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Autore: ranyare    26/01/2014    1 recensioni
Aslan ha abbandonato Narnia da molti secoli e solo pochi, strenui abitanti di Narnia credono nel suo ritorno: fra loro, inaspettatamente, c'è anche il giovane condottiero che ha tradito Telmar per guidare i narniani alla rivolta.
La guerra si profila all'orizzonte ma Caspian, assieme agli Antichi Re ritornati dal passato, potrebbe non essere in grado di far fronte a questo scontro che promette di stroncare fin troppe vite.
Ma un potere antico, quasi dimenticato, è pronto a giungere in loro soccorso, col volto di quattro fanciulle nate dallo stesso sangue di Narnia.
[CORREZIONE CAPITOLI: 05/35]
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Miraz, Peter Pevensie, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Narnia's ~R~'
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34 chap

Narnia's Rebirth
47th Chapter

The End of every Story - Xandria

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-Sei una disgraziata!-

Siria si lasciò sfuggire un sorriso quando Mirime la apostrofò in quel modo mentre la scaricava – poco carinamente, fra l’altro – sulla riva del Grande Fiume da cui, pochi minuti prima, erano apparsi Lucy e il leone.

-Me lo dice sempre anche Tallie, sai?- replicò, sarcastica, guadagnandosi uno di quegli sguardi pieni di bonaria disapprovazione che tante risate le avevano strappato da bambina.

-E fa bene!- mugugnò la pleiade, rassettandosi gli abiti e ravviando le ampie maniche della tunica argentea sul dorso delle mani.

Entrambe, istintivamente, scoccarono un’occhiata in direzione del mastodontico felino che sedeva accanto alla piccola Pevensie, in paziente attesa degli altri regnanti che stavano attraversando il corso d’acqua per raggiungerli; Siria rabbrividì e Mirime si rabbuiò, prima di spostare la propria attenzione sulle tumultuose correnti che si stendevano dinanzi a loro.

-Io devo …- cominciò, ma subito una morsa gelida le serrò impalpabili artigli di ghiaccio sul petto, quasi impedendole di respirare.

Siria, a disagio, si strinse le braccia attorno alle spalle per cercare di lenire quella sensazione che anche lei avvertiva, lanciando intanto all’amica uno sguardo disperato.

Aysell non era riapparsa.

L’ira della Guardiana e del fiume aveva travolto ogni cosa, spazzando via le velleità guerresche da ambo le parti e lasciando dietro di sé un’atmosfera tanto quieta da apparire surreale: i telmarini, miti e penitenti, sfilavano davanti alle guardie di Cornell e abbandonavano le proprie armi ai piedi dei narniani prima di unirsi ai propri compatrioti sotto lo sguardo attento delle truppe di Narnia.

L’esplosione di quella rabbia aveva decretato la fine della battaglia, la vittoria dei Pevensie, di Caspian… ma quale prezzo avevano dovuto pagare?

In un riflesso dettato più dall’abitudine che da un pensiero vero e proprio, Mirime espanse la propria coscienza per cercare quella di Aysell, nel tentativo di smorzare l’angoscia che si era ersa attorno all’anima della bionda per impedire a chiunque di entrare; la piccola naiade, però, sembrava essersi completamente smarrita nel proprio dolore, e si era lasciata sprofondare in una misericordiosa apatia che, tuttavia, impediva alle sorelle di contattarla.

Lei e Siria si scambiarono un’occhiata ansiosa e anche Talia, da un angolo delle loro menti, condivideva la loro angoscia. La reazione della biondina le aveva spaventate a morte – sentire quel baratro scavarsi nel petto, viverlo come se stesse per inghiottire anche loro, era stato terribile.

Mirime chiuse gli occhi, richiamando alla memoria tutte quelle tecniche di meditazione e di estraniamento che aveva affinato nel corso dei lunghi secoli passati in solitudine. Inspirò profondamente, permettendo all’aria di riempire ogni particella del suo corpo e lasciando che il vuoto spaventoso che aveva risucchiato Aysell  che le ghermiva l’anima in quella stretta orribile – scivolasse via dalle sue carni mentre, lentamente, espirava.

Inspira, espira.

Ripeté l’esercizio un paio di volte, lasciando che Siria e Talia – molto più inesperte di lei – beneficiassero della calma di cui si stava riappropriando. Solamente quando fu certa di poter impedire alle emozioni delle sue sorelle di condizionarla e riacquistato il serafico autocontrollo che la caratterizzava, l’antichissima ninfa si permise di schiudere le palpebre, rivolgendosi poi alla rossa.

-Vado a cercare Aysell.- affermò pacata.

Siria annuì senza obiettare, seguendola con gli occhi mentre la pleiade si avvicinava, fluttuando, alla superficie dell’acqua; e sorrise, un sorriso mesto e triste, quando la vide svanire in uno sbuffo vaporoso – e lei comprese che era mutata in aria pura: era l’unico modo che avesse per avvicinarsi alla coscienza di Aysell, dispersa nella sofferenza che aveva riempito le correnti del fiume.

Mirime l’avrebbe riportata indietro.

Sospirò, tentando di mantenere i pensieri limpidi e di continuare a respirare lentamente come aveva fatto la mora. La reazione di Aysell non l’aveva sorpresa: l’aveva terrorizzata, questo sì, ma non sarebbe stata sincera se avesse detto di non essersi aspettata qualcosa del genere.

Quando aveva visto cadere Mairead – inspira, espira –, quando Sopespian aveva assassinato in quel modo tanto vile la Sovrana delle Naiadi, aveva saputo immediatamente che Aysell non sarebbe stata in grado di sopportare quella vista.

Mairead era stata, per tutte loro, ciò che poteva avvicinarsi di più ad un ideale materno: le aveva accolte nella propria casa, le aveva protette, aveva insegnato loro quei princìpi che le avevano rese ciò che erano diventate… ma, per Aysell, era stata anche di più.

Quando i genitori delle due sorelle naiadi erano stati brutalmente uccisi durante l’assalto di Caspian il Conquistatore, Aysell era ancora molto piccola; Shaylee, anch’essa molto giovane, era riuscita a portare entrambe in salvo nel Regno delle Naiadi appena in tempo. La Sovrana le aveva immediatamente prese con sé, occupandosi personalmente di quelle due bambine sperdute che erano state costrette ad assistere all’orrendo sterminio della propria famiglia.

Quella donna formidabile le aveva cresciute: dopo il traumatico incidente dello scambio dei loro poteri aveva permesso a Shaylee di approfondire la conoscenza di quella magia – sapendo che sarebbe tornata utile anche ad Aysell, nel momento in cui si fosse riappropriata del proprio elemento – e di diventare una delle sue guardie personali; aveva tenuto con sé Aysell, che era cresciuta sotto le sue amorevoli cure e la sua guida saggia e paziente, fino a che la Sovrana non aveva dovuto ammettere che, con Mirime, la sua diletta sarebbe stata più al sicuro – fino a che non si era resa conto di quanto Aysell fosse infelice, lì, in mezzo a persone che possedevano ciò che lei aveva perduto.

Aysell non aveva molti ricordi dei propri familiari, rifletté Siria mentre guardava, malinconica, il fiume: i genitori le erano stati strappati troppo presto, quando ancora la sua memoria non avrebbe potuto trattenere molto di loro e quando il trauma della perdita della magia aveva prevaricato quasi tutto il resto… l’unica madre che Aysell aveva conosciuto era stata Mairead.

Una risata calda e preponderante la strappò bruscamente ai suoi cupi pensieri, facendola sobbalzare e voltare immediatamente verso il piccolo capannello di persone che si era assiepato dinanzi al Grande Leone di Narnia.

Un miscuglio d’ira e di sgomento la invase quando si accorse che a produrre quel suono cangiante e affettuoso era stato proprio quel felino ipocrita: come poteva ridere in un momento del genere?

Mairead era morta, santo cielo!, Aysell si era rinchiusa nel proprio muto dolore, il numero dei cadaveri rimasti sul campo di battaglia doveva essere immenso, avevano rischiato di lasciarci la pelle tutti quanti… che motivo aveva, lui, di ridere?

Serrò le dita sull’impugnatura metallica dello scettro, costringendosi ad impedire a quelle emozioni indignate di imperversare liberamente in sé – inspira, espira –, nonostante continuasse a sentirsi profondamente oltraggiata da quell’atteggiamento superficiale.

Decise di concentrarsi su ciò che stava succedendo nel complesso, piuttosto che sui dettagli: Lucy era ancora accanto al leone e sorrideva in direzione dei fratelli e di Caspian, umilmente inginocchiati dinanzi al maestoso signore di tutta Narnia; Aslan disse qualcosa e i tre Pevensie si alzarono – Siria vide l’imbarazzo ed il sollievo rincorrersi sui loro volti familiari… ma Caspian rimase dov’era, con la testa china verso il basso e la mano destra serrata sull’elsa della spada.

Attratta da quella figura snella, dal lucore argenteo della sua armatura e dalla curva morbida dei suoi capelli scuri, Siria mosse qualche passo lungo il profilo del corso d’acqua, avvicinandosi senza però mostrarsi apertamente ai Pevensie o al principe; Aslan la scorse ma non disse nulla, limitandosi a rivolgerle un rapido sguardo prima di riportare la propria attenzione su Caspian.

-Tutti.- decretò, abbracciando con una sola occhiata ciascuno dei Re e delle Regine di Narnia – e Siria comprese che, con quelle parole, Aslan stava chiamando a sé coloro che aveva scelto per regnare su quel mondo che lui stesso aveva creato.

Sorrise, la giovane donna, vedendo Caspian sollevare il volto senza, però, alzarsi in piedi nonostante il richiamo del leone; commossa si strinse le mani al petto, sentendosi intimamente fiera di lui e dell’umiltà che gli era sempre mancata ma che ora, finalmente, dimostrava di aver imparato.

-Non credo di essere degno di questo titolo.- mormorò infatti il ragazzo, sostenendo lo sguardo profondo di Aslan senza timore.

Il leone, però, sorrise.

-Proprio per questo, invece… lo sei.- lo contraddisse, con quella voce pacata e serena che Siria trovava quasi innaturale, date le circostanze.

Caspian sussultò ma non si oppose, arrendendosi all’atavica e profonda sensazione di sicurezza che le parole di Aslan trasmettevano, alzandosi lentamente in piedi e scambiando un’occhiata imbarazzata – sollevata – con Edmund.

Il leone annuì, soddisfatto.

-Ti sei comportato come il migliore dei Re, quest’oggi. Sarai in grado di farlo per il resto della vita, principe Caspian?- gli domandò, improvvisamente solenne come non era stato fino a quel momento – e, in qualche modo, la sua voce echeggiò in un modo completamente diverso fra i narniani, che si volsero verso il loro signore ed il principe che li aveva guidati alla vittoria.

Siria si guardò intorno, sorpresa: l’ascendente che Aslan aveva sulle creature viventi aveva attratto su di lui l’attenzione di tutti i guerrieri presenti, telmarini o narniani che fossero, interrompendo qualunque cosa stessero facendo per assistere a ciò che lui desiderava che vedessero.

Telmar e Narnia furono una cosa sola, in quell’istante, davanti al giovane uomo che sarebbe diventato il loro Re.

Riportò i propri occhi su Caspian, Siria, in tempo per vedere il principe, resosi conto di essere osservato dall’interezza di quello che sarebbe divenuto il suo nuovo popolo, raddrizzare le spalle ed ergersi in tutta la sua altezza, sostenendo senza insicurezza gli occhi profondi del Grande Leone.

-Fino a che avrò fiato in corpo, mio signore.- affermò, determinato e deciso come Siria non lo aveva mai visto, stringendo la mano destra sull’elsa della spada e lanciando uno sguardo intenso in direzione di coloro che stavano ascoltando le loro parole. -Narnia e Telmar sono la mia casa e la mia famiglia. Li guiderò al meglio delle mie capacità e li proteggerò a qualunque costo.-

La raminga, a quelle parole, sentì il cuore riempirsi di commozione.

Come di riflesso alla sua reazione gioiosa, la rossa quasi poté sentire il numeroso pubblico trattenere il fiato, in attesa della risposta del leone. Aslan, cogliendo quella tensione, si concesse un altro piccolo sorriso ed annuì.

-Ricorda questo tuo giuramento, Caspian, quando i tempi si faranno nuovamente bui.- mormorò, rivolto a Caspian.

Peter e Susan si spostarono in fretta quando il leone avanzò per sporgersi sul troncone del ponte, rivolgendosi così alla moltitudine eterogenea di umani, animali e creature fatate che avevano osservato quel breve dialogo con il principe e che – Siria se ne accorse subito – parevano in trepidante attesa delle parole dell’antichissimo protettore di Narnia.

-Quest’oggi, davanti alla Grande Magia e agli antichi Regnanti, Narnia accoglie il Re che la guiderà verso una nuova pace ed un nuovo splendore!- declamò, lanciando un ruggito entusiasta verso il cielo – ma anche la sua voce tonante scomparve nel giubilo entusiasta del popolo.

La strega si voltò di scatto, stupefatta, quando l’ovazione esplose fra le fila dei narniani e degli umani che, come un sol uomo, avevano scagliato i pugni al cielo e lanciato le loro grida di gioia in direzione di Caspian.

Non erano soltanto le creature di Narnia ad accogliere festosamente Caspian come nuovo Re: anche i telmarini, disarmati e inermi, stavano esultando con pari gaudio per il principe che avevano combattuto sotto la guida di Miraz. Allibita, incapace di credere a ciò che stava vedendo e udendo, Siria li osservò mentre acclamavano a gran voce il giovane principe – Re –, sorridendo come non li aveva mai visti fare e abbracciandosi l’un l’altro.

Telmar aveva sofferto, sotto il giogo di Miraz.

Quella riflessione repentina la colpì profondamente.

Nel corso della sua vita si era costretta a vedere i telmarini come il nemico, li aveva odiati con tutto il cuore per quello che avevano fatto ai suoi genitori, li aveva combattuti e uccisi per portare i narniani alla vittoria… ma, comprese, molti di loro avevano agito sotto gli ordini di un usurpatore crudele e del suo degno successore, e non potevano essere totalmente biasimati per aver obbedito agli ordini di un dittatore che, se si fossero dimostrati poco solerti, li avrebbe certamente fatti uccidere.

Come cambiavano le prospettive… se, solo qualche settimana prima, le avessero detto che avrebbe assistito ad una gioia genuina come ciò che stava avvertendo scorrere nei soldati telmarini, non avrebbe mai potuto crederci.

Turbata da quella consapevolezza, ma felice di vedere un popolo festeggiare l’avvento di un Re che avrebbe portato finalmente pace e cambiamento nella sua esistenza, la ragazza riportò la propria attenzione su Caspian, che stava parlando con Peter e sorrideva come lei non lo aveva mai visto fare prima d’allora.

Caspian sarebbe diventato un grande Re.

Qualcosa le si spezzò dentro, a quel pensiero, ma s’impose di non lasciarsi abbattere dalla consapevolezza crudele che le riempì l’animo di un gelo che nulla aveva a che fare con la maledizione della Strega Bianca.

Scosse la testa, sciogliendo con rapidi gesti i capelli e lasciando che l’avvolgessero nel familiare tepore del loro abbraccio scarlatto; dopo qualche istante avvertì un sibilo lieve, qualche passo misurato e quattro presenze che si accostavano a lei, rimanendo educatamente a pochi metri dalla sua persona.

-E adesso?-

Caleb.

Sorrise, Siria, voltandosi verso quei compagni che le erano sempre stati accanto con una dolcezza immensa in quegli occhi blu finalmente sereni e limpidi.

Nonostante tutto… loro erano ancora lì, tutti e quattro. Erano ancora al suo fianco, com’era sempre stato – ma come, probabilmente, non avrebbe più potuto essere.

Erano giunti all’inizio di un nuovo sentiero, proprio come Caspian.

Aaron ardeva dell’amore che Susan gli aveva insegnato, quell’amore in cui lui per primo – proprio come sua sorella – aveva sempre, testardamente affermato di non credere; Tara aveva Edmund, che le sarebbe rimasto accanto a qualunque costo, e suo fratello, che stringeva fra le dita la mano delicata di Talia.

Tallie.

Siria sentì il cuore stringersi al pensiero di quanto dolore avrebbe causato la sua decisione proprio a lei, alla sua compagna di vita, che già tanto aveva sofferto a causa sua; il modo in cui la mezz’elfa la stava guardando in quel momento le faceva intuire che lei già sapesse…

-Adesso si va avanti.- sospirò, lanciando una breve occhiata all’altera figura di Aslan; una fitta d’inquietudine, nel guardarlo, le attraversò il petto. -Adesso è ora che io me ne vada.- aggiunse, piano, avvertendo le iridi velarsi di tristezza.

Non c’era posto per lei – per una strega – a Narnia… gli occhi le si colmarono di lacrime quando si rese conto di cosa comportava la scelta che aveva appena preso: sarebbe partita, in silenzio, senza disturbare, senza attirare l’attenzione su di sé…

Non era più una minaccia per Narnia, forse non lo era davvero mai stata… ma il suo posto, il luogo adatto a lei, non era quello – non era accanto ad un Re, non era sul trono che, una volta, era appartenuto a Jadis.

Non era con Caspian.

Si volse, scoprendosi incapace di guardare i volti dei suoi compagni inorridire in risposta alle sue parole, sentendo la frustrazione e la rassegnazione pungerle fastidiosamente le palbebre socchiuse.

Sarebbe andata a nord, magari; il fuoco che le ardeva nel petto si sarebbe progressivamente spento a contatto con i ghiacci eterni che regnavano appena dopo Ettins…

-Non così in fretta.-

Un brivido, un sussulto, una paura ancestrale nel sangue.

Siria s’irrigidì di botto, allarmata, quando il suono della familiare voce profonda e rimbombante la inchiodò lì dov’era.

Alzò lo sguardo, lentamente, avvertendo il sangue vibrare di terrore ad ogni respiro… e gli occhi di Aslan, quei penetranti occhi bruni, accolsero la sua incertezza in una determinazione tale da farla fremere.

Improvvisamente, gli sguardi dei Re e delle Regine si spostarono su di lei: Lucy, Edmund, Susan, Peter… Caspian… e tutti gli altri, i suoi compagni d’armi e i soldati telmarini, i narniani e le creature portate da Aslan: tutti, indistintamente, arretrarono di qualche passo, lasciando la strega sola a confrontarsi con il leone.

Fu uno sforzo immenso, per Siria, mantenere la calma.

Lo sguardo di Aslan era perforante e annientava ogni suo tentativo di muoversi, inibendo la forza nelle sue gambe – quella forza che le sarebbe servita per fuggire via da quel luogo e dalla paura che l’esistenza stessa del leone accendeva in lei –; le impediva di fare qualsiasi cosa, tranne ricambiare quello sguardo tagliente e antico di migliaia di anni con la triste serenità di chi già sa cosa l’aspetta.

-Hai combattuto valorosamente, Strega Rossa.-

Se Siria fosse rimasta sorpresa da quell’epiteto, da quel nome, non lo diede minimamente a vedere: intravide Peter e Caspian trasalire nel sentirla nominare con quel titolo dal suono pomposo che, lei lo sapeva, le apparteneva da quando era venuta al mondo.

-Ho fatto ciò che ritenevo giusto.- fu la risposta calma, laconica e misurata che diede all’imponente felino; lo scettro della Strega Bianca brillava placidamente nella vivida luce del Sole, stretto saldamente nel suo pugno sinistro.

-E ritieni giusto, adesso, andartene?-

Siria non lo vide, ma fu sicura di sentire il respiro di Caspian mozzarglisi nel petto. Annuì, ostentando una tranquillità che non possedeva, chiudendo un istante gli occhi per mascherare il dolore.

-Narnia non è posto per una… strega.- affermò – ma la sua voce, quando pronunciò quel termine tanto odiato, si spezzò.

Aveva combattuto per Narnia. Aveva lottato e aveva sofferto pur di far sì che la giustizia trionfasse sulla tirannia di Telmar, pur di restituire ai narniani la loro terra – la sua terra… e la sua vita, che respirava in quel ragazzo dai capelli scuri che la stava guardando con un misto di dolore e incredulità che sbocciava negli occhi.

Perdonami, Caspian.

-No, Narnia non è nata per una strega come te.- concordò Aslan, stranamente atono: quelle parole furono una pugnalata, per lei, una condanna terribile a cui non si sarebbe mai potuta preparare abbastanza.

Sospirò, chinando il capo davanti a quella verita che non poteva assolutamente negare: Aslan aveva ragione, lei era una strega e discendeva dalla più terribile di tutte loro. Jadis non era nemmeno nata a Narnia, come poteva anche solo sperare, Siria, di poter avere un posto in quel mondo che non era suo?

-Ma tu non appartieni solamente alla stirpe di Charn.-

Trasalì, la strega, quando Aslan nominò il regno perduto che era appartenuto alla Strega Bianca.

Jadis era giunta a Narnia dopo essere stata liberata dalla propria prigionia da un giovane ingenuo che, in seguito, l’aveva sconfitta e aveva donato a Narnia una protezione che era perdurata per moltissimo tempo. La strega, però, non era originaria di quel mondo: Jadis era stata una principessa di Charn, un regno che ella stessa aveva condannato e da cui era fuggita prima di subirne la medesima, inesorabile sorte.

Lei aveva imparato quella storia da piccola, quando Mairead gliel’aveva raccontata: ma a che cosa si riferiva, Aslan, dicendo che lei non discendeva solamente dalla stirpe reale di Charn?

Il leone, scorgendo la sua confusione, le rivolse un sorriso sorprendentemente dolce e comprensivo.

-Nel tuo sangue c’è più Narnia di quanto tu possa capire, Siria… e sei mia figlia, la figlia che ho perduto migliaia di anni fa.- le sue parole si colorarono di un affetto del tutto nuovo, per lei; e, per la prima volta, si sentì quasi a proprio agio dinanzi a lui – quasi come se il suo retaggio di strega, che provava repulsione nei confronti di Aslan e le urlava incessantemente di fuggire, si chetasse davanti alla consapevolezza di essere qualcosa che quel suo padre ancestrale aveva amato ed amava tuttora.

Siria gli rivolse uno sguardo timido e impacciato, sentendosi arrossire davanti al calore che poteva scorgere nelle iridi brune di Aslan. Non riusciva a credere che fosse così facile… lei era una strega, una strega proprio com’era stata Jadis: che altro c’era da dire?

-Tu appartieni a Narnia, Strega Rossa, e così al suo Re.-

Nel volto di Talia si schiuse un sorriso, a quelle parole, ma gli occhi della raminga s’adombrarono; sorrise ancora, Aslan, quando Siria chinò il capo.

-Accanto al Re di Narnia non può stare una strega…- mugolò lei, pronunciando quella condanna con più sofferenza di quanta la sua anima fosse disposta ad accettare: tutto in lei si stava ribellando a quelle parole, ma Siria non avrebbe mai permesso che una strega – una strega della stirpe di Jadis, checché ne dicesse quel grosso gatto – tornasse a mettere piede sul trono di Narnia.

Perché Aslan non voleva capire? Il suo era soltanto il disperato desiderio di tenere la sua gente al sicuro… come poteva, lui, obiettare davanti a quella semplice verità? Una strega non poteva avvicinarsi a quel ruolo di potere, non a Narnia né in nessun altro luogo, sarebbe stata una scelta incosciente e pericolosa – il potere, alle streghe, dava alla testa.

-Vero.- fu Peter a fermare Caspian e a zittirlo prima che intervenisse, ma Siria poté comunque vedere che i suoi occhi neri erano sempre più disperati e pieni d’angoscia. -Ma è anche vero…- continuò Aslan, imperterrito, apparentemente ignaro del dolore silenzioso del giovane Re al suo fianco. -…che hai combattuto come una strega non ha mai fatto.-

Siria alzò repentinamente gli occhi, stupita da quell’affermazione che non si sarebbe aspettata – trovando, in risposta al suo sguardo, un enigmatico sorriso sul volto fiero del leone.

-Hai giurato di servire Narnia ed i suoi Re. Ora io ti chiedo di pronunciare ancora quelle parole, giurando col sangue. Giurando a me.-

Tutti trasalirono a quella richiesta, confusi, ma a Siria servì soltanto un istante per comprendere.

Un giuramento col sangue era tutto ciò che esisteva di sacro a Narnia: nessuno poteva spezzare quella promessa se non con la morte o adempiendovi alla lettera, perché era un legame che trovava la propria sacralità nelle radici della Grande Magia a cui persino Aslan era costretto a sottostare. Lei ne aveva già stretto uno anni prima, il sigillo di Iona, che aveva consumato sacrificandosi nel proprio potere. Conosceva gli effetti di quella magia e sapeva che sarebbe stato un voto che l’avrebbe indissolubilmente legata ad Aslan, ai Pevensie, alla neonata casa reale – a Caspian.

Aslan le stava chiedendo di giurargli fedeltà, di onorare col sangue una promessa che l’avrebbe resa sua vassalla e suddita legittima; le stava chiedendo di andare contro lo stesso istinto di ogni strega e di bandire l’ombra di Jadis da sé, immolandosi ad una nuova causa e ad una nuova vita.

Aslan le stava offrendo una strada.

Le stava dando la possibilità di scegliere e di decidere cosa fare della sua vita, come mai aveva potuto fare da quando la Strega Bianca gli aveva strappato la possibilità di esserle padre. Qualcosa le diceva che, se avesse scelto la via della fuga e della solitudine eterna fra i ghiacci del Nord, l’avrebbe lasciata andare; e la stessa vocina le suggeriva che restare sarebbe stato difficile, che sarebbe stato arduo accettarsi e imparare a conoscere quella parte di lei che per tanto tempo aveva rinnegato.

Se fosse rimasta…

I soldati avevano esultato quando era comparsa fra loro, durante la battaglia. L’avevano seguita, avevano combattuto al suo fianco, avevano ubbidito ai suoi ordini e le avevano permesso di guidarli e di spronarli… e avevano sempre saputo chi era, cos’era.

Le sue sorelle non l’avrebbero lasciata andare facilmente, non dopo averla creduta morta, non dopo tutto quello che era successo: ebbe una fugace visione della reazione che avrebbe potuto avere Aysell e non riuscì ad evitare di sorridere appena, divertita.

In quel momento, davanti ad un crocevia che avrebbe cambiato per sempre la sua esistenza, Siria si volse verso Talia.

La mezz’elfa era a poche iarde da lei, impugnava il suo bell’arco archeniano e sembrava che non avesse aspettato altro che di essere interpellata dall’amica; sorrise, Talia, e Siria sentì il cuore riempirsi di un calore meravigliosamente familiare che le trasmise una pace che mai era riuscita ad assaporare davvero.

Qualunque decisione lei avesse preso, Talia non l’avrebbe abbandonata; ma la sua amica sapeva bene che Siria aveva già scelto.

La rossa estrasse la spada con la mano sinistra, mentre con la destra piantò nel terreno al proprio fianco lo scettro di Jadis. L’elsa di Kain brillò di gloriosi riflessi corvini nella luce calda del Sole quando Siria posò delicatamente la sua lama d’acciaio bianco sul palmo; un profondo, bruciante solco scarlatto si disegnò immediatamente sulla sua pelle eburnea – e là, dinanzi ad Aslan, lei chinò il capo e s’inginocchiò.

Davanti al signore di Narnia e di mille altri mondi lei s’inchinò e rimise la propria vita a lui, come un anno prima aveva promesso al cospetto dei Re di quel regno a cui lei sentiva di appartenere, abbassando la testa – e, con essa, il proprio orgoglio – in un muto segno di resa.

-Lo giuro.- affermò, alzando poi lo sguardo per cercare quello di Aslan: il suo padre ancestrale era là, maestoso come la divinità che era, e la guardava con un cipiglio tale che avrebbe spaventato qualunque essere vivente.

Eppure, per la prima volta, lei non ebbe paura.

-Con il mio sangue e con la mia magia io giuro di porre entrambi al servizio di Narnia e del Re che è e del Re che verrà. Come strega, come guerriera e come donna io oggi mi inchino a te, mio signore, ed offro a te e ai tuoi diletti il mio onore e la mia anima senza alcuna riserva.-

Il giuramento le salì in gola con spontaneità, come se – in qualche vita passata – qualcuno le avesse insegnato quelle parole ed il loro significato; ed ora, finalmente, tutto acquisiva quel senso che lei non aveva mai potuto comprendere prima.

Sorrise appena, sentendo l’energia del Fuoco vibrare nei battiti rapidi che le scuotevano il cuore: stava succedendo qualcosa, dentro di lei, e tutta la sua magia sembrava volersi innalzare per godere di quel mutamento che le aveva acceso un tumulto inestinguibile nel petto.

-Come figlia, invece, padre mio, ti offro in dono la sincerità del mio cuore, che però appartiene solo e soltanto al tuo Re.- sussurrò, ma Aslan annuì e si aprì in un’espressione di pura gioia che riuscì ad intenerirle l’animo.

E poi ruggì, cogliendola di sorpresa, volgendo l’enorme testa verso il cielo.

Siria avvertì improvvisamente un bruciore sul palmo della mano destra, là dove il taglio che si era inferta pizzicava un po’; abbassò gli occhi sulle proprie dita, macchiate di sangue, appena in tempo per vedere un’ombra dorata snodarsi sulla propria pelle.

Sobbalzò, allarmata, ma non si mosse quando – seguendone l’evoluzione – vide quella polla del colore dell’oro brunito prendere forma sul suo braccio.

Un nuovo tatuaggio, completamente diverso dalla fenice che le danzava sulla schiena e dal Sigillo di Iona che aveva portato, marchiava ora indelebilmente la sua pelle, dal palmo fino al gomito. Una fiamma nasceva nell’incavo dell’avambraccio, serpeggiando e circondando la sua pelle fino alla mano dove, stilizzato eppure maestoso, un leone spalancava le sue fauci in un silente ma tonante ruggito.

Sorrise, Siria, riconoscendo in quel raro simbolo il sigillo di Aslan.

-Alzati, Siria, Strega Rossa e Paladina del Fuoco, quarta delle Figlie di Aslan e nuovo Generale dell’esercito di Re Caspian.-

Siria obbedì, rinfoderando Kain e rialzandosi in piedi nel silenzio più totale, tornando con lo sguardo al signore di Narnia.

E non provava più paura, adesso.

-Finché onorerai il tuo giuramento, il marchio sul tuo braccio mostrerà al mondo la tua lealtà.- le spiegò il leone, la voce gentile, quasi carezzevole. -Ed il tuo posto, figlia mia, non può essere che accanto al tuo Re.- aggiunse dopo un istante, e Siria avrebbe potuto giurare di averlo visto rivolgerle un occhiolino; non ebbe però il tempo di sincerarsi di quel dettaglio, poiché la sua attenzione venne immediatamente catalizzata dalla figura del giovane uomo che stava correndo verso di lei.

Davanti ad Aslan, ai Pevensie e agli eserciti di Telmar e di Narnia – davanti all’interezza del popolo che era appena divenuto suo – Caspian la raggiunse di slancio e la sollevò in un abbraccio entusiasta, facendola volteggiare in aria mentre il ruggito trionfante dei narniani echeggiava in tutta la valle del fiume. Siria rise, sopraffatta dal sollievo e dalla gioia, accorgendosi solamente in quell’istante di avere gli occhi pieni di lacrime; si abbandonò dolcemente fra quelle mani tanto amate che la posarono delicatamente a terra, stringendolo forte al petto e riempiendosi il cuore dell’odore familiare della sua pelle.

Pace, amore, serenità – in quell’attimo lei seppe che non avrebbe mai più dovuto errare alla ricerca di ciò che le era sempre mancato, che avrebbe potuto lasciar andare la sua nomea di raminga e permettere ai sogni e alle speranze di tornare a colmarle l’animo di quel bruciante, estatico desiderio di vivere.

Per la prima volta in tutta la sua vita Siria si arrese a quel pianto liberatorio e felice che le aveva reso ostici i respiri sino a quel momento, celando il visetto nel familiare angolino della clavicola di lui da cui nulla e nessuno avrebbe più potuto portarla via.

Caspian, emozionato quanto lei, le accarezzò una guancia e la baciò teneramente sulla fronte, attirando lo sguardo di lei nel proprio.

-Non osare mai più allontanarti da me. Non pensarlo neanche.- le intimò, col respiro affannoso che si mischiava a quello della ragazza e le iridi piene di sollievo e di sentimento.

Lei rise ancora, persa nel calore di quegli occhi scuri e meravigliosi, annuendo vigorosamente a quell’ordine.

-D’accordo.-

 

Il fiume era di nuovo tiepido e calmo, ma lei – di cui non rimaneva che una corrente gelida – si ostinava a non lasciarsi avvolgere dal calore rassicurante dei flutti.

Aveva freddo, Aysell, ma non era l’acqua che la circondava a far rabbrividire quel poco di coscienza di sé che non si era lasciata annegare nella furia: quel ghiaccio lei ce l’aveva nell’anima da secoli, ma vi si era talmente abituata da averlo quasi dimenticato.

Quasi.

Era una parte con cui aveva imparato a convivere da molto tempo, ormai; ultimamente credeva di essere riuscita ad assumerne definitivamente il controllo, di poterla governare e reprimere nei momenti in cui non era in grado di trattenerla del tutto… adesso però quel cancro d’angoscia e solitudine si era risvegliato, nutrito dal dolore che le era scoppiato dentro quando aveva visto cadere Mairead.

Quelle spire senza vita le si erano avviluppate allo spirito lentamente, come un mostro che cresce in un irrequieto dormiveglia: ad ogni sguardo di coloro che la guardavano, compatendola – povera piccola Guardiana spogliata del proprio potere –, ad ogni alba vissuta in quell’eremo sperduto in cui lei e Mirime avevano dovuto rifugiarsi, qualcosa che avrebbe dovuto essere rigoglioso e rifulgente appassiva un po’ di più, un petalo alla volta.

C’era ancora qualcosa di vivo, dentro di lei?

Probabilmente la risposta a quella domanda era un un poco amaro, agrodolce: sì, indubbiamente c’era un qualcosa che si ostinava testardamente a sopravvivere – quel qualcosa che poteva ancora soffrire.

Prima Siria, che avevano quasi perduto, poi… Mairead… come poteva, quel misero rimasuglio, sopportare così tanto dolore in così poco tempo?

Avvertì la coscienza familiare di Mirime accostarsi alla propria ma la scacciò, trincerandosi in quel gelo che altro non era se non ciò che aveva portato con sé sin da bambina.

Come poteva trovare la forza di lasciarsi riportare alla vita?

No, lei sarebbe rimasta lì, sperduta in quell’Elemento che così a lungo le era stato precluso: quello era il suo posto, e non desiderava altro se non lasciarsi scivolare via.

Eppure qualcosa la tratteneva, la inchiodava lì, la imbrigliava ad un pelo dalla superficie tumultuosa del fiume – Aslan.

Aveva incontrato il Grande Leone solamente un paio di volte in tutta la propria vita, e mai troppo a lungo; forse a causa dell’assenza del proprio potere, forse perché era stata molto piccola in quelle occasioni, non aveva mai compreso che cosa potesse esserci di tanto intenso nel rapporto di una Figlia con quel genitore che le aveva condannate tutte a molteplici destini uno più crudele dell’altro.

Ora, però, capiva.

Aslan era un faro, splendente di calore e di luce, che lei poteva percepire anche senza vederlo. Era una presenza che pulsava di vita e di energia – le stesse che lei rifiutava di cercare in sé, le stesse che lei aveva annegato nella furia e nel dolore – che sembrava guardarle dentro in un modo che non sarebbe mai stata in grado di definire.

-Shaylee.-

La voce profonda e terribilmente rassicurante di Aslan perforò il silenzio ovattato e misericordioso in cui Aysell si era rinchiusa, vibrando in ogni particella di quell’acqua gelida che componeva il suo corpo di Guardiana.

Shaylee doveva essere poco lontana, ma lei non riusciva a sentirla: forse Aslan era una presenza troppo grande perché chiunque altro potesse essere scorto dai suoi sensi nelle immediate vicinanze, o forse era proprio lei, Aysell, a non voler prestare ascolto a quel senso che le avrebbe permesso di distinguere le altre naiadi – quelle naiadi che non l’avevano mai accettata e che le avevano rivolto solo sguardi di sdegno e di compatimento, disgustate da quella bambina menomata che era stata così sciocca da rinunciare alla propria magia.

Si sorprese, tuttavia, di poter udire la voce compita e ossequiosa di Shaylee rispondere garbatamente al Signore di Narnia.

-Mio signore.-

Aysell quasi poté vederla inchinarsi con deferenza al cospetto del felino e, fra sé, si sentì bizzarramente fiera dell’eleganza che stava sicuramente dimostrando davanti ad Aslan. Shay era sempre stata così posata ed educata, a palazzo era diventata la beniamina delle insegnanti di galateo e delle dame di compagnia della Sovrana…

-Sono addolorato per questa perdita. Mairead mi era molto cara.-

Le parole di Aslan le trafissero bruscamente il cuore, spezzando il filo dei suoi pensieri.

Sì, Mairead era stata cara a tutti – era stata cara a lei.

Aveva sempre creduto che Mairead sarebbe stata eterna, che non se ne sarebbe mai andata. Era Sovrana già da molto tempo quando lei e Shay erano giunte al Regno delle Naiadi, persino i Pevensie erano diventati regnanti dopo diversi anni dalla sua ascesa… era quasi una bestemmia affermare che quella donna meravigliosa non esisteva più.

Da qualche parte in quel fiume Aysell gemette, percependo qualcosa di enormemente doloroso stringersi in lei a quel pensiero.

Mairead era stata… tutto.

Per lei – per quella bambina cieca, spaventata e sperduta – Mairead era stata l’intero universo.

L’aveva amata come una figlia, l’aveva difesa dalle angherie di coloro che l’avevano derisa per l’assenza dei suoi poteri, l’aveva cresciuta e aveva accettato di separarsi da lei solamente quando, per Aysell, la sicurezza nel Regno delle Naiadi era venuta a mancare; era stata la sua forza nei momenti di sconforto, la sua guida durante i lunghi secoli che aveva passato come reietta fra la sua stessa gente, la sua protettrice più grande… la sua unica madre.

Una madre che non sarebbe tornata mai più.

Non poteva essersene andata davvero. Mairead c’era sempre stata…

Zanne ghiacciate le sferzarono lo spirito quando dovette ricordare a se stessa che cosa aveva visto – che Mairead non sarebbe più tornata, che non le avrebbe mai più rivolto una carezza o una parola di conforto.

Mairead non c’era più.

Non poteva sopravvivere a quella consapevolezza: il dolore era troppo e lei era così stanca… che male ci sarebbe stato nello smarrirsi in quel baratro di sofferenza?

Non era abbastanza forte per andare avanti, quell’atroce agonia l’avrebbe dilaniata un po’ giorno dopo giorno. Come poteva, lei che era solamente una ragazzina, vivere accompagnata dalla consapevolezza che Mairead non le avrebbe mai più sorriso, che non le avrebbe mai più parlato, che non l’avrebbe mai più abbracciata?

-Tutto il mio popolo piange la perdita della nostra Sovrana.- sentì aggiungere Shaylee, e riuscì a cogliere una profonda tristezza ed altrettanto dolore nella sua voce. -È stata… è stata la migliore delle madri per ognuno di noi.-

Le parole di Shaylee sembrarono dar voce ai pensieri di quella sua sorellina che pareva non volersi destare; quel pensiero riuscì a toccarla come nemmeno Mirime avrebbe potuto fare, rammentandole che anche Shay e le sue sorelle stavano piangendo la scomparsa di quella donna formidabile che le aveva cresciute tutte quante – ricordandole che non era giusto isolarsi, non quando qualcuno che amava stava soffrendo.

-Ti ha insegnato bene.- sentì mormorare Aslan, ma comprese dal suo tono di voce che la sua attenzione si era spostata da Shaylee agli occhi opachi che la piccola aveva sporto sul pelo dell’acqua.

Il fiume, forte come lei sapeva di non riuscire ad essere, la accompagnò con una morbida ondata fin sulla riva, infrangendosi sui ciottoli levigati in migliaia di bollicine candide.

Aslan la guardò con quell’intensità a malapena tollerabile nel momento in cui le correnti si ritirarono dal greto, lasciandosi dietro la figuretta di Aysell, modellata nell’acqua che portava dentro di sé – tuttavia, diversamente da qualsiasi altra naiade, la limpidezza di quel corpo era offuscata, quasi una piccola tempesta turbinasse dentro di lei.

-Aysell, bambina.- il leone la accolse con dolcezza, abbracciandola con quegli occhi caldi e profondi in cui chiunque avrebbe potuto trovare pace e conforto.

E lei rispose a quella dolce chiamata, abbandonando il fiume e muovendo qualche passo incerto sulla terraferma, avvolta da una cascata di capelli d’oro liquido che si mescolava, danzando, alla sua carne mutata.

Prima di raggiungere Aslan e Shaylee, però, si costrinse a fermarsi sul greto acciottolato per raccogliere qualcosa che lo spirito fluviale aveva restituito agli esseri viventi senza che lei se ne accorgesse – tutto ciò che rimaneva della più grande Sovrana che Narnia avesse mai conosciuto, e della più grande donna che lei e le sue sorelle avrebbero mai potuto incontrare: lo scettro di Mairead.

Cercando di non incespicare in quella forma che non le era più familiare, Aysell si avvicinò al Grande Leone e a Shaylee, l’uno imperscrutabile e l’altra ansiosa e preoccupata; la Guardiana si costrinse a mantenere le spalle dritte e il portamento determinato – proprio come Shay, proprio come le aveva insegnato Mairead.

Serrò le piccole mani su quel meraviglioso scettro che tante volte aveva visto in mano alla Sovrana, sentendo il cuore piangere quando scorse gli zaffiri opachi e spenti come stelle defunte; continuando a stringerlo, aggrappandovisi con tutta la disperazione che le riempiva la mente per non lasciarsi cadere a pezzi, si fermò davanti ad Aslan e glielo porse.

-Il fiume lo ha lasciato sulla riva.- affermò, costringendo la propria voce a non tremare e sostenendo lo sguardo perforante del padre.

-Appartiene alla Sovrana delle Naiadi e, questo, lo spirito del fiume lo sa molto bene.- mormorò lui, indecifrabile come il più inestricabile degli enigmi, avvicinandosi appena ad Aysell e sfiorando con la punta del naso il legno bianco dello scettro.

In quello stesso attimo Aysell sussultò, percependo una sensazione calda ed avvolgente risalire l’asta e le sue braccia, colmandola di una pace che non avrebbe creduto di poter più provare; fissò Aslan, stupefatta… ma lui sorrise soltanto, avvolto da quel mistero rifulgente di splendore che quasi accecava gli occhi di chi era in grado di vedere, prima di volgersi verso la più grande delle due sorelle.

-Prendilo, Shaylee.- affermò; e, non appena ebbe parlato, Aysell seppe – in un modo che trascendeva qualunque logica o razionalità – che il destino di Shaylee era legato indissolubilmente a quello scettro, a quel ruolo, a quel titolo.

Shaylee apparteneva al Regno delle Naiadi, così come vi era appartenuta Mairead.

-Cosa?- balbettò la maggiore, sgranando gli occhi davanti all’affermazione di Aslan; scosse la testa, sfregandosi le mani sulle guance che si erano riempite d’imbarazzo, distogliendo le iridi dorate dal leone. -No, io non sono degna, non sono… pronta.- tentò di giustificarsi, facendo un passo indietro, ma Aslan negò appena ed invitò Aysell ad avvicinarsi alla sorella.

-Sei la figlia che Mairead ha designato per succederle, ed è con il favore di Aslan e della Guardiana dell’Acqua che, da oggi, tu regnerai.-

A quelle parole, pregne di un profondo significato che entrambe riconobbero immediatamente, Aysell sorrise appena.

Consapevole di quanto ciò che stava compiendo fosse molto più solenne ed importante di qualunque azione avesse mai compiuto nella propria vita, la Guardiana dell’Acqua avanzò per arrivare a trovarsi davanti a Shaylee, serena ed imperscrutabile in volto esattamente come Aslan; in un lampo di consapevolezza la giovane Figlia capì che la calma surreale che la pervadeva ora apparteneva ad un qualcosa di più grande di loro, che sovrastava qualunque legge pronunciata nel corso dei secoli e che vibrava in ogni singolo millimetro della sua carne e della sua anima.

La Grande Magia era lì, dentro di lei, per designare colei che era degna a proteggere i suoi figli più amati.

Guardò gli occhi dorati di sua sorella, così diversi dai propri, e vide nel suo volto una donna che a lungo aveva atteso di poter sbocciare; vide una coraggiosa guerriera che aveva abbandonato la fanciullezza per indossare le pesanti vesti della maturità; vide il riflesso del sorriso di Mairead nella consapevolezza che stava lentamente soppiantando l’incredulità nei suoi tratti, e comprese che Shaylee sarebbe diventata una delle più grandi Sovrane che le naiadi avrebbero vantato nei millenni a venire.

Le tese lo scettro senza più tremare, e quasi poté sentirlo vibrare quando Shaylee allungò entrambe le mani e chiuse le dita sottili sul legno candido, impugnandolo con una sicurezza che andava oltre ogni sua paura.

E gli zaffiri sfolgorarono di gioia quando la giovane donna accettò se stessa e il proprio destino, proclamandola così novella Sovrana del proprio amato popolo.

Shaylee sorrise, sopraffatta dalla commozione, rivolgendo uno sguardo pieno di gioia alla sorella e ad Aslan; aveva gli occhi pieni di lacrime, notò Aysell, ma sapeva che sarebbe riuscita a contenere le proprie emozioni.

Aslan si affiancò alla piccola Guardiana mentre quella presenza ultraterrena che l’aveva avvolta scemava bruscamente da lei, facendola quasi barcollare; la sostenne con educazione, permettendole di accostarsi alla sua criniera mentre riprendeva fiato, in modo che nessuno scorgesse il volto della ninfa – che, gradualmente, stava tornando umano – adombrarsi quando i foschi pensieri che l’avevano tormentata si ripresentarono alla sua mente.

Shaylee però non si accorse di quel breve momento di debolezza; guardò Aslan, che le sorrideva, e ricompose il proprio volto in un’espressione seria e determinata.

-Sarò degna.- affermò soltanto, solenne, congedandosi dal Signore di Narnia con un profondo inchino prima di dirigersi verso il greto del fiume, dove le ninfe la stavano aspettando – dove Peter Pevensie aveva atteso fino a quel momento.

Si avvicinò a lui dominando le emozioni, ripetendosi che una Sovrana doveva mostrare decoro e non lasciarsi prendere dalle passioni; eppure, quando Peter le sorrise e le racchiuse le mani sul proprio petto con gli occhi pieni di gioia, lo sguardo che si scambiarono fu più intenso di qualsiasi bacio potesse esistere.

Aysell, che aveva seguito i movimenti della sorella senza mai muoversi, si strinse le braccia attorno al corpicino sussultante – del tutto umano, ormai – e si scostò da Aslan, che percepì il suo turbamento e si allontanò per concederle un minuto di solitudine.

Era sciocco sentirsi così.

La bionda chiuse gli occhi quando li sentì bruciare, lottando per scacciare quella sensazione sgradevole che non riusciva ad identificare.

Era felice per Shaylee, sapeva da sempre che sarebbe diventata Sovrana, un giorno; però… qualcosa di pesante e doloroso sembrò animarsi nel suo diaframma quando, in un tremendo secondo di consapevolezza, comprese che sua sorella aveva un popolo intero di cui prendersi cura, adesso, ma che non era rimasta nemmeno per chiedere a lei come si sentisse.

Scosse la testa, cercando di scacciare quel pensiero: non era il caso di angosciarsi per una sciocchezza del genere, si disse, ma non riuscì ad evitare la sgradevole sensazione di abbandono che, mescolandosi al dolore che provava, le sfiorò l’anima.

Poteva capirla, però: Shaylee era emozionata e addolorata e probabilmente più confusa di lei – andava tutto bene, il suo compito adesso era quello di rassicurare un intero popolo che aveva appena assistito all’omicidio di una Sovrana che era stata molto amata, di sicuro non poteva perdere tempo per sbrogliare le ansie della sua sorellina impacciata…

-Ehi.-

La naiade sobbalzò, colta di sorpresa da quel richiamo, ma si sentì enormemente sollevata quando, voltandosi, si trovò davanti all’espressione dolce di Siria.

La strega si era separata da Caspian, lasciandolo con i Pevensie e con i suoi luogotenenti narniani – per un istante Aysell si chiese come mai non fosse rimasta là anche lei, dato che Aslan l’aveva nominata ufficialmente Generale di Narnia… ma, dallo sguardo rassicurante e comprensivo della rossa, la naiade capì che aveva preferito raggiungerla piuttosto che lasciarla sola.

Le si gonfiò il petto di commozione a quel pensiero: la sua amica aveva lasciato tutto da parte, persino il suo adorato Caspian, per venire da lei… perché l’aveva sentita soffrire ed era corsa al suo fianco senza che nessuno la chiamasse, semplicemente perché non poteva tollerare di rimanere a guardare mentre il dolore le squarciava l’anima.

Perché era sua amica, sua sorella, e non l’avrebbe mai lasciata soffrire.

-Ehi…- mugolò, abbozzando un sorriso nonostante il nodo che era salito ad ostruirle la gola fosse talmente ingombrante da impedirle quasi di respirare – Shaylee che se ne andava così… Mairead…

Non ebbe bisogno di dire nulla, né l’altra dovette chiederle che cosa stesse succedendo: a Siria bastò uno sguardo per capire, e se la tirò addosso prim’ancora che Aysell stessa si accorgesse di aver perduto la battaglia contro il pianto.

L’abbraccio di Siria era sempre caldo, caldo e meravigliosamente familiare.

Aysell vi si raggomitolò subito, nascondendo il visetto nella curva della spalla della strega e aggrappandosi con forza ai suoi abiti, quasi fosse un gattino spaurito e abbandonato; ma non era sola, le suggerì una vocina speranzosa all’orecchio della mente, non era sola e non lo sarebbe stata mai più

-Andrà tutto a posto, piccoletta.- le mormorò l’amica all’orecchio, stringendola a sé ed accarezzandole delicatamente i capelli ondulati. -Rimetteremo tutto a posto. Te lo prometto.- aggiunse, piano – ed Aysell le credette all’istante, perché se Siria era convinta che quell’atroce agonia si sarebbe chetata un poco allora doveva essere la verità, Siria non le avrebbe mai mentito e avrebbe fatto di tutto per mantenere quella promessa…

Tirò su col naso, annuendo appena, ma non si mosse da dov’era; e la rossa sorrise, stringendola un po’ più forte quando un fremito la attraversò – però, adesso, Aysell non aveva più così freddo.

Avrebbero rimesso tutto a posto, tutte insieme; e tutto sarebbe andato a finire bene.

 

Aslan, poco lontano dalle due ragazze abbracciate, si concesse un breve sorriso.

Separare le sue Figlie era stato un azzardo che avrebbe potuto causare una spaccatura incolmabile fra loro: la distanza avrebbe potuto distruggere l’amicizia che le aveva legate da bambine – d’accordo, Mirime e Talia non erano state così giovani all’epoca, ma lui non riusciva proprio a fare a meno di vederle tutt’e quattro come le sue piccole creature –, e lui aveva davvero temuto che le sue figlie non riuscissero a mantenere intatta quell’affinità che avrebbe potuto salvarle una volta cresciute.

Ma, per fortuna, tutto si era risolto al meglio.

L’affetto che si era instaurato fra tutte loro era stato più forte degli anni e del tabù: quando Shaylee aveva smantellato l’incantesimo della Sovrana tutt’e quattro le Figlie di Aslan avevano ritrovato se stesse, donando ai propri cuori e a Narnia un’unione profonda e sincera che avrebbe portato gioia e serenità al regno intero.

In quel modo particolare che lo caratterizzava da sempre Aslan sapeva che, dopo quell’ardua prova a cui il destino le aveva sottoposte, niente avrebbe più potuto dividerle.

Voltò l’enorme testa, soddisfatto, spostando l’attenzione sulla ninfa dell’aria che galleggiava pigramente a qualche metro da terra, poco distante dalla mezz’elfa e dal suo compagno umano; Talia, avvertendo il suo sguardo, si voltò e gli rivolse un sorriso scanzonato, affiancandolo quando lui la raggiunse.

-Era ora che ti facessi vedere, vecchio mio.- lo salutò, allungando una manina per arruffargli con tenerezza la criniera dorata; Aslan, paziente, sopportò quell’epiteto bonario e si lasciò strapazzare un poco dall’esuberante mezz’elfa che, con un versetto deliziato, gli balzò al collo per immergersi completamente nell’abbraccio di quella criniera soffice e folta. -La gente stava cominciando a crederti una favoletta per bambini.- gli fece notare lei dopo qualche attimo, ridacchiando al pensiero di quell’enorme felino ridotto a spauracchio per i piccoli insonni di Narnia.

-Ogni cosa ha il suo tempo, ragazza mia.- replicò il leone, punto nell’orgoglio – e Talia rise di nuovo, soddisfatta, quando si accorse che Aslan le aveva fatto il verso e che, in fondo, anche lui possedeva un qualche strano senso dell’umorismo.

Si separò a malincuore dal folto collare di pelo del felino, ricomponendosi un poco e lanciando, nel frattempo, un’occhiata serena in direzione delle amiche; si trattenne dal ridere ancora quando scorse nello sguardo di Mirime un astio familiare, un’antipatia nata molti secoli prima e tutta dedicata al sedicente – e peloso – Signore di Narnia che le stava accanto.

-Il Concilio Elfico sta arrivando.- le annunciò lui, cogliendo l’oggetto dei suoi pensieri ma ignorando clamorosamente la presenza vagamente minacciosa della pleiade che volteggiava sopra di loro. -Credo abbiano preferito accusare un ritardo piuttosto che intervenire in questa battaglia, ma sono per strada.- aggiunse, inarcando un sopracciglio e annuendo quando Talia sbuffò, spazientita.

-Chissà perché ma non mi sorprende più di tanto, questa cosa!- fu l’unico commento della mezz’elfa, che scosse vigorosamente la testa in segno di profonda disapprovazione.

Aslan si concesse un sorrisetto ironico, consapevole di quanto Talia disprezzasse l’atteggiamento della gente di suo padre: nemmeno lui era mai andato molto d’accordo con gli elfi, e__

-Ciao, papi.-

Il Grande Leone s’irrigidì a quelle parole improvvise, ed i suoi grandi occhi si colmarono di disagio e imbarazzo; scosse la folta criniera per tentare di alleviare quella sensazione sgradevole ma, quando seppe di non poter evitare quell’incontro, si arrese all’evidenza e si voltò verso quel paio d’occhi ambrati che, pieni di rimprovero, lo stavano aspettando.

Esisteva una sola persona, in tutti i numerosi mondi che lui aveva creato, in grado di provocargli quella reazione: Mirime.

Mirime era l’unica creatura nell’universo che potesse vantare un’esperienza quasi pari alla sua; era l’unica che avesse mai avuto il coraggio di opporsi a lui, che si fosse rivelata saggia quanto e forse anche più del padre… ed era anche l’unica in grado di provocargli quello strano sentimento tanto simile a puro terrore.

-Mirime… è bello incontrarti lontano dalla tua torre, finalmente.- la salutò, rivolgendole un breve inchino quando la pleiade toccò leggiadramente terra dinanzi a lui.

-Sì, è piacevole cambiare aria, ogni tanto.- fu la caustica replica della mora, che si limitò ad incrociare le braccia sotto al seno e fissarlo, torva, da sotto la folta frangia scura.

Nel corso dei lunghi secoli che Mirime aveva passato in solitudine, ultima della sua razza e Ancella di un potere troppo prezioso per essere messo in pericolo in mezzo ai mortali, lei ed Aslan si erano spesso scontrati sull’atteggiamento che il Signore di Narnia aveva sempre tenuto nei confronti delle sue genti: Mirime non aveva mai sopportato il suo continuo sparire dalle situazioni critiche, ed Aslan non era mai riuscito a farle capire che, nel destino che lui solo poteva scrutare, il suo comportamento avrebbe sempre trovato un perché.

In fondo si erano sempre rispettati e sopportati a vicenda – erano abbastanza saggi per non discutere sulle decisioni dell’uno o dell’altra, e non si era mai presentata una situazione talmente critica da richiedere un intervento troppo pesante del Grande Leone.

Insomma, era intervenuto per aiutare i Pevensie contro Jadis, no? Mirime sapeva benissimo che i pupilli del padre giungevano a Narnia per imparare e per crescere, di solito Aslan non causava mai troppi danni con la sua assenza…

Stavolta, però, aveva proprio esagerato.

La fanciulla fece schioccare le labbra fini, assottigliando le palpebre su quegli occhi grandi e insolitamente allungati, quasi felini; aveva gli zigomi pallidi stranamente accesi ma sembrava calma, notò Aslan – eppure quella consapevolezza non lo tranquillizzò minimamente.

-La prossima volta, magari, potresti intervenire prima di lasciare che accada un disastro come quello che ci ha quasi portato via Siryn?- furono le parole che la pleiade scelse per rivolgersi a quel padre ancestrale che l’aveva delusa più di quanto avrebbe ritenuto possibile.

Il leone sospirò, rassegnato.

Spiegare a Mirime che Siria aveva avuto bisogno di affrontare se stessa solo ed esclusivamente in quel modo – che niente e nessun altro avrebbe mai potuto spingerla ad accettarsi – sarebbe stato impossibile: l’affetto che la legava alla strega l’avrebbe resa sorda alle sue delucidazioni… ma, in fondo, quella non era una consapevolezza che lo disturbava: sapere che la sua Figlia più antica era stata in grado di affezionarsi alla più giovane lo riempiva di una gioia tale da spingerlo a rinunciare all’idea di esplicare alla ragazza i propri piani; si limitò, perciò, ad abbassare l’enorme testa in segno di scuse.

-Farò il possibile, figlia mia.- le assicurò, mite; la pleiade, finalmente soddisfatta, si permise un sorriso indulgente e allungò persino una mano verso di lui, posandola sull’ampia fronte dorata del padre e lasciandovi una breve carezza.

-Bravo micetto.- si complimentò, lasciandosi finalmente andare ad un sospiro che le sciolse la tensione accumulata nelle spalle esili.

Il suo però fu un sollievo di breve durata, perché tanto lei quanto Aslan e Talia, poco discosta da loro, si voltarono di scatto quando udirono la voce oltraggiata di Shaylee echeggiare fino a loro.

-Chi ha osato farti questo, caro?- stava chiedendo la naiade al biondo Re, riferendosi al profondo taglio che solcava il viso di Peter e che lei, amorevolmente, aveva appena sfiorato con una tenera carezza.

Automaticamente, diverse paia d’occhi scattarono sulla figuretta minuta di Aysell.

Peter sospirò, scoccando un rapido sguardo alle Figlie di Aslan: Talia ridacchiava, Mirime stava facendo del suo meglio per rimanere seria, Siria pareva confusa – Aysell, tuttavia, era arrossita fino alla radice dei capelli e cercava di non guardarlo, sebbene stesse lottando per impedirsi di sorridere soddisfatta.

-Tua sorella.- sospirò, tornando a volgersi verso Shaylee con l’espressione più sconsolata che gli si fosse mai vista in volto, mentre Caspian e Caleb, che sorridevano sornioni, si accostavano a Siria e ad Aysell.

Videro Shaylee sgranare gli occhi, e tanto lei quanto Siria si volsero per lanciare un’occhiata attonita alla piccola.

-Ah.- fu l’unico commento che la nuova Sovrana si concesse, prendendo un respiro profondo e chiedendosi come mai si stesse ostinando ad indagare su quella faccenda. -E… perché?- chiese, pentendosene all’istante quando Peter volse gli occhi al cielo, imbarazzato.

-Perché ho quasi causato la morte di Siria.- mugugnò, imbronciato, senza guardare nessuno e desiderando ardentemente di trovarsi in qualsiasi altro luogo piuttosto che davanti all’espressione allibita di Shaylee.

-Ah.-

La naiade, sconcertata, rimase immobile per qualche secondo prima di voltarsi verso la sorellina, che aveva in volto l’espressione più angelica ed innocente che Shaylee avrebbe mai potuto immaginare, guardando poi Siria che alzò immediatamente le mani per proclamarsi innocente e ignara di quella faccenda mentre Talia ridacchiava poco lontano e volgendosi, infine, verso l’espressione seria e palesemente falsa di Mirime.

Sospirò di nuovo, scoccando all’amica pleiade un’occhiata esasperata.

-Senti, io capisco che avesse ragione, ma tu un po’ di diplomazia potevi anche insegnargliela in questi secoli!-

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My Space:

Mwehehehehehehehehehehehe!
Peter: NON sei divertente.

Buongiorno!
Come promesso ecco qua il capitolo 47 di Narnia's Rebirth, credo il più lungo che io abbia mai pubblicato in questa fanfiction... dopotutto è il capitolo di scioglimento di 46 capitoli di tensione, direi che si merita tutto lo spazio di cui ha bisogno. Con questo si chiude ufficiosamente la fianfiction: i tre capitoli che seguiranno saranno quelli che andranno a comporre l'epilogo.
Allora! Finalmente Aslan si confronta con le sue figliole, dopo qualcosa tipo un'eternità... diciamo che Mirime ha giusto un paio di cosette da dire al papi!
Tutte loro hanno un modo diverso di rapportarsi con Aslan: Siria, nonostante tutto, lo rispetta e sono convinta che arriverà ad adorarlo (ricordiamo però che Siria adora ANCHE Peter, quindi non è un metro di giudizio molto imparziale); Mirime lo tratta più come un suo pari che come un padre, dato che hanno un'esperienza multisecolare tutti e due; Talia lo prende, come sempre, con tanta ironia, ma la amiamo anche per questo; Aysell ne è intimorita e prova rancore nei suoi confronti per non essere mai intervenuto per lei.
Aysell in questo capitolo mi fa così tanta tenerezza... il suo cercare di essere all'altezza della situazione è ciò che la differenzia dalla sorella, più d'ogni altra cosa: Shay SA come destreggiarsi nelle vicende, è elegante e determinata, Aysell invece è un po' goffa e tanto, tanto insicura. Le voglio tanto bene, è un tesoro!

Peter: ma sei convinta!? NO MA SEI SICURA!? E SE POI TE NE PENTI!?

Anche Caspian, in questo capitolo, arriva alla conclusione di un percorso che è durato un sacco di tempo: è cresciuto, è diventato l'uomo che voleva diventare, il Re che era destinato ad essere... e, al suo fianco, avrà la compagna che si è scelto e che nessuno avrebbe mai potuto immaginare sarebbe stata la plausibile consorte del Re di Narnia e di Telmar. Insomma, ce l'abbiamo fatta e il resto dovrebbe essere tutto in discesa xD

Ne approfitto per riportarvi, qui sotto, tutte le varie immagini che DreamWanderer ha creato per questa fanfiction e quelle che seguiranno (cliccate sulle immagini per aprirle): le trovate comunque tutte su Deviantart! Inoltre potete trovarci anche su Polyvore, sia io che lei (ci sono un sacco di set su questa fanfiction!) ^^

Gli outfits da battaglia delle ragazze:

 

La falce di Mirime:



La mappa di Narnia (riorganizzata secondo questa fanfiction):





Nota dell'Autrice:
Seven Gods è stata rimossa da EFP per via di alcune controversie relative al copyright, ma sto continuando a scriverla appassionatamente e potrete averne notizia nel gruppo FB "Uno sguardo su... Seven Gods"; potrete trovare tante curiosità e spoiler sulla pagina dedicata alla saga di Rebirth, Narnia's ~R~ e curiosità e pensieri sulla mia pagina personale, Ray; voglio ringraziare immensamente la mia beta DreamWanderer, che trovate sia su EFP che su Facebook, che mi sta aiutando con la correzione di tutte le mie storie e non è facile ^^' specialmente perché, nel frattempo, sopporta me U_U
Vi ringrazio per aver letto e seguito Narnia's Rebirth sino a qui: ci risentiamo al prossimo capitolo!
Big hugs,
B.
..
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