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Autore: Marty Andry    26/01/2014    4 recensioni
La storia che tutti credevamo, la storia di Piero, un soldato.
Un soldato che muore, un soldato che porta il nome di tutti gli altri.
Ma in realtà Piero non è morto.
Perché tra quelle spighe di grano ancora verdi, la sua vita altrettanto giovane non poteva spezzarsi.
Perché Piero voleva vivere. E amava.
"Chi ha paura di morire, muore più d'una volta."
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Una storia ispirata alla canzone di Fabrizio De Andrè "La guerra di Piero".
Genere: Drammatico, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma son mille papaveri rossi.”






<< Piero, vieni!! Cosimo ti sta cercando! >>
Una voce, una sola in mezzo alla sterminata campagna salentina. Il cielo, di un celeste attenuato era pieno di spumeggianti e candide nuvole, che sembravano non preannunciare pioggia. Il sole di metà aprile riscaldava sufficientemente da rendere la temperatura abbastanza mite.
All’ombra di un faggio, un ragazzo leggeva assorto. Seduto contro la dura corteccia, sfogliava pagina dopo pagina un libro dalla copertina verde, come le fronde dell’albero.
Appena sentì il suo nome, alzò il viso e scattò in piedi.
<< Piero, vieni!! >>
Per qualche secondo cercò di capire da dove provenisse il richiamo e, una volta individuata la provenienza, inforcò la bicicletta che aveva appoggiato all’albero e pedalò a perdifiato. Andò fino alla fontana appena fuori il suo paese: un piccolo borgo che si affacciava sul mare, dove l’acqua e il cielo si confondevano. Se lo si osservava da lontano, tante minuscole casette bianche erano ammassate le une sulle altre, dove la guerra che poco lontano si combatteva, sembrava un male lontano. La guerra, che aveva chiamato una quindicina di uomini, nel loro paese, di cui s’ignorava la sorte una volta arrivati al fronte, un orrore che durava già due anni, che già aveva fatto versare fiumi e fiumi di sangue alle innocenti genti, che tra qualche mese si sarebbe portata via anche Piero. Ma era un ragazzo dal cuore troppo tenero, incapace di fare del male, solo di amare. E sapeva quanti uomini avrebbe visto morire davanti ai suoi occhi, compagni di sventura che come lui non credevano in tutte quelle schioppettate. Sarebbe durata poco, pensava, tutto sarebbe finito ed avrebbe potuto riabbracciare la sua vita. Avrebbe voluto aprire una libreria, se possibile con una cioccolateria, insieme a, se mai l’avesse incontrata, la sua futura moglie.

Ogni volta che le ruote incontravano una sasso, la vecchia ed arrugginita bicicletta pareva perdesse un pezzo. Ma ormai il ragazzo non ci faceva più caso, ripensando alle magiche atmosfere di Guerra e pace da cui era stato poco prima costretto a congedarsi.
Arrivò alla zampillante fontanella in bronzo- o almeno lì tutti così la credevano- con il fiato corto e un rivolo di sudore che scorreva sulla fronte. Lì vi era un gruppetto di cinque persone. Piero si avvicinò e scorse la tozza figura di compare Cosimo, accanto al suo migliore amico Salvatore. L’uomo, con una camicia scozzese arrotolata fino ai gomiti e che lasciava intravedere parte delle sue braccia, abbronzate dal lavoro nei campi, stava bofonchiando, con qualche imprecazione in dialetto, con Salvatore. Quando questo vide arrivare l’amico, si voltò e lo guardò divertito: l’irascibilità di compare Cosimo provocava spesso del riso, come avvenne in quel momento. Piero lo raggiunse e, ridendo insieme all’amico con lacrime agli occhi, gli diede un’amichevole pacca sulla spalla.
<< Cos’è che ti provoca tanta inquietudine, compare Cosimo? >> gli chiese scherzosamente Piero. L’uomo, che si era fermato alla seconda elementare, alzò gli occhi e lo guardò in tralice, per il modo, secondo lui, troppo elaborato con cui gli aveva posto la domanda.
<< Ti prendi gioco di me, Valenti? Bene, allora… >>
Piero alzò un sopracciglio, mentre Cosimo era impegnato a formulare la frase.
<< Lasciamo perdere. Va’ a casa mia e aiuta mia figlia. >> disse seccamente.
La richiesta lo lasciò di stucco.
<< Prego? >>
<< Sì, hai capito bene! Stiamo spostando dei mobili e mia moglie non c’è. Muoviti, se non vuoi che ti rada quei quattro peli che si battono a duello sul tuo mento, mascalzone! >>
Piero, sempre più perplesso disse << Salvo, vieni con me? >>
Salvatore era un anno più piccolo di Piero, ma erano come fratelli, l’uno lo scudo dell’altro.
Allora il ragazzo, che guardava divertito la scena, rispose.
<< Non posso, devo aiutare mia madre a preparare qualcosa da mangiare per mio fratello. Per spedirglielo al fronte… >>
Un velo di tristezza calò sugli occhi del ragazzo, risvegliando il fantasma della guerra, di cui loro non avvertivano traccia. Piero prese di nuovo la bicicletta e con gran velocità raggiunse la casa del compare.
Cosimo era stato il padrino di battesimo del fratello di Salvatore e tutti, nelle loro famiglie, avevano preso l’abitudine di chiamarlo in quel modo.
Piero pedalò per le strade fatte interamente costruite con le chianche del paesino, sussultando sulla bicicletta ogni qual volta che passava in una buca. Finalmente, dopo dieci minuti, arrivò alla casa di compare Cosimo. Da fuori si sentiva un gran rumore provenire dall’interno. Poggiò la bicicletta alla porta dell’abitazione e, con le nocche delle dita, bussò.
<< Chi è? >> chiese una voce dentro.
<< Sono Piero. Compare Cosimo… >>
Prima che il ragazzo ebbe terminato la frase, gli aprirono la porta.
<< Prego, entra. >>
Una ragazza dai morbidi capelli ramati raccolti in una reticella si presentò davanti ai suoi occhi. Indossava un leggero vestito celeste ed grembiule le cingeva dolcemente i fianchi appena accennati. Gli fece cenno d’entrare.
<< Piacere, Piero. >> disse elegantemente il ragazzo, poco abituato alle formalità, con un piccolo inchino e con un leggero baciamano.
Dopo quel gesto, la ragazza iniziò a ridere.
<< Suvvia, lascia da parte il galateo! Mi chiamo Teresa. >> disse allegramente, tendendogli la mano. Lui la strinse e si accorse di quanto fosse delicata la sua pelle bianca. Con impacciati movimenti e biascicate parole, si misero al lavoro. Dopo un intero pomeriggio finirono, e per ricompensare la fatica, lei lo invitò a sedersi sulla terrazza, dove si poteva ammirare tutto il paese, con una spremuta di limoni. Si sedettero su delle sedie in vimini e, sorseggiando la spremuta, chiacchierarono, osservando il cielo dorato con la cupola della Cattedrale che si stagliava imponente.

<< Quindi quest’estate compirai diciotto anni? >> chiese Teresa.
<< Sì, esattamente il… 14 luglio. >>
<< Presa della Bastiglia. Sei ribelle? >>
<< Come lo sai? >>
<< Cosa? >>
<< La presa della Bastiglia. >>
<< Leggo. Troppo, ma leggo. >>
<< Anch’io! La biblioteca vicino alla chiesa è la mia meta ogni domenica! >>
Con gli occhi che brillavano, Teresa disse << Se vuoi… >>
<< …possiamo andarci insieme domenica. >> disse Piero a metà tra lo stupito e il felice.
<< Affare fatto! >> esclamò la ragazza entusiasta.
<< Forse dovrei iniziare a tornare a casa…Sta per fare buio. A domenica, Teresa! >>
<< Arrivederci, Piero. >>
Presa un’altra volta la bicicletta, Piero pedalò fino a casa sua, dall’altra parte del paese. Durante il tragitto, contò i giorni che rimanevano fino alla domenica.
<< Uhm…Due. Cosa vuoi che siano… >> disse tra sé e sé.

  
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