Capitolo 1
Incontri
What's the
story
morning glory ?
Il suono ovattato di un
colpo lontano si fece piano piano sempre più insistente;
mano a mano questo rumore s’intensificò,
diventando sempre più nitido, più deciso. Il
frastuono incalzante di nocche che cozzavano contro il legno della
porta divenne improvvisamente chiaro alle orecchie di Grace, che
lentamente aprì gli occhi, ancora intorpidita dal sonno.
Un raggio di sole era riuscito a sfuggire allo spesso tendaggio della
finestra, diffondendo così una luce fioca che si
propagò per tutto il perimetro della camera.
La ragazza, infastidita sia dal rumore irritante sia dalla luce
mattutina, si alzò dal letto con fare nervoso, dirigendosi
verso l’ingresso della stanza. Non era preparata
psicologicamente ad affrontare la persona malata che alle otto di
mattina aveva deciso di prendersela con la sua porta, anche se una
mezza idea di chi fosse ce l’aveva.
Aprì, facendo così cessare quel trambusto
molesto. Una ragazza dai capelli rossi, chiari ma di un colore vivo e
brillante, che riconobbe subito come la sua migliore amica, si
stagliava davanti a lei ancora con il pugno in aria pronto a dare un
altro colpo alla porta inerme; sorrideva, forse ignara di aver
svegliato tutto il secondo piano del dormitorio est della Bristol
University – o forse, faceva semplicemente finta di non
essersene accorta – che la continuò a guardare con
odio per tutta la giornata.
Grace la squadrò
dall’alto al basso con espressione corrucciata, chiedendosi
come facesse Eve ad essere così affascinante anche a
quell’ora. Eve Powell – così si chiamava
– era di una bellezza irreale; alta e magra, con i capelli
lunghi e fluenti che incorniciavano un viso puro e delicato, sul quale
i due occhi azzurri sembravano due zaffiri incastonati alla perfezione;
il naso era lungo e lineare, mentre la bocca rosea era sottile.
La
bionda pensò a quanto la scena, vista
dall’esterno, potesse essere esilarante. Una stanga di un
metro e ottanta con in mano un sacchetto contenente dei cornetti, stava
aspettando l’invito a entrare nella stanza di una nanerottola
con i capelli arruffati e la palpebra calante, che la stava guardando
in maniera torva. Sembrava Biancaneve con uno dei suoi nani da
passeggio.
Grace Earnshaw, era – giusto un tantino
– diversa dalla sua migliore amica. Era bassa, caratteristica
che contribuiva a farle dimostrare meno anni di quanti ne avesse
effettivamente, e qualche chiletto in più della norma. I
capelli erano biondi, abbastanza lunghi, ma dritti come spaghetti.
Tuttavia, il suo viso era molto bello: aveva dei grandi occhi verdi da
gatta, il nasino all’insù e una bocca a cuore
molto carnosa.
Ma in ogni caso, Brontolo le faceva un baffo.
« Madonna Grace, la gente è sveglia da giorni e tu
dormi ancora! Ma che cazzo hai fatto fin ad ora?! Dai, sbrigati, esci
da sta tana! – esclamò Eve, alzando gli occhi al
cielo – Ah, ma stasera lavori? » domandò
infine, concludendo così quella sparata infinita.
«Sì, Eve.» sibilò Grace con
sguardo truce. Se c’era una cosa che questa odiava era quando
veniva svegliata di soprassalto, - ma soprattutto – chi
la
svegliava di soprassalto.
«In ogni caso ho portato i
cornetti…» sussurrò la rossa, sbattendo
le ciglia folte, sperando così di assumere
un’espressione – più o meno –
pentita, mentre scuoteva il sacchetto davanti agli occhi di Grace.
«Dai, entra» affermò rassegnata
quest’ultima, lasciandosi convincere dall’odore di
cornetti appena sfornati che cominciava ad aleggiare nella stanza e dal
suo stomaco che iniziava a brontolare.
Quel pomeriggio la biblioteca era gremita. Sparsi qua e là
per la sala, quasi tutti gli spaziosi tavoli in mogano erano occupati e
la loro superficie ricoperta di libri, tomi antichi e quaderni vari.
C’era chi studiava in religioso silenzio, chi ascoltava
musica cercando di concentrarsi e chi scriveva senza sosta;
c’era anche chi vagava tra i numerosi scaffali alla ricerca
di un qualche raro manuale, spezzando così, con il rumore
dei suoi passi, il silenzio che regnava incontrastato grazie alla
presenza della bibliotecaria, di una certa età e
dall’aria austera, che aveva la speciale dote di silenziare
qualsiasi cicaleccio nel raggio di un chilometro. Ogni brusio che si
sollevava, infatti, veniva azzittito con rapidità da una sua
occhiataccia o, - più spesso – da un suo
fastidiosissimo “shh”.
Jack, dopo aver preso un espresso alla macchinetta del caffè
– senza inceppamenti vari, il che era stato un vero e proprio
miracolo – ed essersi fumato una sigaretta, si era seduto al
tavolo vicino ad una delle ampie vetrate che si succedevano
ritmicamente, per godere ancora per un po’ della luce del
sole. Con fare deciso aveva incominciato a sfogliare un tomo di
cinquecento pagine, ma purtroppo la noia e la pigrizia ebbero la meglio
su di lui, tanto che in pochi secondi si ritrovò con il viso
infossato sul libro, che agli occhi del ragazzo aveva preso le
sembianze di un comodo cuscino.
Will sghignazzò, seduto davanti all’amico. A
differenza di Jack, lui era rimasto sveglio e stava cercando
“seriamente” di concentrarsi e memorizzare qualcosa
sulla storia del teatro – anche se non definiva quella
materia propriamente interessante – in vista
dell’avvicinarsi degli esami. Ma in ogni caso la sua
diligenza durò poco.
Piano piano, cercando di evitare gli
sguardi omicidi della bibliotecaria, accartocciò dei piccoli
pezzi di carta e cominciò a lanciarli verso Jack, che non si
accorse di nulla. Will continuò ad infastidire
l’amico dormiente – che nel frattempo si era
allargato occupando più spazio di quanto ne fosse opportuno
– per un bel po’.
«Jaaack» sussurrò il biondo cercando di
farsi sentire dall’altro, il quale si smosse non appena la
decima pallina di carta colpì la sua testa. Jack
alzò lentamente il viso dal libro, con fare spaesato e con
l’impronta della pagina su cui si era assopito ben stampata
in faccia; una volta ricordatosi di dove fosse e cosa stesse facendo,
guardò l’amico con espressione interrogativa.
Will sospirò, sollevato del fatto che l’altro non
fosse morto nel sonno, e indicò una delle tante palline che
gli aveva lanciato, facendo segno con le mani di aprirla.
Accigliato,
Jack la spallottolò.
“Io, te, gli altri. Birra. Stasera.”
Riportava scritto il bigliettino, con calligrafia disordinata e poco
chiara. Di rimando, Jack ne prese un altro, scribacchiò
qualcosa frettolosamente e lo allungò all’amico.
“No.”
«Cosa?!» sbottò Will in tono un
po’ troppo alto, allargando le braccia.
«Perché?!»
«Zitti voi due» abbaiò la vecchia
bibliotecaria, che nel frattempo si era avvicinata a loro captando
un’origine di rumori molesti.
Jack alzò gli occhi al cielo, ignorandola «Non ne
ho molta voglia, sinceramente – asserì abbassando
la voce– sai, Finn è partito questa mattina per
Leeds e quindi…»
Finn era il fratello gemello di Jack, più grande di lui di
due minuti; se fisicamente erano uguali in tutto e per tutto, dal punto
di vista caratteriale erano fin troppo diversi. Se il più
grande era introverso, riflessivo e – per certi versi
– più maturo, l’altro era tutto il
contrario. Differenze a parte, i due erano stati inseparabili dal
momento della nascita, e avevano instaurato un rapporto fatto di
fiducia e complicità, anche se le litigate non erano mai
mancate e non mancavano tutt’ora. Per i gemelli, quindi,
venire separati dopo una vita passata insieme non era propriamente una
cosa che loro ritenevano semplice.
«Quindi? – chiese di rimando l’altro,
seccato
dall’atteggiamento disinteressato dell’amico, che
nel frattempo si era limitato a fare spallucce e grattarsi la nuca,
cosa che faceva sempre quando non riusciva a gestire una situazione.
Quel quindi significava, molto semplicemente, che
Jack non aveva la
minima intenzione di mettere piede fuori dalla stanza del college
quella sera. – Va bene Jackson, fammi sapere se torni ad
essere una persona normale entro la serata o continuerai a fare il
vegetale. » affermò Will, mentre si alzava e
raccoglieva il materiale didattico che aveva sparso il lungo ed in
largo per il tavolo, e solo in seguito uscì dalla sala
borbottando tra sé e sé.
Jack scosse la testa, interdetto. Con un colpo secco buttò
tutte le sue cose nello zaino, lo raccolse da terra e si
affrettò a rincorrere il biondo fuori dalla biblioteca, quel
giorno fin troppo silenziosa per i suoi gusti.
«Will!
– strillò, non appena lo individuò tra
la massa di gente che affollava il corridoio –
Fermati!»
Lo dovette chiamare più volte, prima che questo –
nonostante avesse notato la sua presenza e la sua voce non proprio
soave – si fermasse e, con un sopracciglio alzato, lo
ascoltasse.
«Senti, mi dispiace e tu lo s-»
«Eh beh, come minimo» lo interruppe Will,
incrociando le braccia.
« Se mi facessi finire, magari – precisò
Jack, mentre l’altro schioccava la lingua –
comunque, lo sai che amo uscire e divertirmi più di ogni
altra cosa, ma stasera proprio non sono dell’umore. Non penso
tu possa capire, ma mi manca Finn, e ti prego di non farmelo ripetere
mai più perché questa cosa stomaca anche
me»
Non credeva che Will avrebbe mai potuto capirlo, dal momento che, anche
se questo aveva un fratello e due sorelle, non aveva un gemello; non
aveva una persona identica a lui, che pensava alle stesse cose a cui
pensava lui nello stesso momento; non aveva una persona con cui
scambiare sguardi complici, che solo un’altra coppia di
gemelli avrebbe potuto riconoscere.
«Mh.–
mugugnò William, con un’espressione pensierosa
stampata in faccia – Sì, penso decisamente che tu
sia comunque un coglione»
Grace stava pulendo con uno straccio il lungo bancone di legno del pub
di cui era ormai impiegata da quasi un anno, ovvero da quando si era
trasferita a Bristol da Londra, per cominciare gli studi universitari.
Il The Dope Wizard, così si chiamava
il pub, – lei
ed Eve si erano sempre chieste perché e in quali condizioni
il proprietario avesse scelto proprio quel nome, forse sotto effetto di
qualche sostanza che gli permettesse di vedere realmente maghi, fate e
folletti– ed era la birreria più anonima e inutile
dell’intera Gran Bretagna.Titolare e gestore del posto era il
signor Bloomwood, vecchio obeso di un’ignoranza
considerevole: non sapeva cosa fosse la tecnologia, ne tantomeno
internet, e figurarsi la pubblicità per il locale che poteva
scaturire tramite quest’ultimo; per questo motivo il pub,
nonostante fosse attaccato all’università, il
più delle volte era desolato, oppure popolato da vecchi
amici del ciccione.
La biondina guardò in alto, avendo udito
il rumore della porta che sbatteva. Dalle scalette che portavano
dall’ingresso alla sala principale comparvero – per
l’appunto – due vecchi amici del proprietario, che
però non erano poi tanto male come quello.
«’Sera piccola» la salutarono i due in
coro, prima di dirigersi nella saletta ideata appositamente per giocare
a biliardo, collegata alla sala principale da un’ampia porta
ad arco. Non fece in tempo a rispondere al saluto di questi che subito
un’altra figura comparse in cima alle scale; tenendosi salda
al corrimano dello stesso legno del bancone, Eve scese saltellando fino
a sedersi sullo sgabello davanti la postazione dell’amica.
«Spiegami perché ti ostini a lavorare in questa
topaia. – esordì la rossa, arricciando il naso
– Puzza da morire! »
Grace non poteva negare il
fatto che in quel posto aleggiasse un forte odore di stantio misto ad
alcool, dovuto parzialmente al fatto che il pub, prima di diventare
tale, era un semplice – ma spazioso – scantinato.
Ma, almeno lei, ci aveva fatto l’abitudine, e anzi; se
n’era addirittura affezionata.
«Finché mi pagano mi ostinerò a
lavorare in questa topaia.» ribatté Grace,
calcando bene la voce sull’ultima parola, smettendo di
sistemare le varie bottiglie di Jack Daniel’s sulla mensola
dietro al bancone.
«Dico che almeno potresti organizzare dei concerti, delle
serate con musica dal vivo, tanto il ciccione non
c’è mai e quel palchetto là in mezzo
non viene utilizzato – disse, facendo cenno con la testa al
palco che si trovava addossato ad una delle pareti laterali fatta di
mattoncini rossi, completamente sgombro. – almeno questo
posto non sarebbe così pieno di vecchi! »
Grace fece spallucce, consapevole del fatto che l’amica
avesse pienamente ragione «Senti, ma perché tu sei
qui a criticare il mio posto di lavoro invece di essere al Funky
Pizza?»
«Perché al Funky Pizza
– postaccio dove gli impiegati si dichiaravano gli unici
capaci di fare della vera pizza italiana in tutta Bristol –
c’è Jasmine, che si è gentilmente
offerta di fare a cambio di turno. » affermò, con
un sorrisetto soddisfatto.
Grace stava per affermare che Eve doveva soltanto ringraziare
l’Eterno Signore del fatto che lei non facesse cambi di turno
e che il suo capo ciccione non ci fosse mai, in maniera tale da poterle
offrire bevande di ogni sorta quando questa si presentava al Dope
Wizard, quando accadde il miracolo. Sia Eve che Grace rimasero a bocca
aperta, incredule; non potevano credere ai loro occhi che, spalancati,
fissavano quel gruppetto di ragazzi – sexy, per giunta
– scendere le scale. Era una delle prime volte che Grace
vedeva veri e propri maschi della loro età – con
capelli corti o lunghi, grassi o magri, con addominali o senza
– in quel locale. Si accomodarono poi in uno dei tanti tavoli
sparsi per la sala, additando con delle risate il vecchio jukebox
posizionato vicino alla porta del bagno.
«Eve – sospirò, dando uno scossone
all’amica, che ancora li stava fissando – sono
veri?»
«A quanto pare…» rispose, assottigliando
gli occhi; questo preoccupò non poco la biondina, dal
momento che l’amica faceva quello sguardo solo quando
architettava qualcosa. E, il più delle volte, non era
qualcosa di buono.
«Tu non vorrai mica…»
Di tutta risposta
la rossa ingurgitò i due bicchierini con rum e succo di
pera, si alzò con uno scatto e si allungò verso
Grace, poggiando i gomiti sul bancone. «Io mi prendo il
moretto con la barba, a te mando il biondino»
sussurrò a bassa voce, ammicando. Come diavolo aveva fatto a
capire che, in quella marmaglia di testosterone e ormoni maschili,
l’unico che l’aveva colpita subito
all’occhio era il biondino dai capelli corti, proprio non lo
sapeva.
Tipico di Eve.
Ma in ogni caso lei stava lavorando, si vergognava e non aveva nessuna
voglia di socializzare. Per di più aveva i capelli legati in
uno chignon mal fatto e il trucco era leggero, quasi inesistente. Fare
la conoscenza di un ragazzo così carino, in quelle
condizioni pietose era un qualcosa che avrebbe evitato molto
volentieri. «Vieni qua, maledetta»
sibilò tra i denti, facendo un mezzo sorriso nervoso. Ma
l’amica era già verso la via della perdizione, e
difatti, in pochi minuti questa si ritrovò seduta a bere e
flirtare con metà del gruppo.
Mentre Grace asciugava dei bicchieri, borbottando e maledicendo Eve tra
sé e sé, captò i passi di un qualcuno
che stava andando verso di lei. Sperò, con tutto il suo
corpo e la sua anima, che fosse uno di quei simpatici vecchietti venuto
a chiedere un altro giro di birra. Ma, ovviamente, non fu
così.
«Quindi, stando a quanto detto dalla tua amica, io ti
piaccio.» affermò una voce, calda e profonda, con
un accento britannico non troppo calcato. Grace alzò lo
sguardo, incontrando per la prima volta quegli occhi, di un verde
così chiaro eppure così particolare, in cui lei
si sarebbe persa volentieri per ore. Quel colore le ricordava i prati
della brughiera, i perfetti giardini inglesi, e le ricordava anche la
primavera, la sua stagione preferita, con il primo calore e il sole che
finalmente cominciava a risplendere tra le nuvole grigie, che lo
avevano tenuto nascosto per troppo tempo.
«Non la ascoltare, è ubriaca»
replicò velocemente lei, abbassando gli occhi, imbarazzata.
Il ragazzo biondo prese posto davanti a lei, sedendosi su uno sgabello.
Grace riusciva a sentire sulla sua pelle gli occhi di lui che la
fissavano; le sue gote arrossirono molto velocemente, colorandosi di un
rosso scarlatto.
«Io non credo proprio – ribatté lui,
sorridendole – comunque piacere, io sono Will.»
- - -
Saaalve a tutti :) ho
finito il primo capitolo prima di quanto credessi ( e vi giuro,
già che ci sia un primo capitolo è un grande
passo avanti ) e così ho pensato di postarlo.
In questo capitolo iniziamo a fare la conoscenza dei personaggi
principali, e come promesso ho buttato in mezzo anche Finny
causa della depressione del buon vecchio Jack. Sapete che i gemelli
hanno tipo una connessione mentale o roba del genere?
L'ho letto mentre mi documentavo per il capitolo, ma non so quanto sia
vero hahaha.
In ogni caso la storia è appena iniziata, devono ancora
apparire taaanti personaggi e devono succedere taaante cose.
Boh, spero vi piaccia! Se vi va di lasciare una recensioncina fate pure
:) o commentare anche con consigli e critiche costruttive,
sono ben accette!
Un bacione,
Frà.