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Autore: Shandris    08/06/2008    3 recensioni
Alexander scopre un drow prigioniero e sofferente, decide di scoprire cosa sta succedendo
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati diversi giorni dalla liberazione di Drizzt, e Alexander era ormai arrivato a fidarsi di lui senza riserve. Gli aveva lasciato carta bianca all’interno dell’accampamento e l’elfo cercava di rendersi utile come poteva, dando una mano quando ne aveva l’occasione. Tutti gli uomini del campo lo accettavano ormai come una presenza consolidata, e qualcuno lo aveva persino preso in simpatia, e si fermava a fare due chiacchiere con lui se ve n’era l’opportunità.

Tuttavia Alexander si rendeva conto che non avrebbe potuto nasconderlo lì dentro per sempre.. Si avvicinava il momento della verità: sapeva che prima o poi l’avrebbe dovuto condurre con sé al villaggio, per saggiare la reazione della gente comune.

 

Un mattino decise che quel momento era arrivato, e lo comunicò all’elfo.

Drizzt non parve sorpreso. Sorrise con sobrietà e annuendo disse: “Sono pronto”.

 

Uscirono insieme a piedi dall’accampamento, e per molti minuti fra loro regnò il silenzio, ciascuno assorto nei propri pensieri.

Alexander aveva dato disposizioni di preparare una squadra di pronto intervento da impiegare in caso di emergenza. Era sempre connesso per via psionica con l’accampamento, e se ci fossero state difficoltà avrebbe potuto allertare immediatamente i suoi uomini per richiedere soccorso.

Non parlò a Drizzt di queste precauzioni. Percepiva l’inquietudine dell’elfo e non voleva contribuire ad aumentare la sua ansia prospettando l’eventualità che qualcosa andasse storto.

“Andrà tutto bene, vedrai”, disse sperando di essere convincente.

 

Giunsero alle porte del paese a metà  mattinata. A quell’ora il villaggio era in pieno fermento: i mercanti vendevano i loro prodotti in piazza, le massaie acquistavano cibarie per il pranzo e la strada maestra era un unico viavai di contadini che si muovevano da e per le aree rurali.

Drizzt non sarebbe di certo passato inosservato. Ma quella di fare un “debutto ufficiale” era una strategia meditata. Non potevano di certo addentrarsi nel villaggio al crepuscolo e rischiare di suscitare impressioni sbagliate. Sebbene Alexander fosse largamente conosciuto e rispettato quale consigliere di re Joshua* non era veramente il caso di correre rischi inutili.

 

Non appena ebbero varcato la soglia del villaggio il tempo si fermò: tutti smisero di colpo di fare ciò che stavano facendo per puntare gli occhi su Drizzt.

Alexander fu investito dalla potenza dalle onde mentali emanate dai presenti. Percepì il terrore ramificarsi a macchia fra la folla, come ghiaccio in una pozzanghera. Era un terrore cieco, che impediva loro di pensare.

Se inizialmente Alexander aveva sperato di poter semplicemente attraversare il villaggio e confidare che gli abitanti prima o poi avrebbero fatto l’abitudine a questo nuovo concittadino, ora era evidente che questo stratagemma non avrebbe funzionato. Bisognava agire in fretta, prima che quel sentimento passivo si trasformasse in furia omicida.

Alexander, parlando con la voce più autoritaria che riuscì a produrre, si rivolse alla gente: “State tranquilli, è tutto sotto controllo”. Quelle parole ebbero l’effetto di risvegliare le coscienze stordite dalla paura. Una voce uscì dall’anonimato e gridò con stridore “E’ un drow!”. Seguirono vari mormorii per lo più incomprensibili, ma la parola drow volò come una freccia di bocca in bocca.

Alexander alzò la mano per richiamare l’attenzione su di sé e chiedere silenzio. “Si, si tratta di un drow, i vostri occhi non vi ingannano”, disse quando il brusio cessò.

“Ma non dovete preoccuparvi”, si affrettò ad aggiungere, “Drizzt ha un cuore nobile e non ha intenzioni malvagie. Garantisco io per lui”, disse infine cingendo con un braccio le spalle dell’elfo per sottolineare le sue parole.

Alexander si aspettava numerose obiezioni, ma nessuno proferì parola. Così, lentamente, i due si mossero attraversando la piazza, mentre la gente si scostava in assoluto silenzio per lasciarli passare. Alexander si diresse verso il castello, dove aveva intenzione di presentare Drizzt a Joshua, suo amico e re, per ufficializzare l’esordio in società dell’elfo.

 

All’improvviso una figura massiccia si avvicinò a loro a grandi passi, scostando in malo modo chiunque gli si parasse davanti. Si trattava di un uomo di mezza età, il corpo tozzo e muscoloso, il volto arcigno coperto da diverse cicatrici. La figura raggiunse il varco che si era creato attorno ai due. Per una frazione di secondo il suo volto fu attraversato da un’espressione di attonita incredulità, ma ben presto i suoi lineamenti si contorsero in un’esternazione di odio.

“TU!”, tuonò l’uomo rivolto a Drizzt. Gli occhi erano colmi di rabbia e brillavano di una luce malvagia.

 

“Roddy McGristle”, mormorò l’elfo fra sé e sé in un misto di nausea e irritazione, mentre i suoi muscoli affusolati si irrigidirono spontaneamente.

Alexander non perse tempo a fare domande, e con risolutezza si spostò in avanti, ponendosi fra l’uomo e l’elfo per interrompere la linea visiva.

“Levati dai piedi se non vuoi andarci di mezzo anche tu!”, intimò l’uomo ad Alexander, mentre la sua mano correva all’impugnatura dell’ascia.

“Non ingaggerai un combattimento nel bel mezzo del villaggio”, rispose Alexander imperturbabile.

“E chi me lo impedirà? Tu forse?”, lo derise Roddy con la sua voce rauca. “Non ho intenzione di farti del male, levati di mezzo e non ti succederà nulla”.

“Non hai capito. Gli attaccabrighe non sono i benvenuti qui. Qual è il tuo problema?”, domandò Alexander allargando le braccia. Sperava di poter risolvere la questione senza ricorrere alla violenza, ma Roddy aveva la miccia corta e la sua pazienza si era già esaurita.

L’uomo scattò in avanti con un ringhio sordo e i pugni serrati, e si avventò su Alexander.

Ma Alexander fu svelto: scartò di lato mentre il pugno di Roddy affondava nell’aria. Afferrò il suo braccio a mezz’aria e glielo rovesciò all’indietro, bloccandoglielo dietro la schiena, mentre con il braccio sinistro gli cinse la gola in una salda stretta, immobilizzando l’uomo completamente.

Roddy diede qualche strattone, ma ogni tentativo di liberarsi fu vano. I suoi occhi ruotarono fulminei nelle orbite, mandando lampi di odio.

“Maledetto folle, stai dalla parte del drow!”, disse l’uomo digrignando i denti.

“E’ mio amico, si! E allora? C’è qualche problema?”, replicò Alexander, rafforzando ulteriormente la stretta.

“HA! Amico!”, lo schernì, “Devi essere proprio pazzo per considerare amico un drow! Morirai accoltellato nel sonno, esattamente come quei contadini che il drow ha assassinato poco tempo fa”.

Queste parole crearono confusione nella mente di Alexander: sapeva che Drizzt non era un assassino, ma quest’uomo era convinto di ciò che diceva, e le sue onde mentali lo indicavano chiaramente. Quell’attimo di esitazione gli fece perdere la concentrazione, e Roddy ne approfittò per divincolarsi dalla presa.

“Lo vedi?”, disse Roddy con un sorriso subdolo, ora fissando Alexander negli occhi. “Non ti fidi completamente di lui. E fai bene. E’ un dannato assassino!”.

“Non ho ucciso i Thistledown”, intervenne finalmente Drizzt, avanzando per poter fronteggiare il cacciatore di taglie. Le sue parole erano indirizzate a Roddy, ma erano rivolte più che altro ad Alexander. L’elfo temeva che questo incontro avrebbe potuto scalfire la fiducia che Alexander aveva in lui. Fortunatamente si sbagliava.

 

Nel frattempo un manipolo di guardie, allertate dal subbuglio creatosi, si erano radunate nella piazza del mercato, disponendosi a semicerchio in attesa di ordini.

Le guardie di Lordaeron dipendevano dal loro capitano, che a sua volta rispondeva direttamente al re, ma per un emendamento speciale, anche Alexander aveva il diritto di impartire loro ordini, e se fosse stato necessario, non avrebbe esitato a fruire di tale diritto.

 

Roddy lanciò occhiate fugaci alle sue spalle e poco a poco la spacconeria scomparve dal suo volto, per lasciare spazio ad un’espressione di furore represso.

“Vattene”, intimò Alexander con fermezza, “e non farti rivedere”.

Il cipiglio di Roddy si rabbuiò ulteriormente, mentre l’uomo indietreggiava lentamente. “Non finisce qui!”, disse con tono cupo e minaccioso, puntando un dito tozzo verso Alexander. Dopodiché si volto, allontanandosi  a grandi passi verso le porte della città.

 

Alexander scosse la testa, amareggiato per l’accaduto. “Andiamo”, disse in tono neutrale ma velato di stanchezza, “abbiamo un appuntamento con re Joshua”.

Drizzt lo seguì con condiscendenza. Sapeva cosa gli passava per la testa. Si stava chiedendo quale fosse il significato di quell’episodio. Si stava chiedendo chi fossero i Thistledown e cosa fosse accaduto loro. Drizzt tentò di impostare mentalmente un discorso da fare ad Alexander a questo riguardo, non appena fossero rimasti soli.

 

La folla li osservò in religioso silenzio fino a che sparirono dalla loro vista, ma nessuno li seguì. Poco a poco, lentamente, tutti tornarono alle loro attività quotidiane, naturalmente discutendo nel contempo appassionatamente della vicenda a cui avevano appena assistito. Questo argomento di conversazione non si sarebbe esaurito prima di parecchie settimane..

 

 

 

 

* NdA. Questo di re Joshua è un capitolo cronologicamente antecedente all’avvento di Drizzt, ma lo scriverò in un secondo momento.

  
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