“ Purtroppo
dire dove io mi trovi è impossibile.
Non
posso darne una locazione e non posso dire da quanto tempo sia qui;
mesi? O forse anni? Lentamente la mia mia memoria va pian piano
scomparendo
lasciando spazio al nulla, ma forse è meglio così…
Chissà perché questi pensieri giungono solo ora alla mia mente. Che
stia
per cambiare qualcosa?
“
Questi vaghi pensieri provenivano da
un uomo rinchiuso dentro una cella e come egli stesso affermava, non
era
possibile dire dove si trovasse. Non vi erano finestre per guardare
fuori, ma
sarebbero state comunque inutili; Lì il sole non esisteva. C’era solo
la notte,
se così può essere definita poiché né le stelle né la luna erano
presenti. Un
luogo angosciante e privo di ogni gioia. Nero, buio. Una prigione
perfetta.
Vi era solo una piccola ed
insignificante luce proveniente dallo stretto corridoio di fronte a
lui, era
troppo debole per poter definite quello che aveva accanto a sé, ma era
comunque
qualcosa, almeno gli occhi potevano osservare altro e non solo il nero
opprimente che avvolgeva le stanze dei prigionieri, lui incluso.
Gli abiti che indossava erano privi di
ogni particolare caratteristica, nient’altro che una lunga veste nera
con un
cappuccio che doveva sempre tenere per coprire il viso. Li rendeva
uguali,
indistinguibili.
Regnava il silenzio più assoluto,
interrotto ogni tanto dalle grida dei nuovi arrivati e dalle punizioni
che loro infliggevano ad alcuni
peccatori, i
più gravi. Anche lui aveva questo trattamento, ma fortunatamente non
era il suo
turno, sarebbe toccato a lui solo nelle ore successive.
Non potevano fare nulla se non
aspettare quella tortura oppure rimanere immobili in un angolo di
quella stanza
vuota. Non avevano modo di sognare, di sperare. Nulla.
Teneva costantemente lo sguardo basso
alzandolo solo quando uno di loro entrava
per prelevarlo, ma questa volta era diverso. La cella di fronte a sé,
da tempo
vuota, venne occupata da una nuova arrivata. Una ragazza. Non poteva
vederne il
viso ed avvicinarsi alle sbarre per vederla meglio era inutile con
quella veste
ed il cappuccio sarebbe stato solo uno spreco di energie.
Rimase quindi in quell’angolino dove
si trovava attendendo che loro
andassero via.
« Una nuova arrivata… » Disse con voce
stanca « Vorrei darti il benvenuto ma dubito sia il caso »
« Penso anche io… » Rispose ella
accennando un sorriso sotto quel cappuccio « Chi sei? »
“ Sembra molto giovane, la sua voce mi
lascia intendere questo… “ Pensò tra sé e sé.
« Mi dispiace » Cominciò lui. « Non
posso più rispondere a questa domanda, l’ho dimenticato. Non ricordo
neanche
come io sia arrivato qui, mi svegliai in questa cella »
« Che peccato… » disse tristemente «
Sono in questo mondo già da un po’, purtroppo però non riesco a tornare
nel
mio. Riuscivo sempre a scappare da loro
ma alla fine mi hanno catturato e portata qui, forse perché sono un
elemento
scomodo da avere in giro. »
« Vuoi tornare nel luogo in cui
provieni? » Chiese lui con un leggero sospiro.
« Sì. Ci sono persone che mi
aspettano; ho promesso loro che sarei tornata... » Rispose ella
avvicinandosi
alle sbarre sperando di poterlo vedere.
« Persone, eh? » sospirò « Ho pochi
ricordi… però con quelle tue parole, hai fatto tornare nella mia mente
qualcosa
che aveva cercato di dimenticare per il dolore che avevo causato... »
« Mi dispiace… io non... » Domandò
ella riuscendo, finalmente a scorgerne la forma attraverso quel buio.
« No, non hai nulla di cui scusarti…
adesso… capisco perché sono qui » Rispose con tono cortese.
« E… cosa hai ricordato allora, se
posso chiederlo… » Chiese ella poggiando le mani sulle sbarre.
« Non posso dire da quanto tempo sia
in questa cella. Purtroppo le ore non posso calcolarle ma prima di
arrivare... il
mio cuore traboccava di odio, rabbia e disperazione. Il perché non
riesco a
ricordarlo perfettamente, è annebbiato… » Cominciò a raccontare. «
Tuttavia
ricordo di aver fatto cose terribili a molte persone, rovinando non
solo la
loro vita ma anche di chi amavano… Perché?»
« Non sforzarti di ricordare… potrei
star peggio » Sospirò lei delicatamente.
« I ricordi non posso più ferirti, è
giusto tenerli presente, non temere. » Disse con un sorriso « Sentivo
che
dovevo farlo ma ero così accecato dal dolore che non capivo cosa stessi
realmente facendo. Lo vidi solo quando era ormai troppo tardi. » Spirò
infine.
« Purtroppo… succede a tutti, non sei
diverso dagli altri… » Sperava di consolarlo inutilmente forse ma tentò.
« Sì, è vero. Le persone quando sono
accecate dalla disperazione non comprendono a pieno cosa stanno
facendo. Ero
così disperato, così ossessionato che proseguii le mie ricerche su mia
figlia
ed il suo migliore amico… tuttavia quella fu la fase finale. Forse
perché capii
che stavo portando il mio mondo alla rovina » Rifletté lui mentre
parlava. «
Credo sia così… Sì, era così »
« Cosa vuoi dire con questo? » Domandò
sorpresa da questa affermazione.
« Mia figlia morì poco dopo ma quel
ragazzo è ancora vivo. Sento che è ancora vivo. Prima che il mio lavoro
diventasse irreparabile lui riuscì a fermare quella catastrofe.... No,
a ritardarla.»
« Cosa? » Si sistemò a terra
continuando ad ascoltarlo.
« Dentro di lui, nella sua memoria ci
sono tutte le mie ricerche, tutto quello che ho scoperto. Sapevo che
lui
avrebbe fermato tutto con l’aiuto di mia figlia. Lui è una persona
buona,
capace di amare, sincero e disposto a tutto per le persone a cui tiene.
Ero…
sono sicuro che lui possa riparare ai miei sbagli e concedere una
seconda
possibilità a quelle persone a cui tolsi ogni cosa, volevo togliermi un
peso
dalla coscienza? Oppure… volevo solo vedere fino a che punto lui
potesse
spingersi. Sono pochi quelli come lui. »
« Qual è il nome di questo ragazzo…? »
Domandò ansiosa.
« Io so… che tutti lo stanno
aspettando infondo, nel loro cuore. Io… ed anche tu. » Disse alzandosi
dopo
tanto tempo per avvicinarsi alle sbarre « Il suo nome è… »