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Autore: melianar    25/01/2014    12 recensioni
Dopo il disastroso tentativo della scorsa settimana, torno a pubblicare il primo capitolo di questa raccolta. Mi scuso immensamente con chi avesse provato a leggerla, purtroppo ho avuto qualche problema con l'HTL. E' solo la seconda storia che pubblico e sono piuttosto imbranata. Scusatemi!
Quella che vi propongo è una raccolta di one-shots dedicate alle figure femminili dell'universo tolkieniano, in particolare quelle donne di cui poco ci viene detto ma che, a mio avviso, hanno molto da raccontare. Ogni capitolo sarà incentrato su una donna diversa, quindi su vicende e epoche differenti. Prenderò in esame personaggi poco noti delle opere di Tolkien, spero possano risultare affascinanti per voi quanto lo sono per me. Buona lettura!
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Una leggera brezza entra dalla finestra aperta recando con sé l’odore del mare, penetrante e carico di promesse.
Un raggio di luna illumina il tuo volto addormentato.
Ti guardo, mio amato Imrazor.
Osservo i segni che il tempo impietoso incide sul tuo bel viso orgoglioso di Numenoreano, le rughe sempre più profonde sulla tua fronte, i primi fili argentei tra i tuoi capelli scuri.
Tu ancora non te ne rendi conto, amore mio.
Sei forte, vigoroso.
L’opprimente vecchiaia che affligge gli Edain non è ancora giunta a infiacchirti membra e spirito.
Eppure io posso già scorgerla, acquattata dietro le tue palpebre chiuse.
Al sol pensiero il cuore mi si spezza.
Dovrei gioirne, piuttosto.
Tu sei un Uomo, tu riceverai il dono dell’Uno.
Tu te ne andrai oltre Arda, dove a me non è lecito raggiungerti e non lo sarà mai.
Dovrei essere lieta. O quantomeno serena.
Preparata. Ma io no, non sono pronta.
Sono una codarda, amore mio. Nient’altro che una codarda.
Ma non ci riesco. Non riesco a pensare di vederti invecchiare, di vedere il tuo corpo appassire, il tuo spirito andarsene mentre io resterò qui.
Anche io invecchio, a mio modo.
Ma tu mi vedrai sempre identica al giorno in cui mi hai conosciuta, in cui mi hai vista danzare sulle rive del mare assieme alle mie compagne al suono di un canto antico, in una lingua che in pochi ancora ricordano.
Cos’accadrà allora, Imrazor? Mi odierai? Proverai invidia nei miei confronti? Rabbia? Disprezzo?
Ti ho spiegato che gli Edhil non sono immortali. Anche noi moriremo, quando Arda andrà in frantumi. Anche noi, seppur più lentamente, ci consumiamo.
Ma te ne ricorderai, mentre osserverai il lento disfarsi del tuo corpo?
Forse sarai tu stesso a cacciarmi, a maledirmi. Forse sto solo anticipando i tempi, sperando, illusa, di non farti soffrire.
Ma non potrò evitare la mia, di sofferenza. E nemmeno quella dei nostri figli.
Se compio questa scelta è anche per loro. Soprattutto per loro.
A lungo ho ignorato il mutare del corpo di Gilmith, il prepotente sbocciare dei suoi seni, la nuova, femminile curva dei suoi fianchi.
Per mesi ho finto di non vedere e l’ho trattata come una bambina, finché il primo, scuro sangue non è disceso a colorarle le cosce.
“Sei una donna, ora”.
Le ho detto, sorridendo e abbracciandola forte. Ma dentro di me ho pensato: così presto?
Lo stesso faccio con Galador. Ogni giorno tento di ignorare il timbro profondo della sua voce, quel corpo da pulcino sgraziato in cui in breve tempo si è trasformato il mio bambino e che ancor più rapidamente si tramuterà in quello di un uomo.
Troppo presto, mi ripeto. E’ accaduto troppo velocemente. Quanto in fretta, allora, li perderò?
Una donna può sopravvivere al proprio sposo, seppur con dolore. Ma come può, come può sopravvivere ai propri figli?
Dimmi, Imrazor, come posso sopravvivere ai miei figli? Ai loro figli? Ai figli dei loro figli? Come potrò vedere i nipoti dei miei pronipoti calcare le spiagge di Belfalas?
Non ne abbiamo mai parlato, io e te.
“Ti prego, mia cara. Non voglio sentire questi discorsi, mi rattristano”.
Lo so, hai paura della morte. E forse proverai verso di me odio e rancore, dopo questa notte. Come biasimarti?
Vorrei chiederti di comprendermi.
Vorrei potermi spiegare.
Vorrei dirti addio.
Vorrei svegliarti, abbracciarti.
Vorrei fare l’amore con te un’ultima volta.
Ma non posso.
Non mi lasceresti andare.
Forse nemmeno io partirei, dopo.
Perciò ti poso un leggero bacio sulle labbra, increspate in un lieve sorriso.
Chissà cosa sogni, mio amato.
Chissà cosa vedi.
E chissà cosa dirai, domani.
 
Abbandono in silenzio la stanza.
La mia stanza.
Luogo di gioia e d’amore, di passione, di litigi anche, a volte.
La stanza in cui ho messo al mondo i miei figli.
Non posso.
No, non posso andare a salutarli.
Vi diranno che sono stata una codarda, bambini miei. E avranno ragione.
Io, Mithrellas, Signora di Dol Amroth, vostra madre, non ho nemmeno il coraggio di entrare a darvi un silenzioso addio.
Se lo facessi il cuore mi si frantumerebbe.
Scoppierei in singhiozzi e la nave partirebbe senza di me.
E allora mai, mai più proverei a solcare le acque del mare impetuoso, mai più tenterei di raggiungere l’Occidente dove, dicono, ogni pena può essere, se non cancellata, alleviata.
Vi diranno che sono una donna dissennata, indomita, selvaggia.
Diranno che di una Silvana non ci si può fidare.
Forse vi diranno che quando gli Elfi sentono il richiamo del mare niente li può fermare. Nemmeno i legami di sangue. Nemmeno l’amore.
Io so che comprenderete la verità.
E so che, forse, la tramanderete ai vostri discendenti, grandi signori dall’antica saggezza e dai cuori valorosi nei quali si scorgerà il frutto dell’amore di due popoli. Un immenso, sconfinato amore.
 
 
 
Note
La vicenda su cui si basa questo primo capitolo è narrata, o meglio, accennata nell’opera “Racconti incompiuti”. L’Uomo e L’Elfa Silvana in questione sono i capostipiti della dinastia dei Principi di Dol Amroth da cui, in linea materna, discendono anche Boromir e Faramir.
Riguardo a Mithrellas, il Professore ci dice soltanto che era una compagna di Nimrodel e che, dopo aver sposato Imrazor e avergli dato due figli, Galador e Gilmith, una notte fuggì senza lasciar traccia. Con questa piccola one-shot ho voluto provare a spiegare il perché di un tale gesto.  
Spero vi sia piaciuta. Mi raccomando, recensite (se avete critiche non abbiate timore, sono più che ben accette!)
Naturalmente ci tengo a precisare che nessun personaggio presente in questa raccolta è di mia proprietà, appartengono tutti al professor Tolkien e ai suoi eredi. Io mi auguro solo di saperli rendere degnamente.
In ultimo vi chiedo: ho già una vasta rosa di donne su cui conto di scrivere, ma se per caso ve ne fossero alcune che suscitino in particolar modo la vostra curiosità (Arwen, Eowyn e Galadriel non valgono XD) vi prego di segnalarmele, vedrò quel che si può fare! Sarebbero più gradite donne appartenenti alle stirpi degli Elfi e degli Uomini, al momento sono poco ispirata per Nani e Hobbit.  
E con ciò vi lascio, al prossimo capitolo!
 
Melianar
  
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