Narnia's
Rebirth
47th Chapter
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-Sei una
disgraziata!-
Siria si
lasciò sfuggire un sorriso quando Mirime la
apostrofò in quel modo mentre la scaricava – poco
carinamente, fra l’altro
– sulla riva del Grande Fiume da cui, pochi minuti prima,
erano apparsi Lucy e
il leone.
-Me lo dice
sempre anche Tallie, sai?- replicò, sarcastica,
guadagnandosi uno di quegli sguardi pieni di bonaria disapprovazione
che tante
risate le avevano strappato da bambina.
-E fa bene!-
mugugnò la pleiade, rassettandosi gli abiti e
ravviando le ampie maniche della tunica argentea sul dorso delle mani.
Entrambe,
istintivamente, scoccarono un’occhiata in
direzione del mastodontico felino che sedeva accanto alla piccola
Pevensie, in
paziente attesa degli altri regnanti che stavano attraversando il corso
d’acqua
per raggiungerli; Siria rabbrividì e Mirime si
rabbuiò, prima di spostare la
propria attenzione sulle tumultuose correnti che si stendevano dinanzi
a loro.
-Io devo
…- cominciò, ma subito una morsa gelida le
serrò
impalpabili artigli di ghiaccio sul petto, quasi impedendole di
respirare.
Siria, a
disagio, si strinse le braccia attorno alle spalle
per cercare di lenire quella sensazione che anche lei avvertiva,
lanciando
intanto all’amica uno sguardo disperato.
Aysell non era
riapparsa.
L’ira
della Guardiana e del fiume aveva travolto ogni cosa,
spazzando via le velleità guerresche da ambo le parti e
lasciando dietro di sé
un’atmosfera tanto quieta da apparire surreale: i telmarini,
miti e penitenti,
sfilavano davanti alle guardie di Cornell e abbandonavano le proprie
armi ai
piedi dei narniani prima di unirsi ai propri compatrioti sotto lo
sguardo
attento delle truppe di Narnia.
L’esplosione
di quella rabbia aveva decretato la fine della
battaglia, la vittoria dei Pevensie, di Caspian… ma quale
prezzo avevano dovuto
pagare?
In un riflesso
dettato più dall’abitudine che da un pensiero
vero e proprio, Mirime espanse la propria coscienza per cercare quella
di
Aysell, nel tentativo di smorzare l’angoscia che si era ersa
attorno all’anima
della bionda per impedire a chiunque di entrare; la piccola naiade,
però,
sembrava essersi completamente smarrita nel proprio dolore, e si era
lasciata
sprofondare in una misericordiosa apatia che, tuttavia, impediva alle
sorelle
di contattarla.
Lei e Siria si
scambiarono un’occhiata ansiosa e anche
Talia, da un angolo delle loro menti, condivideva la loro angoscia. La
reazione
della biondina le aveva spaventate a morte – sentire
quel baratro scavarsi
nel petto, viverlo come se stesse per inghiottire anche loro, era stato
terribile.
Mirime chiuse
gli occhi, richiamando alla memoria tutte
quelle tecniche di meditazione e di estraniamento che aveva affinato
nel corso
dei lunghi secoli passati in solitudine. Inspirò
profondamente, permettendo
all’aria di riempire ogni particella del suo corpo e
lasciando che il vuoto
spaventoso che aveva risucchiato Aysell
– che le ghermiva l’anima in
quella stretta orribile – scivolasse
via dalle sue carni mentre, lentamente, espirava.
Inspira, espira.
Ripeté
l’esercizio un paio di volte, lasciando che Siria e
Talia – molto più inesperte di lei –
beneficiassero della calma di cui si stava
riappropriando. Solamente quando fu certa di poter impedire alle
emozioni delle
sue sorelle di condizionarla e riacquistato il serafico autocontrollo
che la
caratterizzava, l’antichissima ninfa si permise di schiudere
le palpebre,
rivolgendosi poi alla rossa.
-Vado a cercare
Aysell.- affermò pacata.
Siria
annuì senza obiettare, seguendola con gli occhi mentre
la pleiade si avvicinava, fluttuando, alla superficie
dell’acqua; e sorrise, un
sorriso mesto e triste, quando la vide svanire in uno sbuffo vaporoso
– e lei
comprese che era mutata in aria pura: era l’unico modo che
avesse per
avvicinarsi alla coscienza di Aysell, dispersa nella sofferenza che
aveva
riempito le correnti del fiume.
Mirime
l’avrebbe riportata indietro.
Sospirò,
tentando di mantenere i pensieri limpidi e di
continuare a respirare lentamente come aveva fatto la mora. La reazione
di
Aysell non l’aveva sorpresa: l’aveva terrorizzata,
questo sì, ma non sarebbe
stata sincera se avesse detto di non essersi aspettata qualcosa del
genere.
Quando aveva
visto cadere Mairead – inspira, espira –,
quando Sopespian aveva assassinato in quel modo tanto vile la Sovrana
delle
Naiadi, aveva saputo immediatamente che Aysell non sarebbe stata in
grado di
sopportare quella vista.
Mairead era
stata, per tutte loro, ciò che poteva
avvicinarsi di più ad un ideale materno: le aveva accolte
nella propria casa,
le aveva protette, aveva insegnato loro quei princìpi che le
avevano rese ciò
che erano diventate… ma, per Aysell, era stata anche di
più.
Quando i
genitori delle due sorelle naiadi erano stati
brutalmente uccisi durante l’assalto di Caspian il
Conquistatore, Aysell era
ancora molto piccola; Shaylee, anch’essa molto giovane, era
riuscita a portare
entrambe in salvo nel Regno delle Naiadi appena in tempo. La Sovrana le
aveva
immediatamente prese con sé, occupandosi personalmente di
quelle due bambine
sperdute che erano state costrette ad assistere all’orrendo
sterminio della
propria famiglia.
Quella donna
formidabile le aveva cresciute: dopo il
traumatico incidente dello scambio dei loro poteri aveva permesso a
Shaylee di
approfondire la conoscenza di quella magia – sapendo che
sarebbe tornata utile
anche ad Aysell, nel momento in cui si fosse riappropriata del proprio
elemento
– e di diventare una delle sue guardie personali; aveva
tenuto con sé Aysell,
che era cresciuta sotto le sue amorevoli cure e la sua guida saggia e
paziente,
fino a che la Sovrana non aveva dovuto ammettere che, con Mirime, la
sua
diletta sarebbe stata più al sicuro – fino a che
non si era resa conto di
quanto Aysell fosse infelice, lì, in mezzo a persone che
possedevano ciò che
lei aveva perduto.
Aysell non aveva
molti ricordi dei propri familiari,
rifletté Siria mentre guardava,
malinconica, il fiume: i genitori le erano stati strappati troppo
presto,
quando ancora la sua memoria non avrebbe potuto trattenere molto di
loro e
quando il trauma della perdita della magia aveva prevaricato quasi
tutto il
resto… l’unica madre che Aysell aveva
conosciuto era stata Mairead.
Una risata calda
e preponderante la strappò bruscamente ai
suoi cupi pensieri, facendola sobbalzare e voltare immediatamente verso
il
piccolo capannello di persone che si era assiepato dinanzi al Grande
Leone di
Narnia.
Un miscuglio
d’ira e di sgomento la invase quando si accorse
che a produrre quel suono cangiante e affettuoso era stato proprio quel
felino
ipocrita: come poteva ridere in un momento del genere?
Mairead era
morta, santo cielo!, Aysell si era rinchiusa nel
proprio muto dolore, il numero dei cadaveri rimasti sul campo di
battaglia
doveva essere immenso, avevano rischiato di lasciarci la pelle tutti
quanti… che
motivo aveva, lui, di ridere?
Serrò
le dita sull’impugnatura metallica dello scettro,
costringendosi
ad impedire a quelle emozioni indignate di imperversare liberamente in
sé – inspira,
espira –, nonostante continuasse a sentirsi
profondamente oltraggiata da
quell’atteggiamento superficiale.
Decise di
concentrarsi su ciò che stava succedendo nel
complesso, piuttosto che sui dettagli: Lucy era ancora accanto al leone
e
sorrideva in direzione dei fratelli e di Caspian, umilmente
inginocchiati
dinanzi al maestoso signore di tutta Narnia; Aslan disse qualcosa e i
tre
Pevensie si alzarono – Siria vide l’imbarazzo ed il
sollievo rincorrersi sui
loro volti familiari… ma Caspian rimase dov’era,
con la testa china verso il
basso e la mano destra serrata sull’elsa della spada.
Attratta da
quella figura snella, dal lucore argenteo della
sua armatura e dalla curva morbida dei suoi capelli scuri, Siria mosse
qualche
passo lungo il profilo del corso d’acqua, avvicinandosi senza
però mostrarsi
apertamente ai Pevensie o al principe; Aslan la scorse ma non disse
nulla,
limitandosi a rivolgerle un rapido sguardo prima di riportare la
propria
attenzione su Caspian.
-Tutti.-
decretò, abbracciando con una sola occhiata
ciascuno dei Re e delle Regine di Narnia – e Siria comprese
che, con quelle
parole, Aslan stava chiamando a sé coloro che aveva scelto
per regnare su quel
mondo che lui stesso aveva creato.
Sorrise, la
giovane donna, vedendo Caspian sollevare il
volto senza, però, alzarsi in piedi nonostante il richiamo
del leone; commossa
si strinse le mani al petto, sentendosi intimamente fiera di lui e
dell’umiltà
che gli era sempre mancata ma che ora, finalmente, dimostrava di aver
imparato.
-Non credo di
essere degno di questo titolo.- mormorò
infatti il ragazzo, sostenendo lo sguardo profondo di Aslan senza
timore.
Il leone,
però, sorrise.
-Proprio per
questo, invece… lo sei.- lo contraddisse, con
quella voce pacata e serena che Siria trovava quasi innaturale, date le
circostanze.
Caspian
sussultò ma non si oppose, arrendendosi
all’atavica
e profonda sensazione di sicurezza che le parole di Aslan
trasmettevano, alzandosi
lentamente in piedi e scambiando un’occhiata imbarazzata
– sollevata –
con Edmund.
Il leone
annuì, soddisfatto.
-Ti sei
comportato come il migliore dei Re, quest’oggi.
Sarai in grado di farlo per il resto della vita, principe Caspian?- gli
domandò, improvvisamente solenne come non era stato fino a
quel momento – e, in
qualche modo, la sua voce echeggiò in un modo completamente
diverso fra i
narniani, che si volsero verso il loro signore ed il principe che li
aveva
guidati alla vittoria.
Siria si
guardò intorno, sorpresa: l’ascendente che Aslan
aveva sulle creature viventi aveva attratto su di lui
l’attenzione di tutti i
guerrieri presenti, telmarini o narniani che fossero, interrompendo
qualunque
cosa stessero facendo per assistere a ciò che lui desiderava
che vedessero.
Telmar e Narnia
furono una cosa sola, in quell’istante,
davanti al giovane uomo che sarebbe diventato il loro Re.
Riportò
i propri occhi su Caspian, Siria, in tempo per
vedere il principe, resosi conto di essere osservato
dall’interezza di quello
che sarebbe divenuto il suo nuovo popolo, raddrizzare le spalle ed
ergersi in
tutta la sua altezza, sostenendo senza insicurezza gli occhi profondi
del
Grande Leone.
-Fino a che
avrò fiato in corpo, mio signore.- affermò,
determinato e deciso come Siria non lo aveva mai visto, stringendo la
mano
destra sull’elsa della spada e lanciando uno sguardo intenso
in direzione di
coloro che stavano ascoltando le loro parole. -Narnia e Telmar sono la
mia casa
e la mia famiglia. Li guiderò al meglio delle mie
capacità e li proteggerò a
qualunque costo.-
La raminga, a
quelle parole, sentì il cuore riempirsi di
commozione.
Come di riflesso
alla sua reazione gioiosa, la rossa quasi
poté sentire il numeroso pubblico trattenere il fiato, in
attesa della risposta
del leone. Aslan, cogliendo quella tensione, si concesse un altro
piccolo
sorriso ed annuì.
-Ricorda questo
tuo giuramento, Caspian, quando i tempi si
faranno nuovamente bui.- mormorò, rivolto a Caspian.
Peter e Susan si
spostarono in fretta quando il leone avanzò
per sporgersi sul troncone del ponte, rivolgendosi così alla
moltitudine
eterogenea di umani, animali e creature fatate che avevano osservato
quel breve
dialogo con il principe e che – Siria se ne accorse subito
– parevano in
trepidante attesa delle parole dell’antichissimo protettore
di Narnia.
-Quest’oggi,
davanti alla Grande Magia e agli antichi
Regnanti, Narnia accoglie il Re che la guiderà verso una
nuova pace ed un nuovo
splendore!- declamò, lanciando un ruggito entusiasta verso
il cielo – ma anche
la sua voce tonante scomparve nel giubilo entusiasta del popolo.
La strega si
voltò di scatto, stupefatta, quando l’ovazione
esplose fra le fila dei narniani e degli umani che,
come un sol uomo,
avevano scagliato i pugni al cielo e lanciato le loro grida di gioia in
direzione di Caspian.
Non erano
soltanto le creature di Narnia ad accogliere
festosamente Caspian come nuovo Re: anche i telmarini, disarmati e
inermi,
stavano esultando con pari gaudio per il principe che avevano
combattuto sotto
la guida di Miraz. Allibita, incapace di credere a ciò che
stava vedendo e
udendo, Siria li osservò mentre acclamavano a gran voce il
giovane principe – Re
–, sorridendo come non li aveva mai visti fare e
abbracciandosi l’un l’altro.
Telmar aveva
sofferto, sotto il giogo di Miraz.
Quella
riflessione repentina la colpì profondamente.
Nel corso della
sua vita si era costretta a vedere i
telmarini come il nemico, li aveva odiati con tutto il cuore per quello
che
avevano fatto ai suoi genitori, li aveva combattuti e uccisi per
portare i
narniani alla vittoria… ma, comprese, molti di loro avevano
agito sotto gli
ordini di un usurpatore crudele e del suo degno successore, e non
potevano
essere totalmente biasimati per aver obbedito agli ordini di un
dittatore che,
se si fossero dimostrati poco solerti, li avrebbe certamente fatti
uccidere.
Come cambiavano
le prospettive… se,
solo qualche settimana prima, le
avessero detto che avrebbe assistito ad una gioia genuina come
ciò che stava
avvertendo scorrere nei soldati telmarini, non avrebbe mai potuto
crederci.
Turbata da
quella consapevolezza, ma felice di vedere un
popolo festeggiare l’avvento di un Re che avrebbe portato
finalmente pace e
cambiamento nella sua esistenza, la ragazza riportò la
propria attenzione su
Caspian, che stava parlando con Peter e sorrideva come lei non lo aveva
mai
visto fare prima d’allora.
Caspian sarebbe
diventato un grande Re.
Qualcosa le si
spezzò dentro, a quel pensiero, ma s’impose
di non lasciarsi abbattere dalla consapevolezza crudele che le
riempì l’animo
di un gelo che nulla aveva a che fare con la maledizione della Strega
Bianca.
Scosse la testa,
sciogliendo con rapidi gesti i capelli e
lasciando che l’avvolgessero nel familiare tepore del loro
abbraccio scarlatto;
dopo qualche istante avvertì un sibilo lieve, qualche passo
misurato e quattro
presenze che si accostavano a lei, rimanendo educatamente a pochi metri
dalla
sua persona.
-E adesso?-
Caleb.
Sorrise, Siria,
voltandosi verso quei compagni che le erano
sempre stati accanto con una dolcezza immensa in quegli occhi blu
finalmente
sereni e limpidi.
Nonostante
tutto… loro erano ancora lì, tutti e quattro.
Erano ancora al suo fianco, com’era sempre stato –
ma come, probabilmente, non
avrebbe più potuto essere.
Erano giunti
all’inizio di un nuovo sentiero, proprio come
Caspian.
Aaron ardeva
dell’amore che Susan gli aveva insegnato,
quell’amore in cui lui per primo – proprio come sua
sorella – aveva sempre,
testardamente affermato di non credere; Tara aveva Edmund, che le
sarebbe
rimasto accanto a qualunque costo, e suo fratello, che stringeva fra le
dita la
mano delicata di Talia.
Tallie.
Siria
sentì il cuore stringersi al pensiero di quanto dolore
avrebbe causato la sua decisione proprio a lei, alla sua compagna di
vita, che
già tanto aveva sofferto a causa sua; il modo in cui la
mezz’elfa la stava
guardando in quel momento le faceva intuire che lei già
sapesse…
-Adesso si va
avanti.- sospirò, lanciando una breve occhiata
all’altera figura di Aslan; una fitta
d’inquietudine, nel guardarlo, le
attraversò il petto. -Adesso è ora che io me ne
vada.- aggiunse, piano,
avvertendo le iridi velarsi di tristezza.
Non
c’era posto per lei – per una strega
– a Narnia…
gli occhi le si colmarono di lacrime quando si rese conto di cosa
comportava la
scelta che aveva appena preso: sarebbe partita, in silenzio, senza
disturbare,
senza attirare l’attenzione su di sé…
Non era
più una minaccia per Narnia, forse non lo era
davvero mai stata… ma il suo posto, il luogo adatto a lei,
non era quello – non
era accanto ad un Re, non era sul trono che, una volta, era appartenuto
a
Jadis.
Non era con
Caspian.
Si volse,
scoprendosi incapace di guardare i volti dei suoi
compagni inorridire in risposta alle sue parole, sentendo la
frustrazione e la rassegnazione
pungerle fastidiosamente le palbebre socchiuse.
Sarebbe andata a
nord, magari; il fuoco che le ardeva nel
petto si sarebbe progressivamente spento a contatto con i ghiacci
eterni che
regnavano appena dopo Ettins…
-Non
così in fretta.-
Un brivido, un
sussulto, una paura ancestrale nel sangue.
Siria
s’irrigidì di botto, allarmata, quando il suono
della
familiare voce profonda e rimbombante la inchiodò
lì dov’era.
Alzò
lo sguardo, lentamente, avvertendo il sangue vibrare di
terrore ad ogni respiro… e gli occhi di Aslan, quei
penetranti occhi bruni,
accolsero la sua incertezza in una determinazione tale da farla fremere.
Improvvisamente,
gli sguardi dei Re e delle Regine si
spostarono su di lei: Lucy, Edmund, Susan, Peter…
Caspian… e tutti gli altri, i
suoi compagni d’armi e i soldati telmarini, i narniani e le
creature portate da
Aslan: tutti, indistintamente, arretrarono di qualche passo, lasciando
la
strega sola a confrontarsi con il leone.
Fu uno sforzo
immenso, per Siria, mantenere la calma.
Lo sguardo di
Aslan era perforante e annientava ogni suo
tentativo di muoversi, inibendo la forza nelle sue gambe –
quella forza che le
sarebbe servita per fuggire via da quel luogo e dalla paura che
l’esistenza
stessa del leone accendeva in lei –; le impediva di fare
qualsiasi cosa, tranne
ricambiare quello sguardo tagliente e antico di migliaia di anni con la
triste
serenità di chi già sa cosa l’aspetta.
-Hai combattuto
valorosamente, Strega Rossa.-
Se Siria fosse
rimasta sorpresa da quell’epiteto, da quel
nome, non lo diede minimamente a vedere: intravide Peter e Caspian
trasalire
nel sentirla nominare con quel titolo dal suono pomposo che, lei lo
sapeva, le
apparteneva da quando era venuta al mondo.
-Ho fatto
ciò che ritenevo giusto.- fu la risposta calma,
laconica e misurata che diede all’imponente felino; lo
scettro della Strega
Bianca brillava placidamente nella vivida luce del Sole, stretto
saldamente nel
suo pugno sinistro.
-E ritieni
giusto, adesso, andartene?-
Siria non lo
vide, ma fu sicura di sentire il respiro di
Caspian mozzarglisi nel petto. Annuì, ostentando una
tranquillità che non
possedeva, chiudendo un istante gli occhi per mascherare il dolore.
-Narnia non
è posto per una… strega.- affermò
– ma la sua
voce, quando pronunciò quel termine tanto odiato, si
spezzò.
Aveva combattuto
per Narnia. Aveva lottato e aveva sofferto
pur di far sì che la giustizia trionfasse sulla tirannia di
Telmar, pur di
restituire ai narniani la loro terra – la sua
terra… e la sua vita, che
respirava in quel ragazzo dai capelli scuri che la stava guardando con
un misto
di dolore e incredulità che sbocciava negli occhi.
Perdonami,
Caspian.
-No, Narnia non
è nata per una strega come te.- concordò
Aslan, stranamente atono: quelle parole furono una pugnalata, per lei,
una
condanna terribile a cui non si sarebbe mai potuta preparare abbastanza.
Sospirò,
chinando il capo davanti a quella verita che non
poteva assolutamente negare: Aslan aveva ragione, lei era una strega e
discendeva dalla più terribile di tutte loro. Jadis non era
nemmeno nata
a Narnia, come poteva anche solo sperare, Siria, di poter avere un
posto in
quel mondo che non era suo?
-Ma tu non
appartieni solamente alla stirpe di Charn.-
Trasalì,
la strega, quando Aslan nominò il regno perduto che
era appartenuto alla Strega Bianca.
Jadis era giunta
a Narnia dopo essere stata liberata dalla
propria prigionia da un giovane ingenuo che, in seguito,
l’aveva sconfitta e
aveva donato a Narnia una protezione che era perdurata per moltissimo
tempo. La
strega, però, non era originaria di quel mondo: Jadis era
stata una principessa
di Charn, un regno che ella stessa aveva condannato e da cui era
fuggita prima
di subirne la medesima, inesorabile sorte.
Lei aveva
imparato quella storia da piccola, quando Mairead
gliel’aveva raccontata: ma a che cosa si riferiva, Aslan,
dicendo che lei non
discendeva solamente dalla stirpe reale di Charn?
Il leone,
scorgendo la sua confusione, le rivolse un sorriso
sorprendentemente dolce e comprensivo.
-Nel tuo sangue
c’è più Narnia di quanto tu possa
capire,
Siria… e sei mia figlia, la figlia che ho perduto migliaia
di anni fa.- le sue
parole si colorarono di un affetto del tutto nuovo, per lei; e, per la
prima
volta, si sentì quasi a proprio agio dinanzi a lui
– quasi come se il suo
retaggio di strega, che provava repulsione nei confronti di Aslan e le
urlava
incessantemente di fuggire, si chetasse davanti alla consapevolezza di
essere
qualcosa che quel suo padre ancestrale aveva amato ed amava tuttora.
Siria gli
rivolse uno sguardo timido e impacciato,
sentendosi arrossire davanti al calore che poteva scorgere nelle iridi
brune di
Aslan. Non riusciva a credere che fosse così
facile… lei era una strega, una
strega proprio com’era stata Jadis: che altro c’era
da dire?
-Tu appartieni a
Narnia, Strega Rossa, e così al suo Re.-
Nel volto di
Talia si schiuse un sorriso, a quelle parole,
ma gli occhi della raminga s’adombrarono; sorrise ancora,
Aslan, quando Siria
chinò il capo.
-Accanto al Re
di Narnia non può stare una strega…-
mugolò
lei, pronunciando quella condanna con più sofferenza di
quanta la sua anima
fosse disposta ad accettare: tutto in lei si stava ribellando a quelle
parole,
ma Siria non avrebbe mai permesso che una strega
– una strega della
stirpe di Jadis, checché ne dicesse quel grosso gatto
– tornasse a mettere
piede sul trono di Narnia.
Perché
Aslan non voleva capire? Il suo era soltanto il
disperato desiderio di tenere la sua gente al sicuro… come
poteva, lui,
obiettare davanti a quella semplice verità? Una strega non
poteva avvicinarsi a
quel ruolo di potere, non a Narnia né in nessun altro luogo,
sarebbe stata una
scelta incosciente e pericolosa – il potere, alle
streghe, dava alla testa.
-Vero.- fu Peter
a fermare Caspian e a zittirlo prima che
intervenisse, ma Siria poté comunque vedere che i suoi occhi
neri erano sempre
più disperati e pieni d’angoscia. -Ma è
anche vero…- continuò Aslan,
imperterrito, apparentemente ignaro del dolore silenzioso del giovane
Re al suo
fianco. -…che hai combattuto come una strega non ha mai
fatto.-
Siria
alzò repentinamente gli occhi, stupita da
quell’affermazione che non si sarebbe aspettata –
trovando, in risposta al suo
sguardo, un enigmatico sorriso sul volto fiero del leone.
-Hai giurato di
servire Narnia ed i suoi Re. Ora io ti
chiedo di pronunciare ancora quelle parole, giurando col sangue.
Giurando a me.-
Tutti
trasalirono a quella richiesta, confusi, ma a Siria
servì soltanto un istante per comprendere.
Un giuramento
col sangue era tutto ciò che esisteva di sacro
a Narnia: nessuno poteva spezzare quella promessa se non con la morte o
adempiendovi alla lettera, perché era un legame che trovava
la propria
sacralità nelle radici della Grande Magia a cui persino
Aslan era costretto a
sottostare. Lei ne aveva già stretto uno anni prima, il
sigillo di Iona, che
aveva consumato sacrificandosi nel proprio potere. Conosceva gli
effetti di
quella magia e sapeva che sarebbe stato un voto che l’avrebbe
indissolubilmente
legata ad Aslan, ai Pevensie, alla neonata casa reale –
a Caspian.
Aslan le stava
chiedendo di giurargli fedeltà, di onorare
col sangue una promessa che l’avrebbe resa sua vassalla e
suddita legittima; le
stava chiedendo di andare contro lo stesso istinto di ogni strega e di
bandire
l’ombra di Jadis da sé, immolandosi ad una nuova
causa e ad una nuova vita.
Aslan le stava
offrendo una strada.
Le stava dando
la possibilità di scegliere e di decidere
cosa fare della sua vita, come mai aveva potuto fare da quando la
Strega Bianca
gli aveva strappato la possibilità di esserle padre.
Qualcosa le diceva che, se
avesse scelto la via della fuga e della solitudine eterna fra i ghiacci
del
Nord, l’avrebbe lasciata andare; e la stessa vocina le
suggeriva che restare
sarebbe stato difficile, che sarebbe stato arduo accettarsi e imparare
a
conoscere quella parte di lei che per tanto tempo aveva rinnegato.
Se fosse
rimasta…
I soldati
avevano esultato quando era comparsa fra loro,
durante la battaglia. L’avevano seguita, avevano combattuto
al suo fianco,
avevano ubbidito ai suoi ordini e le avevano permesso di guidarli e di
spronarli… e avevano sempre saputo chi era,
cos’era.
Le sue sorelle
non l’avrebbero lasciata andare facilmente,
non dopo averla creduta morta, non dopo tutto quello che era successo:
ebbe una
fugace visione della reazione che avrebbe potuto avere Aysell e non
riuscì ad
evitare di sorridere appena, divertita.
In quel momento,
davanti ad un crocevia che avrebbe cambiato
per sempre la sua esistenza, Siria si volse verso Talia.
La
mezz’elfa era a poche iarde da lei, impugnava il suo
bell’arco archeniano e sembrava che non avesse aspettato
altro che di essere
interpellata dall’amica; sorrise, Talia, e Siria
sentì il cuore riempirsi di un
calore meravigliosamente familiare che le trasmise una pace che mai era
riuscita ad assaporare davvero.
Qualunque
decisione lei avesse preso, Talia non l’avrebbe
abbandonata; ma la sua amica sapeva bene che Siria aveva già
scelto.
La rossa
estrasse la spada con la mano sinistra, mentre con
la destra piantò nel terreno al proprio fianco lo scettro di
Jadis. L’elsa di
Kain brillò di gloriosi riflessi corvini nella luce calda
del Sole quando Siria
posò delicatamente la sua lama d’acciaio bianco
sul palmo; un profondo,
bruciante solco scarlatto si disegnò immediatamente sulla
sua pelle eburnea – e
là, dinanzi ad Aslan, lei chinò il capo e
s’inginocchiò.
Davanti al
signore di Narnia e di mille altri mondi lei
s’inchinò e rimise la propria vita a lui, come un
anno prima aveva promesso al
cospetto dei Re di quel regno a cui lei sentiva di appartenere,
abbassando la
testa – e, con essa, il proprio orgoglio
– in un muto segno di resa.
-Lo giuro.-
affermò, alzando poi lo sguardo per cercare
quello di Aslan: il suo padre ancestrale era là, maestoso
come la divinità che
era, e la guardava con un cipiglio tale che avrebbe spaventato
qualunque essere
vivente.
Eppure, per la
prima volta, lei non ebbe paura.
-Con il mio
sangue e con la mia magia io giuro di porre
entrambi al servizio di Narnia e del Re che è e del Re che
verrà. Come strega,
come guerriera e come donna io oggi mi inchino a te, mio signore, ed
offro a te
e ai tuoi diletti il mio onore e la mia anima senza alcuna riserva.-
Il giuramento le
salì in gola con spontaneità, come se –
in
qualche vita passata – qualcuno le avesse insegnato quelle
parole ed il loro
significato; ed ora, finalmente, tutto acquisiva quel senso che lei non
aveva
mai potuto comprendere prima.
Sorrise appena,
sentendo l’energia del Fuoco vibrare nei
battiti rapidi che le scuotevano il cuore: stava succedendo qualcosa,
dentro di
lei, e tutta la sua magia sembrava volersi innalzare per godere di quel
mutamento che le aveva acceso un tumulto inestinguibile nel petto.
-Come figlia,
invece, padre mio, ti offro in dono la
sincerità del mio cuore, che però appartiene solo
e soltanto al tuo Re.-
sussurrò, ma Aslan annuì e si aprì in
un’espressione di pura gioia che riuscì
ad intenerirle l’animo.
E poi
ruggì, cogliendola di sorpresa, volgendo l’enorme
testa verso il cielo.
Siria
avvertì improvvisamente un bruciore sul palmo della
mano destra, là dove il taglio che si era inferta pizzicava
un po’; abbassò gli
occhi sulle proprie dita, macchiate di sangue, appena in tempo per
vedere
un’ombra dorata snodarsi sulla propria pelle.
Sobbalzò,
allarmata, ma non si mosse quando – seguendone
l’evoluzione – vide quella polla del colore
dell’oro brunito prendere forma sul
suo braccio.
Un nuovo
tatuaggio, completamente diverso dalla fenice che
le danzava sulla schiena e dal Sigillo di Iona che aveva portato,
marchiava ora
indelebilmente la sua pelle, dal palmo fino al gomito. Una fiamma
nasceva
nell’incavo dell’avambraccio, serpeggiando e
circondando la sua pelle fino alla
mano dove, stilizzato eppure maestoso, un leone spalancava le sue fauci
in un
silente ma tonante ruggito.
Sorrise, Siria,
riconoscendo in quel raro simbolo il sigillo
di Aslan.
-Alzati, Siria,
Strega Rossa e Paladina del Fuoco, quarta
delle Figlie di Aslan e nuovo Generale dell’esercito di Re
Caspian.-
Siria
obbedì, rinfoderando Kain e rialzandosi in piedi nel
silenzio più totale, tornando con lo sguardo al signore di
Narnia.
E non provava
più paura, adesso.
-Finché
onorerai il tuo giuramento, il marchio sul tuo
braccio mostrerà al mondo la tua lealtà.- le
spiegò il leone, la voce gentile,
quasi carezzevole. -Ed il tuo posto, figlia mia, non può
essere che accanto al
tuo Re.- aggiunse dopo un istante, e Siria avrebbe potuto giurare di
averlo
visto rivolgerle un occhiolino; non ebbe però il tempo di
sincerarsi di quel
dettaglio, poiché la sua attenzione venne immediatamente
catalizzata dalla
figura del giovane uomo che stava correndo verso di lei.
Davanti ad
Aslan, ai Pevensie e agli eserciti di Telmar e di
Narnia – davanti all’interezza del popolo
che era appena divenuto suo –
Caspian la raggiunse di slancio e la sollevò in un abbraccio
entusiasta,
facendola volteggiare in aria mentre il ruggito trionfante dei narniani
echeggiava
in tutta la valle del fiume. Siria rise, sopraffatta dal sollievo e
dalla
gioia, accorgendosi solamente in quell’istante di avere gli
occhi pieni di
lacrime; si abbandonò dolcemente fra quelle mani tanto amate
che la posarono
delicatamente a terra, stringendolo forte al petto e riempiendosi il
cuore
dell’odore familiare della sua pelle.
Pace, amore,
serenità – in
quell’attimo lei seppe che non avrebbe mai più
dovuto
errare alla ricerca di ciò che le era sempre mancato, che
avrebbe potuto
lasciar andare la sua nomea di raminga e permettere ai sogni e alle
speranze di
tornare a colmarle l’animo di quel bruciante, estatico
desiderio di vivere.
Per la prima
volta in tutta la sua vita Siria si arrese a
quel pianto liberatorio e felice che le aveva reso ostici i respiri
sino a quel
momento, celando il visetto nel familiare angolino della clavicola di
lui da
cui nulla e nessuno avrebbe più potuto portarla via.
Caspian,
emozionato quanto lei, le accarezzò una guancia e
la baciò teneramente sulla fronte, attirando lo sguardo di
lei nel proprio.
-Non osare mai
più allontanarti da me. Non pensarlo
neanche.- le intimò, col respiro affannoso che si mischiava
a quello della
ragazza e le iridi piene di sollievo e di sentimento.
Lei rise ancora,
persa nel calore di quegli occhi scuri e
meravigliosi, annuendo vigorosamente a quell’ordine.
-D’accordo.-
Il fiume era di
nuovo tiepido e calmo, ma lei – di cui non
rimaneva che una corrente gelida – si ostinava a non
lasciarsi avvolgere dal
calore rassicurante dei flutti.
Aveva freddo,
Aysell, ma non era l’acqua che la circondava a
far rabbrividire quel poco di coscienza di sé che non si era
lasciata annegare
nella furia: quel ghiaccio lei ce l’aveva
nell’anima da secoli, ma vi si era
talmente abituata da averlo quasi dimenticato.
Quasi.
Era una parte
con cui aveva imparato a convivere da molto
tempo, ormai; ultimamente credeva di essere riuscita ad assumerne
definitivamente il controllo, di poterla governare e reprimere nei
momenti in
cui non era in grado di trattenerla del tutto… adesso
però quel cancro
d’angoscia e solitudine si era risvegliato, nutrito dal
dolore che le era
scoppiato dentro quando aveva visto cadere Mairead.
Quelle spire
senza vita le si erano avviluppate allo spirito
lentamente, come un mostro che cresce in un irrequieto dormiveglia: ad
ogni
sguardo di coloro che la guardavano, compatendola – povera
piccola Guardiana
spogliata del proprio potere –, ad ogni alba
vissuta in quell’eremo
sperduto in cui lei e Mirime avevano dovuto rifugiarsi, qualcosa che
avrebbe
dovuto essere rigoglioso e rifulgente appassiva un po’ di
più, un petalo alla
volta.
C’era
ancora qualcosa di vivo, dentro di lei?
Probabilmente la
risposta a quella domanda era un sì
un poco amaro, agrodolce: sì, indubbiamente c’era
un qualcosa che si ostinava
testardamente a sopravvivere – quel qualcosa che
poteva ancora soffrire.
Prima Siria, che
avevano quasi perduto, poi… Mairead… come
poteva, quel misero rimasuglio, sopportare così tanto dolore
in così poco
tempo?
Avvertì
la coscienza familiare di Mirime accostarsi alla
propria ma la scacciò, trincerandosi in quel gelo che altro
non era se non ciò
che aveva portato con sé sin da bambina.
Come poteva
trovare la forza di lasciarsi riportare alla
vita?
No, lei sarebbe
rimasta lì, sperduta in quell’Elemento che
così a lungo le era stato precluso: quello era il suo posto,
e non desiderava
altro se non lasciarsi scivolare via.
Eppure qualcosa
la tratteneva, la inchiodava lì, la
imbrigliava ad un pelo dalla superficie tumultuosa del fiume
– Aslan.
Aveva incontrato
il Grande Leone solamente un paio di volte
in tutta la propria vita, e mai troppo a lungo; forse a causa
dell’assenza del
proprio potere, forse perché era stata molto piccola in
quelle occasioni, non
aveva mai compreso che cosa potesse esserci di tanto intenso nel
rapporto di
una Figlia con quel genitore che le aveva condannate tutte a molteplici
destini
uno più crudele dell’altro.
Ora,
però, capiva.
Aslan era un
faro, splendente di calore e di luce, che lei
poteva percepire anche senza vederlo. Era una presenza che pulsava di
vita e di
energia – le stesse che lei rifiutava di cercare in
sé, le stesse che lei
aveva annegato nella furia e nel dolore – che
sembrava guardarle dentro in
un modo che non sarebbe mai stata in grado di definire.
-Shaylee.-
La voce profonda
e terribilmente rassicurante di Aslan
perforò il silenzio ovattato e misericordioso in cui Aysell
si era rinchiusa,
vibrando in ogni particella di quell’acqua gelida che
componeva il suo corpo di
Guardiana.
Shaylee doveva
essere poco lontana, ma lei non riusciva a
sentirla: forse Aslan era una presenza troppo grande perché
chiunque altro
potesse essere scorto dai suoi sensi nelle immediate vicinanze, o forse
era
proprio lei, Aysell, a non voler prestare ascolto a quel senso che le
avrebbe
permesso di distinguere le altre naiadi – quelle naiadi che
non l’avevano mai
accettata e che le avevano rivolto solo sguardi di sdegno e di
compatimento,
disgustate da quella bambina menomata che era stata così
sciocca da rinunciare
alla propria magia.
Si sorprese,
tuttavia, di poter udire la voce compita e
ossequiosa di Shaylee rispondere garbatamente al Signore di Narnia.
-Mio
signore.-
Aysell quasi
poté vederla inchinarsi con deferenza al
cospetto del felino e, fra sé, si sentì
bizzarramente fiera dell’eleganza che
stava sicuramente dimostrando davanti ad Aslan. Shay era sempre stata
così
posata ed educata, a palazzo era diventata la beniamina delle
insegnanti di
galateo e delle dame di compagnia della Sovrana…
-Sono
addolorato per questa perdita. Mairead mi era molto
cara.-
Le parole di
Aslan le trafissero bruscamente il cuore,
spezzando il filo dei suoi pensieri.
Sì,
Mairead era stata cara a tutti – era stata cara a lei.
Aveva sempre
creduto che Mairead sarebbe stata eterna, che
non se ne sarebbe mai andata. Era Sovrana già da molto tempo
quando lei e Shay
erano giunte al Regno delle Naiadi, persino i Pevensie erano diventati
regnanti
dopo diversi anni dalla sua ascesa… era quasi una bestemmia
affermare che
quella donna meravigliosa non esisteva più.
Da qualche parte
in quel fiume Aysell gemette, percependo
qualcosa di enormemente doloroso stringersi in lei a quel pensiero.
Mairead era
stata… tutto.
Per lei
– per quella bambina cieca, spaventata e sperduta
– Mairead era stata l’intero universo.
L’aveva
amata come una figlia, l’aveva difesa dalle angherie
di coloro che l’avevano derisa per l’assenza dei
suoi poteri, l’aveva cresciuta
e aveva accettato di separarsi da lei solamente quando, per Aysell, la
sicurezza nel Regno delle Naiadi era venuta a mancare; era stata la sua
forza
nei momenti di sconforto, la sua guida durante i lunghi secoli che
aveva
passato come reietta fra la sua stessa gente, la sua protettrice
più grande… la
sua unica madre.
Una madre che
non sarebbe tornata mai più.
Non poteva
essersene andata davvero. Mairead c’era sempre
stata…
Zanne ghiacciate
le sferzarono lo spirito quando dovette
ricordare a se stessa che cosa aveva visto – che Mairead non
sarebbe più
tornata, che non le avrebbe mai più rivolto una carezza o
una parola di
conforto.
Mairead non
c’era più.
Non poteva
sopravvivere a quella consapevolezza: il dolore
era troppo e lei era così stanca… che male ci
sarebbe stato nello smarrirsi in
quel baratro di sofferenza?
Non era
abbastanza forte per andare avanti, quell’atroce
agonia l’avrebbe dilaniata un po’ giorno dopo
giorno. Come poteva, lei che era
solamente una ragazzina, vivere accompagnata dalla consapevolezza che
Mairead
non le avrebbe mai più sorriso, che non le avrebbe mai
più parlato, che non
l’avrebbe mai più abbracciata?
-Tutto
il mio popolo piange la perdita della nostra
Sovrana.- sentì aggiungere Shaylee, e
riuscì a cogliere una profonda
tristezza ed altrettanto dolore nella sua voce. -È
stata… è stata la
migliore delle madri per ognuno di noi.-
Le parole di
Shaylee sembrarono dar voce ai pensieri di
quella sua sorellina che pareva non volersi destare; quel pensiero
riuscì a
toccarla come nemmeno Mirime avrebbe potuto fare, rammentandole che
anche Shay
e le sue sorelle stavano piangendo la scomparsa di quella donna
formidabile che
le aveva cresciute tutte quante – ricordandole che
non era giusto isolarsi,
non quando qualcuno che amava stava soffrendo.
-Ti ha
insegnato bene.- sentì mormorare Aslan, ma
comprese dal suo tono di voce che la sua attenzione si era spostata da
Shaylee
agli occhi opachi che la piccola aveva sporto sul pelo
dell’acqua.
Il fiume, forte
come lei sapeva di non riuscire ad essere,
la accompagnò con una morbida ondata fin sulla riva,
infrangendosi sui ciottoli
levigati in migliaia di bollicine candide.
Aslan la
guardò con quell’intensità a malapena
tollerabile
nel momento in cui le correnti si ritirarono dal greto, lasciandosi
dietro la
figuretta di Aysell, modellata nell’acqua che portava dentro
di sé – tuttavia,
diversamente da qualsiasi altra naiade, la limpidezza di quel corpo era
offuscata, quasi una piccola tempesta turbinasse dentro di lei.
-Aysell,
bambina.- il leone la accolse con dolcezza,
abbracciandola con quegli occhi caldi e profondi in cui chiunque
avrebbe potuto
trovare pace e conforto.
E lei rispose a
quella dolce chiamata, abbandonando il fiume
e muovendo qualche passo incerto sulla terraferma, avvolta da una
cascata di
capelli d’oro liquido che si mescolava, danzando, alla sua
carne mutata.
Prima di
raggiungere Aslan e Shaylee, però, si costrinse a
fermarsi sul greto acciottolato per raccogliere qualcosa che lo spirito
fluviale aveva restituito agli esseri viventi senza che lei se ne
accorgesse –
tutto ciò che rimaneva della più grande Sovrana
che Narnia avesse mai
conosciuto, e della più grande donna che lei e le sue
sorelle avrebbero mai
potuto incontrare: lo scettro di Mairead.
Cercando di non
incespicare in quella forma che non le era
più familiare, Aysell si avvicinò al Grande Leone
e a Shaylee, l’uno
imperscrutabile e l’altra ansiosa e preoccupata; la Guardiana
si costrinse a
mantenere le spalle dritte e il portamento determinato – proprio
come Shay,
proprio come le aveva insegnato Mairead.
Serrò
le piccole mani su quel meraviglioso scettro che tante
volte aveva visto in mano alla Sovrana, sentendo il cuore piangere
quando
scorse gli zaffiri opachi e spenti come stelle defunte; continuando a
stringerlo, aggrappandovisi con tutta la disperazione che le riempiva
la mente
per non lasciarsi cadere a pezzi, si fermò davanti ad Aslan
e glielo porse.
-Il fiume lo ha
lasciato sulla riva.- affermò, costringendo
la propria voce a non tremare e sostenendo lo sguardo perforante del
padre.
-Appartiene alla
Sovrana delle Naiadi e, questo, lo spirito
del fiume lo sa molto bene.- mormorò lui, indecifrabile come
il più
inestricabile degli enigmi, avvicinandosi appena ad Aysell e sfiorando
con la
punta del naso il legno bianco dello scettro.
In quello stesso
attimo Aysell sussultò, percependo una
sensazione calda ed avvolgente risalire l’asta e le sue
braccia, colmandola di
una pace che non avrebbe creduto di poter più provare;
fissò Aslan, stupefatta…
ma lui sorrise soltanto, avvolto da quel mistero rifulgente di
splendore che
quasi accecava gli occhi di chi era in grado di vedere, prima di
volgersi verso
la più grande delle due sorelle.
-Prendilo,
Shaylee.- affermò; e, non appena ebbe parlato,
Aysell seppe – in un modo che trascendeva qualunque logica o
razionalità – che
il destino di Shaylee era legato indissolubilmente a quello scettro, a
quel
ruolo, a quel titolo.
Shaylee
apparteneva al Regno delle Naiadi, così come vi era
appartenuta Mairead.
-Cosa?-
balbettò la maggiore, sgranando gli occhi davanti
all’affermazione di Aslan; scosse la testa, sfregandosi le
mani sulle guance
che si erano riempite d’imbarazzo, distogliendo le iridi
dorate dal leone. -No,
io non sono degna, non sono… pronta.- tentò di
giustificarsi, facendo un passo
indietro, ma Aslan negò appena ed invitò Aysell
ad avvicinarsi alla sorella.
-Sei la figlia
che Mairead ha designato per succederle, ed è
con il favore di Aslan e della Guardiana dell’Acqua che, da
oggi, tu regnerai.-
A quelle parole,
pregne di un profondo significato che
entrambe riconobbero immediatamente, Aysell sorrise appena.
Consapevole di
quanto ciò che stava compiendo fosse molto
più solenne ed importante di qualunque azione avesse mai
compiuto nella propria
vita, la Guardiana dell’Acqua avanzò per arrivare
a trovarsi davanti a Shaylee,
serena ed imperscrutabile in volto esattamente come Aslan; in un lampo
di
consapevolezza la giovane Figlia capì che la calma surreale
che la pervadeva
ora apparteneva ad un qualcosa di più grande di loro, che
sovrastava qualunque
legge pronunciata nel corso dei secoli e che vibrava in ogni singolo
millimetro
della sua carne e della sua anima.
La Grande Magia
era lì, dentro di lei, per designare colei
che era degna a proteggere i suoi figli più amati.
Guardò
gli occhi dorati di sua sorella, così diversi dai propri,
e vide nel suo volto una donna che a lungo aveva atteso di poter
sbocciare;
vide una coraggiosa guerriera che aveva abbandonato la fanciullezza per
indossare le pesanti vesti della maturità; vide il riflesso
del sorriso di
Mairead nella consapevolezza che stava lentamente soppiantando
l’incredulità
nei suoi tratti, e comprese che Shaylee sarebbe diventata una delle
più grandi
Sovrane che le naiadi avrebbero vantato nei millenni a venire.
Le tese lo
scettro senza più tremare, e quasi poté sentirlo
vibrare quando Shaylee allungò entrambe le mani e chiuse le
dita sottili sul
legno candido, impugnandolo con una sicurezza che andava oltre ogni sua
paura.
E gli zaffiri
sfolgorarono di gioia quando la giovane donna
accettò se stessa e il proprio destino, proclamandola
così novella Sovrana del
proprio amato popolo.
Shaylee sorrise,
sopraffatta dalla commozione, rivolgendo
uno sguardo pieno di gioia alla sorella e ad Aslan; aveva gli
occhi pieni di
lacrime, notò Aysell, ma sapeva che sarebbe
riuscita a contenere le proprie
emozioni.
Aslan si
affiancò alla piccola Guardiana mentre quella
presenza ultraterrena che l’aveva avvolta scemava bruscamente
da lei, facendola
quasi barcollare; la sostenne con educazione, permettendole di
accostarsi alla
sua criniera mentre riprendeva fiato, in modo che nessuno scorgesse il
volto
della ninfa – che, gradualmente, stava tornando umano
– adombrarsi quando i
foschi pensieri che l’avevano tormentata si ripresentarono
alla sua mente.
Shaylee
però non si accorse di quel breve momento di
debolezza; guardò Aslan, che le sorrideva, e ricompose il
proprio volto in
un’espressione seria e determinata.
-Sarò
degna.- affermò soltanto, solenne, congedandosi dal
Signore di Narnia con un profondo inchino prima di dirigersi verso il
greto del
fiume, dove le ninfe la stavano aspettando – dove
Peter Pevensie aveva
atteso fino a quel momento.
Si
avvicinò a lui dominando le emozioni, ripetendosi che una
Sovrana doveva mostrare decoro e non lasciarsi prendere dalle passioni;
eppure,
quando Peter le sorrise e le racchiuse le mani sul proprio petto con
gli occhi
pieni di gioia, lo sguardo che si scambiarono fu più intenso
di qualsiasi bacio
potesse esistere.
Aysell, che
aveva seguito i movimenti della sorella senza
mai muoversi, si strinse le braccia attorno al corpicino sussultante
– del
tutto umano, ormai – e si scostò da Aslan, che
percepì il suo turbamento e si
allontanò per concederle un minuto di solitudine.
Era sciocco
sentirsi così.
La bionda chiuse
gli occhi quando li sentì bruciare,
lottando per scacciare quella sensazione sgradevole che non riusciva ad
identificare.
Era felice per
Shaylee, sapeva da sempre che sarebbe
diventata Sovrana, un giorno; però… qualcosa di
pesante e doloroso sembrò
animarsi nel suo diaframma quando, in un tremendo secondo di
consapevolezza,
comprese che sua sorella aveva un popolo intero di cui prendersi cura,
adesso,
ma che non era rimasta nemmeno per chiedere a lei
come si sentisse.
Scosse la testa,
cercando di scacciare quel pensiero: non
era il caso di angosciarsi per una sciocchezza del genere, si
disse, ma non
riuscì ad evitare la sgradevole sensazione di abbandono che,
mescolandosi al
dolore che provava, le sfiorò l’anima.
Poteva capirla,
però: Shaylee era emozionata e addolorata e
probabilmente più confusa di lei – andava tutto
bene, il suo compito adesso era
quello di rassicurare un intero popolo che aveva appena assistito
all’omicidio
di una Sovrana che era stata molto amata, di sicuro non poteva perdere
tempo
per sbrogliare le ansie della sua sorellina impacciata…
-Ehi.-
La naiade
sobbalzò, colta di sorpresa da quel richiamo, ma
si sentì enormemente sollevata quando, voltandosi, si
trovò davanti
all’espressione dolce di Siria.
La strega si era
separata da Caspian, lasciandolo con i
Pevensie e con i suoi luogotenenti narniani – per un istante
Aysell si chiese
come mai non fosse rimasta là anche lei, dato che Aslan
l’aveva nominata
ufficialmente Generale di Narnia… ma, dallo sguardo
rassicurante e comprensivo
della rossa, la naiade capì che aveva preferito raggiungerla
piuttosto che
lasciarla sola.
Le si
gonfiò il petto di commozione a quel pensiero: la sua
amica aveva lasciato tutto da parte, persino il suo adorato Caspian,
per venire
da lei… perché l’aveva sentita soffrire
ed era corsa al suo fianco senza che
nessuno la chiamasse, semplicemente perché non poteva
tollerare di rimanere a
guardare mentre il dolore le squarciava l’anima.
Perché
era sua amica, sua sorella, e non l’avrebbe mai
lasciata soffrire.
-Ehi…-
mugolò, abbozzando un sorriso nonostante il nodo che
era salito ad ostruirle la gola fosse talmente ingombrante da impedirle
quasi
di respirare – Shaylee che se ne andava
così… Mairead…
Non ebbe bisogno
di dire nulla, né l’altra dovette chiederle
che cosa stesse succedendo: a Siria bastò uno sguardo per
capire, e se la tirò
addosso prim’ancora che Aysell stessa si accorgesse di aver
perduto la
battaglia contro il pianto.
L’abbraccio
di Siria era sempre caldo, caldo e
meravigliosamente familiare.
Aysell vi si
raggomitolò subito, nascondendo il visetto
nella curva della spalla della strega e aggrappandosi con forza ai suoi
abiti,
quasi fosse un gattino spaurito e abbandonato; ma non era sola,
le
suggerì una vocina speranzosa all’orecchio della
mente, non era sola e non
lo sarebbe stata mai più…
-Andrà
tutto a posto, piccoletta.- le mormorò l’amica
all’orecchio, stringendola a sé ed accarezzandole
delicatamente i capelli
ondulati. -Rimetteremo tutto a posto. Te lo prometto.- aggiunse, piano
– ed
Aysell le credette all’istante, perché se Siria
era convinta che quell’atroce
agonia si sarebbe chetata un poco allora doveva essere la
verità, Siria non le
avrebbe mai mentito e avrebbe fatto di tutto per mantenere quella
promessa…
Tirò
su col naso, annuendo appena, ma non si mosse da
dov’era; e la rossa sorrise, stringendola un po’
più forte quando un fremito la
attraversò – però, adesso, Aysell non
aveva più così freddo.
Avrebbero
rimesso tutto a posto, tutte insieme; e tutto
sarebbe andato a finire bene.
Aslan, poco
lontano dalle due ragazze abbracciate, si
concesse un breve sorriso.
Separare le sue
Figlie era stato un azzardo che avrebbe
potuto causare una spaccatura incolmabile fra loro: la distanza avrebbe
potuto
distruggere l’amicizia che le aveva legate da bambine
– d’accordo, Mirime e
Talia non erano state così giovani all’epoca, ma
lui non riusciva proprio a
fare a meno di vederle tutt’e quattro come le sue piccole
creature –, e lui
aveva davvero temuto che le sue figlie non riuscissero a mantenere
intatta
quell’affinità che avrebbe potuto salvarle una
volta cresciute.
Ma, per fortuna,
tutto si era risolto al meglio.
L’affetto
che si era instaurato fra tutte loro era stato più
forte degli anni e del tabù: quando Shaylee aveva
smantellato l’incantesimo
della Sovrana tutt’e quattro le Figlie di Aslan avevano
ritrovato se stesse,
donando ai propri cuori e a Narnia un’unione profonda e
sincera che avrebbe
portato gioia e serenità al regno intero.
In quel modo
particolare che lo caratterizzava da sempre
Aslan sapeva che, dopo quell’ardua prova a cui il destino le
aveva sottoposte,
niente avrebbe più potuto dividerle.
Voltò
l’enorme testa, soddisfatto, spostando l’attenzione
sulla ninfa dell’aria che galleggiava pigramente a qualche
metro da terra, poco
distante dalla mezz’elfa e dal suo compagno umano; Talia,
avvertendo il suo
sguardo, si voltò e gli rivolse un sorriso scanzonato,
affiancandolo quando lui
la raggiunse.
-Era ora che ti
facessi vedere, vecchio mio.- lo salutò,
allungando una manina per arruffargli con tenerezza la criniera dorata;
Aslan,
paziente, sopportò quell’epiteto bonario e si
lasciò strapazzare un poco
dall’esuberante mezz’elfa che, con un versetto
deliziato, gli balzò al collo
per immergersi completamente nell’abbraccio di quella
criniera soffice e folta.
-La gente stava cominciando a crederti una favoletta per bambini.- gli
fece
notare lei dopo qualche attimo, ridacchiando al pensiero di
quell’enorme felino
ridotto a spauracchio per i piccoli insonni di Narnia.
-Ogni cosa ha il
suo tempo, ragazza mia.- replicò il
leone, punto nell’orgoglio – e Talia rise di nuovo,
soddisfatta, quando si
accorse che Aslan le aveva fatto il verso e che, in fondo, anche lui
possedeva
un qualche strano senso dell’umorismo.
Si
separò a malincuore dal folto collare di pelo del felino,
ricomponendosi un poco e lanciando, nel frattempo,
un’occhiata serena in
direzione delle amiche; si trattenne dal ridere ancora quando scorse
nello
sguardo di Mirime un astio familiare, un’antipatia nata molti
secoli prima e
tutta dedicata al sedicente – e peloso
– Signore di Narnia che le stava
accanto.
-Il Concilio
Elfico sta arrivando.- le annunciò lui,
cogliendo l’oggetto dei suoi pensieri ma ignorando
clamorosamente la presenza
vagamente minacciosa della pleiade che volteggiava sopra di loro.
-Credo
abbiano preferito accusare un ritardo piuttosto che intervenire in
questa
battaglia, ma sono per strada.- aggiunse, inarcando un sopracciglio e
annuendo
quando Talia sbuffò, spazientita.
-Chissà
perché ma non mi sorprende più di tanto, questa
cosa!- fu l’unico commento della mezz’elfa, che
scosse vigorosamente la testa
in segno di profonda disapprovazione.
Aslan si
concesse un sorrisetto ironico, consapevole di
quanto Talia disprezzasse l’atteggiamento della gente di suo
padre: nemmeno lui
era mai andato molto d’accordo con gli elfi, e__
-Ciao, papi.-
Il Grande Leone
s’irrigidì a quelle parole improvvise, ed i
suoi grandi occhi si colmarono di disagio e imbarazzo; scosse la folta
criniera
per tentare di alleviare quella sensazione sgradevole ma, quando seppe
di non
poter evitare quell’incontro, si arrese
all’evidenza e si voltò verso quel paio
d’occhi ambrati che, pieni di rimprovero, lo stavano
aspettando.
Esisteva una
sola persona, in tutti i numerosi mondi che lui
aveva creato, in grado di provocargli quella reazione: Mirime.
Mirime era
l’unica creatura nell’universo che potesse
vantare un’esperienza quasi pari alla sua; era
l’unica che avesse mai avuto il
coraggio di opporsi a lui, che si fosse rivelata saggia quanto e forse
anche
più del padre… ed era anche
l’unica in grado di provocargli quello strano
sentimento tanto simile a puro terrore.
-Mirime…
è bello incontrarti lontano dalla tua torre,
finalmente.- la salutò, rivolgendole un breve inchino quando
la pleiade toccò
leggiadramente terra dinanzi a lui.
-Sì,
è piacevole cambiare aria, ogni tanto.- fu la caustica
replica della mora, che si limitò ad incrociare le braccia
sotto al seno e
fissarlo, torva, da sotto la folta frangia scura.
Nel corso dei
lunghi secoli che Mirime aveva passato in
solitudine, ultima della sua razza e Ancella di un potere troppo
prezioso per
essere messo in pericolo in mezzo ai mortali, lei ed Aslan si erano
spesso
scontrati sull’atteggiamento che il Signore di Narnia aveva
sempre tenuto nei
confronti delle sue genti: Mirime non aveva mai sopportato il suo
continuo sparire
dalle situazioni critiche, ed Aslan non era mai riuscito a farle capire
che,
nel destino che lui solo poteva scrutare, il suo comportamento avrebbe
sempre
trovato un perché.
In fondo si
erano sempre rispettati e sopportati a vicenda –
erano abbastanza saggi per non discutere sulle decisioni
dell’uno o dell’altra,
e non si era mai presentata una situazione talmente critica da
richiedere un
intervento troppo pesante del Grande Leone.
Insomma, era
intervenuto per aiutare i Pevensie contro
Jadis, no? Mirime sapeva benissimo che i pupilli del padre giungevano a
Narnia
per imparare e per crescere, di solito Aslan non causava mai troppi
danni con
la sua assenza…
Stavolta,
però, aveva proprio esagerato.
La fanciulla
fece schioccare le labbra fini, assottigliando
le palpebre su quegli occhi grandi e insolitamente allungati, quasi
felini;
aveva gli zigomi pallidi stranamente accesi ma sembrava calma,
notò Aslan – eppure
quella consapevolezza non lo tranquillizzò minimamente.
-La prossima
volta, magari, potresti intervenire
prima di lasciare che accada un disastro come quello che ci ha quasi
portato
via Siryn?- furono le parole che la pleiade scelse per rivolgersi a
quel padre
ancestrale che l’aveva delusa più di quanto
avrebbe ritenuto possibile.
Il leone
sospirò, rassegnato.
Spiegare a
Mirime che Siria aveva avuto bisogno di
affrontare se stessa solo ed esclusivamente in quel modo – che
niente e
nessun altro avrebbe mai potuto spingerla ad accettarsi
– sarebbe stato
impossibile: l’affetto che la legava alla strega
l’avrebbe resa sorda alle sue
delucidazioni… ma, in fondo, quella non era una
consapevolezza che lo
disturbava: sapere che la sua Figlia più antica era stata in
grado di
affezionarsi alla più giovane lo riempiva di una gioia tale
da spingerlo a
rinunciare all’idea di esplicare alla ragazza i propri piani;
si limitò,
perciò, ad abbassare l’enorme testa in segno di
scuse.
-Farò
il possibile, figlia mia.- le assicurò, mite; la
pleiade, finalmente soddisfatta, si permise un sorriso indulgente e
allungò
persino una mano verso di lui, posandola sull’ampia fronte
dorata del padre e
lasciandovi una breve carezza.
-Bravo micetto.-
si complimentò, lasciandosi finalmente
andare ad un sospiro che le sciolse la tensione accumulata nelle spalle
esili.
Il suo
però fu un sollievo di breve durata, perché tanto
lei
quanto Aslan e Talia, poco discosta da loro, si voltarono di scatto
quando
udirono la voce oltraggiata di Shaylee echeggiare fino a loro.
-Chi ha osato
farti questo, caro?- stava chiedendo la naiade
al biondo Re, riferendosi al profondo taglio che solcava il viso di
Peter e che
lei, amorevolmente, aveva appena sfiorato con una tenera carezza.
Automaticamente,
diverse paia d’occhi scattarono sulla
figuretta minuta di Aysell.
Peter
sospirò, scoccando un rapido sguardo alle Figlie di
Aslan: Talia ridacchiava, Mirime stava facendo del suo meglio per
rimanere
seria, Siria pareva confusa – Aysell, tuttavia, era arrossita
fino alla radice
dei capelli e cercava di non guardarlo, sebbene stesse lottando per
impedirsi
di sorridere soddisfatta.
-Tua sorella.-
sospirò, tornando a volgersi verso Shaylee
con l’espressione più sconsolata che gli si fosse
mai vista in volto, mentre
Caspian e Caleb, che sorridevano sornioni, si accostavano a Siria e ad
Aysell.
Videro Shaylee
sgranare gli occhi, e tanto lei quanto Siria
si volsero per lanciare un’occhiata attonita alla piccola.
-Ah.- fu
l’unico commento che la nuova Sovrana si concesse,
prendendo un respiro profondo e chiedendosi come mai
si stesse ostinando
ad indagare su quella faccenda. -E… perché?-
chiese, pentendosene all’istante
quando Peter volse gli occhi al cielo, imbarazzato.
-Perché
ho quasi causato la morte di Siria.- mugugnò,
imbronciato, senza guardare nessuno e desiderando ardentemente di
trovarsi in
qualsiasi altro luogo piuttosto che davanti all’espressione
allibita di
Shaylee.
-Ah.-
La naiade,
sconcertata, rimase immobile per qualche secondo
prima di voltarsi verso la sorellina, che aveva in volto
l’espressione più
angelica ed innocente che Shaylee avrebbe mai potuto immaginare,
guardando poi
Siria che alzò immediatamente le mani per proclamarsi
innocente e ignara di
quella faccenda mentre Talia ridacchiava poco lontano e volgendosi,
infine,
verso l’espressione seria e palesemente falsa di Mirime.
Sospirò
di nuovo, scoccando all’amica pleiade un’occhiata
esasperata.
-Senti, io capisco che avesse ragione, ma tu un po’ di diplomazia potevi anche insegnargliela in questi secoli!-
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.My Space:
Mwehehehehehehehehehehehe!
Peter: NON sei divertente.
Buongiorno!
Come promesso ecco qua il capitolo 47 di Narnia's Rebirth, credo il più lungo che io abbia mai pubblicato in questa fanfiction... dopotutto è il capitolo di scioglimento di 46 capitoli di tensione, direi che si merita tutto lo spazio di cui ha bisogno. Con questo si chiude ufficiosamente la fianfiction: i tre capitoli che seguiranno saranno quelli che andranno a comporre l'epilogo.
Allora! Finalmente Aslan si confronta con le sue figliole, dopo qualcosa tipo un'eternità... diciamo che Mirime ha giusto un paio di cosette da dire al papi!
Tutte loro hanno un modo diverso di rapportarsi con Aslan: Siria, nonostante tutto, lo rispetta e sono convinta che arriverà ad adorarlo (ricordiamo però che Siria adora ANCHE Peter, quindi non è un metro di giudizio molto imparziale); Mirime lo tratta più come un suo pari che come un padre, dato che hanno un'esperienza multisecolare tutti e due; Talia lo prende, come sempre, con tanta ironia, ma la amiamo anche per questo; Aysell ne è intimorita e prova rancore nei suoi confronti per non essere mai intervenuto per lei.
Aysell in questo capitolo mi fa così tanta tenerezza... il suo cercare di essere all'altezza della situazione è ciò che la differenzia dalla sorella, più d'ogni altra cosa: Shay SA come destreggiarsi nelle vicende, è elegante e determinata, Aysell invece è un po' goffa e tanto, tanto insicura. Le voglio tanto bene, è un tesoro!
Peter: ma sei convinta!? NO MA SEI SICURA!? E SE POI TE NE PENTI!?
Anche Caspian, in questo capitolo, arriva alla conclusione di un percorso che è durato un sacco di tempo: è cresciuto, è diventato l'uomo che voleva diventare, il Re che era destinato ad essere... e, al suo fianco, avrà la compagna che si è scelto e che nessuno avrebbe mai potuto immaginare sarebbe stata la plausibile consorte del Re di Narnia e di Telmar. Insomma, ce l'abbiamo fatta e il resto dovrebbe essere tutto in discesa xD
Ne approfitto per riportarvi, qui sotto, tutte le varie immagini che DreamWanderer ha creato per questa fanfiction e quelle che seguiranno (cliccate sulle immagini per aprirle): le trovate comunque tutte su Deviantart! Inoltre potete trovarci anche su Polyvore, sia io che lei (ci sono un sacco di set su questa fanfiction!) ^^
Gli outfits da battaglia delle ragazze:
La falce di Mirime:
La mappa di Narnia (riorganizzata secondo questa fanfiction):
Nota dell'Autrice:
Seven Gods è stata rimossa da EFP per via di alcune controversie relative al copyright, ma sto continuando a scriverla appassionatamente e potrete averne notizia nel gruppo FB "Uno sguardo su... Seven Gods"; potrete trovare tante curiosità e spoiler sulla pagina dedicata alla saga di Rebirth, Narnia's ~R~ e curiosità e pensieri sulla mia pagina personale, Ray; voglio ringraziare immensamente la mia beta DreamWanderer, che trovate sia su EFP che su Facebook, che mi sta aiutando con la correzione di tutte le mie storie e non è facile ^^' specialmente perché, nel frattempo, sopporta me U_U
Vi ringrazio per aver letto e seguito Narnia's Rebirth sino a qui: ci risentiamo al prossimo capitolo!
Big hugs,
B.
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