Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: _Lakshmi_    23/01/2014    2 recensioni
Se esistesse vita al di fuori delle mura? Se esistesse una civiltà evoluta?
Questa storia è incentrata sul personaggio di una giovane comandante, privata del proprio titolo, del proprio onore, delle proprie armi, capitata a Wall Rose per un maligno gioco del destino. Una ragazza che ha conosciuto il mare, da cui ha eredito la calma, ma anche l'impetuosità.
Una ragazza che ha conosciuto fin da subito il sangue, la morte e la freddezza della vita.
Dal capitolo quarto:
"[...] Ti immagini? Enormi animali, grandi quasi quanto dei Giganti, con lunghe zanne e grandi orecchie! Quando li abbiamo visti la prima volta eravamo rimasti un po’ spiazzati"
"Avete animali bizzarri..." commentò il Caporale con voce atona, non riuscendo ad immaginare l’animale appena citato.
"E voi attrezzature infernali" rise lei "Comunque gli Elefanti non sono nostri, ma di una tribù proveniente dall’estremo oriente, al di là delle altissime montagne. Sono uomini anche più bassi di te, sai?"

Al suo fianco ci saranno altri OC, alcuni dei quali comporranno una squadra molto particolare...
[...] Perché se esistevano persone così estroverse, talmente particolari da poter causare il suicidio di qualsiasi psichiatra, nulla poteva reputarsi infattibile.
Genere: Azione, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rivaille, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Ottavo Capitolo

Ottavo Capitolo:

Άβυσσος

 

Gli occhi glaciali di una giovane Comandante scorsero chiaramente tra le file dell’esercito nemico la figura rilevante dell’Imperatore d’Oriente, lo stesso che tempo prima aveva tentato di impadronirsi di quei territori, massacrando il corpo del più grande Stratega e Polemarco.
Un uomo massiccio, muscoloso, non molto alto, con una lunghissima chioma nera e liscia che lasciava scoperto il viso severo, non protetto dall’ elmo, dove spiccavano due minute iridi dorate. Non era lì per combattere, avrebbe lasciato un simile fardello ai suoi più fidati Generali. Era lì, nelle vesti sontuose del suo ruolo, per vedere la donna-guerriero diventata così famosa per la propria impeccabile strategia, tanto che la falange che comandava era stata soprannominata Athánatos, ovvero Immortale.
Non era ancora giunto lo scontro finale, poiché sapeva che in quella giornata estiva, dove il sole splendeva alto nel cielo e cuoceva lentamente i soldati nelle loro armature, lui avrebbe ricevuto una sconfitta memorabile. Ma non si preoccupava, perché sacrificare una legione non era nulla in confronto allo spettacolo che stava per assistere.
Un suo ufficiale gli si avvicinò e iniziò a parlare nella lingua appartenente ai popoli dell’estremo oriente.
<< Mio Xiānshēng, siamo in forte vantaggio numerico. Una falange contro un’intera legione>>
Una falange non superava mai i cinquecento uomini, perché doveva essere un gruppo facile da muovere sul campo e efficiente per ogni cambio di strategia; una legione invece spesso poteva superare persino i diecimila, anche se in quell’occasione si limitava soltanto a tremila soldati armati fino ai denti.
<< Lo so>> rispose calmo l’Imperatore, sfiorandosi con una mano la lunga barba corvina striata di bianco.
<< Perché così tanti uomini?>>
<< Perché altrimenti che divertimento ci sarebbe?>>
<< Vuole così tanto l’Elláda?>>
<< Mi piacciono i loro vini, mi sembra normale>> rise lo Xiānshēng, prima di abbandonare completamente l’esercito e compiere il viaggio di ritorno in patria, scortato da una ventina di cavalieri armati.
Il combattimento si sarebbe svolto in uno stretto passaggio tra le montagne e da quel punto di vista, la falange del Comandante Thàlassa avrebbe potuto anche avere la meglio; ma gli arcieri della legione erano i più esperti e possedevano tecnologie ben più avanzate rispetto a quelle degli avversari.
Inoltre gli esploratori avevano trovato un altro passaggio, grazie al quale avrebbero chiuso l’esercito della donna tra due morse.
La caduta della leggenda era ormai prossima.
Quella fanciulla che incitava le proprie truppe in una lingua tanto incomprensibile quanto musicale sarebbe morta in quella stessa giornata, con una lunga asta impiantata nel ventre.
Era solo questione di tempo.

 

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 Wall Rose, febbraio, 852

 
Lachesi guardò la folla strepitante che osannava la Legione Esplorativa. C’erano molti uomini, donne, persino bambini ad acclamare la partenza, come se quei soldati fossero veri e propri eroi, paladini della giustizia che con le loro gesta avrebbero estinto il pericolo dei Giganti. E forse era così, anche se l’ex-comandante temeva per una minaccia ben maggiore di alcuni abomini privi di cervello.
Da troppo tempo tutto era stato fin troppo calmo, semplice. La sua vita non aveva incontrato nessun ostacolo, era trascorsa in modo fluido, tra allenamenti e piccoli momenti di svago, grazie ai quali i rapporti con la squadra si erano rafforzati.
Una sensazione amara le strinse lo stomaco, mentre i suoi pensieri convergevano su Pólemos. Da anni quell’uomo voleva espandere il regno fino a occidente e lei temeva che avesse colto l’occasione per partire con l’esercito. No, lui sicuramente aveva problemi ben maggiori di carattere burocratico da sistemare. Dopotutto era un dittatore, il solo a comandare, quindi doveva restare in patria e affermare il proprio potere.
Come se non l’avesse già fatto.
Scosse il capo: forse, dopo tanto tempo, finalmente gli Dei le avevano concesso un po’ di pace; quindi non doveva temere per l’avvenire, ma concentrarsi sul presente.
Fu allora che, alzando lo sguardo al cielo, notò un corvo nero che volava contro il sole, volteggiando sopra le loro teste. Chinò lo sguardo irradiato dall’accecante luce, mordendosi il labbro inferiore.
Seppur fosse un segno di morte, lei avrebbe fatto di tutto pur di sventarlo, anche combattere contro quegli enti che lei chiamava Divinità.
Immersa nei propri pensieri com’era, non si accorse nemmeno che un bianco cavallo le si era accostato e che a cavalcarlo si trovava Elizabeth, la quale portava un lunghissimo mantello verde scuro, al contrario degli altri soldati a cui arrivava massimo a metà schiena.
<< Lachesi>> la chiamò la dottoressa, tirandole una ciocca.
<< Mhm?>> mugugnò la ragazza, non riuscendo ancora a mascherare completamente le proprie preoccupazioni.
<< Qualsiasi cosa accada là fuori, tu non abbandonare la squadra>> le intimò Newton, seppur con un tono quasi materno, come se sapesse cosa le passasse per la mente << Con l’orso hai visto giusto: portandola fuori hai impedito che compiesse una strage. Ma ricordati che su questa scacchiera tu non sei sola e che non sei un semplice pedone sacrificabile>>
<< Ma se non morirò io, qualcun altro cadrà al mio posto>>
<< Lachesi, segui gli ordini di Levi, qualsiasi cosa accada. Siamo intesi?>>
La ragazza non rispose, strinse soltanto le briglie del proprio cavallo con maggiore forza. Sapeva che Elizabeth diceva il giusto, ma non riusciva a frenare il proprio spirito battagliero.
E se l’avesse visto? Cosa avrebbe fatto?
Lui, sul suo enorme lupo corazzato corvino, mentre la guardava ghignante. Sarebbe realmente riuscita a rimanere nel gruppo, desistendo dall’attaccarlo? La risposta non poteva essere altro che negativa.
Aveva sofferto troppo a causa di quell’abominio per restare calma, in silenzio. Giurò che gli avrebbe tranciato la testa e avrebbe lasciato il cadavere a marcire per la gioia delle carogne, come lui tempo prima aveva fatto con la sua falange.
Se ci fosse riuscita.
Infatti Pólemos era il Comandante più forte e in uno scontro corpo a corpo la potenza muscolare aveva il suo peso. E poi non era stupido, aveva anni di battaglie alle spalle ed era stato anche eletto come secondo Stratega, prima dietro al padre di Lachesi, poi a Lachesi stessa.
La ragazza fece un sospiro rassegnato, capendo di non avere ancora le capacità di sconfiggerlo.
A smuoverla dalle sue preoccupazioni, fu l’ordine di Erwin, chiaro come il rombo di un tuono, il quale la riportò alla realtà. In pochi attimi, sarebbe uscita dalle mura e avrebbe marciato verso Wall Maria. Frenò il cuore, fece un lungo respiro e poi, quando le grate furono alzate, imitando gli altri soldati, spronò il proprio destriero.
Sentì l’impetuoso vento invernale muoverle i lunghi capelli castani, sciolti, accarezzarle il viso, fino a penetrare sotto i vestiti, agghiacciandole il corpo. Dopo mesi, non si era ancora abituata alle temperature rigide del luogo, tuttavia mascherò le proprie sensazioni con un’espressione feroce, da fiera selvatica a digiuno da troppo tempo.
Giurò a sé stessa che avrebbe combattuto anche fino alla morte, che non avrebbe ceduto alla paura nemmeno quando la lama di una spada fosse prossima a decapitarla.
Quando furono distanti dalle mura, i militi si misero nella formazione prestabilita. Lachesi si trovava nella squadra di Levi, nell’ala sinistra centrale, assieme a Eren, Mikasa, Elizabeth e Oscar.
Osservò il Caporale Maggiore più volte, ripensando a ciò che le aveva detto Newton. Si doveva fidare di lui, come aveva sempre fatto. Non doveva cadere negli impulsi, seppur fossero forti, anche più potenti della ragione. Doveva restare al fianco di quell’uomo.
L’ultimo punto però non gli era suggerito dalla dottoressa o dalla materia grigia, bensì da qualcosa di più profondo, di pulsante, che lei aveva soffocato da troppo tempo con il proprio spirito bellico. E ciò le fece anche più terrore dell’idea di trovarsi davanti Pólemos e di non riuscire a sconfiggerlo.
Tirò lievemente le briglie del quadrupede, rallentando impercettibilmente la corsa per allontanarsi dal proprio superiore, raggiungendo invece Ackerman. Sembrava un gesto infantile e forse lo era, ma almeno così la giovane si sentiva più sicura.
Sulla strada, in un primo momento, stranamente non trovarono molti Giganti e quei pochi che avevano incrociato, venivano evitati con grande maestria.
<< Sono molti meno>> commentò stupita la dottoressa << Peccato, volevo proprio squartarne qualcuno con le mie mannaie>>
<< Tu non squarterai proprio nulla, donna>> sbottò il capogruppo << Nessuno deve separarsi dalla squadra>>
<< Nano bastardo>> bofonchiò << Almeno un Gigante di cinque metri me lo potresti concedere>>
<< No>>
<< Ma così diventa una spedizione priva di adrenalina! E un po’ di adrenalina nel sangue ci vuole>>
<< Se fosse per me, ti avrei già spedito in bocca ad un Gigante>> brontolò il Caporale Maggiore, per poi fulminarla con sguardo cupo, virando infine l’occhiata su Lachesi, la quale osservava un punto indistinto della pianura << Ohi, Lachesi>> la chiamò.
La ragazza scosse il capo, come appena destata da un lungo sogno. O incubo, a giudicare dagli occhi spalancati.
<< Che c’è?>>
<< Resta concentrata>>
<< Sono concentrata!>> ribatté lei in tono battagliero.
<< Non mi sembra. C’hai lo sguardo perso da quando siamo partiti. Se vuoi finire divorata da un Gigante, non mettere a rischio la mia squadra>>
<< So badare a me stessa e non ho intenzione essere divorata>> disse lei con tono glaciale, innervosita più con se stessa che verso il Caporale Maggiore.
Questo abbozzò un impercettibile sorriso nel vedere rifiorire la grinta della soldatessa, la quale ora aveva uno sguardo più fermo e concentrato. Ogni preoccupazione si era dileguata da quel corpo ed era tornata la fredda logica da ex-comandante.
Sul percorso per la riconquista di Wall Maria iniziarono anche a incontrare alcuni Giganti. Erano normali abomini, anche se più proseguivano con la marcia, virando, incurvando la linea retta del tragitto per evitare scontri, più s’imbattevano in alcuni che definirli anomali era ancora poco.
Erano veloci e puntavano più che altro a spostare, anzi, a guidare la legione, piuttosto che uccidere i soldati, evitando egregiamente gli attacchi di chi provava a colpirli. Senza divorare nessuno.
Lachesi provò ad avvertire Levi dell’eventuale trappola, di rompere la formazione, ma le parole le morirono in gola quando il suo superiore le rispose in modo autoritario. Lui non avrebbe mai disubbidito agli ordini di Erwin o almeno così piacque credere alla giovane, anche se l’idea che non si fidasse ancora di lei le stringeva il cuore in una morsa glaciale.
Seguirono attimi interminabili di assoluta calma, dove nessun suono, oltre all'assordante rumore di zoccoli, distrbava l'improvviso sonno della pianura.
I Giganti, che fino ad un attimo prima erano impossibili da attaccare, vennero abbattuti con estrema facilità, così la marcia continuò senza ostacoli per un tratto abbondante di strada, allontanandosi sempre di più dalle mura, finché queste non divennero un lontano ricordo alle loro spalle.
I militi continuavano imperterriti, pensando di essere diventati ormai esperti riguardo il nemico. Alcuni addirittura ridevano o scherzavano, si schernivano a vicenda, nella più totale tranquillità, anche se si riusciva ancora a percepire la rada tensione. 
Un sogghigno. 
Un impercettibile gesto di mano.
Ed improvvisamente ogni loro sicurezza svanì. 
Un orso abnorme sfondò di prepotenza l’ala destra, mettendo in fuga i superstiti, i quali intralciarono gli altri soldati.
L’animale ruggì, opprimendo gli animi dei presenti, facendo vibrare le loro interiora e congelando molti dal terrore più puro.
Altri due Giganti dotati di intelligenza iniziarono a incalzare, a disperdere i militari sull’ala sinistra. Erano corazzati in tutti i sensi e dotati di una forza e una velocità inaudita, ben superiore a tutti gli abomini che avevano incontrato fino a quel momento, persino più resistenti del Colossale e del Corazzato. E anche di Eren e Oscar.
I soldati non potevano ritornare dentro Wall Rose, perché ormai i cancelli erano troppo lontani. Non potevano rifugiarsi nella foresta, perché si trovavano in aperta pianura e avevano la strada sbarrata dai due mostri. Erano come animali caduti nella rete di un cacciatore.
Chi tentava di fuggire, lontano dalle creature abnormi, veniva sgozzato da una bellissima donna, dai lunghi capelli biondi e mossi, armata con una letale falce e due fatali stiletti, a cavallo di un cupo destriero a dir poco spettrale, forse a causa dell’armatura.
<< Caporale!>> urlò d'un tratto Elizabeth, tenendo a bada il proprio cavallo imbizzarrito.
<< Restate uniti>> ringhiò l’uomo.
<< Bisogna portare in salvo il salvabile>> disse Lachesi, la quale aveva già un piano nella mente, seppur fosse conscia del pericolo che avrebbe corso.
<< E come?!>>
<< La foresta non è lontana. Io insieme ad un altro Gigante potremmo distrarre i due e lasciare così una via di fuga. L’orso e la donna sono impegnati a uccidere chi fugge nell’ala destra...>>
<< No>> rispose secco e impulsivo il Caporal Maggiore.
<< Perché non ti fidi di me?!>> sbraitò Thàlassa << Se stiamo qui verremo uccisi o peggio!>>
Lui non le rispose e ciò scatenò le ire dell’ex-comandante, la quale smontò da cavallo e partì ugualmente alla carica. Non si curò dei richiami di Levi, avanzando invece con maggiore velocità e sguainando le spade. Inspirò profondamente e attirò su di sé l’attenzione dei due mostri con un grido battagliero. Uno di questi, il più basso, di all’incirca diciannove metri, tentò di ghermirla, ma lei evitò il colpo, piroettando in aria e atterrando poi sul suo braccio. Lo percorse per tutta la sua lunghezza, fino a raggiungere metà avambraccio. Con l’ausilio della manovra tridimensionale, riuscì ad agganciarsi all’altra spalla e con abile mossa sgozzò l’abominio alla giugulare non protetta dall’armatura in cuoio; prima che crollasse a terra, la ragazza tentò di finirlo alla nuca, ma il secondo riuscì ad afferrarla alla vita in una morsa ferrea.
Urlò di dolore non appena la stretta divenne sempre più opprimente, sentendo i muscoli in un’unica fitta tremenda.
Levi, che la vide da lontano, volle intervenire, capendo che lei non avrebbe mai potuto reggere uno scontro con due Giganti, soprattutto quando stava per sopraggiungere anche l’Orso, ma fu frenato da Newton.
<< Se tu muori, questi soldati saranno davvero condannati. Non deve morire il loro pilastro. Non può morire il suo pilastro>> la donna abbassò la voce, facendola quasi diventare un sussurro << Ti prego, non farle questo>>
Lachesi fu scaraventata a terra con una violenza inaudita dall’abominio, ma quando questo stava per darle il colpo di grazia che le avrebbe fracassato il capo, lei si rigirò repentinamente su un fianco, evitando un potente pugno.
Un sapore metallico le gorgogliò in gola, mentre il cremisi iniziò a fuoriuscirle copioso sia dalle labbra, sia dalle braccia, le quali erano una posizione innaturale con l’osso della spalla sinistra sporgente. Si reggeva a malapena in piedi, essendo appena riuscita a concentrare le proprie capacità di rigenerazione nelle gambe, seppur il resto del corpo urlava straziante pietà.
Ogni passo era una tortura, ma doveva correre per non essere presa nuovamente dal Gigante. Era ben conscia che non sarebbe mai riuscita a reggere per molto altro tempo, ma sperava che quei minuti preziosi che le rimanevano fossero utili per portare in salvo il rimanente della Legione Esplorativa. Almeno dentro alla foresta sarebbero stati aiutati dall’equipaggiamento e avrebbero avuto una chance in più.
Non appena fu di nuovo in grado di usare il braccio destro, amputò tre dita ad un nemico, ma l’altro riuscì a schiacciarla al suolo. Lei sopravvisse, tenendo a stento sollevata la mano avversaria mentre le proprie gambe scricchiolavano impotenti, prossime al collasso. Gridò di rabbia, mentre sentiva la forza del nemico quadruplicare, ma con lacrime che le scorrevano lungo il viso, tentava una stregua difesa.
Era bloccata, soffocata dal peso e dal pensiero di morire come un fastidioso insetto. Pregò quindi per l’ultima volta le divinità affinché fosse riuscita a salvare il salvabile.
Ma la bianca dea non giunse ancora a prenderla.
Infatti qualcosa frenò l’attacco dell’abominio. La ragazza riuscì a distinguere un Gigante a lei familiare, il quale aveva colpito in pieno viso il mostro, facendolo cadere contro l’altro.
<< Eren>> mormorò, sentendo una leggerezza improvvisa.
Si mise a fatica in posizione eretta, evitando appena una zampata dell’Orso e una stilettata della donna, la quale però le sfregiò il volto. Ma a quel punto intervenne il Gigante Piromane che ferì l’animale e con una vampata di fuoco bruciò il mantello scarlatto della guerriera a cavallo.
Lachesi si lanciò contro le caviglie dell’abominio più alto, riuscendo a causargli un profondo taglio che lo fece crollare al suolo.
Finché avrebbe avuto un solo briciolo di forza nel corpo avrebbe combattuto. Anche con i denti e le unghie, non aveva intenzione di cedere.
Le spettarono i minuti più lunghi della sua intera esistenza, dove si trovò fin troppo spesso faccia a faccia con la morte; però riusciva a sfuggirle con la stessa grazia con cui evitava gli attacchi mortali. Fu in grado anche di tagliare la nuca del mostro più alto, riuscendo a farlo tacere una volta per tutte.
Per lei, riuscire a prevalere in quello scontro, fu come vincere una lunga guerra.
Estrasse l’uomo che comandava il corpo titanico, pronta a sgozzarlo, ma l’intervento repentino della donna la frenò e fu costretta così ad abbandonarlo per restare in equilibrio sul filo tra vita e morte.
Eren sfondò la mascella dell’altro abominio, fracassandosi però le nocche della mano sinistra. Il suo braccio destro era ferito gravemente ed emanava un vapore bollente, così come per il petto di Oscar, su cui si trovavano lunghe unghiate sanguinanti.
Quest’ultimo afferrò il collo dell’orso e lo scaraventò a terra, anche se poi l’animale gli azzannò una gamba, spezzandogliela. Entrambi al suolo, iniziarono a lottare con tutte le forze, rotolando e distruggendo gran parte della pianura già martoriata.
Continuarono a resistere, ma il loro tenue barlume di vittoria si spense quando sopraggiunsero altri soldati, i quali non li uccisero, però li misero in condizione tale da non poter contrattaccare. Wilde era steso con l’orso che lo immobilizzava e guerrieri che, grazie a lunghi cavi di un materiale corvino, gli impedivano di alzare il capo; Jaeger invece era stato ferito da un uomo misterioso che, con armi dalle lame nere come la notte, gli aveva tagliato le caviglie e amputato entrambe le braccia. Poi questo afferrò una spada e la scagliò contro Lachesi, la quale non fu abbastanza lesta per evitare il fendente che le penetrò in profondità la spalla già ferita.
La giovane crollò al suolo, lasciandosi un guaito per il dolore.
<< Chi si rivede>> rise il guerriero, mostrando le fauci << Effettivamente, mi mancava una puttana nel mio harem>>
La ragazza sgranò gli occhi.
Il cuore le pulsava sin nelle orecchie, dolendole addirittura nel petto. Ebbe appena la forza per alzare il capo e osservare le iridi azzurro elettrico dell’avversario, il quale si trovava in piedi davanti a lei.
No.
Doveva rialzarsi, non poteva dimostrarsi debole davanti a lui.
Tuttavia, appena tentò di far pressione sulle gambe per reggersi nuovamente in piedi, Pólemos le affondò la spada, costringendo così Thàlassa a cadere in ginocchio.
<< Maledetto>> ringhiò a denti stretti, per impedire che un altro urlo uscisse dalla gola.
<< è così che saluti tuo marito?>> le domandò, avvicinandole l’altra lama sul collo, sfiorandoglielo, mentre la teneva ferma per la lunga chioma << Sai cosa meriteresti?>>
Non rispose. Non ne ebbe la forza.
Sentì il flebile rumore del freddo metallo guizzare in aria, per poi piombare su di lei e tagliare. Un getto di sangue le macchiò ulteriormente la camicia, ormai lercia.
<< Ora sei perfetta>> le sussurrò all’orecchio, rifoderando l’arma estratta dalla spalla.
Una cascata di capelli castani si sparpagliò sul terreno, mentre le iridi della giovane diventarono sempre più lucide, assimilando lentamente ciò che era successo. Poi delle calde lacrime iniziarono a solcarle il viso contro la propria volontà, mentre stringeva i pugni per la rabbia che aveva iniziato a pulsarle nel cuore.
<< Papà...>> mormorò, afferrando una ciocca con la vista che le si offuscava.
Mentre Pólemos le stringeva un cappio intorno al collo, negli occhi cupi della ragazza brillò una scintilla di odio proveniente dal muscolo palpitante.
<< Sei la mia prostituta ora. Tuo padre capirà>> rise il Comandante, ma ricevette un inaspettato pugno nello stomaco. Non gli causò dolore, anche perché Lachesi era fin troppo affaticata per avere ancora energie; tuttavia dovette stimare il coraggio o la stupidità di quella giovane, che anche in una simile situazione combatteva.
Per un breve istante, aveva rivisto la grinta del Polemarco assassinato sul campo di battaglia un decennio prima e gli scappò un ringhio cupo. Le alzò il capo con forza per la breve capigliatura, tipica delle schiave nella loro cultura, per poi baciarla prepotentemente, arrivando persino a ferirle le labbra con le proprie fauci.
Infine la lasciò, spingendola malamente sulla terra battuta.
Appena lei tentò di rialzarsi, lui le diede un calcio tale da farle rigettare sangue.
<< Türannos, che ne facciamo di loro? E dei fuggiaschi?>> chiese un guerriero.
<< I due Giganti mettili nelle sapienti mani di Ýbris: lui sa zittire e addolcire i cani rognosi. I fuggiaschi invece lasciali al loro destino, inseguirli sarebbe solo una perdita di tempo>> detto ciò, diede un veloce sguardo al corpo di Thàlassa e alle occhiate fameliche che il soldato le lanciava, visto che la bellezza della giovane si era preservata perfettamente anche con i capelli più corti, poi aggiunse: << Lei sarà il mio giocattolo per le prossime notti. Nessuno la toccherà. Nessuno oltre a me>>

<< Certo, mio Türannos>> rispose con un po’ di amarezza il sottoposto, poiché sperava che mettesse a disposizione dell’esercito quella donna divina, come aveva fatto in precedenza con tutte le altre ragazze.
<< Muori>> ringhiò Lachesi, mentre veniva legata al nero lupo corazzato del Comandante.
Pólemos fece un ghigno divertito, montando in groppa all’animale per poi spronarlo alla massima velocità, costringendo Thàlassa a mantenere il passo, seppur non ne avesse la forza.
Nel frattempo Gwydion, richiamando a sé con un acuto fischio un grosso corvo, si avvicinò ai due ragazzi che avevano già saggiato la brutalità di quell’esercito, a quanto poteva notare dalle grandi chiazze cremisi sulle camicie.
Con la propria mano insanguinata, precedentemente ferita con uno stiletto, passò sui tagli più gravi dei prigionieri. I due non dissero nulla, poiché erano a un punto dal crollare.
Sfiorò la chiave al collo di Eren e la osservò incuriosito per qualche attimo. La rigirò tra le dita un paio di volte, poi la lasciò, rialzandosi.
<< Che...>> biascicò d’un tratto il ragazzo, alzando debolmente il capo dal suolo.
<< Vi aiuterà a rimarginare le ferite>> sussurrò il druido, prima di allontanarsi.
Appena fece per montare in sella, una donna, la stessa che si trovava tempo prima con lui a massacrare la Legione Esplorativa, gli si accostò.
<< Vedo che ti sei riuscito a superare la morte della tua compagna>>
<< Cosa?>> domandò lui, voltandosi per incrociare quello sguardo celeste, malizioso come non mai.
<< Beh, quei due ragazzi effettivamente sono un bel bocconcino. Se vuoi posso convincere Pólemos affinché te li lasci. Dopotutto io sono la sua concubina preferita>>
<< Nessuno la può rimpiazzare, specialmente quei due>> ringhiò Gwydion, salendo sul proprio cavallo pezzato << E poi hai perso il tuo posto con una donna ben più intelligente>>
<< Cosa?! Pólemos ha riguardo di me! Io sono la sua nuova Thàlassa! Ti farò degradare per quel che hai detto!>>
Lui non le rispose, spronando il destriero. Non si curò degli urli isterici della donna, stringendo invece una ferita che aveva iniziato a pulsargli nel petto.
Una ferita che non si sarebbe mai rimarginata.

 
Fine ottavo capitolo!

 
Nome Capitolo: Abisso

 
 

Angolo dell’autrice:

 
Eccoci di nuovo qui! Dopo aver affrontato Giganti ferocissimi (quali il mio profe di latino e di greco), oggi volevo scrivere non di musica, non di curiosità, non di pezzi del background. Bensì una mia demenza unica, dovuta ad una sclerata di un tardo pomeriggio con una mia amica.
Tutto è nato dalla fatidica domanda “E se Shingeki fosse un gioco di ruolo?”. La discussione è proseguita con le cose più dementi, tanto che da qualche parte nella mia cartella ho scritto anche qualcosa al riguardo, puro for fun, niente che mai pubblicherò.
Ho giocato diversi anni a un videogioco online della cara Blizzard (quanti soldi mi hai spillato XD), anche se ormai l’ho abbandonato completamente, perché non ho più schei ( ç.ç la mia povertà), né voglia, né tempo per giocarci. Però un piccolo tributo volevo ugualmente scriverlo (per alcuni termini mi sono fatta aiutare, lo ammetto, perché ho la memoria di un Gigante comune).
Così... ecco qua, la mia pazzia inizio interrogazioni! Buona lettura!

 
Esistevano warrior, tantissimi warrior, ma nessuno di essi era IL warrior. IL warrior infatti era un personaggio mistico, l’incontro tra un nano e un comodino Ikea (per l’ampia espressività), con l’incazzatura tale da essere soprannominato uomo-bestemmia.
Il nome del giocatore era Levi. Il nome del personaggio che giocava era Heichō, semplificato in Levi.
Giocava ovviamente come Officer in una delle migliori gilde del server, la prima a fare le first-kill dei boss e a fare achivement ai comuni mortali pressoché impossibili senza abbondante gear.
In PVP, in ogni luogo dove passava lui, non cresceva più l’erba.
Anche perché aveva herbalism.
O perché aveva dietro al culo Nanaba, il farmer di Gilda.
Asfaltava la gente persino con le battaglie tra companion, con il suo cazzutissimo drago Rivaille. Insomma, era perfetto. Nessun warrior Fury era come lui.
E giocava in una gilda di menomati mentali.

 
Warrior: Guerriero (un tipo di personaggio che si può giocare).
Officer: un personaggio nella gilda normalmente poco sotto il capo, che ha il compito di aiutare a gestire.
First-kill: prima uccisione
Achibement: premi che si conseguono dopo vari obbiettivi.
Gear: equipaggiamento.
PVP: player vs player, ovvero luoghi dove i personaggi si possono scannare.
Herbalism: oddio... la traduzione italiana precisa non saprei (o perlomeno, la prima che mi viene sarebbe raccoglitore di erba, ma suona abbastanza male). Sarebbe una professione che permettere di raccogliere le piante per poi usarle per creare pozioni o pergamene o...
Farmer: personaggio che passa tutto il tempo a raccogliere materie prime.
Companion: animaletto domestico che segue un personaggio.
Fury: specializzazione del Guerriero.

 
Bon, e qui vi saluto al prossimo capitolo! Probabilmente con il secondo quadrimestre sarò meno presente... perché è il secondo quadrimestre, dopotutto. Anzi, se vogliamo proprio essere fiscali, pentamestre. Quindi nulla, alla prossima! Un bacione a tutti quelli che mi seguono!

  
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