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Autore: tre 88    25/01/2014    1 recensioni
Erano passati due anni dalla fine della guerra a Marineford ed Ace era stato salvato dai suoi compagni.
Dopo due anni passati in tranquillità, un'ombra aveva preso di mira la seconda flotta, un'ombra legata al passato di Ace.
***
Ace si fermò di colpo, era scioccato da ciò che stava vedendo.
La vide cadere nella voragine senza fondo, urlando con tutto il fiato che aveva in corpo:
-Te la farò pagare, Ace!-
poi la voragine si richiuse e lei scomparve nel nulla…

***
Buona Lettura ^^
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3° CAPITOLO:

 
 
Erano passati diversi giorni da quando Ace era partito, non si era mai fermato su nessuna isola, aveva continuato a navigare a tutta velocità verso quell’isola dove Kita era scomparsa tempo addietro.

Era un’isola primaverile conosciuta per essere ricoperta di girasoli, il nome dell’isola era Himawari ed era stata la prima isola del Nuovo Mondo dove i pirati di “Picche” si erano fermati.

Ace ricordava molto bene che su quell’isola avevano subito percepito un’aria di calma e tranquillità e la cosa li aveva stupiti molto, visto come era stato burrascoso il viaggio per giungere nel Nuovo Mondo, ricordava che gli isolani erano gentili con tutti persino con i pirati, ovunque posavano lo sguardo vedevano solo girasoli, erano dappertutto, sulle finestre e balconi delle case, nei giardini e sulla scogliera che tingevano l’isola di giallo; ad Ace quell’isola all’inizio era piaciuta ma dopo qualche ora aveva iniziato ad annoiarsi, non succedeva nulla e il locandiere non lo aveva nemmeno seguito dopo che lui era fuggito senza pagare il conto ma poi la noia fu spazzata via e con essa anche Kita scomparve.

 
Ace scacciò dalla mente quei ricordi, si era ripromesso di non tornare mai più sull’isola di Himawari ma ora ci era costretto, se la misteriosa ombra era davvero Kita doveva raggiungere quell’isola per scoprire come si era salvata.

Non c’era giorno in cui non si sentiva in colpa per ciò che era successo a Kita, sapeva che se l’avesse ascoltata e avesse evitato l’isola, a lei non sarebbe successo nulla.

Voleva bene a Kita, fin dal primo momento in cui l’aveva incontrata si era subito legato a lei, la considerava come una sorella, aveva due anni in più rispetto ad Ace e per lui non era difficile considerarla una sorella maggiore e a lei piaceva tenerlo fuori dai guai anche se spesso si ritrovava coinvolta nei casini in cui si cacciava.

Ace la considerava una sorella nello stesso modo che considerava suoi fratelli i propri compagni, era un legame diverso rispetto a quello che lo legava a Sabo e Rufy, loro due li considerava davvero suoi fratelli anche se non avevano lo stesso sangue mentre Kita e i suoi compagni erano suoi amici che considerava come dei fratelli aquisiti.

Comunque sia, Ace si era sempre sentito in colpa per la scomparsa di Kita, all’inizio sperava che in qualche modo si era salvata ma alla fine aveva dovuto dare ragione hai suoi compagni che gli ripetevano che era impossibile ma ora, a distanza di anni era comparsa una persona che ce l’aveva con lui ed era certo che si trattava proprio di lei.

 
Finalmente, dopo giorni di viaggio, Ace aveva raggiunto l’isola di Himawari.

Era proprio come se la ricordava, girasoli ovunque e la gente gentile con tutti, nulla era cambiato ma ad Ace questo non importava, lasciò lo striker al porto e si incamminò verso la spiaggia, dove tempo addietro Kita era scomparsa.

Raggiunta la spiaggia, continuò a camminare fino a raggiungere l’unico punto dove la sabbia veniva sostituta dalla terra e lì tra le rocce, c’era un’immensa cicatrice che spaccava a meta il terreno.

Ace fissò quel solco, anni fa lì c’era una voragine dove Kita era caduta dentro e prima che potesse uscire, la voragine si era chiusa.

Ricordava molto bene quando si erano conosciuti, le avventure vissute insieme e soprattutto ricordava come se fosse successo da poco, il giorno in cui Kita era scomparsa.

 

 
***
 
 
Anni fa, su una piccola isola del Grande Blu, i pirati di “Picche” avevano appena gettato l’ancora ed Ace era già sparito facendo preoccupare i compagni, preoccupati che il capitano si poteva cacciare in uno dei suoi soliti guai.

 
Ace una volta sceso a terra, si era messo a camminare lungo il porto quando vide un gruppo di marines alle prese con qualcuno, salì su un tetto lì vicino e si mise seduto ad osservare ciò che stava accadendo, i marines erano impegnati a cercare di catturare una ragazza che da sola li stava mettendo tutti in difficoltà.

La ragazza era alta con la pelle chiara, aveva i capelli corti dietro e lunghi fino alle spalle davanti di colore nero, gli occhi di due colori diversi, il destro di colore viola e il sinistro di colore blu e sulle labbra aveva un rossetto nero; indossava una maglia rossa con la manica sinistra lunga fino al gomito e la destra lunga fino a coprirgli la mano, pantaloni corti fin sopra il ginocchio molto larghi di colore nero e stivali lunghi fino al ginocchio anch’essi neri, al polso sinistro portava un bracciale di cuoio intrecciato di colore nero e al collo portava un ciondolo a forma di teschio appeso ad un cordino di cuoio; impugnava una spada dalla lama rossa che solitamente portava sulla schiena.

Ciò che stupì Ace era che molti marines venivano inghiottiti da voragini che si richiudevano subito mentre la ragazza ne approfittava per stendere gli altri, Pugno di Fuoco capì che era lei a far apparire le voragini. 

Dopo che lo scontro finì, Ace scese dal tetto e la raggiunse:

-Sei stata incredibile! Da sola hai sconfitto tutti quei marines!-

la misteriosa ragazza si girò verso di lui pronta ad attaccarlo ma appena capì chi era, rimise sulla schiena la spada sapendo che con lui non sarebbe servita a niente:

-Che cavolo vuoi, Pugno di Fuoco!?-

era facile riconoscere Ace, si era fatto conoscere fin da subito e dopo aver rinunciato ad entrare nella flotta dei sette era diventato ancora più famoso, tutti i pirati che avevano ricevuto quell’offerta da parte della marina non avevano mai rifiutata ma Ace invece non ci aveva pensato due volte a dire di no:

-Calma, sono solo sorpreso. Sei davvero forte. Chi sei?-

la ragazza non sapeva se era scemo o solamente ingenuo ed optò per entrambe le cose:

-I giornali non li leggi mai?-

Ace capì che lei doveva essere più tosto famosa se gli aveva fatto quella domanda ma lui ovviamente non sapeva chi era:

-Li trovo noiosi e quindi non li leggo. Quando un giorno mio fratello prenderà il mare, allora li leggerò per tenermi informato su ciò che combina, fino a quel momento non ho intenzione di leggere quei cosi noiosi.-

la ragazza incominciò a credere che la marina avesse preso un grosso abbaglio nel credere che Ace fosse pericoloso, perché lei lo considerava una persona assurda e innocua ma ovviamente sapeva che l’apparenza ingannava:

-Mi chiamo Kita, la marina mi ha dato il soprannome di “Voragine Scarlatta”, per via dei miei poteri e della mia spada. Sono una pirata solitaria.-

Ace sorrise, ci aveva visto giusto, era lei che creava le voragine:

-Forte! Hai mangiato un frutto del diavolo!-

Kita stava cercando un modo per potersi liberare di lui, non ne poteva più di quell’assurda conversazione:

-Bene, ora me ne vado. Addio.-

fece per andarsene ma Ace la fermò:

-Aspetta! Perché non ti unisci alla mia ciurma? Viaggiare in compagnia è più bello e ci si può aiutare a vicenda.-

Kita lo fissò:

-Non mi fido di nessuno.-

Pugno di Fuoco non ne voleva sapere di arrendersi:

-Sono certo che appena conoscerai gli altri, ti fiderai di loro.-

la ragazza sbuffò:

-Per te è sempre tutto così facile, non è vero? Scommetto che hai avuto un’infanzia felice e che i tuoi genitori ti volevano bene, quindi non parlare come se sapessi il perché io non mi fido di nessuno.-

il tono di voce di Kita era così freddo che avrebbe fatto scappare chiunque ma Ace, invece di lasciar perdere si fece stranamente serio:

-Ti sbagli. Non ho mai conosciuto i miei genitori e a causa di quell’uomo che dovrei chiamare padre, ho avuto un’infanzia difficile. Ho solo avuto la fortuna di conoscere due amici che per me sono come fratelli e uno di loro è morto quando aveva solo dieci anni. Prima di conoscere loro due, non mi fidavo di nessuno ma dopo averli incontrati, ho iniziato a fidarmi degli altri.-

Ace non sapeva perché gli aveva detto quelle cose, nemmeno ai suoi compagni gli e lo aveva detto ma sentiva dentro di se qualcosa che gli diceva di dire tutto a quella ragazza, in qualche modo in lei aveva rivisto il se stesso che odiava tutti e che non si fidava di nessuno e come Sabo e Rufy lo avevano aiutato a cambiare, lui voleva provare ad aiutare quella ragazza:

-Non voglio obbligarti a venire con me e non voglio che tu mi racconti il tuo passato però, mi piacerebbe che tu ti unissi alla mia ciurma.-

Kita lo osservò, non riusciva a capire il perché ci teneva così tanto che si univa alla sua ciurma; si erano appena incontrati ed era impossibile che si fidava di lei al tal punto di chiedergli di seguirlo, aveva capito che Ace era strano ma lei non si voleva fidare, non si era mai fidata di nessuno e non aveva nessuna intenzione di iniziare quel giorno a fidarsi del primo che gli chiedeva di unirsi alla sua ciurma:

-Mi dispiace ma non ho intenzione di unirmi alla tua ciurma.-

Ace sorrise:

-Partirò fra tre giorni. Se cambi idea, troverai la mia nave in fondo al porto.-

la salutò e sparì in una stradina che conduceva nel centro città.

Kita lo osservò fino a quando non sparì dalla sua vista:

-“Che tipo assurdo. Perché devo unirmi alla sua ciurma? Non ho mai cambiato idea nemmeno dopo mesi, figuriamoci se cambio idea in tre giorni. Non mi unirò mai ne alla sua ciurma, ne in nessun’altra ciurma.”-

 

 
Continua…
 
 



Ciao, eccomi qui.

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. ^O^

In questo capitolo si sa qualcosa su Kita, chissà se è davvero lei che ha preso di mira Ace. :)

“Himawari” significa “girasole” in giapponese. ^^

Ringrazio chi ha letto e recensito (o letto soltanto) i precedenti capitoli.

A presto, ciao.

ps:il prossimo capitolo lo metterò sabato o domenica.

 
  
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