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Autore: KikiShadow93    23/01/2014    7 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Piccolo avvertimento: è passata una settimana dagli ultimi avvertimenti, giusto per essere chiari :)
È vero che vedrò di farlo intuire lo stesso durante il testo, ma sono una sega improponibile, ed essendo questa una storia già abbastanza confusa di per sé, preferisco puntualizzare almeno queste piccole cose.
Ok, dopo questo inutile appunto, vi lascio alla lettura di questo nuovo capitolo... spero che vi piaccia! :)

 

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Non c'è istinto pari a quello del cuore.
Lord Byron


Nel freddo e asettico lettino dell'infermeria, sorvegliata dallo sguardo vigile di Tachi, Akemi dorme, mentre il deflussore è in azione e lascia fluire nuovo sangue nelle sue vene quasi asciutte.
Il suo corpo snello è immobile e freddo.
I capelli lunghissimi e di un nero quasi accecante ricadono morbidi sul materassino, sinuosi.
Il viso pallido è rilassato grazie ai forti sedativi che le sono stati somministrati.
Tachi la guarda, notando quanto quel trattamento le stia facendo visivamente bene: le labbra screpolate sono di nuovo morbide e rosee, la pelle secca e rovinata sta tornando velocemente vellutata e luminosa, i capelli sfibrati sono di nuovo forti e lucenti.
Nella sua mente non riesce a far altro che paragonarla ad un fiore che sta sbocciando in tutto il suo splendore. Un fiore che appassisce velocemente, e che sembra rinascere solo quando viene annaffiato. 'Annaffiato con del caldo e denso liquido scarlatto...'
Lascia poi vagare lo sguardo sui segni neri che le sono apparsi sui polsi durante la settimana: sono linee sovrapposte, morbide e delicate, che danno vita a dei simboli che nessuno di loro ha mai visto.
Oltre a quei due, posti ognuno all'interno di un delicato e pallido polso, ne ha altri quattro sparsi per il corpo: uno sotto al seno sinistro, uno dietro al collo, uno poco sotto l'orecchio sinistro e uno sul piede destro.
La cosa bizzarra, oltre ovviamente al fatto che siano spuntati dall'oggi al domani, è il fatto che sono diventati più nitidi e precisi con il passare dei giorni. Tutti, eccetto quello ancora appena accennato e sbiadito sulle costole.
«Ehi...» Satch, silenziosamente, è entrato nell'infermeria, osservando con una malcelata preoccupazione la sorellina dormiente.
«Comandante Satch!» l'infermeria si alza di scatto dalla sedia, chinando un poco il capo in segno di rispetto, facendolo sorridere lievemente. Non ha ancora capito, Tachi, che lui non è tipo da queste cose.
Si mette seduto sul bordo del letto e giocherella con le punte dei capelli della ragazza, guardandola con attenzione, notando quanto il suo corpo sia cambiato.
Le gambe si sono allungate, diventando affusolate e snelle, lisce come la seta e tanto pallide da farle sembrare fragili; il viso è diventato più maturo, donandole uno sguardo dolce e determinato; il seno ha cominciato a svilupparsi, arrotondandosi, ancora poco però; la vita si è accentuata, sottile e delicata. Il tutto è messo incredibilmente in risalto dalla pelle candida, che le da un aria fragile e dolce, come una graziosa bambola di porcellana.
«È molto bella, non trovate?» domanda con tono quasi imbarazzato l'infermiera, sorridendo timidamente.
«Tanto bella quanto inquietante.» le passa la punta delle dita su uno zigomo, stando ben attento a non disturbare il suo sonno incredibilmente tranquillo «Oltre che inquietante, aggiungerei anche eccentrica, egocentrica e decisamente troppo curiosa!» aggiunge subito dopo, sorridendole «L'altro giorno ha avuto un'accesa discussione con Teach sul sesso. Avresti dovuto vederli! Uno che afferma una cosa e lei che la smonta, vantandosi delle sue grandi conoscenze e prontamente il primo la sfotte, dandole dell'inesperta poppante che conosce tutto solo in modo teorico ma che non ha la più pallida idea di come sia in pratica. È stato esilarante.»
«Immagino quanto ne sia lieto il capitano...» scherza Tachi, nascondendo il sorriso dietro ad una piccola mano dalle unghie ben curate.
«È terrorizzato all'idea di attraccare alla prossima isola!» sbotta il pirata, sorridendole allegro «È convintissimo che andrà a cercarsi un ragazzo a caso per ripicca a Teach!»
«Ne sarebbe pienamente in grado, lo dovresti sapere.» i due si voltano verso la voce profonda e roca di Fossa, che passava per caso di lì e ha per sbaglio origliato la conversazione «Prende troppo sul serio le sfide e le provocazioni.»
«Ahhh, tu la sottovaluti. Non è così stupida da svendersi per dispetto.»
Fossa sbuffa lievemente, non riuscendo ancora a capire da dove arrivi tutta quell'adorazione nei confronti della ragazza stesa nel letto. Si, le vuole bene come se fosse sua sorella di sangue, quasi come se fosse sua figlia, ma di certo non trova ogni singolo pretesto per elogiarla!
Satch torna a concentrarsi sulla ragazza, guardandola con aria spazientita «Quanto manca?»
«Pochi minuti e dovrebbe svegliarsi. Ormai il processo è agli sgoccioli.»
Annuisce distrattamente, domandandosi cosa stia sognando. A giudicare dalle smorfie, sicuramente niente di gradevole, ma fortunatamente neanche di così orribile da farla urlare come un'indemoniata.
Infatti, nell'ultima settimana, i suoi incubi sono andati sempre peggiorando.
Ormai hanno stipulato tra di loro dei turni per andare a svegliarla o a dormire direttamente nella sua stanza.
La sera precedente era toccato proprio a lui, e quando finalmente era riuscito a svegliarla, è quasi rabbrividito nel sentire cosa stesse sognando. Scene di tortura, morte, distruzione. Alla fine di ogni sogno, poi, è sempre lei a morire, in maniere atroci e oltremodo fantasiose.
La cosa bizzarra di questi incubi, poi, è la costante presenza di un uomo. Un uomo che Akemi descrive come incredibilmente bello, affascinante, che muore sempre poco prima di lei.
Di tanto in tanto le parla, sussurrandole parole che però non comprende, facendola rabbrividire.
'Cos'hai nella testa?'
Le passa una mano sulla guancia, sorridendole allegramente quando apre lentamente gli occhi, ancora intontita «Ma ben svegliata, bella addormentata!»
Akemi mugugna qualcosa d'incomprensibile, passandosi stancamente una mano sul viso e staccandosi con una certa furia le flebo attaccate alle sue braccia.
«Detesto farlo...» borbotta, mettendosi lentamente a sedere e tenendosi la testa tra le mani.
Per un verso si sente sempre magnificamente non appena finisce di fare la trasfusione, ma per un altro si sente sempre a pezzi, spossata e soprattutto irritata.
«Immagino.» le afferra di nuovo una ciocca di capelli, rigirandosela tra le dita con attenzione, ignorando il ringhio basso che proviene dalla gola della giovane, che detesta che le vengano toccati «Direi che vanno tagliati, che ne dici?»
«Perché, scusa?»
«Perché sono decisamente troppo lunghi. Insomma, ti sfiorano le ginocchia! Quando ti ritroverai a combattere, saranno d'intralcio e basta.»
Akemi sbuffa, non entusiasta all'idea di dire addio ai suoi adorati capelli, e annuisce piano con la testa, facendosi aiutare ad alzarsi e seguendo un più che esaltato Satch fin dentro la sua cabina.

«Oh mio Dio!» Ace non riesce a trattenere una fragorosa risata alla vista del nuovo taglio della sorellina, cosa che attira su di lei gli sguardi di tutti i presenti.
«Ace, te lo dirò una volta sola: falla finita!» gli ringhia contro, buttandosi a sedere sui suoi cuscini accanto al padre.
«Stai molto bene, Akemi.» volta lo sguardo verso il padre, guardandolo con aria corrucciata da sotto la frangia che le copre le sopracciglia.
«Sembro una bambola!» ringhia offesa, mettendosi le mani sulla testa come per nascondersi, sentendosi incredibilmente nuda senza la lunga chioma a ricoprirle la schiena, adesso corta fino alle scapole.
«Sei un'irriconoscente!» scherza Satch, soddisfatto del risultato.
Akemi lo segue con lo sguardo mentre raggiunge gli altri pirati e si mette al lavoro, giocherellando con il collo alto della sua maglia, che ha personalmente creato usandone alcune vecchie dei compagni.
«Perché non vai ad aiutare tua sorella ad affilare le lame?» le suggerisce Barbabianca, notando chiaramente quanto si stia annoiando a star li a far niente, sicuramente in attesa della nuova sessione di allenamento a cui viene sottoposta ogni giorno.
Lo ha deciso insieme a Marco, dopo che questi gli ha raccontato quanto accaduto a Nefeli, per la sua sicurezza. Ed è proprio Marco l'incaricato, per sua somma gioia.
In quel momento, la Fenice legge le ultime notizie sul giornale con aria assorta, seduto sul parapetto con le gambe ciondoloni e Akemi lo osserva di sottecchi, sorridendo della sua espressione incredibilmente concentrata.
Il loro rapporto non è più glaciale, ma lievemente più tiepido. Di tanto in tanto tra loro c'è anche qualche scambio di battute, il più delle volte pungenti, ma alla fine anche lei si è accorta che la scontrosa Fenice non disprezza più di tanto la sua presenza.
Quando però Marco alza la testa, sentendosi osservato, Akemi schizza sottocoperta ad una velocità sorprendente, non tanto però da non essere vista dal comandante, che ridacchia appena.
La trova strana, anche se meno insopportabile di quando era una bambinetta, e incredibilmente si è trovato ad ammirarne la determinazione, anche se ha ancora un lungo lavoro da fare.
Nel frattempo Akemi ha raggiunto Halta, intenta ad affilare spade e pugnali, non rendendosi neanche conto del suo arrivo.
«Niente commenti.» afferma sorridendo, trattenendo a stento una risata quando la sorella per poco non si affetta una mano.
«Cretina! Non si arriva mai alle spalle di una persona che maneggia delle armi!» la sgrida, senza però riuscire a mantenere la serietà di fronte al suo nuovo look «È opera di Satch, non è vero?»
Akemi annuisce distrattamente, rigirandosi tra le mani un pugnale dal manico elaborato, assorta nei suoi pensieri.
«L'ho sognato di nuovo...» mormora, senza guardarla.
Halta alza lo sguardo sull'amica, dispiaciuta per lei. 'Non riesce a trovare un attimo di pace...'
«Cosa faceva?» le domanda con tono piatto, pronta a consolarla e rassicurarla come ormai fa ogni giorno, e come ha fatto due notti prima.
«È cominciato tutto su una spiaggia. Il sole stava tramontando, il mare era calmo e illuminato da una calda luce rossastra... non tirava una bava di vento.»
«Sembra uno scenario meraviglioso.»
«Già, peccato solo che ci fossero brandelli umani sparsi un po' ovunque...» mormora con un certo disgusto nella voce, cercando di trattenere il timore che prova anche in quel momento al solo ricordare «Io scappavo come sempre dalle ombre, le avevo anche staccate di parecchio... quando d'un tratto eccolo lì, statuario come sempre, di una bellezza così accecante che per un attimo mi ha abbagliata, facendomi fermare.
Le ombre mi hanno ovviamente raggiunta e fatta a pezzi e, prima che esalassi l'ultimo respiro -e Satch mi svegliasse-, ha biascicato qualcosa sul 'lasciarlo andarÈ, o una cosa simile. Poi è stato trafitto al cuore come al solito.»
Halta la guarda rattristata e di slancio le prende una mano tra le sue, cercando i suoi occhi «Sono solo sogni, Akemi. Non devi continuare a pensarci, sennò non smetteranno mai.»
«Forse hai ragione.» ammette, prendendo una spada e cominciando ad affilarne la lama come le è stato insegnato da Vista «Dovrei trovare qualcos'altro a cui pensare prima di andare a dormire.»
«A qualsiasi cosa, basta che non sia quel bastardo di un marine!» ridacchia la comandante, tirando un sospiro di sollievo quando la sente ridacchiare a sua volta.
«È un bell'uomo, altro che!»
«Chi è un bell'uomo?» la testa di Marco fa capolino dalla porta, facendole sobbalzare appena «Ho finito prima, se sei pronta si comincia ora.»
Akemi abbassa prontamente lo sguardo, annuendo con finto disinteresse e raggiungendolo con passo calmo, non riuscendo però ad ingannare Halta.
Per quanto sia mascolina, per quanto non le siano mai interessate quelle cose, resta pur sempre una donna, e ormai ha imparato a conoscere a sufficienza la ragazza per comprendere quando ha qualcosa che non va.
'Penso di aver trovato qualcosa che potrebbe distrarla dalle sue preoccupazioni...'
I due pirati camminano in silenzio, dirigendosi con calma verso la grande sala adoperata come palestra dove ormai passano minimo tre ore al giorno. Stanno fianco a fianco, ma comunque a debita distanza, entrambi con le mani in tasca e lo sguardo fisso di fronte a sé.
«Non hai risposto alla mia domanda, prima.» afferma sovrappensiero Marco, vagamente incuriosito. In fondo ha di quelle uscite troppo divertenti per lasciare un qualsiasi discorso sospeso.
«Se te lo dico mi prendi a calci nei denti.» scherza ridacchiando Akemi, ritrovando a domandarsi perché si senta così a disagio con lui in quegli ultimi due giorni.
Quello strano stato d'animo, in realtà, ha cominciato a farsi sentire quando è entrata nella stanza del comandante e l'ha trovato appena uscito dalla doccia con un asciugamano poggiato in vita. Lui non si è scomposto di un millimetro, completamente indifferente alla cosa, mentre il cuore di Akemi ha cominciato a battere in modo irregolare. Da quel preciso istante, trovarsi vicino a lui la mette incredibilmente a disagio.
«Tanto ti ci prenderò comunque tra poco, almeno avrò una ragione.»
«Ma quanto sei simpatico, sottospecie di ananas mutante!»
Marco si volta verso di lei, fulminandola con lo sguardo, mentre lei gli fa la linguaccia come una bambina.
«Si tratta ancora di Shanks?» alza gli occhi al cielo, Marco, ricordandosi delle parole che Akemi aveva detto ad Ace riguardo ad un futuro stupro che avrebbe compiuto ai danni dell'imperatore o una cosa del genere.
«Shanks è Shanks, niente storie. Ma no, non si tratta di lui.» affretta un poco il passo per sicurezza, voltandosi verso di lui e gli sorride con aria colpevole «Si stava riferendo a...» un improvviso senso di profonda vergogna le annoda la lingua, impedendole di dire quel semplice nome, che la porterà sicuramente a delle prese in giro per un lungo periodo di tempo.
«A...?»
Akemi farfuglia quel nome, incomprensibile alle orecchie del pirata che subito insiste, divertito dal vederla così in imbarazzo. Non ha idea neanche lui del perché lo trovi così divertente, ma proprio non riesce a farne a meno.
«Smoker, ok? Smoker!»
Marco la guarda con sguardo allibito, fermo nel corridoio con le braccia stese lungo i fianchi «Mi stai prendendo in giro...»
«No, sono serissima. Lo trovo un gran bell'uomo.»
«Ma è un marine!» non riesce a trattenere le risate, Marco, domandarsi cosa frulli veramente nella testa di quella ragazzina «La favoletta che ti raccontò Satch quando eri una poppante non ti è servita a niente, a quanto pare.»
«Dici quella della zoofila?» domanda Akemi per sicurezza, ridacchiando appena al ricordo piuttosto nitido di quel racconto che, adesso, le sembra estremamente assurdo.
«Proprio quella.»
Entrano nella palestra, ridacchiando, e per grande allegria della ragazza gli allenamenti hanno inizio quasi immediatamente.
La fa allenare con attrezzi e le insegna l'arte della spada, del combattimento corpo a corpo, cercando tutto insieme di farle mantenere l'equilibrio, cosa che le risulta più difficile di tutto.
Marco suppone che questo suo difetto sia dovuto alla sua crescita troppo repentina, che non le permette di governare un corpo in continua evoluzione e quindi estraneo.
Ma la realtà è un'altra: non ci riesce proprio, non in quel contesto. Deve usare una forte concentrazione per riuscire a muoversi in modo aggraziato e non cadere a terra, e sembra riuscirle in maniera particolare quando prova sensazioni forti e, soprattutto, sgradevoli.
Infatti, dopo un colpo volutamente a vuoto del comandante, Akemi perde l'equilibrio e scivola all'indietro, aggrappandosi prontamente al suo polso, portandoselo così dietro.
Si ritrovano, con suo sommo imbarazzo, sdraiati l'uno sull'altra, ammutoliti.
Dopo un momento di smarrimento, però, Marco ritrova la sua solita arroganza e si alza, schernendola «Sei davvero un'imbranata!»
«Maledetto anatroccolo, è tutta colpa tua!» si rialza a sua volta, spingendolo in malo modo con una mano, bloccandosi poi di colpo con lo sguardo fisso sul piccolo oblò dietro alle spalle del pirata.
«E in che modo sarebbe colpa mia? Sentiamo!» il sorriso strafottente della Fenice sparisce velocemente nel notare lo sguardo smarrito della minore, e in poco lo segue, accorgendosi di un dettaglio bizzarro «Da quando i corvi volano in mare aperto?»
Akemi corre fuori dalla stanza, ignorando deliberatamente i richiami del comandante, dirigendosi di corsa sul ponte della nave, alla ricerca del volatile che adesso le vola sopra la testa.
«Non ci credo...» mormora, allungando un braccio per toccarlo, facendolo però allontanare.
«Che ci fa una cornacchia qui?» domanda Satch, inarcando un sopracciglio.
«È un corvo imperiale...» mormora, continuando a fissarlo con una certa insistenza, incrociando così gli occhi piccoli e neri dell'animale «Ti ho già visto, non è vero?»
«Parli con gli uccelli adesso?» la schernisce senza cattiveria Izo, mettendosi al suo fianco, venendo però interrotto dal forte gracchiare del volatile, che comincia a volare in una decisione ben precisa e in maniera sorprendentemente lenta.
Akemi corre sull'albero di vedetta e sfila il cannocchiale al pirata che stava sorvegliando il circondario, puntandolo nella stessa direzione in cui il corvo vola, vedendo, seppur come una macchiolina minuscola, un'isola.
Salta giù dall'albero velocemente, atterrando in piedi con grazia e correndo verso il genitore, con un forte senso di eccitazione che le aleggia nel cuore.
«Ah, ora diventi agile?» borbotta Marco, giunto anche lui sul ponte della nave per darle una bella lavata di testa per averlo mollato come uno scemo.
«Babbo, dobbiamo seguirlo!» urla, piantandosi di fronte alla sua imponente figura.
«Non rientra nella nostra rotta.» tuona con voce dura, nascondendo così la sua enorme curiosità nel vederla reagire in quella maniera bizzarra.
«Babbo, ti prego. Non te lo chiederei se non fosse davvero importante per me.» lo guarda quasi con disperazione, mentre l'idea di saltare giù dalla nave e raggiungere l'isola a nuoto diventa incredibilmente invitante «Non ne ho la certezza assoluta, ma credo che sia lo stesso corvo che vedo ogni volta nei miei sogni prima dell'apparizione dell'uomo.» ammette infine, guardandolo con occhi supplichevoli.
Barbabianca esita per un attimo, dando poi il comando di fare rotta per quella piccola isola non segnata sulle carte.
«Adesso seguiremo ogni singola bestia che incontriamo perché dice che è nei suoi sogni?» borbotta sorpreso Satch, guardando il capitano con uno sguardo che va dall'incredulo al contraddetto.
L'uomo non risponde neanche, impegnato com'è a guardare l'adorata figlia che continua a fissare con insistenza l'animale, pregando per lei che trovi le risposte che cerca.

Dopo un paio d'ore di navigazione, nelle quali Akemi ha sfiorato i più alti livelli d'impazienza mai raggiunti da essere umano, attraccano finalmente al porto malandato di quella piccola isola.
Immediatamente capiscono che un tempo fosse un'isola privata, considerate le assai ridotte dimensioni, e anche che sia disabitata da diverso tempo, considerato lo stato pessimo delle assi su cui poggiano cautamente i piedi.
I loro sensi sono particolarmente all'erta a causa delle grosse macchie di sangue rappreso e scuro sparse ovunque, fattore che indica che sia avvenuto uno scontro molto violento.
Sulla spiaggia, non molto distante da loro, ci sono centinaia di pire funeree ormai distrutte.
«Che diavolo sarà successo?» mormora Izo, la pistola ben stretta nella mano destra e lo sguardo vigile.
«Non ne ho idea...» gli risponde Jaws, incamminandosi fin dentro la vegetazione.
Su ordine del capitano, infatti, i vari comandanti sono scesi a terra in perlustrazione, mentre Akemi sarebbe dovuta rimanere a bordo. Cosa che, ovviamente, non ha fatto.
Infatti, senza farsi vedere da nessuno, è sgattaiolata fuori dalla nave, calandosi nelle acque fredde che bagnano la costa, nuotando fino a riva e addentrandosi silenziosamente dentro la boscaglia, alla ricerca del corvo che pare essere sparito nel niente.
Fa estrema attenzione a non farsi sentire, non concentrandosi però sui rumori che la circondano, venendo in breve trovata da un più che infastidito Marco.
«Che diavolo ci fai qui?» le ringhia contro, afferrandola per un braccio e tirandola all'indietro, spaventandola.
«Accidenti, Marco! Mi hai fatto venire un colpo!» bisbiglia, provando a liberarsi e cercando contemporaneamente il corvo, che trova appollaiato su di un ramo non troppo distante da lei «Eccolo!»
Marco la tira di nuovo, facendola traballare, guardandola con aria truce «Dovevi restare sulla nave, piccola imbecille! Ti ricordi cos'è successo l'ultima volta che te ne sei andata in giro da sola? O forse ti devo fare un disegno?»
«Non trattarmi come una deficiente, Marco! So badare a me stessa!»
«Questa si che è bella!» ridacchia appena, girando sui tacchi e provando a trascinarla verso la nave, trovandosi però in difficoltà.
Si volta a guardarla, sorpreso, domandandosi da quando ha questa forza, venendo a sua volta strattonato in direzione dell'animale.
«Voglio capire!» ringhia a denti stretti, riuscendo a fare solo un paio di passi in avanti.
La mano di Marco diventa improvvisamente calda, troppo calda per lei, e la sua determinazione velocemente comincia a vacillare.
«Mi fai male!»
«Che succede?» Akemi volta di scatto la testa in direzione di Ace, che li guarda con aria incuriosita «Che ci fai tu qui?»
«Volevi sfidare la fortuna un'altra volta?» Izo fa il suo arrivo, cupo in volto, guardandola con sguardo assai truce.
Entrambi i comandanti, infatti, sono a conoscenza dei fatti accaduti, ed entrambi erano più che d'accordo sul fatto che rimanesse sulla nave.
«Andiamo, non fate le chiocce adesso!» dopo l'ennesimo strattone riesce a liberarsi dalla presa della Fenice, che la guarda con rabbia crescente «Io devo sapere perché ci ha fatti venire qui, quindi o mi accompagnate, o mi lasciate andare per i fatti miei e ve lo fate andar bene!»
I tre si guardano per un breve istante, e solo due di loro decidono di andarle dietro.
«Il babbo ha detto che deve restare sulla nave, porca puttana!» sbotta inferocito, Marco, riafferrandola per un braccio e tirandola indietro.
Il corvo, nel frattempo, vola via, addentrandosi nella vegetazione, suscitando una forte rabbia nel cuore della ragazza.
«Marco, ormai è scesa. Lasciamola andare, dai.» prova a convincerlo Ace, facendogli mollare la presa e guardandolo dritto negli occhi, sperando di riuscire a convincerlo.
«Certo, tanto poi il culo glielo salvo io, no?!»
«Akemi, dove stai andando?!» le urla dietro Izo, non appena si rende conto che la ragazza è partita in quarta, addentrandosi sempre di più all'interno di quella fitta e cupa vegetazione.
Akemi non lo sente neanche, come se avesse perso tutto in un colpo il suo fine udito, e continua a camminare spedita tra la vegetazione, come se sapesse perfettamente dove andare, mentre in realtà non ne ha idea. Non è mai stata su quell'isola, non è neanche segnata sulle carte, ma dentro di sé sente come un richiamo ben preciso in un determinato luogo.
Cammina, seguita a ruota dai tre pirati, fino a raggiungere un grande e ormai in rovina maniero.
Parte di una parete ha ceduto, lasciando così un'entrata in cui i rampicanti si sono intrufolati, prendendo così le pareti interne.
È proprio da quel buco che entra con aria attenta, osservando i mobili distrutti, la polvere alta almeno un dito e le ragnatele negli angoli del soffitto. I quadri sono stati bruciati in mezzo alla stanza, probabilmente per spregio.
Akemi però non si ferma, spinta da un'irrefrenabile curiosità che la costringe a proseguire per un lungo corridoio buio, che porta fino ad un'ampia sala da pranzo.
C'è un lungo tavolo ricoperto di polvere al centro, stranamente intatto, mentre le sedie sono ribaltate a terra, le porcellane anche, completamente frantumate. Le finestre sono state spaccate con dei grossi sassi che adesso giacciono vicino al muro opposto.
«Akemi, alla nave ci aspettano, forza.» Marco prova a prenderla per un braccio per portarla via, ma la ragazza lo spinge via in malo modo, proseguendo il suo cammino fino ad arrivare in un grande salotto, che un tempo doveva essere davvero magnifico.
Alcuni pezzi delle pregiate stoffe dei divani sono sopravvissute, ormai lontane dai mobili che coprivano, e mostrano degli intricati disegno con fili dorati. La mobilia, in gran parte, è stata bruciata, il resto semplicemente distrutta, ma da alcuni piccoli dettagli che sono sopravvissuti riesce a scorgere quanto quel luogo fosse lussuoso.
D'un tratto per lei quell'atmosfera diventa strana, mistica, e davanti ai suoi occhi appare un'ombra nera, come a quelle che infestano i suoi incubi. È alta e slanciata, senza alcun dettaglio, eccezion fatta per il mirabile medaglione dorato con incastonata una piccola pietra rossa che gli vede pendere dal collo.
Cammina svelta, l'ombra, impaziente, dirigendosi al piano superiore. E lei la segue, come ipnotizzata, senza sentire le proteste e i richiami degli uomini alle sue spalle.
Sale veloce e furtiva, senza però prestare attenzione a nessun oggetto che la circonda, giungendo velocemente in una stanza da letto bruciata.
Il grande letto a baldacchino è completamente annerito, ma nella sua mente no: vede chiaramente il legno massiccio, le pesanti coperte blu e oro, le tende bianche e leggere che si muovono con il vento. Qualcuno giace sotto quelle coperte, qualcuno che ansima a fatica, ma non appena allunga un poco la testa, il letto riprende le sue vere sembianze e tutto svanisce.
Si porta una mano alla testa, confusa e disorientata, lasciandosi andare alle mani forti di Ace che la tiene per le spalle.
«Ti senti male?» le domanda preoccupato, cercando i suoi occhi, notando che sta fissando quasi con timore qualcosa.
Segue così il suo sguardo, notando un lieve scintillio provenire da dentro al camino nero.
Akemi si libera dolcemente dalla sua presa salda, barcollando fino all'oggetto che tanto la attrae e prendendolo incerta tra le mani, sbiancando di colpo.
'Il medaglione dell'ombra...' quel pensiero le fa gelare il sangue nelle vene, ma qualcosa dentro di lei le impedisce di lasciarlo andare, ma bensì la obbliga a stringerlo con forza per poi indossarlo, sentendo solo in quel momento uno strano calore nel petto.
'Cosa diavolo è?'
«Tutto bene?» le domanda Izo, apprensivo.
Akemi si limita ad annuire debolmente, incamminandosi verso l'uscita senza smettere di guardare con ossessione il medaglione.

«Ti avevo espressamente ordinato di restare sulla nave!» Barbabianca è furioso oltre ogni limite, e da almeno dieci minuti non fa altro che urlare contro la giovane ed impertinente figlia, che a sua volta tiene la testa china e i pugni stretti lungo i fianchi.
«Sei una sciocca incosciente, Akemi! Non avevamo alcuna idea di cosa potessimo trovare, e tu hai fatto comunque di testa tua! Ti rendi conto della gravità della cosa, almeno?!» urla furioso, mentre la paura va via, via scemando.
Quando uno dei suoi sottoposti gli aveva dato la notizia che la ragazza era scappata, che si trovava a girottolare per quell'isola sconosciuta e sinistra, ha provato una rabbia così intensa da farlo rabbrividire.
«Non è successo niente...» soffia con rabbia la ragazza, tenendo la testa china e fissando il ciondolo che le pende dal collo.
Sente una strana forza dentro, qualcosa che si muove piano nel suo cuore, insinuandosi dentro ogni fibra, avvelenandola.
Le urla del capitano le arrivano ovattate alle orecchie, come se non stesse neanche parlando con lei. Non lo vuole sentire, vuole solo sapere.
Questa sua sete di conoscenza la sta trascinando velocemente in una voragine oscura, qualcosa che neanche lei saprebbe definire. Ogni volta che apprende sente l'esigenza di sapere di più, di andare più affondo, con la dannata consapevolezza che non sta trovando quello che tanto brama.
Ma quel medaglione, quel maledetto medaglione che adesso è appeso al suo collo... quello ha qualcosa. Quel misero oggetto di mirabile fatture ha le risposte, lo sa con certezza, ma non sa come prenderle. Sono lì, a portata di mano, ma incredibilmente lontane.
Senza dire niente, senza guardare nessuno, s'incammina con passo strascicato sottocoperta, ignorando le urla sempre più furiose del capitano, non sentendo le mani dei suoi compagni che provano ad afferrarla per le braccia.
«Ma che le prende?» mormora uno di loro, grattandosi dubbioso la testa.
«Direi, più che altro, cosa ha preso.» lo corregge Teach, che con i suoi piccoli occhi attenti ha notato come la ragazza stesse fissando l'insolito gioiello.
«L'ha trovato in una villa abbandonata.» lo informa Izo, pensieroso «È stato strano...
Lei... lei camminava sicura, come se già sapesse dove stesse andando. Quando ha visto la casa per un attimo si è fermata, ma poi è entrata e ha ricominciato a camminare con incredibile sicurezza, percorrendo le varie sale, arrivando alla camera da letto. Solo in quel momento pare aver riacquistato... la vista, ecco. Solo in quel momento ha ricominciato a vedere con i suoi occhi e ha provato paura. Alla fine ha trovato il medaglione, e le sue mani tremavano quando l'ha preso.
Da quel momento non fa altro che rigirarselo tra le dita, studiandolo nel dettaglio in modo maniacale, senza che però la paura sparisse dai suoi occhi.»
Barbabianca ha ascoltato con attenzione la spiegazione del figlio, guardandolo attentamente e scorgendo, oltre alla curiosità, della preoccupazione nella sua voce.
Dentro di sé si sente incredibilmente combattuto: da una parte vorrebbe andare da Akemi e chiederle spiegazioni, ma dall'altra è fermamente impuntato sull'idea di non rivolgerle la parola finché non si scuserà. È troppo orgoglioso per passarle anche questo.

Ace, dopo averne discusso con attenzione con i compagni, si dirige con l'aria più seria che può trovare alla cabina di Akemi per farle un'intensa ramanzina. Non ha idea di cosa dirle, non dopo che lui stesso aveva detto di lasciarla fare, ma così è stato deciso, quindi dovrà improvvisare.
«Akemi?» bussa piano alla porta, aprendola senza neanche il permesso e facendo entrare giusto la testa.
«Non ricordo di aver detto “avanti”, Ace.» lo fulmina con lo sguardo, scuotendo poi la testa e alzando una mano in segno di scuse, tornando poi a guardarlo con occhi curiosi «Come mai quella faccia?»
«Perché dobbiamo parlare.» risponde lapidario, mettendosi a sedere sul suo letto, guardandola dritto negli occhi, cercando di mantenere il più possibile la serietà di fronte alla sua espressione strafottente e divertita, incorniciata da quel taglio troppo per benino.
«Vediamo se indovino: “Akemi, ti sei comportata da incosciente! Non saresti mai dovuta scendere dalla nave e disobbedire agli ordini del babbo. Dovevi restare segregata nella tua stanza, perché sei una ragazzina incapace di reagire se attaccata.”» nel dirlo prova ad imitare la sua voce, facendolo sbuffare.
«Non parlo così...» la guarda di sottecchi, vedendo nei suoi occhi un certo divertimento «Comunque bene o male il succo del discorso era quello, si.»
«Oh, andiamo!» sbatte le mani sulle gambe, roteando gli occhi «Eravate tutti nelle vicinanze... inoltre, era evidente che su quell'isola non c'era nessuno!»
«Non potevi saperlo, Akemi! Nessuno di noi poteva!» le ringhia contro, alzandosi di scatto e trovando tutto in un colpo la rabbia necessaria «E se ti fosse successo qualcosa? Se nessuno di noi fosse arrivato in tempo?! Non ci hai pensato? No, certo. Perché le uniche due cose a cui riesce a pensare ultimamente sono uomini e te stessa.»
«Vuoi forse biasimarmi, Ace, se voglio scoprire da dove provengo e perché sono stata scaricata come un rifiuto?!»
Ace alza le mani in segno di resa, portandosele poi al volto e respirando profondamente per calmarsi, tornando poi a guardarla, seria e arrabbiata.
«Ok, forse hai ragione te.» ammette, rimettendosi seduto di fronte a lei e prendendo le mani tra le sue «Ma dovevi parlarne col babbo, prima. Se ti succedesse qualcosa, Akemi, non hai idea di quanto soffrirebbe...»
Akemi abbassa lo sguardo, pensandoci attentamente, quando le dita calde di Ace si poggiano sotto al suo mento, facendo una leggera pressione per farle alzare il viso «Quanto tutti noi soffriremmo...»
Si guardano negli occhi per un tempo che per entrambi pare infinito, finché Akemi, di slancio, allaccia le braccia al collo del pirata, stringendolo forte.
«Non volevo che si preoccupasse...»
«Lo so...»
«Volevo solo sapere...»
«So anche questo...» le mani di Ace sono poggiate sui suoi fianchi, e lentamente riesce ad allontanarla, sorridendole allegro «Prova a dirlo al babbo. Usa un tono gentile, magari...»
Akemi gli sorride e annuisce appena, mentre Ace le arruffa i capelli con una mano, ridacchiando.
Escono con passo assai strascicato dalla stanza, dirigendosi in tutta calma verso il ponte.
Non sa davvero cosa dirgli, Akemi, per farsi perdonare. Innanzitutto userà gli occhi da cucciolo, sua grandissima arma contro tutti eccetto il più scontroso della ciurma, poi proverà a fargli due coccole per addolcirlo.
'Si, dovrebbe funzionare!'
È convinta, si sente carica e con al vittoria già stretta in pugno, ma non appena mette piede sul ponte della nave, con gli occhi dei presenti puntati su di lei in modo truce, sicuramente pronti a dar man forte al capitano, tutta la sua sicurezza svanisce, lasciando spazio ad un forte senso di fastidio.
Ace, al suo fianco, le da un leggero pizzicotto sul fianco, fecole cenno col capo di farsi avanti.
«È inutile che ci rimugini sopra, ragazzina.» le mormora all'orecchio, spingendola verso il seggio dell'imperatore «Datti una mossa e sii gentile
Akemi lo incenerisce con lo sguardo, urtandosi ancora di più quando nota il sorrisetto strafottente sulle sue labbra, ma alla fine si convince e si porta, con passo lento e fiero, fin davanti all'imponente uomo, guardandolo con un broncio indispettito.
Barbabianca la fissa a sua volta, con sguardo duro ed impassibile, e in breve il broncio della ragazza si scioglie in un'espressione pentita.
«Babbo, io-»
Un secondo, basta questo.
Un secondo, in cui si è sentito solo un suono sordo, e sull'intera nave cala il silenzio.
Un secondo, gli occhi di Barbabianca si riempiono di terrore.
Un secondo, un dolore acuto al petto, il sangue scorre, il corpo cade a terra.
Un secondo e scoppia il caos.
Due enormi navi della marina avanzano verso di loro, appena emerse dalle acque.
Non se lo aspettavano un attacco simile, erano impreparati, e la loro impreparazione gli è costata caro.
Akemi è con la testa ripiegata all'indietro, gli occhi chiusi, mentre Izo la scuote con forza, invocando il suo nome a pieni polmoni, ignorando le urla dei fratelli, il rumore degli spari, lo scontro che inversa intorno a lui.
Barbabianca non riesce neanche a respirare. Un dolore allucinante gli sta sbrindellando il fragile cuore, tanto che non prova neanche a scansare la palla di cannone che gli sta arrivando addosso, a cui pensa prontamente Jaws.
«All'attacco!»

Nero. Nero assoluto.
Nessun rumore rompe questa quiete surreale.
Nessun odore aleggia in quest'aria.
Vedo il mio corpo, solo questo. Vedo le mie mani, le unghie nere e lunghe, come se non fossero immerse in questo nero.
Vedo i miei vestiti. Vedo il sangue sulla maglia colare giù fino ai pantaloni. Non sento il dolore.
Tocco con timore la ferita, adesso rimarginata.
Non sento caldo. Non sento freddo.
Non sento niente.
E questo fa più male della ferita che mi ha uccisa.
Sono morta, finalmente.
Tutti quei sogni, tutto quel dolore... erano un presagio, forse?
«Apri gli occhi.»
Una voce. L'ho sentita, sono sicura.
«Ti ho detto di aprire gli occhi.»
Una voce dura, ma allo stesso tempo vellutata e rassicurante. Dove sei?
«Svegliati.»
È lui, lo vedo davanti a me. I vestiti sporchi di sangue, gli occhi glaciali che mi bloccano il respiro.
Niente ci circonda, nessuna minaccia.
«Chi sei?»
«Apri gli occhi.»
Si avvicina con movimenti fluidi, calcolati e dannatamente perfetti. È un angelo, forse?
«Lascia che scorra.»
Cosa deve scorrere?
«Lascialo uscire.»
Ma che dice?
Dio, la sua mano sulla mia guancia è così morbida e fredda. Fa paura, da una parte, mentre dall'altra è la cosa più rasserenante del mondo.
È un tocco lieve, dolce. Non riesco a staccare gli occhi dai suoi.
«Sono morta come te?»
«Non è il tuo momento.» ritrae la mano in un movimento lento e pentito, gli occhi diventano freddi ed impenetrabili «Svegliati.»
«Non posso.»
Uno schiaffo, forte e deciso. La mia guancia brucia, il dolore però è assente.
«Ti ho detto di svegliarti!»
Da dove arriva questo gelo?
Aria...


Gli occhi si aprono di scatto, i polmoni si riempiono di ossigeno.
Nessuno l'ha visto, neanche Barbabianca, troppo affranto per potersi concentrare su una qualsiasi cosa.
Akemi si porta lentamente una mano sul petto, tastando in cerca di quel foro che l'ha fatta cadere in quell'oblio oscuro, constatando che non c'è più.
'Cosa è successo?'
Il ricordo dell'uomo dei sogni è vivido nella sua mente, come se lo avesse realmente vissuto.
Si alza piano, frastornata e confusa, trovando i suoi fratelli intenti a combattere con ferocia, i marines che provano a respingere i loro attacchi.
Le fiamme calde e brillanti di Ace squarciano il cielo, non riuscendo a battere in bellezza quelle ipnotiche e fredde della Fenice.
Li guarda combattere con abilità, forza e ferocia, trovandoli incredibilmente fantastici.
Vede Satch brandire la spada con maestria, il sangue colare dalle ferite che infligge.
Si alza a fatica, spinta da una forza interiore che la obbliga a muoversi. Qualcosa di oscuro, qualcosa di cui ignorava l'esistenza. Si muove lento, insinuandosi nella sua mente e nel suo cuore, facendole provare una rabbia così forte e incontrollata che le annebbia completamente la vista, facendola muovere alla cieca.
Sente il sangue scorrerle vischioso sulle mani, le gambe e le braccia dolerle in seguito a degli attacchi che non vede, le urla dei suoi fratelli, sorpresi e spaventati nel vederla di nuovo in piedi, a cui però non riesce a rispondere.
Non riesce neanche a vederli.
«Ritirata!»
«Non lasciarli andare...» quella voce, melliflua e incantevole, la voce dell'uomo dei sogni, le rimbomba nella testa e Akemi non riesce a far altro che eseguire.
Continua a mietere vittime, a stroncare vite come se fosse una cosa di vitale importanza per lei, incurante dei richiami dei fratelli e del capitano, finché due mani roventi le afferrano le spalle. Tocco che, miracolosamente, le restituisce la vista e la ragione.
I cadaveri si ammassano di fronte a lei, il sangue scorre sulle assi di legno e sulle sue mani, di quel rosso così vivo e affascinante che la confonde.
Le navi della marina si allontanano velocemente, ma nessuno esulta per quella vittoria.
Izo le si avvicina incredulo, toccandole con la punta delle dita la guancia pallida e fredda, incerto.
«Sei viva...» mormora con un filo di voce, mentre gli occhi gli si riempiono di lacrime.
Di slancio l'abbraccia, stringendola con forza a sé, ringraziando ogni divinità di cui ha mai sentito parlare in vita sua per avergliela riportata.
Le si avvicinano tutti, increduli, allungando una mano per toccarla, per assicurarsi che sia veramente lì, che sia veramente in piedi, esultando felici, non rendendosi conto di quanto la cosa sia strana.
Se avesse ingerito un frutto del diavolo potrebbero anche considerare la cosa normale. Ma lei non l'ha fatto, e ne hanno la certezza dal momento che nuota tranquillamente.
Barbabianca, con voce tuonante, la richiama a sé, ancora sconvolto e incredulo.
Quando la giovane gli si avvicina, con passo lento ed incerto, quando finalmente può stringerla a sé e sente quella stretta ricambiata, allora si, ci crede, è viva.
Non gli importa come, proprio per niente. L'unica cosa che per lui conta è che è salva, che sta bene, che può continuare ad averla intorno, che le ultime parole che si sono detti non sono state piene di rabbia.
La stringe, trattenendo le lacrime, quando Vista gliela stratta senza tante cerimonie dalle braccia, facendola volteggiare in aria, con un sorriso enorme stampato in faccia.
Sorriso che però si spegne di fronte all'espressione sconvolta di Akemi, che, una volta rimessa a terra, vomita anche l'anima, in preda ad atroci dolori.
C'è del sangue in mezzo alla poltiglia che imbratta il ponte. Del sangue scuro, quasi nero, ma nessuno fa in tempo a dire una parola, a chiederle come stia, che Akemi crolla a terra, afferrata al volo dalle braccia muscolose del primo comandante.
Per un attimo sente la voce del fratello che la richiama con preoccupazione, ma poi tutto diventa incredibilmente buio.

Ok. Adesso sono morta.

Vero?
«Complimenti.»
Questa voce, questa fottutissima voce del cazzo!
Basta, questa storia deve finire, adesso!
Scatto in mezzo all'oscurità in cerca dell'uomo dei sogni, più che intenzionata a farlo fuori con le mie stesse mani. Forse, se lo ammazzo io, non tornerà più.
Finalmente lo trovo, di spalle rispetto a me, con le mani nelle tasche, completamente rilassato. Sembra osservare qualcosa, anche se mi risulta impossibile considerato il nero più assoluto che ci circonda.
Mi avvento su di lui. O, almeno, ci provo...
«Hai accoppato un paio di inetti, e pensi di essere già in grado di sfidare me?» mi tiene sollevata per aria, la mano fredda e vellutata stretta attorno al mio collo che, a mio avviso, presto si spezzerò sotto questa pressione.
«Non ti sopravvalutare mai. Potrebbe essere l'ultimo errore che commetti, sai?» mi posa a terra, mi guarda con aria incuriosita.
Sembra incredibilmente umano, visto così. Niente serietà, niente imperturbabilità... è... vero.
«Chi cazzo sei?» annaspo in cerca di aria, non riuscendo a trovarla.
«Non ti serve respirare qui.» mi avverte, mettendosi a sedere per terra in maniera scomposta e facendomi cenno di fare altrettanto «Questa dimensione è bella proprio per questo: non hai bisogno di niente.»
«Ti ho fatto una domanda.»
«Ahhh, l'ho sentita.» si osserva le unghie corte e curate, come se cercasse anche la più che minima imperfezione «La verità è che non m'importa.»
«TU DEVI RISPONDERMI!»
«Io devo cosa?» ridacchia appena, guardandomi come se fossi una povera scema «Io non devo fare proprio niente, sai? Io rispondo agli ordini di una sola persona, e solo quando ho voglia. E indovina un po'? Quella persona non è qui.»
Sono quasi del tutto certa che in questo momento la mia espressione deve essere realmente spassosa, considerando il fatto che si sta trattenendo con tutte le sue forze dallo scoppiare a ridere.
«Comunque te la sei cavata bene.» ammette con un sorrisetto, sdraiandosi in quello che a mio avviso è il vuoto «Hai ancora parecchio lavoro da fare... così non saresti in grado di difenderti da chi è veramente forte. E con “veramente forte”, non mi riferisco agli uomini con cui stai allegramente trascorrendo il tuo tempo. Intendo forte sul serio, forte al punto da mettere in ginocchio la strega e il suo adorabile bastardo.»
«Ma che blateri?» la mia voce è come un sussurro, ma so che mi ha sentito perfettamente.
Una lieve luce comincia a propagarsi, lenta, e una leggera brezza mi accarezza la pelle.
«A quanto pare il nostro tempo per ora è finito.» si alza in piedi, sorridendomi appena e rigirandosi, andando verso quella luce con passo calmo e scanzonato «Ciao, ciao!»
«ASPETTA!»


«Akemi? Akemi sei sveglia?»
Apre piano gli occhi, incredibilmente infastidita, trovandosi a pochi centimetri il viso lentigginoso di Ace.
Lo spinge via in malo modo, rimettendosi a sedere, ignorando il forte giramento di testa che questo movimento le provoca.
Si porta una mano al collo, sentendo chiaramente un lieve fastidio nel punto esatto in cui le dita affusolate dell'uomo la stringevano nell'oscurità della sua mente.
'Era tutto così dannatamente vero...'
Alza poi lo sguardo sui vari comandanti che circondano il suo letto, leggendo nei loro occhi un forte sollievo.
«Ci hai fatto prendere un bello spavento, sai?» trilla allegra Halta, mettendosi a sedere al suo fianco e circondandole le spalle con un braccio.
«Cosa è successo?» domanda con tono funereo, cercando la risposta nei loro occhi sorpresi.
«Davvero non ricordi niente?» le domanda sorpreso Namyuul, attirando il suo sguardo.
«Evidentemente no, sennò non ve lo starei chiedendo.» ringhia in risposta, sorprendendoli. Mai è stata così fredda con loro, mai ha adottato un tono così scontroso, mai li ha guardati con quell'astio negli occhi.
«Ti hanno sparato.» la voce di Marco le arriva nitidamente alle orecchie, come una secchiata d'acqua gelida, e non appena incrocia i suoi occhi apatici sente lo stomaco aggrovigliarsi, come se fosse una nidiata di serpi «Ti hanno sparato dritto al cuore. Izo ha controllato personalmente, non avevi più battito.
Sei rimasta a terra, morta, per almeno venti minuti. Poi ti sei alzata... ti sei alzata ed è stato come se tu fossi stata cieca e sorda. Non ci ascoltavi, non ci vedevi. Ti scagliavi contro i marines con una violenza di cui non ti credevo capace. Uccidevi qualsiasi uomo ti capitasse sotto tiro, lo facevi letteralmente a pezzi.
Quando hanno annunciato la ritirata, hai ringhiato. Ringhiato davvero, in un modo che faceva quasi paura, e ti sei scagliata contro di loro con ancora più violenza, uccidendone il più possibile.
È dovuto intervenire Ace, che, inspiegabilmente, ti ha come svegliata da uno dei tuoi incubi.»
'Il calore... è quello che mi salva.' pensa sconcertata Akemi, guardando la Fenice con sconcerto. Non vuole credergli, non può davvero aver ucciso delle persone. Ok, l'avevano ammazzata per primi, ma non è un'assassina.
Poi, un dettaglio, le squarcia la mente, folgorandola.
'Ero morta!'
Si porta una mano al petto, cercando anche con gli occhi la ferita, senza però riuscire a trovare assolutamente niente.
«Le infermiere ti hanno visitata, stai bene.» l'avverte sorridendole Speed Jil, passandole una mano sulla testa per poi congedarsi, pronto a riferire al capitano la situazione.
In realtà Barbabianca voleva essere il primo ad esserle vicino al suo risveglio, ma sia le infermiere che i suoi figli glielo hanno impedito. Prima di ogni altra cosa deve farsi curare lui stesso, così gli hanno detto.
'Come può dire che sto bene?' si domanda cercando di rimettersi in piedi, venendo afferrata al volo da Izo prima che le sue gambe la lasciassero andare ad una brutta caduta 'Ero morta e sono tornata in vita, CAZZO!'
«Tutto ok?» le domanda preoccupato il pirata, cercando i suoi occhi.
Akemi gli sorride appena per rincuorarlo e, senza dire una parola, si dirige con passo malfermo verso la propria stanza.
Ha bisogno di stare sola, di togliersi quel sangue secco che non le appartiene di dosso, di pensare... di risposte.

La notte è calata velocemente, la maggior parte dei pirati si è ritirato nelle proprie stanze. Sono tutti stanchi, e l'unica cosa che vogliono è lasciarsi alle spalle quella bizzarra giornata.
Anche Barbabianca si è ritirato, stanco e spossato, con un forte mal di testa a tormentarlo. L'unica nota positiva di quella giornata, per lui, è stato apprendere che la sua bambina è tecnicamente invulnerabile.
Sul ponte di poppa della nave, nel frattempo, tre capitani bevono in santa pace un boccale di birra, osservando il cielo stellato, parlando del più e del meno.
Ace, ovviamente, non riesce a trattenersi più di tanto, e senza rifletterci espone subito la spinosa domanda che hanno evitato tutto il giorno «Cosa ne pensate?»
«Penso semplicemente che sia strana, e che sia assolutamente inutile continuare a farsi domande su di lei.» risponde convinto Marco, alzandosi in piedi, pronto ad andarsene a dormire nel suo comodo letto.
«Ma come pensi che sia inutile? Andiamo, Marco! È tornata dall'aldilà!»
«E con questo? Non è la prima a farlo e non sarà di certo l'ultima.»
«Ma non è vero, andiamo! Tu stai parlando di persone che hanno mangiato il frutto del diavolo e che sono tecnicamente intoccabili. Ma anche loro, in un modo o nell'altro, possono morire, e lo fanno! Quando questo accade, poi, non tornano dal mondo dei morti.» lo riprende con tono allegro Satch, bevendo un lungo sorso dal suo boccale mentre si alza in piedi, più che intenzionato ad andare a far compagnia a chi è di guardia.
Non ha sonno, per niente, quindi tanto vale trovare qualcuno così annoiato da sopportare le sue chiacchiere.
Nel frattempo, sull'albero maestro, Akemi osserva con sguardo malinconico il mare calmo, senza però vederlo davvero. La sua mente è altrove, completamente concentrata sugli avvenimenti accaduti quell'orrendo pomeriggio.
Ha paura, da impazzire.
Non capisce come abbia fatto a tornare dal mondo dei morti, pur essendo consapevole di esserci stata.
'Ero morta...' si passa le mani sul volto, tappandosi gli occhi, rivedendo per un breve istante gli occhi magnetici dell'uomo dei sogni.
Scatta indietro, riaprendo gli occhi e fissando il mare calmo, terrorizzata anche da quella breve visione.
Abbassa poi lo sguardo sulle sue mani, sentendoci ancora scorrere il sangue caldo degli uomini che ha ammazzato. Se ci ripensa, non riesce a credere di essere stata lei a fare un tale massacro, di aver tagliato loro le gole, di averli mutilati a mani nude, ma i racconti dei suoi fratelli erano incredibilmente dettagliati e non ha sentito neanche una punta di menzogna nel loro cuore.
'Cosa ho fatto?'
Sfiora con la punta dell'indice l'interno del polso.
'Sono un mostro!'
Spinge con forza l'artiglio nella carne, lasciando sgorgare denso il sangue, guardando con orrore la ferita che velocemente si rimargina.
Non le era mai successo prima. Neanche le ferite che le aveva inflitto quel pazzo erano guarite così velocemente.
«Che diavolo fai?»
Si volta di scatto, trovandosi faccia a faccia con un più che turbato Satch.
Abbassa di nuovo lo sguardo, fissando il sangue fresco che le imbratta la pelle chiara, tornando poi a guardare il mare «Sono un mostro, Satch...»
«Akemi-»
«Ti prego, uccidimi.»
Satch sgrana gli occhi, sorpreso e spaventato da quella richiesta a dir poco assurda, e senza pensarci due volte l'afferra per una spalla e la sbatte con violenza contro la parete dura dell'albero maestro, mozzandole il respiro.
«Non osare pensare mai più una cosa del genere, sono stato chiaro?» le ringhia a due centimetri dal viso, guardandola con una rabbia tale che la fa rabbrividire «E non provare mai più a fare una cosa del genere!» le afferra il braccio sporco di sangue e lo alza, stringendolo con troppa forza.
«Mi hanno abbandonata perché sono un mostro, Satch...» le lacrime scendono piano dai suoi occhi, lasciando delle lunghe scie scarlatte.
«Può darsi.» ammette con tono fermo, guardandola con aria impassibile.
Akemi trattiene il respiro dopo quell'affermazione, mentre dentro si sente morire di nuovo.
Ma quando il comandante le sorride dolcemente, sente un piccolo calore invaderle il cuore.
«Ma noi non ti consideriamo un mostro. Per niente.» l'afferra piano per le spalle, tirandola piano verso di sé e cingendola con le braccia forti in un abbraccio protettivo «Tu sei la nostra Akemi, nostra sorella. Per quanto una situazione possa sembrarti orrenda, insuperabile... ricordati sempre che noi saremo sempre al tuo fianco, pronti a darti una mano a rialzarti quando cadrai.»
Akemi alza lo sguardo su di lui, sorridendogli dolcemente «Sei il migliore, Satch...»
L'uomo le sorride allegro, allontanandola lievemente da sé, sollevato per essere riuscito a sollevarle l'umore, facendole l'occhiolino «Ecco, vedi non scordarti neanche questo!»


Osserva le piume nere e lucenti del corvo poggiato sulla sua mano, ignorando i passi alle sue spalle.
La Luna risplende alta nel cielo, illuminando il suo volto pallido dai lineamenti delicati, mettendo in risalto la lunga cicatrice che lo attraversa.
Gli occhi glaciali si alzano su quel cielo, in cerca di qualcosa, di una risposta che non arriverà mai.
Un ghigno divertito gli increspa le labbra sottili quando percepisce il chiaro e dolce odore della rabbia dei due intrusi.
«A cosa devo l'onore della vostra presenza?» le sue parole sono dette con forte sarcasmo, cosa che però non sembra toccare i due ragazzi giunti alle sue spalle.
«Sei consapevole che al nostro Signore questo tuo gesto non andrà per niente giù, vero?» il maggiore dei due, quello più temerario e attaccabrighe, ghigna malignamente mentre parla, convinto di riuscire a suscitare nell'uomo almeno un fremito di paura.
«Hai detto bene, Freki: il vostro Signore.» volta un poco la testa, sorridendo in maniera inquietante, fissandoli con aria beffarda «Sta sbagliando procedimento, e lo sa anche lui.»
Si volta di nuovo, allungando le lunghe dita da pianista verso l'animale, senza però toccarlo. Le unghie lunghissime lo farebbero a fette se solo osasse sfiorarlo.
«Non è così che deve andare.» mormora con voce roca, inclinando un poco la testa «Munnin ha avuto la dolce premura di scuotere la sua quiete, aprendole uno spiraglio nell'oscurità che avvolge la sua mente. Adesso starà a lei fare la prossima mossa.»
«Sei un folle, Wulfric, se pensi che questi tuoi giochetti del cazzo funzionino!» sbotta Geri, venendo trattenuto dal fratello.
Per quanto insieme siano forti, Freki è ben consapevole che contro di lui non avrebbero scampo. Solo tre persone possono fermarlo: due sono momentaneamente fuori dai giochi, mentre la terza, il loro Signore, non muoverebbe un dito per fermarlo senza una valida ragione. La provocazione, ovviamente, non rientra tra quelle.
«Non ho assolutamente la pretesa che i miei giochi funzionino, Geri. Non rientra nella mia natura calcolare nel dettaglio queste sciocchezze.»
«Pensi che sia una sciocchezza?!» ringhia il minore, trattenendosi dal saltargli alla gola.
«Certo, giovane principe.» Wulfric è tranquillo, non mostra il minimo segno di incertezza, mentre i suoi occhi vagano sulla distesa d'acqua che si estende di fronte a sé «Un omicidio è importante. Un combattimento, ancora di più. Ma questo... questo è solo un futile passatempo, qualcosa che faccio perché non so come trascorrere la mia dannata vita. Tutto qui.»
Abbassa gli occhi, girandosi lentamente e superando i due ragazzi, dirigendosi verso la porta, pronto a tornare nelle sue stanze dalla compagna «Non temete, oh nobili anime in pena: la creatura verrà da noi, tra non molto, e grazie alle mie mosse sarà preparata.»


Angolo dell'autrice:
Salveee! :D
Non so perché, ma sono particolarmente allegra oggi. Non ne ho realmente motivo, anzi dovrei essere in ansia abbestia per i 3 esami che dovrò dare nel mese di febbraio, ma invece no. Meglio, giusto?
Ok, la smetto con le mie str******. Che ve ne pare? L'ho scritto alla velocità della luce, incredibilmente! :P E so già cosa far succedere nel prossimo, che in parte è già scritto! Oddio, penso che sarà uno di quelli che adorerò di più! Anche perché arriveranno non una, ma ben due persone! Una la conoscete, l'altra no... e, caso strano(!), nessuna delle due porterà grandi gioie :P Sono un m****! ^^”
Comunque perdonatemi infinitamente se i personaggi sono OOC... mi sto impegnando per renderli il meglio possibile, giuro! >.<
E perdonatemi anche per il capitolo incredibilmente lungo! Per il prossimo vedrò di fare un paio di pagine in meno... sennò vi mollo questi papiri infiniti e alla lunga mi tirerete un mattone dritto in faccia!
Ma bando alle ciance, adesso è l'ora dei ringraziamenti, quella per me più importante di tutte:
Grazie per le magnifiche recensioni -giuro, le ho adorate!- di Vivi y, Okami D Anima, Yellow Canadair, Monkey_D_Alyce, Lucyvanplet93, ankoku e iaele santin.
Grazie anche a: ankoku, D_ann, giada1999, Incantatrice_Violeta, Monkey_D_Alyce, Okami D Anima, Portuguese D Ice, SmyleCathy e Yellow Canadair per averla messa tra le preferite.
Balalaika_, Chaki Tanimura, girosolomina, Ikki, Kyuubi10, LallaOrlando, Mistery_Lawliet, Portuguese D Ice, Portuguese D Rogue, Puffetta96, SmyleCathy,
Vivi y, Yellow Canadair, Zefiria BlackIce e _Takkun_ per averla messa tra le seguite.
Portuguese D Ice per averla messa tra le ricordate.
Davvero gente: GRAZIE MILLE DI CUORE! È solo grazie a voi che questa assurda fic sta andando avanti!
Anche per questa volta vi saluto! Un bacione a tutti quanti, al prossimo capitolo!♥

PS: questa è la nostra Akemi in versione adolescente: http://tinypic.com/r/o0pk5j/5 :)

 

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Giusto perché sono una psicopatica malata che si diverte incredibilmente a scrivere questa storia (grazie al vostro sostegno, in realtà), avrei una malsana stupida cretina piccola idea da proporvi: perché non scrivete cosa vorreste che accadesse? :D se sarà una cosa “accessibile”, vedrò di inserirla nella trama!
Non che manchino le idee, anzi, ma mi piacerebbe fare in modo che “le speranze” (?!) di chi mi sta seguendo si realizzino. :)
Beh, nel caso l'idea vi piaccia, aspetto suggerimenti ;)

  
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