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Autore: Teddy_bear    25/01/2014    2 recensioni
Harmony Collins.
Cuore spezzato, rotto, distrutto, a pezzi, calpestato e frammentato.
Lacrime, sorrisi forzati, sofferenza.
Interiormente piena di dolore.
Clive Stokes.
Privo di sentimenti, distruttivo, adirato, inaffidabile, pericoloso.
Piacere, ghigni, malvagità.
Colui che provocava dolore.
Entrambi impauriti, stanchi, sperduti nel mondo.
"Amarti per sempre, non può esser sbagliato."
Genere: Dark, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Clive spense l'ennesimo mozzicone di sigaretta, nel posacenere, quella notte. Era seduto su una sedia messa male, con i gomiti appoggiati al tavolo, mentre leggeva il fascicolo di Harmony Collins.
"Dio." si ritrovò a sussurrare.
Faceva freddo, in quel monolocale, eppure Clive era certo che i suoi brividi non erano a causa della temperatura.
Lesse ancora, ancora ed ancora, quelle brutte parole, una dopo l'altra. Sentiva chiaramente mancare i battiti al suo cuore, ad ogni spazio, tra un vocabolo e l'altro. Si fermò a sospirare più volte, mentre pensava di smettere di leggere quell'orrenda pila di fogli; ma proseguì, o almeno, provò a proseguire.
E bastò una semplice frase scritta in modo più preciso, con le lettere meglio delineate, e sottolineata due volte, per fargli chiudere il fascicolo.
Quella notte, Clive Stokes, si promise di non voler mai più aver nulla a che fare con quella ragazza.

Harmony Collins non chiuse occhio, per tutta la notte, d'altro canto. Rimurginava su dove potesse esser il suo fascicolo, e soprattutto su chi l'avesse preso.
Quando arrivò mattina, lei nemmeno se ne accorse.
Harmony Collins, nonostante la sua vista funzionasse correttamente, non riusciva a vedere la luce. Era buio intorno a lei ed era buio dentro di lei.
"Buongiorno, Mon." la salutò sua madre, chiamandola con il soprannome, che usava per Harmony, quand'era piccola.
"Ciao mamma." disse la figlia.
Harmony odiava svegliarsi, al mattino.
Le persone normali non sopportano 'alzarsi'. Lei no. Lei odiava proprio 'svegliarsi'.
Non fece nemmeno colazione, e si recò direttamente all'università.
Percorreva quelle strade, che ormai conosceva, sempre con lo sguardo vacuo e spento.
"Hey Har."
"Ciao Dana." la salutò Harmony, abbracciandola.
"Come stai?" le chiese l'amica.
"Bene."
E, come al solito, Harmony Collins, mentì.

Clive Stokes prometteva molte cose a se stesso.
Quand'era bambino si era promesso, che da adulto, sarebbe diventato un architetto.
Quand'era bambino si era promesso che la sua vita sarebbe stata tranquilla e felice.
Peccato, però, che queste promesse non vennero mantenute.
"Anderson, ciao." salutò l'amico seduto sul suo solito sgabello di un pub malfamato.
"Clive, che faccia distrutta che hai. Che succede?" gli chiese l'altro, mentre il moro si accomodava.
"Ho letto il fascicolo della Collins." disse semplicemente.
"Ah, e quindi?" domandò Anderson.
"Non avrei mai voluto leggere certe cose." rispose il ragazzo.
"Da quando Clive Stokes ha un cuore?" ridacchiò l'amico.
Clive stette zitto, mentre si alzava dallo sgabello, e usciva dal pub.
No, lui non aveva nessun cuore.

Harmony si sentiva soffocare, in quel luogo; non ce la faceva più.
Picchiettava nervosamente la matita sul quaderno, per prendere appunti, e la lezione di fisica, che solitamente trovava interessante, divenne solo uno stress.
"Harmony, ma che ti prende?" le chiese Elizabeth.
"Nulla, Liz, nulla." rispose.
"Balle. Avanti, dimmi che ti succede." sussurrò l'amica, per non farsi sentire.
"Liz, davvero, non preoccuparti." sospirò la mora.
"Se ne vuoi parlare, comunque, io ci sono." le sorrise, l'altra.
"Grazie." disse in risposta.
Harmony era convinta che, per lei, invece, non ci fosse nessuno.

Linda Morris abitava in un appartamento, all'ultimo piano di un palazzo, non tanto distante dalla residenza di Clive. Era piccolo, e modesto, ma lei ad esso ci teneva. Era pieno di piante, che ella curava come se fossero sue figlie, e profumava sempre di agrumi.
Una piccola abitazione, ma comunque ospitale. E Linda Morris amava l'ospitalità.
Nonostante fosse una ragazza che trova conforto nella droga, nonostante fosse innamorata da molti mesi di un amore irraggiungibile e nonostante spesso voleva mandare all'inferno quel ragazzo, lei curava ogni cosa presente nella sua vita. Eccetto se stessa. Certo, curava molto il suo aspetto esteriore, ma non curava nemmeno la metà quello interiore.
Ed ogni volta, quando era stanca, si chiudeva in casa. Serrava la porta a chiave, si buttava sul divano con le poche sale scarsamente illuminate, e cercava di non pensare più a nulla, lui compreso.
Quando Linda era stanca, la sua porta di casa, che era spesso aperta, si ritrovava ad esser chiusa per tutti.
E quando il citofono suonò, per più volte, prese tutta la pazienza presente nel suo corpo per alzarsi da quel piccolo divano a due posti, ed andare a scoprire chi fosse.
"Sì?" chiese premendo un piccolo tasto, e portandosi all'orecchio la cornetta del citofono.
"Clive." rispose il ragazzo.
Linda strabbuzzò gli occhi, sorpresa. Non si aspettava che fosse lui a chiederle di aprirgli la sua porta di casa, proprio no.
"Sali." disse semplicemente, premendo un altro tasto, non di molto sopra a quello che aveva premuto poco prima, permettendo così al moro di entrare nel suo appartamento.
Attese qualche minuto, prima che il ragazzo bussò alla sua porta, attendendo di accomodarsi in casa.
E Linda aprì quella porta, che si era ripromessa sempre di chiudere per tutti quando voleva stare sola. Quindi, ella, capì una cosa: la sua porta, per Clive, sarebbe sempre stata aperta.
"Che ci fai qui?" gli domandò.
"Come? Tratti così il ragazzo che ami?" le chiese lui, di rimando.
"Fanculo." sbottò Linda.
"Dai, stavo scherzando, su. Avrei bisogno di un favore, piuttosto." disse il moro.
"Ovvero?" gli chiese.
"Mi daresti un po' di roba? Te la pago. Guarda!"
Clive tirò fuori cinquanta sterline, mostrandole alla ragazza. Linda sbuffò, scuotendo il capo.
"Da chi le hai rubate?" domandò, riferendosi al denaro.
"Le borse delle vecchiette sono la mia specialità, lo sai." ammiccò egli.
"Vado a prendertela. Aspettami qui." disse, semplicemente, lei.
"Ottimo."
Linda andò verso camersa sua, guardò nei cassetti dei suoi vestiti, e tirò fuori, da dentro un paio di calzini, la marijuana. Scosse il capo, pensando che, in qualche modo, stava uccidendo la persona che amava.
Quando tornò da lui, lo trovò nella medesima posizione, con la solita aria da duro.
"Dovremmo smetterla, Clive." disse lei, mettendogli una mano sulla spalla.
"Fatti i cazzi tuoi, Linda." affermò l'altro, sottraendosi dal suo tocco.
Clive le strappò di mano l'erba, dandole poi le cinquante sterline.
"Non le voglio." affermò Linda, riconsegnandogliele.
"Peggio per te." ribattè il moro, rimettendosele in tasca.
Clive aprì la porta dell'abitazione della ragazza che lo amava, e salutando freddamente quest'ultima, uscì.
"Vaffanculo."
Linda battè un pugno su quella porta fatta di formica, prendendosela con se stessa, come sempre.
"Merda."
E pianse, maledicendo il giorno in cui conobbe Clive Stokes.

Harmony Collins, invece, percorse la solita strada per tornare a casa.
Ogni qualvolta alzava lo sguardo, vedeva tante persone; percui, spaventata da esse, lo riabbassava.
"Ciao Isabeau." una voce mascolina la salutò, usando per lei il suo secondo nome.
Ella imediatamente si voltò, e tremando, fece qualche passo indietro, pronta per scappare.
"Tranquilla non ti farò del male, non qui. Sai, piccola Harmony, è troppo pieno di gente." disse lui, guardandosi intorno.
"Clive, ti prego..." sospirò Harmony, preoccupata.
"Ti ricordi il mio nome, ma non mi hai ancora chiesto perchè io so il tuo secondo." ammiccò il moro, contemplandola da capo a piedi, con un'espressione indecifrabile.
"Ho il timore della risposta." abbassò il capo lei, facendo in modo tale che un ciuffo di capelli le cadesse davanti agli occhi azzurri, come per sentirsi più protetta.
"Il tuo fascicolo ce l'ho io, sai? Non credevo che tu desiderassi così tanto morire." ridacchiò Clive, scrutandola.
Harmony sentì la testa pulsare, le orecchie tapparsi e, successivamente, fischiare, mentre la vista si fece meno nitida.
"Sai, dolcezza, io e te ci somiliamo molto. Cerchiamo entrambi la morte, in un modo o nell'altro. Siamo drogati di un qualcosa che pensiamo ci possa far star meglio. Io, a differenza tua, però, non sono debole." disse lui.
"Se trovi conforto nella droga sì, lo sei." riuscì a pronunciare, la ragazza.
"Potrei diventare la tua morte, Harmony." le sussurrò all'orecchio, Clive.
Lei si terrorizzò ancor di più, mentre sentiva le sue poche forze rimaste mancare.
"La cerchi così tanto... L'hai cercata per tre volte... Magari, io potrei riuscire, finalmente, a fartela incontrare." rise Clive, malignamente. Harmony stette per cadere, d'altro canto.
"Hai tentato tre volte il suicidio, piccola." aggiunse poi, lui, reggendola.
"Tu vuoi solo dormire e sognare. Ed io sarò il tuo incubo." concluse egli, guardandola svenuta tra le sue braccia.

Promesse.
Le persone non fanno altro che fare milioni di pormesse nella loro vita.
Promettono alla persona che amano di non tradirla, ma poi la tradiscono.
Promettono a loro stessi di non lasciarla, ma poi la lasciano.
Clive Stokes non mantenava mai le promesse.
Harmony Collins tentava di mantere le promesse.
A volte bisogna morire, per poter rinascere.
Clive Stokes ed Harmony Collins rinasceranno insieme.
Alla fine... Nessuno si salva da solo.

Spazio autrice:
hey bellissime lettrici :3 come state? Spero bene ^^.
Io.. Sto xD diciamo che sto :).
Allora in questo capitolo abbiamo un altro incontro tra Harmony e Clive ;) un incontro un po'.. Bizzarro, ecco.
Anyway, ci tengo a precisare una cosa: Clive non ha letto tutto il fascolo di Harmony, quindi molte cose lui ancora non le ha scoprte su di lei.
E le scopriremo pian piano insieme a lui :).
Anyway, come vi sembra il capitolo? :) a me non convince molto, data anche la scarsa lunghezza di tale testo, ma va beh, dettaglixD.
Siete le persone più dolci del mondo: grazie, grazie davvero.
Mi trovate anche qui:
http://ask.fm/Teddy_bear_efp
E, come al solito, se vi va, lasciatemi una piccola recensione :3.
Grazie ancora.
Bacioni x.



 
   
 
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