si stringeva sul bacino, lasciando il posto alle gambe, così belle da poter far invidia alle ragazze.

Mi fermai a qualche metro da lui.

“Ehi, non avevi paura che le fan ti assalissero?”, dissi, cercando di attirare la sua attenzione.

Harry si voltò, quasi di scatto, poi, più tranquillo, mi rispose.

“Ne ho incontrata qualcuna, ma sono sopravvissuto, la maggior parte se n’è andata a casa”

Ed eccolo lì, quel sorriso che tanto mi era mancato, quel sorriso così vero, così suo: le fossette ai lati della bocca gli davano un’aria quasi infantile, ma era ciò che amavo di più di quell’espressione. Gli occhi, con il sole di quella giornata, erano ancora più chiari, ancora più verdi, ancora più brillanti e belli. Gli sorrisi di rimando.

“Ci hai messo un po’ ad arrivare”, si lamentò, avvicinandosi.
“Mi sono svegliata tardi, e non pensavo ti mettessi a fare il turista proprio oggi”, protestai, ridendo.
“Mmmh, avevo voglia di fare un giretto. Comunque, sono io che mi sono svegliato tardi, troppo tardi, mi sa”, mi corresse.

Inizialmente non capii, poi, quando vidi i suoi occhi farsi più seri, riuscii a trovare il significato delle sue parole.

Giusto in tempo, però”, ribattei, sorridendo.

Harry mi si avvicinò ancora di più, lasciando pochi centimetri tra il suo petto ed il mio.

“Cosa mi dici di questa?”, chiesi, estraendo la lettera dalla tasca dei jeans.
“Non hai capito niente, vero?”, chiese, portandosi una mano alla nuca e ridendo.
“Ho capito tutto, invece, Styles. Dovresti fare queste cose di notte più spesso”, ribattei.

Harry rise, rilassato. Anche quella risata, così liberatoria e quasi sguaiata, mi era mancata da morire. Lo guardai mentre i suoi occhi si stringevano, facendo comparire qualche grinzetta ai lati, la bocca completamente spalancata e le mani che si univano davanti al viso. Io tentai di rimanere seria: avevo ancora bisogno di qualche conferma. Lui se ne accorse, e si ricompose.

“Beh, posso giurarti che tutto quello che c’è scritto è vero, compresi i disturbi della personalità. Prometto che comincerò ad andare da uno psicologo”, disse, accennando un sorriso furbo.
“Ho dormito bene, stanotte”, buttai lì, sempre mantenendo una faccia di bronzo.

Harry mi guardò fisso negli occhi, cercando di capire il mio cambio di discorso, poi sorrise.

“Non ti ha dato fastidio?”, chiese, quasi insicuro.

Scossi la testa, abbassando lo sguardo verso la piazza veronese. La gente che camminava sembrava minuscola da lì sopra. Una delle braccia di Harry mi coprì improvvisamente la visuale, andando poi, con l’altro, a circondarmi le spalle. Appoggiai il viso nell’incavo tra il collo e la spalla, inspirando il suo profumo, che non avevo dimenticato, così fresco, così suo, poi gli cinsi la vita con le braccia. Harry mi strinse più forte, sospirando piano.

Mi sei mancata così tanto”, sussurrò.

Lo strinsi più forte a mia volta, e girai il viso verso il suo.

Anche tu”, risposi.

Non so per quanto restammo abbracciati così, in silenzio, ma durò fin troppo poco. Harry mi lasciò le spalle, e fece un paio di passi all’indietro.

“Manca qualcosa, qui”, puntualizzò, appoggiando l’indice e tracciando dei piccoli circoli sulla mia pelle appena sotto il collo, lasciata scoperta dalla leggera scollatura della maglietta.

Brividi cominciarono a scorrermi lungo la schiena non appena il suo dito sfiorò la mia pelle. Poco alla volta, ricominciavo a prendere confidenza con tutte le sensazioni a cui avevo dovuto rinunciare per qualche settimana, e che pensavo mi sarebbero mancate per sempre.

“E’ a casa, non l’ho buttata. Solo che non me la sono più sentita di metterla …”, spiegai, sentendomi quasi colpevole.
“Ssh, ho capito, tranquilla”, sussurrò, accarezzandomi la guancia con il pollice.

Annuii, più tranquilla.

“Non so cosa tu abbia deciso di fare, ma ti prometto che non farò mai più niente che ti possa ferire”, disse poi, guardandomi serio negli occhi.

Potevo credergli, potevo fidarmi, lo vedevo dal suo sguardo chiaro, trasparente, non voleva altro se non me.

“Sai dove va a finire questa?”, chiesi, guardando la lettera.
“Spero non nella spazzatura”, rispose, incerto.
“Questa, caro Styles, te la sbatterò in faccia ogni volta che ti verrà in mente di lasciarmi di nuovo, per un motivo o per l’altro. Un promemoria amichevole, diciamo”, ribattei, trattenendo un sorriso.
“Giuro che non ce ne sarà bisogno, amore”, promise lui, posandomi le mani sulla vita.
“Io ti credo, Harry, voglio farlo. Perché ti amo, e se non sto con te potrei impazzire”, dissi, realizzando solo in quel momento quanto quelle ultime parole uscite dalla mia bocca fossero vere.
“Non ho bisogno di altro nella mia vita, se non di te”, ribatté lui.

Lasciai finalmente libere le mie emozioni, che avevo ignorato fino a quel momento per non farmi troppo male in caso di caduta. Il mio cuore prese a battere alla velocità della luce, lo stomaco mi si chiuse per le troppe farfalle, e le mie labbra si piegarono infine in un sorriso spontaneo e felice. Appoggiai una mano sul petto di Harry, trovando conferma a quell’ultima domanda: anche il suo cuore era praticamente impazzito.

“Anche questo mi è mancato”, dissi, guardandolo con un sorriso.
“A me c’è una cosa che è mancata più di tutto …”, sospirò.

Potevo ben immaginare cosa fosse, soprattutto per il fatto che si trattava della stessa cosa che mi era mancata fino a farmi quasi impazzire. La stessa cosa che in quel momento desideravo più di tutto, la stessa cosa che la sera precedente avevo negato ad entrambi a causa dei miei dubbi. Ma in quel momento, qualsiasi incertezza sembrava essere sparita, dissolta nel nulla.

Harry avvicinò il viso al mio, tentennando per alcuni istanti; passai lo sguardo dai suoi occhi, incatenati ai miei, alla bocca, osservandola fin nei minimi dettagli: le labbra rosse, carnose, quello sopra poco asimmetrico ma comunque perfetto, quello sotto leggermente sporgente, i denti bianchi allineati quasi con le misure. Mi avvicinai di più a lui, lasciando pochi millimetri tra le nostre bocche, e permettendo poi a Harry di riempire quella distanza. Fu un bacio semplice, delicato, fatto solo di labbra, felicità e amore. Un bacio che durò un secondo, ma che bastò a mandare in tilt le mie terminazioni. Riaprii gli occhi, temendo che fosse tutto un sogno, un’altra volta. Harry mi osservò, raggiante.

Grazie”, sussurrò al mio orecchio.
“E di cosa?”, chiesi, girandomi per guardarlo.  
“Di essere di nuovo la mia piccola”, rispose, sorridendo.

Avvicinai di nuovo la bocca alla sua, questa volta chiedendo di più: schiudemmo le labbra insieme, lasciando che le nostre lingue riprendessero confidenza, che si ritrovassero; ritrovai il sapore di Harry, e lui il mio, il mio corpo ritrovò il suo posto nel suo abbraccio, i nostri petti, stretti uno contro l’altro, risuonavano ognuno del cuore dell’altro.

Ti amo, Styles, all’infinito. Grazie di essere stato forte per me”, sussurrai, terminato il bacio.

Lui sorrise.

“Non credo ci sarei riuscito se tu non ci fossi stata. Sei tu che mi dai forza”, rispose.
“Quindi non ci lasceremo più?”, chiesi, quasi come una bambina.
“Mai più”, confermò lui.

Lo abbracciai forte, buttandomi di slancio su di lui, che mi sollevò da terra e mi fece girare un paio di volte, ridendo. Il resto del mondo, in quel momento, sembrava aver deciso di lasciarci soli, in pace, a goderci il nostro attimo di paradiso, quel ritrovarsi che credevamo non sarebbe mai arrivato; non un turista, né nessuna fan, vennero ad interromperci, a chiedere una foto, nulla di tutto ciò. Potevamo essere noi, insieme, e basta.

“Abbiamo ancora un po’ di tempo insieme”, affermò, rimettendomi a terra e guardando l’orologio.
“Ma è mezzogiorno! All’hotel mi hanno detto che …”, protestai, ma lui mi fermò.
“Era solo una scusa per farti correre un po’, non ce la facevo più ad aspettarti”, ribatté, un sorriso furbo sul volto.

Incrociai le braccia sul petto, scuotendo la testa e ridendo.

“Devo essere a Milano al massimo per le cinque. E prima c’è una cosa che vorrei fare”, spiegò.
“E sarebbe?”, indagai.
Portami a conoscere i tuoi”, chiese.

Spalancai gli occhi, incredula.

“Ma sei impazzito?”, esclamai.
“Forse sì, in effetti. Ma devo farmi perdonare anche da loro, altrimenti come faccio a stare con te? Non mi lascerebbero nemmeno avvicinarmi, con quello che ho combinato!”, ribatté lui.

Non era una cattiva idea, in effetti. Sperando nella buona stella, i miei avrebbero lasciato correre, e non avremmo più avuto problemi. Accettai la sua idea, con non poca paura in corpo.

“Fantastico!”, esclamò lui.

Contento come un bambino che apre i pacchetti sotto l’albero a Natale. E doveva conoscere i miei. L’Italia gli faceva decisamente male.

“Prima però, un’altra cosa”, annunciò.

Il cellulare in una mano, mi circondò con un braccio e, mentre mi voltai a guardarlo per capire cosa avesse intenzione di fare, mi baciò di nuovo, scattando una foto nello stesso momento. Non appena le sue labbra si appoggiarono sulle mie, mi lasciai andare, cercando di rendere quel fermo immagine il più spontaneo possibile. Risi della sua momentanea pazzia, poi lo guardai armeggiare con il telefono.

“Non la starai mica pubblicando?!”, chiesi, sorpresa.
“Certo che sì”, rispose, alzando lo sguardo su di me.

Alzai un sopracciglio, in attesa di una spiegazione.

“Amore, hai la testa dura, eh. Ieri sera, la canzone, poi ci hanno visti arrivare assieme in hotel, qualche supposizione l’avranno fatta pure le fan, non credi?”, spiegò, con tono superiore.
“E quindi? Non avevamo detto che la loro opinione contava fino a un certo punto?”, replicai.
“Certo. Ma almeno diamo loro una conferma delle loro supposizioni, no?”, ribatté, facendomi l’occhiolino.           

Capendo infine ciò che voleva dire, mi avvicinai a lui, e gli scoccai un bacio sulla guancia, prima di leggere la didascalia con la quale avrebbe pubblicato la foto.

It isn’t too hard to see we’re in Heaven

 You and I,
We don’t wanna be like them,
We can make it till the end,
Nothing can come between you and I
Not even the Gods above
Can separate the two of us
No, nothing can come between you and I



 
Curly space:
Aaaaaaaaaaaaaaaaaah sono troppo feliceeeeeeeee! Posso cominciare a festeggiare? Eh eh eh??? :D
(Curly, ricomponiti, per favore) Okay. Okay, un attimo che torno sulla terra, eh... =P
Beh, allora, cosa mi dite? Io mi sono appena accorta, pubblicando, che oltre a You & I, in questo capitolo ci sta un sacco anche Strong *-* Giuro, non ci avevo fatto caso prima...

Comunque. Potrebbe essere che troviate il capitolo UN PO' dolce, un po' eh... Ma, sono seria, ho anche provato a ridurre il livello di zucchero, ma non ci sono riuscita, quindi, insomma... Questo. 
Ma, GIOIA E HARRY SONO TORNATI ASSIEMEEEEEEEEEEEEE! <3 Vi prego, ditemi che siete felici anche solo la metà di me, e sarò contenta :D
Voglio sentire le vostre opinioni, quindi, mi raccomando, fatemene arrivare tante tante tante :3 

Ora, prima che la situazione sclero peggiori ancora, passiamo a voi, magiche: 
GRAZIE a jtommo97 maty1D e tommo_is_the_best per aver messo la storia nelle Preferite :D
GRAZIE a IgLovepn Tommos_girl93  e sabrinatomlinson per le recensioni :D
GRAZIE A TUTTE per essere arrivate fin qui... <3

Come saprete, questo è l'ultimo capitolo, il prossimo sarà un epilogo con taaaaaaaante sorprese... Quindi, stay tuned! ;)

Bacioni,
Curly crush :)

 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Curly_crush