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Autore: marzia ds    26/01/2014    4 recensioni
"In quel preciso istante, si accorge di lui: seduto sul davanzale di una finestra sproporzionatamente larga, la gamba sinistra in bilico fuori dall'argine delle imposte, l'altra appena piegata ma pur sempre poggiata sull'asse di legno laccata di bianco, un ragazzo dai sinuosi ciuffi eburnei screziati d'argento s'intrattiene giocando col fiocco dell'obi malamente allacciato, le iridi chiare che, annoiate, fissano un punto qualsiasi del panorama che scorge oltre il bosco nel suo cortile."
{Killugon - Kurapika x Pairo - Accenni Past!Killumi}
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
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Kurapika ha sempre amato studiare, profondamente: le tradizioni della sua terra natia lo affascinano, la letteratura europea lo strega, le opere contemporanee americane lo erudiscono giorno dopo giorno, portandolo a riflettere sulle sciagure del mondo.

E per questo che, sia con fenomeni atmosferici avversi che con influenze ad irretirgli i sensi, fin dall'età di sei anni non può fare a meno di rintanarsi in biblioteca, rifugiandosi fra gli scaffali impolverati e i libri ingialliti dal tempo.

È lì che lo ha incontrato la prima volta: enormi occhiali da vista appena nascosti dalla frangia color castagna, sciarpa bordeaux alzata fino al naso, enorme felpa borgogna ed un paio di jeans di taglia evidentemente sbagliata.

L'aveva intravisto casualmente nell'esatto istante in cui, con la testa per aria, era finito dritto contro il pavimento, un piccolo rialzo in ferro battuto che gli aveva giocato un brutto scherzo, facendolo capitombolare per terra.

-Ti aiuto ad alzarti- si era offerto, gentile, porgendogli una mano. Due grossi occhioni di un rosso intenso l'avevano osservato, stupiti, mentre le dita sottili si ancoravano a quelle dell'altro bambino, accettando l'offerta.

-Grazie- aveva borbottato faticosamente, la sciarpa che attutiva ogni suono, le labbra mangiucchiate piene di lana

-Se non abbassi un po' quella barriera che ti copre la bocca, io non ti capisco!- replicò scontroso il biondo, ammonendolo. Il bambino allora, ubbidiente, aveva slacciato il nodo che gli stringeva tutta quella stoffa intorno al collo, mostrando un sorriso tutto denti da latte e fossette al suo soccorritore.

-Io sono Pairo! Pairo Kuruta!- si era presentato con foga, torturandosi le unghie corte nascoste nell'enorme tasca della felpa

-Hai il mio stesso cognome...- aveva constatato l'altro, guardandolo di sottecchi. Possibile che quello fosse un suo parente? Ogni Natale tutti i famigliari che abitavano in città o comunque nelle vicinanze si riunivano per festeggiare insieme e lui era abbastanza sicuro di non aver mai visto un bambino come lui.

-Qual'è il tuo nome, invece?- chiese curioso, le guance pallide che s'imporporavano appena

-Kurapika- rispose quindi, appagando un minimo la curiosità di quella sua nuova conoscenza.

Il bimbo dal caschetto castano gli fece qualche altra domanda, scoprendo di essere di un solo anno più piccolo, bloccandosi quando parlare divenne difficile, il respiro affannoso. L'altro lo soccorse immediatamente, facendolo sedere su una delle poltroncine verdognole sistemate nel cafè, ordinando una cioccolata calda per entrambi, nella vaga speranza che il minore assumesse un colorito più naturale.

-Sicuro di star bene?- s'informò preoccupato, riscoprendo un'innaturale apprensione per quella creatura tanto fragile: naufrago in un mare di calda lana, raggomitolato con le gambe al petto, reso ancor più minuto dalla grandezza considerevole del sedile, pareva una bambola di porcellana dall'incarnato minimamente rosato.

-Si, sono solo cagionevole di salute, quindi ho spesso queste crisi respiratorie. Il medico ha detto alla zia che con tante medicine, grazie alla crescita, dovrebbero migliorare- affermò sicuro, afferrando la bevanda bollente che il maggiore gli offriva

-E i tuoi genitori?- domandò stranito dalle sue parole: nella sua breve vita di bambino aveva visto suoi coetanei accompagnati dal medico solo dai propri genitori o al massimo dai nonni, mai da altri, e, se il suo corpo si ammalava tanto facilmente come gli aveva raccontato, la situazione non poteva che sembrare più che anormale per lui.

-Papà è andato via poco dopo la mia nascita, mamma, troppo triste per poterlo sopportare, è volata via, lasciando dietro di sé solo tanti boccioli cremisi- raccontò tranquillo, ossevando il manico variopinto. Quando la parola “orfano” rimbombò prepotente, una morsa di pena ed angoscia gli strinse il petto, diventando ben più feroce mentre la sua mente rielaborava la sua spiegazione, riconducendo le sue parole ad un'unica situazione: la madre dell'occhialuto, in preda alla nera disperazione, aveva deciso di porre fine alla sua vita, gettandosi probabilmente da un posto piuttosto alto.

-La zia però mi vuole bene e, pur di pagarmi le cure necessarie, lavora tutto il giorno senza mai fermarsi un attimo. Io le preparo i pasti e le faccio trovare la casa sempre in ordine, poi vengo qui e leggo tutto il tempo, perchè i personaggi dei libri mi tengono compagnia- terminò di spiegare, poggiando la tazza mezza piena sul bracciolo in legno.

Il biondo lo capì immediatamente: quell'infante conosciuto da così poco era solo, senza nessuno con cui giocare o parlare, completamente abbandonato a se stesso. Fu probabilmente per questo che, poco dopo, la sua bocca si aprì articolando quelle semplici parole.

-Vuoi diventare mio amico?- propose infatti, guardandolo in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare: il minore restò sbigottito per una manciata di istanti, annuendo più volte, incredulo, un sorriso felice ad increspargli le labbra piene.

Kurapika non si pentì di aver proposto a quell'orfano di diventare amici, rapporto che nel tempo divenne più solido, maturando con il passare degli anni: tutto, però, cambiò dopo quel giorno.

Non era mai stato meteoropatico, avvezzo com'era al pensiero logico e razionale, eppure la tempesta che imperversava ormai da ore fuori dalla sua finestra non lo entusiasmava per nulla, lasciandogli anzi una spiacevole sensazione nel petto. Riportò la sua attenzione sulla versione di latino davanti a sé, ad un passo dall'essere completata nonostante la difficoltà non indifferente, i suoi occhi che ugualmente fissavano la sveglia sul comodino, soggetto sicuramente più interessante. Un lampo illuminò la sua stanza, il rombo del tuono risuonò poco dopo mentre la finestra si spalancava per il forte vento, inzuppando immediatamente il tappeto indaco che primeggiava sul pavimento della sua camera. Fece per sedersi nuovamente, la manovella serrata contro le imposte per prevenire eventi simili, quando il citofono suonò, echeggiando per i due piani della sua abitazione. I suoi genitori erano fuori casa da giorni, all'estero per affari che richiedevano la presenza di entrambi, quindi chi poteva essere che richiedeva la sua presenza al sopraggiungere della cupa notte?

Un incessante quanto fievole bussare lo invitava a sveltire il passo e lui, quel senso di inquietudine che ormai l'opprimeva da ore, scese di corsa, aprendo l'ingresso in un gesto nervoso. Smise di respirare per diversi attimi, la paura che gli artigliava il cuore: il suo migliore amico era a terra, svenuto, il cappotto fradicio e gli occhiali distrutti accanto al viso esageratamente smunto. Non appena si riprese si fiondò su di lui, prendendolo in braccio, sfiorando più volte la sua pelle gelida tanto da sembrar senza vita. Il biondo lo portò in soggiorno, sistemandolo sul divano, privandolo prima del soprabito e poi dei restanti indumenti che non avevano di certo subito una sorte migliore. Si sfilò sia il maglione pesante che i pantaloni della tuta, facendoglieli indossare, andandosi poi a sistemare dinnanzi all'immenso camino, il più piccolo stretto spasmodicamente fra le braccia.

Non si mosse di lì per diverse ore, il medico irrintracciabile data l'improvvisa assenza di copertura telefonica, in attesa che Pairo riprendesse conoscenza.

Le guance scarne avevano ripreso colore, il battito era finalmente regolare, il suo fiato gli solleticava delicato il collo scoperto, eppure la possibilità pessimistica che la sua salute potesse peggiorare ancora, fino a portarglielo via, lo logorava lentamente, bruciando come fuoco vivo all'interno del suo petto. Cosa avrebbe fatto senza i suoi sorrisi, privo della sua presenza confortante? Le sue giornate sarebbero state dipinte di un irrecuperabile grigio piombo, la sua vita avrebbe preso una svolta drammatica, il suo cuore probabilmente non si sarebbe mai più ripreso.

Pairo era ossigeno, bontà, gentilezza, amore infinito, sconfinato. E rendersene conto solo in quel momento fece crescere in lui una rabbia cieca e disperata, pari a quella di un cucciolo abbandonato da colei che l'ha messo al mondo, suo unico punto di riferimento.

-Non mi piace la sfumatura di rosso che invade le tue iridi quando sei irato, è spaventosa-.

La sua voce era flebile, un sussurro indistinto fra le sue braccia, eppure, solo sentendola, ogni sentimento si chetava, lasciando spazio solo ad un affetto senza fine, un sollievo impareggiabile. Lo strinse forte, posizionandolo meglio sulle gambe incrociate, il castano che, non ancora ripresosi, restava immobile, semplicemente felice di essere lì. Poi i ricordi tornarono, infrangendosi prepotentemente nella sua mente, e le lacrime iniziarono a scorrere, simili ad un fiume in piena.

-Ero in auto con la zia, era venuta a prendermi da quella mostra di cui avevo vinto il biglietto, era in ritardo per il lavoro, ha accelerato, un uomo stava venendo nella nostra direzione, in controsenso, lei ha aperto il mio sportello e mi ha spinto fuori, prima di essere travolta- mormorò piano, riuscendo a comporre solo frasi apparentemente sconnesse, cercando di spiegargli la situazione.

Kurapika lo abbracciò più che poté, stendendosi con lui sul tappeto di dubbio gusto che sua madre aveva acquistato durante un viaggio in Turchia, cullandolo ancora, cantando qualche strofa di una dolce ninna nanna dimenticata con il passare del tempo, ora nuovamente vivida sulla punta della lingua. Pianse per ore, e nessuno dei due parlò più.

Il giorno della veglia, intorno al corpo della defunta Kuruta, c'erano solo alcuni colleghi e l'unico parente rimastele, fermo dinnanzi al suo corpo ormai privo di vita.

-Non ha mai indossato un Kimono, sosteneva che la rendesse robusta- pronunciò faticosamente, la cassa toracica che si muoveva a scatti, in preda ai singhiozzi -penso che le stia davvero bene- continuò torturando con i denti il labbro inferiore, incolpandolo quasi di quel dolore che non accennava ad andar via. Il maggiore lo avvolse delicatamente fra le sue braccia, il proprio petto poggiato contro la sua schiena, Pairo che, rinsavendo dal suo mondo di ricordi e rimpianti, si girò lentamente verso di lui, osservandolo tremante.

Leggeva solo paura, il biondo, nelle iridi arrossate dal pianto: paura di restare solo, di separarsi anche da lui, di non aver più nessuno al suo fianco.

-Manca poco meno di un anno alla tua maggiore età, quando accadrà verrai a vivere da noi- spiegò piano, ricordando distintamente la discussione avvenuta solo qualche ora prima fra sua madre e gli assistenti sociali. Il castano capì, annuendo, non potendo fare a meno di pronunciare poco dopo quel suo infantile ed egoistico desiderio.

-Resta sempre con me, sempre- supplicò flebilmente, poggiando il capo sul suo cuore, stanco. Il liceale non rispose, intenerito ed intimamente felice di quella richiesta, posando un bacio leggero fra i capelli ormai profumati d'incenso.

La famiglia che ospitò l'orfano per i due anni seguenti era una coppia di medici facoltosi abitanti nella loro stessa cittadina, pieni di affetto da condividere con lui ed il suo fratellastro, un giovane di qualche anno più grande voglioso di intraprendere una carriera come detective.

Iniziarono a vedersi più frequentemente, dormendo spesso insieme nella nuova dimora del minore, cercando persino di passare ogni attimo libero della mattinata in reciproca compagnia, avventurandosi in quel nuovo tipo di relazione ancora sconosciuta per entrambi.

Fu quando Leorio glielo disse con semplicità disarmante che ogni cosa divenne più chiara nonché dolorosa e complicata.

Era uno degli innumerevoli giorni che passavano fra chiacchiere e studio, unica differenza di quel pomeriggio, la compagnia di un ospite d'eccezione, il nuovo fratello maggiore del piccolo di casa.

Erano tranquillamente seduti sul divano, la tv che trasmetteva un terribile talk show di dubbio gusto, quando il castano si alzò con la promessa di tornare pochi minuti dopo con tanto cibo spazzatura stretto fra le mani.

-Posso farti una domanda?- proruppe quindi il bruno, gli occhiali appena scesi sul naso

-Da quando tu chiedi prima di assillarmi con le tue parole?- rispose il biondo con un sorriso dipinto sulle labbra, l'occhiataccia di Leorio che non tardò ad arrivare, facendolo ridere appena

-Ti piace il mio fratellino?- domandò quindi il maggiore, spiazzandolo completamente

-Perché mai un quesito del genere?- chiese, il cervello che improvvisamente aveva smesso di mandare e ricevere impulsi nervosi

-Beh, non c'è un motivo, più che altro è un pensiero nato mettendo insieme situazioni ed intuizioni... Spesso mi capita di osservarvi assorto, non potendo fare a meno di notare la felicità crescente di Pairo, ma ancor più i tuoi occhi- spiegò calmo, cercando di capire dai vaghi rumori provenienti dalla cucina se il ritorno dell'altro fosse prossimo o meno. Kurapika abbassò il volto, specchiandosi nel tavolino in vetro sulla quale era abbandonato il telecomando: non notò nulla di particolare nelle sue iridi scarlatte, medesimo taglio, stesso solito inusuale colore. L'universitario comprese la sua riflessione, tossendo appena per attirare nuovamente l'attenzione su di sé.

-Non sono dettagli che tu puoi rilevare così, stupido!- borbottò bonario, scompigliandoli affettuosamente i capelli -voglio farti capire che quando sei con lui, intorno a te non c'è più nulla, diventa centro del tuo mondo, e a te sta bene così. Ah, Otouto-chan!- terminò il suo discorso non appena vide arrivare il castano, coccolandolo un po' quando ebbe poggiato pop corn e bibite gasate.

Il Kuruta ci pensò incessantemente, nei giorni seguenti, alle parole dette dal bruno sui suoi sentimenti e l'unica conclusione a cui giunse era quella: aveva ragione, totalmente. S'interrogò più volte cercando di capire quando la loro magnifica amicizia era diventata una sorta di innamoramento a senso unico, perchè lui ne era sicuro, per Pairo, il dolce ed ingenuo Pairo, quel che li legava era sì un profondo legame, ma non al di là del confine “migliori amici”. Sopraggiunse, parallelamente alla realizzazione di tale conclusione, anche la sofferenza, ormai compagna di vita. Non ci volle molto prima che il soggetto di ogni suo recente pensiero si accorgesse che qualcosa non andava.

Arrivò nella sua classe con il respiro affannoso, le guance rosse, gli occhi lucidi resi enormi dalle lenti degli occhiali; Neon fu la prima a notarlo, salutandolo con un sorriso gentile ed un cenno della mano, raggiungendolo incuriosita quando lui si nascose dietro lo stipite, chiedendole di raggiungerlo con un occhiata vagamente preoccupata.

-Cosa c'è, Pairo-chan?- cantilenò con voce dolce, tirandogli una gota morbida

-Ecco...- iniziò titubante, soppesando pro e contro in una frazione di secondo -potresti consegnare questa a Kurapika?- terminò consegnandole una busta da lettere immacolata, tinta di un leggero celeste pastello

-Perché mai vorresti usarmi come araldo piuttosto che consegnarla tu stesso? C'è qualcosa che non so?- domandò spingendo con l'indice il ponte degli occhiali del minore, dispettosa.

Non rispose, scusandosi con un inchino frettoloso, fuggendo poi celermente verso le scale, sparendo poco dopo dal suo campo visivo. Quando rientrò in classe, la pausa pranzo in procinto di volgere al termine, appena ansiosa si parò dinnanzi al banco del destinatario, poggiando il messaggio con un gesto irrequieto accanto al contenitore ormai vuoto. Il biondo la prese, osservandola minuziosamente, alla ricerca di qualcosa che potesse indicargli chi fosse il mittente.

-Non penso sia da parte tua, non sei il genere di persona che pensa a gesti così discreti- commentò infilando un dito al suo interno per poterla aprire

-Gli hai fatto qualcosa? Non l'ho mai visto tanto giù di morale- inquisì invece lei, ignorando la frecciatina, utilizzando un tono di voce talmente inusuale da far intimorire l'adolescente. Estrasse rapidamente il foglio ripiegato accuratamente, riconoscendo immediatamente la scrittura chiara ed elegante del suo migliore amico, leggendo più in fretta che poté il contenuto di quei pochi righi. Le passò la lettera, inquieto, conservando la busta all'interno del suo diario, evitando così pieghe superflue e per nulla desiderate.

-Speriamo bene- proferì impensierita, ritornando al suo posto nel momento esatto in cui la campanella annunciò la ripresa delle lezioni.

Quell'attesa lo sfinì gradualmente, non dandogli pace per un solo istante, la mente che formulava ipotesi man mano peggiori, infierendo sul suo spirito già provato: gli aveva dato appuntamento nel parchetto comunale perennemente deserto, dichiarando la sua intenzione di parlare con lui. Di cosa poi? Non aveva voluto dirglielo.

Quando finalmente poté uscire dall'aula, fuggì correndo, la paura ad irretirgli le gambe, il desiderio crescente di scoprire finalmente cosa avesse potuto render triste il castano, capace di affrontare ogni sventura con un sorriso, nonostante la sofferenza logorante.

Lo trovò intento a dondolarsi su un'altalena, la solita sciarpa di lana che ondeggiava finendogli spesso sul viso, le scarpe sporche di fango e ghiaia. Si avvicinò silenziosamente, non sapendo più cosa aspettarsi, decidendo semplicemente di ascoltare quel che stava per dirgli, evitando di farsi condizionare troppo dalle eventualità pessimistiche che per ore avevano affollato la sua testa.

-Pairo- lo chiamò, vedendolo sussultare. Si alzò con un salto, la testa bassa, sedendosi poi nuovamente sul sedile, gli occhiali abbandonati nello zaino poco lontano, sostituiti dalle lenti a contatto.

-Ultimamente sei... strano. Sei spesso distante, perso in un mondo tutto tuo, quando mi avvicino per abbracciarti tu inventi scuse per non ricambiare, se ti chiedo di passare del tempo insieme, tu rispondi sempre dicendo che devi studiare da Neon o da Squala- la voce si affievolì, diventando un sussurro, le parole che faticavano ad uscire, penose, pregne di disperazione -Ti sei sacrificato tanto per me, non abbandonandomi mai, nonostante io non sia altro che un peso. Ho amato ogni attimo passato con te, indistintamente, e se ti sei stancato di me, se vuoi andar via, io non ti fermerò. Vorrei semplicemente saperlo, perché la lontananza, il rifiuto fa male, e non penso di resistere per molto in questa precaria condizione di stallo-.

Kurapika era sconvolto, profondamente: stancarsi di lui? Desiderio di andar via? Capì, e si diede dello sciocco, non potendo far altro che avanzare malfermo verso la sua figura minuta. Le ginocchia cozzarono con il terreno smosso, provocandogli una fitta a cui non badò per nulla, la sua attenzione totalmente rivolta al mittente di quella lettera pregna di insicurezze lampanti a cui lui non aveva dato la dovuta importanza, troppo preso da se stesso e dai suoi sentimenti contrastanti.

-Come potrei mai stancarmi di te, io che vorrei vivere ogni attimo al tuo fianco, svegliandomi al mattino con la tua frangia che mi solletica il collo ed il tuo fiato caldo che mi lambisce il petto? Come potrei desiderare di andar via da te, talmente bello nella tua dolcezza infinita e nella tua sconfinata bontà? Pairo, la verità è univoca, e se vorrai saperla te la rivelerò senz'altro-.

Gli prese gentilmente una mano, le sue iridi limpide, rese cristalline da un pianto mai liberato, lo seguivano trepidanti, allargandosi quando le dita percepirono il suo battito furioso, irrequieto. Il maggiore non ebbe più tentennamenti, libero dai dubbi e dalle reticenze, voglioso di rivelare quel segreto ben nascosto in un remoto andito del suo cuore palpitante.

-Mi sono irrimediabilmente innamorato di te- pronunciò vinto dall'emozione, le parole non più sicure, tremolanti. La paura lo costrinse ad abbassare lo sguardo: non era pronto ad allontanarsi da lui, ad esser rifiutato ripugnato, sarebbe crollato, ben consapevole di non essere in grado di rimettersi in piedi, mucchio di cocci agitato dal vento.

Il suo tocco delicato lo risvegliò, il calore dei palmi contro le guance, le sue labbra poggiate in un goffo, primo timido bacio sulle proprie: il suo cuore si liberò da ogni inquietudine, pieno di lui e della sua bocca screpolata, delle sue palpebre schiuse, dei suoi ciuffi che svolazzavano facendolo sorridere.

-Nii-san ne sarà contento- si lasciò sfuggire sorridendo, coinvolgendo entrambi in una risata leggera.

Nessuno si sorprese quando annunciarono l'inizio di quella relazione, già coscienti del legame che li univa: nonostante questo, Leorio e Neon furono ben contenti di organizzare una festa di fidanzamento, ignorando ogni rimostranza del castano, privo di voce in capitolo.

Kurapika ringraziò ogni giorno quel bacio dato ai piedi di un'altalena sgangherata, ricordandolo con rincuorante nostalgia quando aprirono per la prima volta la porta del loro appartamento, la mano di Pairo ben stretta nella sua.

Spinse piano il pomello, la chiave che scattava nella serratura, il minore che gioioso lo tirava dentro, facendogli fare un giro del locale ancora spoglio, dalle pareti immacolate. Il primo mobile che acquistarono fu una poltrona, la stessa dove il castano si sarebbe rifugiato per ripetere il giorno che precedeva ogni stressante esame universitario; il sofà, invece, fu un regalo di Squala ed Eliza, felici per loro e per la loro nuova sistemazione: il biondo non li ringrazierà mai abbastanza, custodendo gelosamente ogni momento passato lì con l'altro stretto fra le braccia, a volte addormentatosi durante la visione di un film, altre per motivi non altrettanto puri e casti. Il ricordo peggiore rimane tutt'ora quello della scelta della pittura per le mura della camera da letto, giorno in cui vennero a conoscenza dell'aggravarsi della malattia del più giovane: quando il maggiore gli aveva indicato una latta contenente un terribile color rosa cipria, l'altro aveva risposto con una risatina, dicendogli che non aveva alcuna intenzione di svegliarsi ogni mattina costretto ad osservare solo quell'opprimente giallo canarino. Si era avvicinato a lui, domandandogli di ripetere ciò che aveva appena detto, incredulo: si era operato meno di sei mesi prima, la sua vista sarebbe dovuta migliorare, non peggiorare drasticamente. Erano corsi dal medico che si era occupato dell'intervento, pretendendo spiegazioni, e lui aveva gentilmente risposto che non era una questione che lo interessava, non più almeno. Da lì era nato il travaglio infinito, l'inizio della causa contro quell'uomo e l'ospedale in cui lavorava: per quanto avessero la ragione dalla loro, il direttore della struttura aveva ingaggiato la Brigata dell'Illusione che, senza troppo sforzo ed impegno, aveva vinto il processo in poche sedute.

Nacque in tale circostanza quel sentimento di bruciante riscatto, brama di vendetta intrisa nel suo animo spezzato: come poteva perdonare coloro che, senza riguardo, avevano difeso il carnefice del suo amato? Leorio era ugualmente irato, ferito nel profondo, ugualmente sconvolto e desideroso di fargliela pagare: ci sarebbe voluto del tempo, tanto, ma sarebbero riusciti ad ottenere qualcosa, partendo dalle loro scuse.

E Pairo restava lì, non capacitandosi di quell'accanimento contro delle persone che svolgevano semplicemente il loro dovere, sorridendo gentile verso il suo fidanzato, sperando che questi, complice la sua presenza, non si facesse consumare da quell'odio intossicante.

Angoletto Autrice

Questa è la loro storia, nulla di più, nulla di meno. Pairo è un personaggio di cui mi sono innamorata, prima leggendo la One Shot del manga che riguardava i Kuruta, poi guardando il primo film che non ho potuto fare a meno di amare. Mi piace immaginare cosa sarebbe potuto succedere se Kurapika avesse trovato un modo per curarlo, tornando al villaggio, partendo poi alla volta del mondo con lui al suo fianco, inseparabili come da bambini. Fantasie a parte, non penso ci sia molto da dire su questo lungo flashback, spero vi abbia fatto piacere incontrare anche Leorio, sicuramente più presente nel quinto capitolo. Fra due settimane avremo il tanto atteso incontro fra i nostri due protagonisti, potendo finalmente sapere com'è diventato il nostro povero Zoldyck. Come sempre vi invito, se vi va, a lasciare una recensione o a mandarmi un mp per farmi sapere cosa ne pensate!
Bye By marzia ds

 

  
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