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Autore: Bluemask    26/01/2014    9 recensioni
Louis è un sognatore con la testa fra le nuvole che gioca a nascondino con l’amore: sta ancora contando, ma sa che alla fine vincerà questa partita.
Hary osserva tutti i giorni Louis mentre lavora in libreria e aspetta che il cuore ricominci a battere normalmente prima di entrare; inoltre, aspetta che questa cotta passi da sola così come è arrivata.
-
“Io mi chiamo Harry, comunque.”
“Io sono Louis e quel Nick è uno stupido ad averti lasciato.”
“Perché mai?”
“Perché, beh, perché mi piace l’inchiostro.”
-
Una storia d’amore che esplode tra inchiostro e haiku.
[Larry, accenni Harry/Nick!past, Ziam]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Haiku

 

 

 

 

 

Ciao Tiziana barra Harry,

questa storia è dedicata

completamente a te.

Sorridi, sei una meraviglia.

 

 

 

 

 

 

 

Lo haiku è una fragile essenza di apparizione:

un sasso lanciato nella mente di chi ascolta,

solo il silenzio porterà alla sua completa comprensione.

 

 

 

 

 

Louis Tomlinson era un ragazzo che si poteva definire diverso.

La sua famiglia lo aveva da sempre chiamato sognatore, i suoi professori sostenevano che avesse la testa costantemente tra le nuvole, il suo compagno di banco al liceo era sicuro che non fosse normale per un maschio disegnare tutti quei cuori sui quaderni, il suo migliore amico sapeva che a volte si estraniava dai discorsi per perdersi nelle sue fantasie.

Louis pensava solamente che fosse in cerca dell’amore: l’amore vero, quello delle fiabe, quello che riportava in vita le persone con un solo bacio (come era successo per la Bella Addormentata e Biancaneve), quello dei libri, dei film e dei sogni.

Ma, mentre lo cercava, si doveva accontentare di lavorare in una piccola libreria in centro, vicino all’appartamento che divideva con il suo migliore amico citato prima, scrivendo qualche poesia o haiku – di cui si era appassionato da poco – e lasciando le penne in giro, aspettando che Liam Payne – migliore amico e coinquilino – puntualmente mettesse in ordine al posto suo.

“Sono a casa, Tommo!”

Louis distolse lo sguardo dal taccuino che teneva in grembo, infilandosi la penna blu dietro a un orecchio e guardando Liam entrare.

Viveva con lui da due anni – ovvero, dall’ultimo anno di liceo – e a volte assomigliavano terribilmente a una vecchia coppia sposata, con i loro battibecchi e lanci di cuscini, ma entrambi erano felici così.

“Ho una novità” trillò allegramente, sedendosi sul divano vicino a Louis, che si colpì teatralmente la fronte con il palmo della mano.

“Dimmi che non è quello che penso” borbottò, contrariato.

“Se pensi che sia un altro appuntamento programmato, allora sì, è quello che pensi.”

“Ti avevo detto di non dirmelo!”

Liam gli sorrise dolcemente. Louis non aveva mai avuto una ragazza, né un ragazzo, e a ventidue anni la cosa poteva essere preoccupante; il problema era che nessuno corrispondeva al concetto di amore per Louis, che si rifiutava categoricamente di mettersi con qualcuno che non gli piacesse fino in fondo.

Così, Liam Payne e Zayn Malik – il suo ragazzo da quasi un anno, incontrato all’Università – avevano iniziato a organizzargli degli appuntamento da qualche settimana. Inutile dire che tutti si era conclusi drasticamente.

“Andiamo Lou, la ragazza dello scorso sabato non era male” replicò Liam, posandogli una mano sulla spalla.

“In effetti Elizabeth era simpatica, ma –”

“Si chiamavano Eleanor.”

Louis aggrottò la fronte. “Ah.”

L’amico ridacchiò, mettendosi in piedi. “Vedrai che questa volta funzionerà: è un amico di Zayn e secondo i suoi racconti è molto carino e dolce” alzò i pollici con aria incoraggiante.

Louis roteò gli occhi e sbuffò, prendendo la penna e puntandola sulla carta bianca del taccuino con delicatezza, come se potesse ferirla in qualche modo.

Sua sorella una volta gli aveva chiesto perché maneggiasse le matite e le penne con così tanta cura, Louis aveva risposto solo che doveva trattarle bene visto che sanguinavano inchiostro per lui.

“Vedrai che ti piacerà” affermò Liam, convinto, mentre Louis si concentrava sul suo haiku.

 

 

Appuntamenti.

Voglio solo amore,

portami via.

 

 

 

-

 

Il locale era pieno.

Louis si passò una mano tra i capelli, leggermente teso – non si era ancora abituato a quelle serate – camminando insieme a Liam verso un tavolo da quattro occupato da un ragazzo moro di schiena e uno biondo, di cui si intravedeva il profilo.

Louis sorrise appena.

“Zay” esclamò Liam, piegandosi verso il suo ragazzo e posandogli un bacio sulle labbra socchiuse. Il moro sorrise, salutando i nuovi arrivati.

“Io sono Niall” si presentò il biondo – aveva gli occhi azzurri e una camicia bianca  – stringendo la mano a Louis.

“Io mi chiamo Louis, ma probabilmente lo sai già” sorrise, sedendosi davanti a lui e vicino a Liam, che aveva preso posto di fronte a Zayn.

Niall ridacchiò. “In effetti, Zayn mi ha parlato di te. Lavori in una libreria, se non sbaglio.”

Il castano annuì, sciogliendosi un po’. “Mi piacciono i romanzi e alla libreria Wonderland – è nella stessa via dell’appartamento mio e di Lee – cercavano un dipendente, così mi sono offerto io.”

“Ti piace anche scrivere, vero?”

“Adoro scrivere con tutto me stesso” gli occhi di Louis brillarono. “Mi piacerebbe scrivere uno di quei romanzi d’amore lunghi e strappalacrime, ma per farlo mi serve ispirazione e ‘sta stronza non arriva” sospirò, mettendo il broncio, Niall rise.

Zayn pizzicò piano il braccio di Liam, appoggiato sul tavolo. “Sono una coppia bellissima o sbaglio?” sussurrò, per non farsi sentire dai due.

Liam annuì. “Questa volta potrebbe funzionare.”

Zayn sorrise, orgoglioso di se stesso.

Aveva conosciuto Niall Horan quando era bambino: erano nella stessa classe alle elementari e si erano giurati di rimanere amici per sempre, ma poi Niall era dovuto tornare in Irlanda – era nato lì – e si erano persi di vista; qualche settimana prima, però, un ragazzo chiassoso e irlandese si era trasferito nel suo condominio e Zayn non aveva potuto credere ai suoi occhi quando aveva visto il suo migliore amico delle elementari nell’ascensore al quarto piano. Aveva scoperto che Niall fosse single e il biondo aveva accettato con piacere di conoscere questo Louis – strano e sicuramente simpatico – di cui gli parlava Zayn.

“Tu, invece, che fai?” s’interesso Louis, curioso.

Niall scrollò le spalle. “Studio, sostanzialmente; sto ripetendo per la seconda volta la quinta liceo e ho intenzione di impegnarmi, quest’anno. A volte, però, nei fine settimana vado in qualche locale a suonare la chitarra e a cantare, con un mio amico” sorrise. “La musica è la mia passione, come la tua è scrivere.”

Louis ricambiò il sorriso. “Mi piacerebbe ascoltarvi.”

L’arrivo del cameriere bloccò Niall e la sua imminente risposta, ma Zayn trovò il tempo per mormorare a Liam “secondo appuntamento” con un espressione soddisfatta, in mezzo all’ordinazione di una pizza e di una birra.

La serata passò tranquillamente, tra le risate e racconti generali, finché Liam si alzò per andare in bagno e Zayn gli corse dietro con la scusa di tenergli chiusa la porta. Louis e Niall si scambiarono un’occhiata per poi scoppiare a ridere, mentre il moro si allontanava con un sorrisetto malizioso.

“Senti, Lou” Niall si torturò nervosamente le mani. “Visto che siamo soli, volevo dirti che io – beh, non sono gay.”

Louis rimase bloccato per qualche secondo.

Cosa?

“Cosa?” ribatté, appunto, sorpreso.

Niall sospirò. “Zayn ne è convinto perché in quinta elementare gli ho detto di avere una cotta per un bambino, ma poi ho capito che non fosse vero, che mi ero solo fatto influenzare da un film visto con mio fratello, solo che a Zayn non l’ho mai detto perché non ci siamo più sentiti e non sapevo come dirglielo quando ha organizzato quest’uscita a quattro” spiegò, velocemente, giocando con la forchetta abbandonata nel piatto. “Quindi se ti stai – ehm – interessando a me in quel senso, sappi che mi piace una ragazza.”

Louis si sforzò di non ridere, perché in tutti gli appuntamenti che aveva avuto ultimamente non c’era mai stata una situazione tanto assurda, e sorrise. “Sta’ tranquillo, non mi sto interessando” mimò due virgolette con le dita mentre diceva quella parola, “a te in quel senso, anzi, sono contento che possiamo essere amici e basta.”

Niall respirò profondamente, sollevato, Louis ghignò divertito.

“Questa ragazza, chi è?” chiese il castano per annullare quell’atmosfera imbarazzata che si era creata.

“Si chiama River – non ridere, so che è un nome strano – e viene in classe con me” sorrise, arrossendo. “Ha i capelli ricci e biondi, è così bella e...” Niall continuò a parlare di lei, gesticolando, mentre Louis si ritrovava a pensare che forse lui era stato vittima di un sortilegio quando era piccolo, perché Liam il vero amore l’aveva trovato ed era Zayn, Niall si era sicuramente innamorato di questa River, ma lui? Perché lui non ci riusciva?

“Comunque, domani suono nel Lift me upNiall cambiò argomento, notando che il volto di Louis si era intristito. “Potresti venire, ti divertirai, così magari conosci anche il mio amico di cui t’ho accennato prima.”

Il castano sorrise e annuì; in quel momento, Zayn e Liam spuntarono dal bagno.

“Avete avuto problemi? Siete stati lì dentro per più di venti minuti” sogghignò Niall, divertito.

Liam arrossì. “Uh, non si apriva più la porta.”

“E Zayn ti ha salvato dal gabinetto brutto e cattivo togliendosi la maglia?” li prese in giro Louis, notando che la t-shirt del moro fosse al contrario.

 

-

 

Una mezz’ora abbondante dopo, Liam e Louis erano già nel loro appuntamento. Il primo si era sdraiato sul suo letto, ancora vestito, le mani intrecciate dietro la testa e lo sguardo al soffitto; il secondo, invece, si era già armato del suo taccuino, le gambe incrociate, seduto vicino a lui.

“È simpatico, Niall” iniziò Liam, aspettando che l’amico continuasse.

“È molto simpatico” confermò Louis, distrattamente.

“Ed è anche divertente, non è così? Poi sa ascoltare, è attento, inoltre è bello esteticamente e –”

“Liam?” lo interruppe Louis, senza alzare gli occhi dal taccuino.

“Sì?”

“Hai intenzione di tradire Zayn con lui?”

Liam gli lanciò il cuscino in faccia e Louis si mise a ridere.

 

 

Parla veloce,

ragazzo irlandese.

Liam dorme già.

 

 

 

 

                                               

*

 

 

 

 

Louis si infilò le chiavi in una tasca della giacca di jeans, uscendo di casa.

Quando era tornato dalla libreria aveva visto un biglietto sul tavolo della cucina, scritto ovviamente da Liam, dove lo informava che sarebbe tornato tardi perché usciva con Zayn; così decise di andare davvero in quel locale in cui si sarebbe esibito Niall, tanto per dare un’occhiata. Salì sull’autobus sfregandosi le mani, ché il freddo di Novembre lo stava congelando, e si guardò intorno; individuò un posto libero – vicino a un ragazzo con i capelli quasi completamente rosa, all’insù – e si sedette.

Neanche dieci minuti dopo scese dal bus, cercando con gli occhi il locale, e subito trovò la scritta accecante Lift me up. Entrato, si fece spazio tra le persone accalcate, raggiungendo il palco – in fondo e attaccato alla parete – dove un ragazzo con una chitarra sulle spalle ticchettava il dito su un microfono.

“Ciao” lo salutò Louis, quando fu abbastanza vicino da sovrastare la musica. “Conosci Niall?”

Il ragazzo alzò lo sguardo su di lui, mentre la massa di capelli in testa veniva colpita dalle luci colorate che pendevano dal soffitto, rendendo quei ricci ancora più arancioni.

“Niall l’irlandese?” replicò quello, Louis annuì.

“Si esibisce con me” lo informò, sorridendo. “Mi chiamo Ed, suoniamo la chitarra e cantiamo insieme.”

Il castano annuì di nuovo. “Oh, sì, Niall mi aveva detto di te. Io sono Louis.”

“Piacere, Louis!” commentò allegramente l’altro. “Niall starà divorando qualcosa al bancone del bar, puoi dirgli di venire sul palco? Dobbiamo iniziare e questa cosa che esce dalle casse mi sta distruggendo i timpani!”

Louis ridacchiò, salutandolo con un gesto della mano, mentre l’altro canticchiava tra sé delle parole con un accenno di melodia.

 

 

Chitarra con sé.

Capelli arancioni.

Versi in rima.

 

 

Louis raggiunse a fatica il bancone, appoggiandosi con i gomiti e sporgendosi in avanti quando non vide nessun barista; la figura in ombra di un ragazzo era accovacciata per terra.

“Cerchi qualcosa?”

Il ragazzo alzò la testa verso di lui, mettendosi un indice sulle labbra in un muta richiesta di stare in silenzio.

“Ma che...?” replicò Louis, perplesso.

“È qui!” squittì la sua voce – incredibilmente roca e nervosa – che fece sussultare il castano.

“Chi è qui?” aggrottò la fronte. Il ragazzo sbirciò da sotto il bancone, per poi tirarsi su ed essere illuminato dalle luci.

Louis deglutì.

Il ragazzo in questione aveva degli occhi verdi, la bocca lucida e rossa, i capelli ricci color nocciola che gli cadevano sulla fronte e ai lati del viso; una camicia a cuori – a cuori? – blu e bianchi gli avvolgeva il busto, lasciando scoperto il collo, e si intravedevano due rondini di inchiostro sotto le clavicole.

“Nick!” esclamò, sbuffando.

“Chi è Nick?” si costrinse a dire Louis, mentre in realtà voleva chiedergli chi sei tu?.

L’altro si morse il labbro inferiore. “Ci siamo lasciati due settimane fa” si interruppe e sospirò. “In realtà mi ha lasciato lui. Ho visto che è entrato, prima, e se venisse qui gli scoppierei a piangere in faccia e –” guardò lui, sorpreso. “E perché ti sto raccontando questo? Non ti interessa nemmeno.”

Louis scosse con convinzione la testa. “No, no, no, mi interessa!” agitò le mani davanti a sé e arrossì appena. “Cioè, intendevo che se ne vuoi parlare io posso ascoltarti, lo faccio con piacere, sì” sorrise imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli e abbassando lo sguardo.

Il ragazzo ricambiò il sorriso, un po’ divertito dal quel tipo strano, e si crearono due fossette sulle sue guance. “Io mi chiamo Harry, comunque.”

“Io sono Louis e quel Nick è uno stupido ad averti lasciato” esclamò con convinzione, il sorriso di Harry si allargò.

“Perché mai?” ribatté, incuriosito.

Louis si morse la lingua – parlava sempre troppo, dannazione – non sapendo cosa rispondere. “Perché...” si guardò in giro in cerca di un suggerimento e gli occhi finirono sui tatuaggi dell’altro. “Perché mi piace l’inchiostro.”

Il riccio inarcò un sopracciglio, ma poi sbiancò improvvisamente.

“Harry?”

Un ragazzo con i capelli rosa all’insù – quello del pullman! – arrivò vicino a Louis, posando le braccia incrociate sul bancone. “Non sapevo lavorassi anche le domenica, ora.”

 “Lavorare mi aiuta a non pensare” borbottò piano Harry, cercando l’aiuto di Louis con lo sguardo.

“Non pensare a cosa?”

Il castano simulò un colpo di tosse per portare l’attenzione di Nick su di sé e distrarlo dal riccio – solo che quando l’ebbe ottenuta non seppe che dire, di nuovo. E rimanere a corto di parole era davvero incredibile per uno come lui.

“Lui è Louis!” trillò Harry, agguantandogli una mano. “E stiamo insieme.”

Sia Louis che Nick si voltarono verso di lui, uno più shockato dell’altro, ma Louis si affrettò a riprendersi. “Sì, gliel’ho chiesto io. Di diventare il mio ragazzo. Proprio ora.”

Nick spostò gli occhi da uno all’altro, poi si tirò su. “Meglio che vada, allora, vi lascio soli” fece un sorriso tirato prima di sparire tra le altre persone.

Harry e Louis rimasero per qualche attimo con le mani intrecciate, prima di allontanarle di colpo. “Beh” ridacchiò il castano, completamente rosso in faccia.

Il riccio iniziò ad agitare dei contenitori colorati per non guardarlo. “Uhm, grazie, Louis.”

“Grazie a te” replicò Louis, mentre due voci diverse e i primi accordi di una chitarra si diffondevano nel locale.

Harry si fermò, alzando lo sguardo. “Per cosa?”

Louis si morse il labbro. “Non ne ho idea” farfugliò, sentendosi un idiota, prima di correre via e uscire da lì. Prese grandi boccate di aria fresca per raffreddare il calore che si sentiva addosso, soprattutto sulle guance e... nel cuore?

 

-

 

Prese il pullman con ancora la sensazione di quegli occhi verdi addosso, lasciandosi cadere in un posto libero e abbandonando la testa contro il finestrino. Cosa gli prendeva? Era solo un ragazzo – un bel ragazzo, d’accordo – ma cosa aveva di diverso rispetto al fioraio sotto casa o un giovane passante o il tizio intorno ai vent’anni che era salito sul bus in quell’istante?

Louis sospirò, confuso, e cercò di estraniarsi da quei pensieri.

Poco dopo arrivò alla sua fermata e scese in corsa, non vedeva l’ora di distendersi sul letto e dormire, però quando aprì la porta si trovò davanti un Liam in pigiama sdraiato sul divano.

“Lou?” domandò quello, perplesso. “Non dovevi andare a vedere Niall?”

Louis emise un gemito strozzato.

Potrebbe, oppure non potrebbe, essersi dimenticato di lui per colpa di quel barista.

“È successa una cosa stranissima, Lee” soffiò, lasciando perdere l’irlandese.

Liam spese la televisione, mettendosi seduto e allargando le braccia. Louis si rifugiò al suo intorno, come faceva sempre quando aveva bisogno di aiuto, e appoggiò la testa sul suo petto; Liam gli accarezzò lentamente la schiena.

“Harry è diverso.”

Liam si fermò, confuso. “Harry?”

“Sì! È diverso, con i suoi occhi verdi, i ricci, le labbra, la voce – Dio, la sua voce, meglio di qualsiasi canzone avessi mai ascoltato – e le fossette” Louis guardò il suo migliore amico negli occhi, smarrito. “Lee, che succede?”

Liam sorrise, allegro. “Oh, ma non è ovvio? Lui ti piace!”

Louis trasalì. “Piacermi?”

L’altro ridacchiò. “E dimmi, chi è questo Harry?”

“Il barista del locale dove si esibiva Niall...” Louis si bloccò, aggrottando la fronte. “Aspetta, tu non dovevi uscire con Zay?”

“Gli è venuta la febbre” bofonchiò Liam. “Però non cambiare discorso, stavamo parlando della tua cotta per Harry. E a lui tu piaci?”

“Lui non mi piace!” trillò l’altro, arrossendo. “E io non piaccio a lui, certo che no, come potrei piacergli?”

Liam fece per replicare, ma Louis gli stampò un bacio sulla fronte e andò nella sua camera, con già in mano il taccuino e la penna.

 

 

Luna nel cielo.

Rondini di inchiostro.

Che mi succede?

 

 

Liam lo osservò chiudersi la porta alle spalle e si affrettò a prendere il cellulare, appoggiato sul tavolino del salotto.

 

Da: Liam

A: Zayn

Louis ha una cotta per Harry, il barista che lavora nel locale dove c’è Niall questa sera;

dobbiamo farli incontrare di nuovo, Louis è troppo timido per cercarlo!

 

Da: Zayn

A: Niall
Nì, Louis ha conosciuto il barista – un certo Harry, lo conosci? –

del locale in cui sei ‘sta sera e gli piace, aiutami a combinare un incontro.

 

Da: Niall

A: Harry

Ehi Haz! Oggi hai incontrato  un ragazzo di nome Louis, vero?

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Louis si alzò presto quella mattina.

Di solito ci impiegava minuti interi a svegliarsi, alzarsi, trascinarsi in bagno, vestirsi, fare colazione con Liam e andare in libreria, dove per poco non arrivava in ritardo; quella mattina, invece, era già pronto alle otto e mezza in punto – probabilmente perché non aveva praticamente dormito e aveva saltato la colazione per un nodo allo stomaco.

“Mancanza di fame” sbadigliò Liam, arrancando come una mummia nel salotto e posandogli una pacca sulla spalla. “Secondo sintomo del prendersi una cotta.”

Louis scosse la testa, divertito. “E quale sarebbe il primo?”

“Insonnia” sorrise bonariamente Liam – che lo aveva sentito rigirarsi nel letto – e Louis roteò gli occhi.

“Vado in libreria” borbottò, prendendo la tracolla blu – con dentro il suo taccuino, due penne (nel caso finesse una) e un libro sempre diverso ogni giorno – e uscì di casa.

Liam sorrise.

 

Da: Liam

A: Zayn

Niall ha dato l’indirizzo ad Harry?

 

 

 

-

 

 

La mattinata di Louis era trascorsa come tutte le altre.

Quando era entrato, aveva salutato in fretta una ragazza – Amelia, chiamata Amy da tutti sotto suo ordine – con i capelli lunghi e castani dietro alla cassa, che stava mettendo in ordine dei segnalibri colorati, piume e quaderni; aveva fatto gli scalini a due a due per scendere nel reparto di sotto, il proprio reparto – libri fantasy, d’avventura, di viaggi e misteri – ovvero quello di cui si occupava ogni giorno. Lì sapeva di trovarci John – il proprietario, un uomo strambo sulla trentina – che leggeva velocemente qua e là – Louis era sicuro che li prendesse a caso, ma secondo John stava seguendo una logica – dei romanzi, come ogni mattina, mentre Rory – un ragazzo della stessa età di Amy, quindi un anno in più di Louis – si occupava delle scartoffie di cui avrebbe dovuto occuparsi John chiuso in un ufficio.

La libreria era composta da due piani, con spazio ristretti e pieni di libri; ci lavoravano unicamente quattro persone e forse era per il fatto che fosse un ambiente così piccolo e familiare che a Louis piaceva tanto.

Come tutte le giornate, Louis passava da un reparto all’altro per aiutare i clienti e nei rari momenti in cui poteva concedersi una pausa si fermava a sfogliare un libro o chiacchierare con Rory; intorno all’una fece per uscire con il compito di prendere alcuni panini per tutti dal bar accanto – il lunedì toccava a Louis andarci, il martedì ad Amy, il mercoledì, giovedì e sabato a Rory, il venerdì a John. Inutile dire che i giorni li avesse decisi Amy – ma l’acchiappasogni posizionato sopra la porta d’ingresso tintinnò quando una persona entrò in libreria, bloccando Louis sul posto.

Harry gli sorrise, uno zaino che penzolava da una spalla, e si passò una mano tra i capelli ricci. “Ciao.”

Louis deglutì, sbattendo le palpebre, incredulo. “Cosa ci fai qui?”

L’altro ridacchiò, stringendosi nelle spalle. “Niall mi ha detto dove lavori e, visto che volevo comprare un libro, sono venuto a cercarlo qui.”

“Ah” il castano annuì, cercando di non mostrarsi imbarazzato. “Vieni” borbottò, indicando le scale e correndo di sotto.

Harry continuò a sorridere mentre lo seguiva.

“Conosco quella scintilla negli occhi di Lou” John si appoggiò con naturalezza al bancone, vicino ad Amy. “È la stessa che ha Rory quando ti guarda” sospirò. “Oh, l’amore.”

Amy lo fulminò con lo sguardo. “Va’ a prendere i panini, piuttosto.”

Mentre l’uomo usciva – aggiustandosi il ridicolo farfallino bordeaux che si ostinava ad indossare – e Amy sorrideva di nascosto, Louis si fermò girandosi verso Harry.

“Che stupido, non ti ho neanche chiesto che genere cerchi” sorrise, posandosi una mano dietro la nuca a mo’ di scusa.

“Fantasy, magia” Harry scrollò le spalle, osservando le copertine. “Con un po’ d’amore.”

Louis sorrise. “Non pensavo fossi un ragazzo romantico.”

“Io non pensavo che scrivessi” ribatté Harry.

Il castano alzò le sopracciglia.

“Me l’ha detto Nialler” spiegò, prendendo un libro in mano e sorridendo di nuovo.

Gli verrà una paralisi facciale o cosa?, pensò Louis, provando ad ignorare il cuore che faceva i salti mortali nel petto.

“Quel ragazzo ti ha detto proprio tutto” esclamò il castano, beffardo.

“Quando incomincia a parlare non si ferma più” confermò Harry, divertito. “E, uhm, mi ha anche detto che stai cercando l’amore.”

Louis annuì con le guance un po’ rosse. “Si può dire che, io e l’amore, giocando a nascondino da anni; beh, io sto ancora contando.”

Harry rise, rimettendo il romanzo d’avventura – che non aveva neanche guardato – sul suo scaffale. “Vedrai che vincerai questa partita, prima o poi.”

“Già” convenne Louis, affogando in quegli occhi verdi. “Prima o poi.”

Harry distolse lo sguardo, passando un dito sulle copertine lisce e sui titoli rialzati; Louis scosse la testa per riprendersi – da cosa, poi? Sinceramente non lo aveva capito, sapeva solo di sentirsi un vuoto allo stomaco, come quando vai sulle montagne russe.

“Quindi” riprese, schiarendosi la voce. “Avevi in mente un libro in particolare?”

Harry negò con il capo. “Consigliami qualcosa tu.”

Louis fece per rispondere, ma il riccio lo interruppe prima che potesse aprir bocca. “Oppure possiamo parlare.”

Il castano si accigliò, mentre il riccio si sedeva su una poltrona blu, una delle tante posizionate vicino ai reparti in modo che le persone potessero leggere. “Solo se ti va” aggiunse, un altro dei suoi sorrisi ricolmi di fossette bene in mostra.

Louis aggrottò al fronte. Gli bastava sapere il suo nome, il colore dei suoi occhi, il fatto che fosse più alto di lui, le rondini tatuate e la bocca rossa per mandarlo in confusione, figuriamoci cosa sarebbe successo dopo che avessero parlato; ma ricambiò il sorriso, ché in fondo voleva sapere tutto il possibile su di lui.

“Beh, okay” bofonchiò, sedendosi su una poltrona identica accanto all’altra.

“Da quanto tempo lavori in questo posto?” Harry allargò le braccia, come per racchiudere al loro interno tutte le parole stampate, i tappeti, la polvere e i sogni scritti. Louis sperò – irrazionalmente – che rimanesse un piccolo posto per lui tra quelle braccia.

“Quasi due anni” scrollò le spalle. “Qualche mese dopo aver finito il liceo, John Smith, il padrone, un tipo eccentrico, mi ha assunto qui. Con la mia passione per i libri e la noia data dallo studio, questa libreria è il mio Paese delle Meraviglie.”

Wonderland.”

“Già, non è una coincidenza divertente? Penso sia anche il Paese delle Meraviglie di John” esclamò Louis, un sorriso allegro dei suoi stampato in volto. “Tu, invece? Sei all’Università?”

Il riccio scosse la testa. “Quinta liceo, sono in classe con Niall.”

Louis trasalì, sorpreso. “Scherzi? Credevo fossi più grande!”

“Diciannove il primo febbraio” ridacchiò Harry.

“Ventitré il ventiquattro dicembre.”

Harry si esibì in una smorfia ironica. “Ventitré? Sei un vecchio!”

“Come ti permetti?” Louis emise un verso indignato. “Non rivolgermi più la parola, ragazzino” sbuffò, girando la testa e incrociando le braccia al petto.

Sentì la risata roca di Harry entrargli con prepotenza nelle orecchie, poi due mani grandi che si posavano sulle sue gambe e un profumo di vaniglia. “Perdonami, Lou” soffiò, divertito.

Louis alzò gli occhi al soffitto, i dinosauri che ballavano la macarena nel suo stomaco dopo essersi mangiati le farfalle. “Prima la tua punizione!” e Louis raggiunse la vita di Harry con le mani, facendogli il solletico, mentre l’altro sussurrava dei “scusa” intervallati da “vecchietto” e soffocati dalle risate, solleticando la pancia di Louis.

“Non è scomodo il tappeto per certe cose?”

Harry e Louis si fermarono, il più grande sopra il più piccolo, caduti per terra dalle poltrone, interrotti dalla voce di John; l’uomo stava sulle scale con due panini in mano. “Ovviamente questi sono tappeti piuttosto morbidi, in effetti potrei provarli, o farli provare a Rory ed Amy o a voi due stessi, perché no?, ditemi cosa ne pensate dei tappeti!” lanciò i panini ai due, che si erano alzati in fretta con le facce rosse. “Ma prima mangiate, mi raccomando, avete bisogno di energie per quelle cose” si voltò verso Harry. “Oh, e a proposito, amico-di-Lou-Lou, mi sono preso la libertà di prendere un panino anche per te. Ti dispiace? Immagino di no, buon appetito!” e tornò al piano di sopra.

“Lou-Lou?” ripeté Harry, mordendosi il labbro inferiore per non ridere e ignorando quello che quel tizio aveva detto prima.

“John ha qualche rotella fuori posto” si scusò per lui il castano, imbarazzato. “E, ti prego, non chiamarmi in quel modo orribile.”

Harry rise. “Mi piacerebbe rimanere, ma non posso proprio” fece dei passi verso la scala, poi tornò indietro e lasciò un bacio veloce sulla guancia di Louis. “Torno domani” gli assicurò con un sorriso, “Lou-Lou” aggiunse, strizzando un occhio e salendo i gradini in fretta.

Il panino cadde dalle mani di Louis, che, paonazzo, si sfiorò il punto in cui le labbra di Harry gli avevano sfiorato lo zigomo.

 

Capelli ricci,

sorrisi e risate.

Tornerai da me?

 

 

-

 

 

“Nì, oggi sono passato da Louis.”

“Allora, com’è?”

“Diverso.”
“Diverso?”

“Da Nick.”

“Ed è un male?”

“Beh, no.”

 

-

 

“Oggi è passato Harry.”

“Harry? Il barista?”

“Sì.”
“Quindi, com’è?”

“Sorride e ride troppo spesso.”

“È fastidioso?”

“No, è bello. Dio, Lee, non sai quanto sia bello.”

 

-

 

Bellezza strana;

le mani che tremano,

il cuore pazzo.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

“Mi ha detto che ti avrei trovato qui.”

Louis sussultò, alzando gli occhi dai libri, sorridendo di riflesso quando vide quel ragazzo davanti a lui.

“Dory, intendo” puntualizzò Harry, in qualche modo imbarazzato – chissà perché – pestando il tappeto su cui si erano ritrovati sdraiati il giorno prima. “Me l’ha detto lui.”

“Si chiama Rory” lo corresse Louis con un ghigno divertito.

“Ah” il riccio ridacchiò. “In effetti, mi sembrava strano che avesse un nome da donna.”

Anche Louis rise, coprendosi la bocca con una mano, come se non volesse esporsi troppo; Harry sorrise, guardandosi le punte bianche delle converse.

“Ieri sei praticamente scappato” lo rimproverò il più grande con leggerezza.

“Scusami” Harry face una smorfia dispiaciuta, subito sostituita dal suo immancabile sorriso a fossette. “Ma ora sono qui” ribatté, sedendosi sulla poltrona blu del giorno prima; Louis ringraziò mentalmente il fatto che all’ora di pranzo c’erano pochi clienti da dover star dietro e occupò quella accanto.

“Ieri non mi hai spiegato una cosa” si ricordò Louis, incuriosito. “Se studi al liceo, perché lavori anche al bar?”

“Ci lavoro il lunedì, mercoledì e venerdì pomeriggio per pagarmi l’appartamento in cui vivo” spiegò il riccio. “Mamma mi manda un po’ di soldi al mese per l’affitto, ma non sono certo abbastanza da mantenermi. Oh, e ora lavoro anche la domenica sera per, sai, tenermi occupato e non pensare a Nick” Harry si rabbuiò.

“Uh” bofonchiò Louis, non sapendo cosa dire, e optò per cambiare argomento. “Quindi – ti piacciono i tatuaggi?” buttò lì, ricordandosi delle rondini.

Harry annuì, sorpreso. “Ho incominciato a tatuarmi a diciassette anni” scrollò le spalle, indicandosi un punto sul braccio. “Qui ho fatto il primo.”

Louis lo guardò ammirato, immaginandosi quale schizzo d’inchiostro virile poteva nascondersi sotto la felpa – anche se, d’accordo, le rondini non lo erano granché, ma quelle erano un eccezione – perché un ragazzo così maschio doveva per forza averne che simboleggiassero la sua virilità.

“È una stellina.”

Louis dissimulò una risata in un colpo di tosse.

“Cosa c’è?” Harry aggrottò la fronte, confuso, l’altro scosse la testa.

“No, cioè, nulla” borbottò. “Non ho mai avuto il coraggio di farmi un tatuaggio.”

“Non fa così male” replicò il minore, ricevendo un’occhiata da Louis in cui si poteva leggere chiaramente ‘mi prendi in giro?’.

“Davvero!” esclamò. “Uhm, va bene, all’inizio sì” ammise, passandosi una mano tra i capelli. “Ma alla fine non fa così male.”

Louis sbuffò. “È inutile, non me ne farò mai uno.”

Harry alzò le mani in segno di resa. “Okay, okay” sospirò, divertito. “Però secondo me staresti bene, mh?” gli sorrise.

“L’inchiostro mi basta sulla carta” puntò con l’indice la sua tracolla blu che si intravedeva dalla porta aperta dell’ufficio di John – fortunatamente vuoto in quel momento – e Harry aggottò la fronte.

“Lì dentro c’è il mio taccuino” spiegò Louis. “Ultimamente ci scrivo haiku, nulla di particolare, comunque.”

“È inutile chiedere se possa leggere, vero?”

“Totalmente inutile.”

 Ugh, almeno ci ho provato.”

Continuarono a parlare, senza accorgersi del tempo che passava e degli sguardi inteneriti di John da sopra la rampa di scale, finché Harry dette un’occhiata distratta all’orologio sul polso e si mise in piedi di scatto.

“Sono già la due, devo andare” sbuffò, seccato. “Domani verifica di inglese.”

Si alzò anche Louis, annuendo. Entrambi avevano la stessa luce triste negli occhi ed entrambi decisero di ignorarla.

Harry gli posò in fretta un bacio su una guancia, come il giorno prima, e Louis si sentì andare a fuoco, come il giorno prima. “Torno domani” disse con un sorriso – come il giorno prima – che Louis ricambiò subito.

“A domani” lo salutò, mentre Harry gli faceva un cenno con la mano e saliva in fretta la scala.

“Ah, la dolcezza.”

Louis trasalì, voltandosi di scatto e trovandosi di fronte a John.

“Ah, gli infarti” sibilò, piccato; l’uomo scoppiò a ridere.

“Fa’ pure finta di niente, Lou-Lou” gli circondò le spalle con un braccio. “All’amore non si sfugge” ammiccò con fare cospiratore, lasciandolo confuso.

L’amore?

 

-

 

Harry trasalì quando la tasca dei pantaloni stretti incominciò a tremare; si aggiustò lo zaino su una spalla e prese il telefono – non senza fatica – con la mano libera.

Notò la scritta in verde Niall lampeggiare sullo schermo e se lo spalmò contro l’orecchio per sentire qualcosa nel caos dell’autobus.

“Nialler” esclamò, allegro.

“Haz! Sei passato da Louis anche oggi?”

Harry annuì, per poi rendersi conto che l’altro non potesse vederlo e si diede mentalmente uno schiaffo. “Yep, perché?”

“Uh, solo per sapere.”

“Mi stai nascondendo qualcosa, irlandese?”

Si immaginò l’amico scuotere la testa con convinzione. “Nulla, solo – non prenderlo in giro, intesi?”

“Di che parli?”

“È inutile cercare di dimenticare Nick con Louis, lo sai.”

Harry sbatté le palpebre. “Ma tra me e Lou non c’è niente” si grattò, perplesso, il labbro inferiore con l’unghia corta del pollice, rendendosi conto che mentre era insieme a Louis non aveva pensato per niente a Nick – era grave?

 

-

 

“Quel riccio tornerà anche domani?”

Quel riccio ha un nome.”

Quel riccio che ha un nome tornerà anche domani?”

“Boh?”

“Puoi anche fare finta di nulla, ma lui ti piace.”

“Va’ a casa, Amy, sei ubriaca.”

 

-

 

Era ormai passato un mese dal primo incontro di Louis e Harry – non che Louis tenesse il conto dei giorni, vorrebbe precisarlo, andava solo a intuito. Certo, come no, lo riprese la voce divertita di Liam nella sua testa, ma Louis la ignorò bellamente.

Ogni pomeriggio scolastico, Harry passava da lui in libreria; a volte rimaneva solo qualche minuto, altre volte si fermava ore intere, ma quei momenti insieme – lunghi o corti che fossero – erano i preferiti in tutta la giornata di Louis.

“Quando ti deciderai a chiedergli di uscire?” domandava Zayn – sostenuto dal suo ragazzo – appena ne aveva la possibilità; Louis sbuffava, o scuoteva la testa, o rideva nervosamente, o arrossiva, ma non rispondeva mai. In fondo, cosa avrebbe dovuto dire? Ho paura di ricevere un rifiuto?

Sospirò, seduto nell’ufficio di Rory – okay, in realtà era di John, ma lì dentro se lo dimenticavano tutti (in particolare John) – con le gambe incrociate sulla scrivania, la testa appoggiata allo schienale della sedia girevole e un libro tra le mani.

“Disturbo?”

Trasalì leggermente, alzando gli occhi di scatto verso la persona entrata silenziosamente nella stanza. “Tu? Impossibile” replicò prontamente, un sorriso allegro che gli arricciava le labbra e la voce felice, mentre chiudeva il libro per dedicare la sua completa attenzione a Harry.

Il ragazzo ricambiò il sorriso, sollevato, chiudendosi la porta alle spalle e sedendosi con un balzo agile sulla scrivania vicino ai piedi di Louis.

“Quante libertà ti prendi, ragazzino” lo beffò il maggiore, ghignando divertito.

L’altro ridacchiò.  “Nessuno lo verrà a sapere, se nessuno parlerà.”
Rise anche Louis, guardandolo poi con aria di sfida. “Chi ti assicura che nessuno parlerà?”

Harry interruppe la risata di colpo, piegandosi all’improvviso verso di lui e afferrandogli il mento tra l’indice e il pollice. “Posso scendere a patti per il silenzio” ribatté con pacatezza, poco lontano dalle labbra dell’altro.

Fu la prima volta che il cuore di Louis smise di battere, per poi riprendere il secondo successivo all’impazzata.

La loro eccessiva vicinanza venne presto ignorata da entrambi: Harry si alzò in piedi e Louis rise a una sua barzelletta stupida, come se non fosse accaduto nulla.

Beh, in realtà non era proprio accaduto nulla.

Ed era questo il problema, per entrambi.

 

 

 

*

 

Outside there's a bird and it is singing,
And outside of my window, there's a life.
I feel like someone's talking to my spirit,
They tell me that there's reasons to survive.

 

 

 

 

Louis lasciò perdere gli haiku e incominciò a scrivere una storia.

Una storia vera e propria, come una di quelle che vorrebbe raccontare in un romanzo romantico e strappalacrime.

L’ispirazione arrivò una notte invernale senza bussare, anzi, scardinò la porta e saltò addosso a Louis, implorandogli di scrivere. Ovviamente, Louis accettò.

Riempiva le pagine del suo taccuino da settimane, resistendo alle suppliche di Liam sul dirgli di cosa parlasse a quelle di Harry che gli chiedeva di fargli dare una sbirciata. (“Leggo solo una pagina!” “No.” “Una frase!” “No.” “Una parola, dai!” “Mh, allora va bene.” “Sul serio?” “No!”)

Approfittò della breve pausa durante un giovedì mattina per scrivere, sapendo che Harry sarebbe arrivato solamente ore dopo, che John si stava occupando di un cliente difficile e che Amy e Rory erano troppo impegnati in battibecchi tra loro per vederlo.

Si immerse nella scrittura, sporcandosi il volto con le lettere e il respiro con quei sentimenti forti che trasparivano dalle pagine piene di inchiostro nero; era totalmente dedicato alla sua storia da non accorgersi di certi passi veloci, che ormai conosceva bene, e del rumore della porta che si apriva e chiudeva dell’ufficio di Rory – o di John, come preferite, insomma.

Harry si fermò a guardarlo senza dire nulla. Era tentato dal piano di muoversi in silenzio, arrivargli alle spalle e leggere un paio di righe di quella storia che l’altro si ostinava a tenere nascosta, ma non gli sembrava una cosa giusta da fare; in fondo, quando Louis glielo avrebbe dato, quel taccuino, quando si sarebbe sentito pronto. Bastava solo aspettare.

Harry aspettava, era dannatamente bravo in questo.

Aspettava tutti i giorni che arrivassero le due, aspettava il pullman alla fermata, osservava Louis impegnato a lavorare nella libreria e aspettava che il cuore ricominciasse a battere normalmente prima di entrare, aspettava che questa cotta passasse da sola così come era arrivata.

Aspettò anche che Louis alzasse la testa verso di lui per sorridergli; il ragazzo lo guardò sorpreso, ma ricambiò il sorriso senza neanche pensarci.

“Che ci fai qui?”

Ho finto di star male per uscire prima e vederti, non riuscivo più ad aspettare. Quanto sono stupido, Lou?

“Gli ultimi due insegnanti non c’erano, ci hanno fatto uscire prima!”

Louis sorrise di nuovo e posò il taccuino sulla scrivania, lasciando incompiuta una descrizione per perdersi negli occhi di Harry. “Cosa ti va di fare?”

Harry si morse forte l’interno guancia e sospirò. Non mi va di aspettare.

“Usciamo insieme.”

Il maggiore spalancò gli occhi perché, no, se lo doveva essere sognato per forza. “S-scusa?”
L’altro arrossì, sorridendo impacciato. “Usciamo insieme, ti va?”

Louis boccheggiò a vuoto un paio di volte perché, cosa, si era addormentato mentre scriveva e quello era solo un bellissimo sogno?

“Devo lavorare ora, il negozio è pieno..” ribatté, il respiro incastrato in gola, preso dal panico e stupido rincoglionito Louis, il negozio è vuoto e si vede benissimo.

Harry annuì mestamente, aggiustandosi lo zaino sulle spalle e incurvano la schiena, fissandosi le converse per la vergogna. Forse sarebbe stato meglio aspettare come aveva sempre fatto, Louis ovviamente non voleva uscire con lui e gli aveva buttato in faccia una bella scusa.

“Okay” mormorò atono, infilandosi le mani in tasca e andando via in fretta da quella stanza.

Stupido piccolo Harry, perché mai Louis dovrebbe uscire con un ragazzino come te?

Si asciugò una lacrima mentre correva fuori dalla libreria, sotto lo sguardo confuso di Amy e Rory.

 

-

 

“Sono un fottuto idiota!” urlò Louis, coprendosi gli occhi con le mani e battendo i piedi per terra.

Liam – accorso subito, appena il migliore amico lo aveva chiamato con tono disperato, saltando la lezione di letteratura all’Università – annuì. “Sei un fottuto idiota!” confermò.

“Come ho potuto dirgli una cazzata simile? Oh mio Dio!” esclamò, senza la minima intenzione di abbassare il tono; non gli importava affatto di venire licenziato in quel momento e, onestamente, sapeva che John non lo avrebbe mai fatto.

“Come hai potuto dirgli una cazzata simile, vorrei proprio saperlo pure io!”
Louis sbuffò con l’intenzione di sbattersi la testa sulla scrivania, ma Liam lo fermò in tempo prendendolo per le spalle. “C’è rimasto malissimo – io – non credevo che gli importasse sul serio di me!” balbettò velocemente, girandosi verso Liam e buttandogli le braccia al collo per abbracciarlo.

Liam lo strinse a sé, sospirando afflitto. “Certo che gli importa sul serio di te, perché altrimenti verrebbe in libreria tutti i giorni?”
Louis si catturò il labbro inferiore tra i denti, nascondendo il volto nell’incavo del suo collo. “E ora che faccio” biascicò contro la sua pelle.

“Metti da parte il tuo essere un fottuto idiota e tiri fuori il tuo lato romantico, ecco cosa fai ora.”

 

 

*

 

 

 

Louis non era proprio sicuro fosse una buona idea.

Anzi, era proprio sicuro che fosse una pessima idea.

Ma, non aveva altra scelta.

Tira fuori il tuo lato romantico, gli aveva detto Liam; certo, per lui era facile dirlo, la persona romantica nella sua relazione era Zayn, mica lui.

Louis sospirò a fondo, sentendosi un po’ stupido – molto, molto stupido – a essere lì in piedi con una rosa bianca in mano – “lo so che può sembrare strano per un ragazzo, ma amo i fiori. Soprattutto le rose bianche, nonostante non ne trovi mai!” – sotto gli occhi di altri ragazzi e ragazze che lo indicavano, in particolare le ragazze, chiedendosi chi stesse aspettando un tipo come lui.

Finalmente, il momento della verità si avvicinò: la campanella trillò impazzita e un fiume di studenti si riversò fuori dalla scuola, arrivando in cortile dalle altre persone che li aspettavano. Louis spostò il peso da un piede all’altro, nervoso all’inverosimile – ma, ehi, era lui ad esserci cercato quella situazione, quindi non poteva incolpare nessuno – quando Harry si aggiunse alla massa, il capo rivolto verso il basso e un sorriso tirato mentre Niall parlava vicino a lui.

“Uh, Harry” lo chiamò in un soffio quando lo vide arrivare davanti a sé.

Harry alzò la testa di scatto, sorpreso di sentire lì quella voce, e spalancò gli occhi accorgendosi della rosa bianca.

Alcune persone si misero a ridere – Louis immaginò che ridessero di lui – ma deglutì e si fece coraggio, eppure “mi dispiace” fu tutto quello che riuscì a dire.

Niall lo guardò male, colpendosi la fronte con il palmo aperto di una mano. Si accostò all’orecchio di Harry dicendogli che lo avrebbe aspettato alla fermata, ma l’altro scosse la testa.

“Non serve, vengo subito” sibilò, andando dietro all’amico; Louis gli afferrò un braccio con la mano libera, ché una seconda volta non se lo sarebbe mica fatto scappare.

“Sono stato così stupido” replicò, torturandosi le labbra. “E mi dispiace davvero, davvero tanto, non so cosa mi sia preso – anzi, lo so eccome, ero solo sorpreso e...” si interruppe davanti a quello sguardo ferito, stringendo forte il gambo della rosa e pungendosi con una spina che sembrava essere rimasta lì solo per potergli fare del male.

“Porca puttana” imprecò tra i denti, osservando le gocce di sangue scivolare fuori dal suo indice.

Harry alzò gli occhi al cielo. “Aspettami alla fermata” sbottò a Niall, scrollandosi la mano sana di Louis da dosso e prendendo un fazzoletto da una tasca dei jeans. “Possibile che tu sia sempre così imbranato, mh?” sospirò, tamponando la ferita con il fazzoletto mentre gli teneva la mano.

A Louis sembrò che tutto si fermasse e cosa importava che fossero sotto gli occhi di tutti, ora che Harry era così vicino a lui?

“Usciamo insieme” mormorò, a metà tra una supplica e una domanda, non sapendo cosa dire.

Harry si lasciò sfuggire un sorriso, non sapendo cosa dire, e avvolse il suo dito nel fazzoletto. Gli prese la rosa, incominciando a camminare dalla parte opposta rispetto alla fermata per allontanarsi dal gruppo di persone che li fissavano curiosi.

Louis lo seguì in silenzio finché non girò l’angolo dell’edificio scolastico.

“Questo mi ricorda la storia della rosa bianca e del corvo, la conosci?” Harry piegò appena il capo, appoggiando al muro con la schiena.

Louis, fermandosi davanti a lui, si chiese mentalmente cosa potesse c’entrare in quel momento. “In realtà no.”
Il minore sorrise. “Beh, c’era una volta una rosa bianca, bellissima quanto pericolosa: il suo gambo era infatti ricoperto di spine, per questo nessuno si avvicinava mai a lei e questo la rendeva infinitamente triste; finché, un giorno, un corvo la vide e si innamorò perdutamente di lei” lo guardò negli occhi, Louis rabbrividì. “Così decise che non gli importava niente delle sue spine e si lanciò su di lei, abbracciandola. La rosa tentò di fermarlo, di fargli cambiare idea, ma non ci fu nulla da fare: il corvo la strinse tra le ali e le spine lo uccisero, macchiando interamente la rosa bianca con il suo sangue.”

Louis si passò una mano tra i capelli, nervoso, preoccupato per il significato delle sue parole, ma non lo fece continuare. “Allora, in questo caso tu sei la bellissima rosa bianca” lo precedette, appoggiando una mano su quella dell’altro che teneva il fiore. “E io il corvo che sanguina perché non sa amare” gli mostrò il dito tagliato, scrollando poi le spalle. “Però il corvo ci prova, ad abbracciare la rosa. Lasci provare anche me?”

Harry sorrise, ridendo appena. “Basta che non mi togli più le parole di bocca, lo stavo per dire io.”
Louis arrossì con un sorriso felice che gli increspava le labbra.

 

-

 

“Quindi?”

“Questa sera usciamo insieme.”

“Finalmente, amico! Lo hai baciato, dietro quel muro?”

“Ma cosa- no!”

“Cazzo aspetti, un invito scritto?”

“Oh, Nì, sta’ un po’ zitto.”

 

 

*

 

 

 

Louis andò a prenderlo al bar in cui faceva da cameriere quel venerdì sera, con il cuore che scoppiava e un sorriso entusiasta sulle labbra.

Liam gli aveva raccomandato di non baciarlo al primo appuntamento – “ma se noi abbiamo quasi scopato, al primo appuntamento” replicò Zayn a quelle parole, perplesso. Liam gli lanciò un cuscino in faccia – e Zayn gli aveva assicurato che sarebbe filato tutto liscio. Aveva ricevuto due telefonato da due irlandesi, inoltre: il primo, Niall, gli aveva chiesto cosa avesse in mente, curioso, e Louis si accorse di essere nel panico poiché non aveva nulla in mente, così interruppe in fretta la telefonata con una scusa; il secondo, Ed, gli aveva consigliato un paio dei film preferiti di Harry – ché, a quanto pare, tutti conoscevano quel ragazzo – e Louis gli era stato infinitamente grato per quello.

Così erano andati a vedere Love Actually, tirandosi i pop-corn a vicenda e rischiando di essere cacciati fuori ad ogni secondo; Harry anticipava le battute e Louis rideva, guardandolo, come se fossero i particolari sul volto dell’altro a comporre il film e non quelle immagini sullo schermo.

“Perché hai scelto Love Actually, se non ti interessava?”

Louis aggrottò la fronte, confuso da quella domanda che Harry gli aveva fatto quando erano usciti dal cinema.

“Certo che mi interessava.”

“Ma... non eri molto attento...” sorrise l’altro, arrossendo un po’, avendo notato perfettamente tutte le occhiate che Louis gli lanciava ‘di nascosto’.

Louis si strinse nelle spalle. “Mi interessi di più tu.”
Il rossore sulle guance di Harry aumentò, Louis pensò che fosse bellissimo.

 

-

 

Dopo il cinema avevano fatto una passeggiata e Louis lo aveva accompagnato a casa, come ogni ragazzo per bene e responsabile che si rispetti.

In realtà voleva solo sapere dove abitasse per poterlo venire a prendere – almeno, lo sperava – per altri innumerevoli appuntamenti.

“Ti direi di entrare, ma c’è un casino terribile” sorrise Harry, fermandosi davanti alla sua porta con le chiavi in mano.

Louis annuì. “Ti direi che non mi importa del casino, ma è tardi e Liam mi aspetta a casa mentre spettegola sulla nostra uscita col suo ragazzo.”

Harry scoppiò a ridere, Louis lo osservò come incantato e, d’accordo, forse quella era più di una semplice cotta.

“Domani pomeriggio potresti venire qui, giuro che metto in ordine” il minore si passò una mano tra i ricci spettinati. “Possiamo vedere Titanic, così io mi metterò a piangere come ogni volta e tu mi potrai consolare.”
Louis sorrise, avvicinandosi di un passo a lui. “Potrò consolarti con un bacio?”

Harry spalancò gli occhi, il cuore che batteva all’impazzata. “Io, beh, penso di sì – sì, insomma.”

Il sorriso di Louis si allargò, mentre “posso consolarti anche ora?” sussurrava, per poi posare le proprie labbra su quelle dell’altro senza aspettare una risposta.

Harry gli strinse la vita con le braccia, come se non volesse lasciarlo andare mai più.

 

-

 

“Com’è andata?”

“L’ho baciato!”

“Zay è fiero di te, Tomlinson!”

“Ma dai, ti avevo detto di non farlo, possibile che nessuno mi ascolti mai in questa casa?”

“Sei peggio di una donna mestruata, Payne.”

“Niente sesso ‘sta notte, Malik.”

“Scusate, si parlava del mio appuntamento o sbaglio?”

 

 

 

 

*

 

 

 

Nonostante le repliche di Louis, Harry alla fine lo aveva convinto a fargli leggere quel taccuino.

Aveva sorriso incredibilmente, scoprendo che i protagonisti si chiamassero Louis e Harry.

 

Nonostante le parole iniziali di Louis, alla fine si era deciso a farsi fare un tatuaggio. C’era andato con Harry – che gli aveva tenuto la mano per tutto il tempo – e si era fatto tatuare un corvo intento ad abbracciare una rosa, ma questo è inutile dirlo.

 

Nonostante Louis non sapesse amare prima di incontrare Harry, si era innamorato follemente di lui. Non lo capirà mai il giorno esatto in cui aveva iniziato, ma si ricorderà per sempre di quella mattinata estiva – dopo innumerevoli appuntamenti – in cui si era svegliato nel letto della loro casa, un vassoio sul comodino e un biglietto di carta tra una tazza di tè e una rosa bianca senza spine.

Louis aveva preso il biglietto tra le mani, gli occhi assonnati che si erano spalancati di colpo appena aveva letto quell’haiku improvvisato.

 

 

Sole su di te,

colazione a letto:

vuoi sposarmi?

 

 

 

Si riparò il volto dalla luce del sole che entrava dalla finestra e saltò in piedi, raggiungendo il suo fidanzato in cucina.

Harry si girò, sorridente, quando sentì i suoi passi; prese un anello argentato dal mobile, porgendo il palmo aperto della mano verso il maggiore – che ci posò sopra la propria, di mano – come aveva fatto quel pomeriggio di tanti anni fa davanti alla scuola.

Louis annuì in risposta alla sua domanda scritta, non sapendo cosa dire, e Harry gli infilò l’anello, non sapendo cosa dire.

Poi si baciarono in silenzio, visto che in fondo non avevano bisogno di parlare per capirsi, per amarsi.

 

 

 

 

 

Solo il silenzio porterà alla sua completa comprensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non ho la più pallida idea di dove iniziare!

Okay, allora.

Sono imbarazzata perché queste note le sta leggendo anche l’amore mio, lo ammetto ok ora basta mi concentro sì.

Allora pt2.

La frase iniziale sull’haiku è presa da un blog, non mi ricordo neanche più bene quale………

Quelli che scrive Louis e quello che scrive Harry non sono haiku veri e propri, perché “l’ultimo o il primo verso è, tradizionalmente, il cosiddetto riferimento stagionale (kigo), cioè un accenno alla stagione che definisce il momento dell’anno in cui viene composta o al quale è dedicata” ma nei loro questa cosa non c’è.

(Io sono innamorata dell’haiku, perché “i poeti di haiku (haijin) colgono in 17 sillabe un battito di vita dell’universo” è meraviglioso, oddio.)

Allora pt3.

Quei versi in inglese più o meno nel mezzo della storia sono presi da una canzone che canta Arthur James, Get Down, e anche il titolo del locale in cui si incontrano Harry e Lou è preso da una frase di quella canzone.

La storia del corvo e della rosa bianca esista davvero e non è stupenda? Sì che è stupenda.

È una os un po’ così, diciamo, i nostri Larry sono sempre stupidi (Louis in particolare) ma noi li amiamo anche per questo, Ziam è sinonimo di aiutoquantosonoperfetti e Niall è un figo, perché sì.

Se qualcuno di voi ha collegato John, Amy e Rory a Doctor Who allora deve sapere che la/lo amo. (Mi mancano tanto e dovevo infilarli!)

Ho una grande passione per Louis scrittore e lettore, ormai lo avrete capito, ma non mi stancherò mai di ripeterlo.

E boh, l’amore mio citato prima mi sta mettendo fretta e quindi se ho dimenticato qualcosa è colpa sua!

  
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