;SIXTEENTH CHAPTER
Quando
si agisce cresce il coraggio, quando si rimanda cresce la paura.
—Publilio
Siro
Forse
era sveglia, forse stava ancora sognando. I corpi senz'anima
sognavano? No, senz'altro no, i sogni erano frammenti d'anima -lo
diceva sempre qualcuno, anche se non ricordava chi, un autore famoso
comunque- dovevano essere salve per forza.
Sentiva
delle voci, di sottofondo, ma era come se non fosse abbastanza forte
per catturare le parole, come una radio sintonizzata male, coglieva
solo a pezzi le parole interrotte da un brusio incessante di diverse
voci che si fondevano assieme.
Lentamente
aprì gli occhi, solo un poco e venne accecata dal bianco. Li
richiuse subito.
Poi
cominciò a prendere coscienza dell'odore che l'avvolgeva.
Pozioni
medicinali.
O
era in Infermeria o al St. Mungo.
«Si
sta— ando.» percepiva le frasi sconnesse, a pezzi.
Le faceva male
la testa, come dopo una brutta sbronza.
«Mhm..»
mugugnò infastidita, troppi rumori, aveva bisogno di
silenzio, li
avrebbe abbracciati dopo. O picchiati, non importava, bastava solo
che potesse essere fatto tassativamente dopo.
«Al—
va a chia— Chips.»
Rumore
di una sedia spostata, forse, e uno scalpiccio e poi— una
voce le
era famigliare.
Il
suo pensiero felice.
Il
calore e il terrore che comportavano quella certezza, quella scoperta
l'avvolsero spingendola ad aprire gli occhi sbattendoli
ripetutamente. Merlino se faceva male la luce, non potevano
spegnerla?
Ci
mise un po' a distinguere i colori, non è che la visuale
migliorò
tanto, ma si concentrò, si concentrò sull'unica
figura che voleva
vedere.
«Scorpius..»
il suo nome le uscì dalle labbra con tanta naturalezza da
provocarle
un brivido lungo la schiena e il dilatarsi dello sguardo di lui,
«Scorpius sorridi.»
Ci
provò anche lei, ma dalle facce attorno a lei
intuì che doveva
essere sembrata più una smorfia di estremo dolore.
Mentre
Scorpius s'irrigidì a quelle due parole Zabini la
guardò con tanto
d'occhi.
«Lils,
ma sei sicura di star bene?»
Lo
ignorò, non aveva occhi né attenzione a
sufficienza per contere
altro che lui e quel grigio che mai le era sembrato così
caldo.
«Sorridere,
sai— non si sa mai— un sorriso,»
balbettò incerta, debolmente,
sentiva la testa girarle, mentre il sonno stava per riprendersela,
«forse.. forse un sorriso ci può salvare.»
L'ultima
cosa che vide mentre abbassava le palpebre fu il suo sguardo e le sue
labbra, perfettamente immobili.
Non
aveva sorriso.
Eppure
era importante.
Il
sorriso di Scorpius era il suo pensiero felice.
La
prima cosa che la colpì fu il silenzio. Che ci fossero i
suoi
cugini, fratelli o il gruppetto Serpeverde attorno a lei non contava,
c'era sempre qualche voce. Invece ora l'avvolgeva il silenzio come
una coperta opprimente. In effetti sentiva caldo, ma era per la mole
industriale di coperte -letteralmente- che aveva addosso.
Le
scalciò con un gesto impaziente, senza nemmeno aprire gli
occhi,
memore dell'ultima volta quando la luce l'aveva quasi accecata.. o
forse l'aveva solo sognato? Gli arti, a dire il vero tutto il corpo,
le dolevano, muoversi così in fretta forse non era stata una
buona
idea.
Aprì
pian piano un occhio e lo vide, vide la trasformazione sul volto
dell'uomo più importante della sua vita. Le rughe sulla
fronte che
si distendevano, gli occhiali che gli scivolavano un po' sul naso e
la mascella che si rilassava. Vide suo padre sorridere con
delicatezza -la sua delicatezza- non appena intravide un occhio blu
della sua bambina.
«Hey.»
Aprì
la bocca, ma si ritrovò incapace anche solo di dire
qualcosa. In un
attimo, si sentì calare addosso gli eventi del prima
-non
sapeva esattamente quanto prima- e pesavano come
piombo.
«Papà..»
la voce le tremava inverosimilmente, tutto il coraggio che l'aveva
fatta tener duro fino a poco prima di perdere i sensi si era
consumato. Sentiva quasi la paura riavvolgerla. Il freddo.
«Bambina
mia.»
Le
si buttò praticamente addosso, stringendosela al petto
ancora un po'
impacciato, dopo tutti quegli anni non sapeva ancora come gestirla
una femmina, anche in quei momenti.
Anche
il suo profumo, di papà, non era
cambiato, notò con sollievo
col viso immerso nel suo maglione. Dopotutto qualcosa rimaneva
immobile nello spazio tempo, immutabile e sicuro. Un punto fermo.
«Ho—
ho avuto paura e— e tutti i ricordi felici— Kim,
Kim era in
pericolo— piangeva—» farfugliò
sconnessamente mentre tremava
con una foglia. Era come se piangesse senza lacrime; se le sentiva
dentro, scorrere come lava e marchiarla sotto pelle, ma non
riuscivano ad uscire. Era stato troppo anche per piangere, eppure si
sentiva così disorientata.
«Shh,»
le accarezzava i capelli cullandola proprio quando era piccola e
correva da lui dopo essersi fatta male, uno dei ricordi felici che
non aveva funzionato, «va tutto bene. Tu stai bene, Kim sta
bene.
Abbiamo già catturato il dissennatore. Va tutto
bene.»
«Tu—
James, io—io non volevo—Kim è
svenuta—» tremò
incontrollabile mentre il padre la cullava, seduto sul bordo del
letto e la figlia in un pigiama di flanella dell'infermeria
accucciata fra le sue braccia che voleva piangere, ma non aveva
sollievo da tirare fuori.
«Shh—
l'importante è che tu stia bene, stanno tutti
bene.» la voce aveva
avuto un leggero tremore, come se volesse dire qualcosa, ma avesse
pensato che non fosse il momento.
Passare
una vita piena di felicità -con le dovute delusioni
adolescenziali
certo, ma niente di catastrofico- e poi ritrovarsi davanti ogni paura
le aveva fatto capire quanto poco coraggio avesse dentro davvero, non
per affrontare la situazione, perchè per quanta paura avesse
avuto
si era aggrappata al suo pensiero felice, ma era stato il dopo che
l'aveva distrutta. Il realizzare cos'era successo, tutto assieme,
troppo pesante per una ragazzina di sedici anni. Realizzare che ogni
cosa che aveva ricevuto, ed era stato così tanto, non
era
bastato per renderla felice davvero.
«Beh,
si è capito perchè non sono finita in
Grifondoro..» commentò col
viso immerso nel petto del padre mentre faceva respiri profondi per
calmarsi.
«Non
dire sciocchezze tesoro, essere coraggiosi non vuol dire non avere
paura.» le accarezzò i capelli annodati Harry con
dolcezza.
«Lo
so, ma io ora ho paura e basta.» tremò ancora.
Harry
la scostò un po' da sé in modo da poterla
guardare negli occhi;
«Sei umana piccola mia e poco più che una bambina,
sarebbe strano
se non ne avessi.» La guardava intensamente negli occhi e
quel mare
verde le si avvolgeva attorno in una morbida coperta. «Sei
anche
stata fin troppo coraggiosa.»
Non
disse niente, entrambi i Potter sapevano che non serviva altro oltre
al piccolo cenno della testa della rossa. Harry Potter aveva il dono
di compensare la sua goffaggine con le parole con gli sguardi, da
dietro quegli occhiali malconci riusciva a darti la pace.
Lily
si staccò gentilmente dal padre soffermandosi sui letti
occupati
attorno a cui erano state tirate le tende chiedendosi quali
nascondessero l'amica.
«Kim
si è già svegliata, l'hai mancata di poco, si
è rimessa a dormire
mezz'oretta prima che tu ti svegliassi.» rispose alla sua
domanda
muta il padre. «Non ho mai visto il furetto così
pallido, che è
tutto dire.» Aggiunse strappandole un mezzo sorriso mentre
riportava
lo sguardo su di lui. Ancora qualche istante di silenzio mentre la
mente della ragazza elaborava una domanda così ovvia che
evidentemente era stata soppressa fino a quel momento.
«Cosa
ci facevano dei Dissennatori a Hogsmeade?»
Il
padre, lo vide chiaramente, esitò un po', come se cercasse
il modo
più giusto per risponderle.
«Vedi,
pur essendo in tempi di pace c'è sempre qualcuno, che,
diciamo—
non è d'accordo. Ero in paese per quello: un piccolo gruppo
di..
puristi del sangue, se vogliamo chiamarli così, hanno fatto
un reid
nell'isola in cui il Ministero li aveva isolati subito dopo che
Voldemort è caduto. Ero lì appunto per indagare,
quando--» piccola
pausa, ma lei rimase zitta ricambiando lo sguardo del padre, sapeva
che stava solo prendendo tempo e non aveva ancora finito.
«Volevano
colpire me, non ci è ancora ben chiaro come abbiano fatto,
ma li
abbiamo presi e sono già in custodia e gli Auror li stanno
interrogando.»
«Volevano
colpire te..» commentò solamente distogliendo di
nuovo lo sguardo
per non mostrare la preoccupazione che l'aveva presa mentre i suoi
neuroni Corvonero erano in piena attività, «ma
essendo tu un Auror
esperto hanno pensato bene di colpirti al cuore scegliendo obbiettivi
più deboli. Come me.»
Il
suo ragionamento venne accolto dal silenzio.
«Beh,
sì— ma è tutto a posto, li abbiamo
presi, non c'è più nulla di
cui aver paura.» si affrettò a rassicurarla. Lily
prese un respiro
profondo e riportò gli occhi blu sul padre.
«Certo
che è tutto a posto, ci hai pensato tu.»
accennò un sorriso.
«Ci
ho pensato io, sì.» si aprì in un
piccolo sorriso anche lui. «Ma
anche tu sei stata brava, un patronus alla tua età
è una bella
impresa.»
«Tu
lo sapevi fare già a tredici anni e con molti meno ricordi
felici di
me, pa'.» ribattè passandosi una mano fra i
capelli scombinati e
finendo intricata nei suoi stessi nodi.
«Erano
tempi diversi, ma tu sei stata brava. Da quant'è che sai
farlo?»
era orgoglioso ed evidentemente sollevato di essere passato da
argomenti più pesanti all'elogiare la figlia.
«Beh,
da quando l'ho fatto immagino..» rispose ancora un po'
disorientata
sui tempi.
«L'ho
sempre detto che sei la mia piccola Corvonero.» sotto lo
sguardo
orgoglioso del padre sentì le guance infiammarsi e diventare
di un
leggero color rosaceo, troppo evidente in contrasto con la pelle
candida.
«Vado
a dire a tua madre che ti sei svegliata e stai bene.» si
alzò
posandole una mano fra i capelli e posandole un bacio leggero sulla
fronte.
«Va
bene, io ne approfitterò per dormire un altro
po'.» sorrise a sua
volta al padre, con rinnovata tranquillità che le sembrava
quasi
irreale.
«Tu
e la tua amica siete troppo simili, stava quasi per cacciare fuori a
calci suo padre dopo un po' perchè non la lasciava
dormire.»
ridacchiò l'uomo prima di voltarle le spalle e uscire
dall'infermeria. Non appena sparì alla sua vista si
lasciò cadere
sui cuscini, troppo sveglia per voler dormire davvero. Trovò
la sua
bacchetta sul comodino accanto al letto, accanto a un moccino di
candela ormai prossimo all'estinzione e con un gesto leggero della
mano chiuse le tende intorno a sé, rimanendo con gli occhi
sbarrati
a fissare il candore attorno a lei e il soffitto in pietra.
Ormai
era irrimediabilmente sveglia, concluse dopo quella che le
sembrò un
infinità di tempo, così, per istinto si
alzò e con delicatezza
scostò le tende ritrovandosi nel buio quasi più
totale con la
bacchetta stretta in mano. Represse un brivido per il contatto dei
piedi nudi sulla pietra del pavimento e sussurrò un lumos.
Dopo aver
lanciato occhiate furtive all'interno dei primi due letti occupati e
trovandovi rispettivamente un primino minuscolo e una ragazza
piuttosto corpulenta raggiunse l'ultimo occupato scostando le tende
sicura. Lì dormiva profondamente la sua migliore amica in
una
posizione dall'angolatura innaturale, con la bocca semiaperta e i
capelli scompigliati sul cuscino. Lo diceva sempre lei, che il
contegno dei Malfoy era solo una montatura e che quando dormiva
diventava la vera sé stessa. Con passo felpato la raggiunse,
spense
la bacchetta e la posò sul comodino accanto a quella della
Serpeverde, dopodichè scostò le coperte e si fece
spazio a forza
nel letto.
La
sentì mugugnare un bel po', improperi o forse semplicemente
grugniti
finchè senza nemmeno aprire gli occhi fece un mezzo sospiro
che
somigliava molto a un “che vuoi rompipluffe?”
«Kim..
non voglio dormire da sola.»
«Mhm,
sempre a rubarmi il mio spazio vitale.» fu l'unico commento
che
riuscì ad ottenere mentre le faceva spazio senza nemmeno
degnarsi di
aprire gli occhi. Al sicuro, sentendo il calore amico al suo fianco
scoprì ben presto che la paura l'aveva sfiancata.
Così, mentre si
addormentava anche lei, soffiò “Grazie”
a Kimberly, anche
se non era sicura l'avrebbe recepito.
James
si muoveva avanti e indietro come sollecitato da migliaia di Doxy
inferociti -quella immagine mentale avrebbe sollecitato se non in sua
sorella almeno in suo fratello la memoria di un girone dell'inferno
della Divina Commedia, opera di un babbano, e l'immagine si applicava
a pennello al suo stato d'animo. Più semplicemente suo zio
Ron
avrebbe detto che continuando a camminare avanti e indietro avrebbe
presto consumato il tappeto chiaro di Dominique.
Quando
un gufo quasi si schiantò contro la finestra
sobbalzò e si
precipitò ad aprire prima che il volatile ritentasse
incosciamente
il suicidio; il gufo -che riconobbe come uno di quelli della scuola-
entrò scuotendo le ali un po' altezzoso, portandosi dietro
gli odori
e rumori in lontananza della città, assieme al profumo che
c'era
poco prima che piovesse. Ovvero quasi sempre.
In
effetti le ali del pennuto erano già umide, segno che le
prime
goccie avevano iniziato a cadere, oppure era solo nebbia, in ogni
caso in quel momento non se ne preoccupava, dato che aveva
riconosciuto la scrittura sulla lettera ancora del tutto integra.
Tipico di Al, che sebbene fosse il mezzano si comportava come il
perfetto fratello maggiore, sempre attento e previdente e gettava
sempre un semplice incantesimo impermealizzante per evitare che i
viaggi via aerea in Gran Bretagna -in cui era ovvio aspettarsi che
piovesse sei giorni e mezzo su sette- potessero distruggere le sue
missive. Probabilmente gettava quell'incantesimo anche solo quando
mandava un bigliettino da una parte all'altra del castello. James era
già tanto se si ricordava di spedirle, le lettere.
Si
voltò per dire a Dominique qualcosa, non sapeva nemmeno
cosa, e si
accorse di essere solo in casa. Sì, era decisamente il
più
distratto dei fratelli Potter.
Aprì
freneticamente la busta, quasi stracciandola e leggendo avidamente.
La lettera era, a differenza del solito, un po' trascurata, scritta
un po' storta e con qualche sbavatura qua e là dove
immaginava il
fratello colto dalla stanchezza aveva accidentalmente trascinato la
mano. Ed era breve, ulteriore segno della stanchezza del fratello, o
forse anche-- del disgusto verso il maggiore? Quel pensiero gli
raffreddò il sangue nelle vene.
Era
abituato alla disapprovazione del fratellino minore per almeno la
metà delle cose che faceva -spesso guai in cui anche Lily
era parte
attiva,- ma quella volta, pensò con amarezza, era diverso.
Lily
aveva rischiato qualcosa di più di qualche sbucciatura o una
punizione a lucidare i Trofei, qualcosa di più prezioso
della vita
ed era tutta colpa sua. Era inutile che l'accusassero -naturalmente
suo padre non aveva perso l'occasione ugualmente prima di correre via
intimandogli di tornarsene a casa e che ne avrebbero “parlato
dopo”- si sentiva già abbastanza in colpa da solo.
Sentì l'aria
fuoriuscire di colpo -rendendosi conto di aver trattenuto il respiro
fino a quel momento- quando lesse che Lily era illesa nell'infermeria
che dormiva beata e che i Dissennatori erano stati catturati e
rimandati nell'isola in cui erano stati confinati alla fine della
Seconda Guerra Magica.
C'erano
parecchie cancellature, parole riscritte anche tre, quattro volte, ma
non traspariva nulla né del risentimento che Albus avrebbe
potuto
provare né del suo sostegno. In sostanza era quasi una
fredda
rassicurazione, fatta forse un po' perchè suo fratello era
troppo
buono o perchè si sentiva in dovere dopo aver visto la sua
faccia
prima di seguire il padre verso Lily, dove lui non poteva andare. A
dire il vero aveva anche aggiunto che il padre gli aveva riferito che
se voleva poteva andare a visitarla, era davvero troppo buono per
vietare al fratello di vedere la sorella, ma se stava meglio avrebbe
capito anche se ci fosse andato. Al momento non aveva la forza di
affrontare gli sguardi di rimprovero e disprezzo della sua famiglia.
Il
gufo era già ripartito, -probabilmente si era reso conto che
non
avrebbe ricevuto nessuna ricompensa- quindi richiuse la finestra
distrattamente lasciandosi cadere sulla poltroncina imbottita del
salottino/cucina di Dominique mentre la lettera le scivolava dalla
mano lasciata molle a pendere dal bracciolo e la testa reclinata
all'indietro sulla testiera.
Era
stato orribile, quando Avery, un collega del padre che aveva
incontrato a qualche grigliata alla Tana per dei piccoli raduni di
Auror, era corso verso di loro bianco come un cencio dicendo che
c'erano dei Dissennatori che giravano intorno a Lily e ad una
ragazzina bionda, che identificò senza alcun dubbio come
Kimberly
-erano corse via assieme- e solo un piccolo strano patronus si
frapponeva fra le creature e le ragazzine svenute. Ne aveva detto
anche la forma, del patronus, ma nel caos non la ricordava, ricordava
solo di aver pensato che era tipico della sorella, come in un lapsus
subito soffocato dal terrore. Ovviamente Harry era corso subito verso
la sua bambina, intimandogli prima di non seguirlo -evidentemente
James non era l'unico Potter a incolpare lui dell'accaduto- e Albus
gli aveva lanciato uno sguardo prima che il padre lo chiamasse.
Ricordava che Al aveva mormorato qualcosa come
“Scorpius” e “devo
avvertirlo” a sé stesso mentre gli voltava le
spalle e seguiva il
padre di gran carriera, mentre lui e Dominique si tenevano quasi in
piedi a vicenda.
“Ma
è mia sorella..” ma nessuno l'aveva sentito, ormai
tutti lontani.
Avevano
ragione, era tutta colpa sua, lei era lì per colpa sua e dei
suoi
stupidi guai. Si faceva sempre male da piccola, perchè lo
seguiva
ovunque, lo imitava molto più di Albus data la sua natura
irrequieta, con quel legame così speciale. All'inizio
detestava
quella pulce che lo intralciava ovunque, lamentandosi con loro madre,
poi, lo ricordava come se fosse stato solo poche ore prima, una gnoma
da giardino con due sbarazzini codini rossi gli aveva proposto di
rubare la scopa di loro padre dal casotto, con gli occhi blu che
scintillavano. Era stata la prima volta che aveva volato davvero, lei
aveva tre anni e lui cinque e il risultato era stato ovviamente
disastroso. Dopo qualche metro di urla e libertà, troppo
piccoli per
governarla, la scopa si era schiantata nella siepe dei vicini. Quello
che l'aveva consacrata come sua compagna di scherzi e giochi,
però,
non era stata la proposta iniziale, -quell'idea l'aveva avuta mille
volte anche lui, solo che lei era riuscita a rubare la chiave del
casotto con più agilità- ma la reazione che aveva
avuto, con tutt'e
due le ginocchia sbucciate che spuntavano dai buchi dei jeans rotti,
la maglia macchiata di verde e foglie fra i capelli. Si era messa a
ridere, felice come non aveva mai visto nessuno e lui, come fratello
grande aveva ricacciato indietro le lacrime nonostante il polso
slogato. Perchè voleva essere forte come lei. Questo non
glielo
aveva mai detto.
Naturalmente
quando i genitori li avevano trovati a ridersela nella siepe,
incastrati con la scopa miracolosamente ancora intera li avevano
sgridati tanto che il ricordo sarebbe rimasto vivido per
l'eternità.
In quell'occasione piena di nuove scoperte aveva anche capito che
Lily faceva da deterrente per le punizioni severe, con quel suo
faccino angelico e il sorriso sincero.
Probabilmente
era per quello che anche da adulto cercava la sua collaborazione,
forse la usava ancora incosciamente come scudo, quando avrebbe dovuto
proteggerla.
Sentì
il frusciò delle buste di carta e la porta chiudersi
strapparlo dai
ricordi con violenza. Ah, ecco dov'era andata Dom, a fare la spesa.
Forse glielo aveva anche accennato, ma non era certo, non era
più
certo di nulla.
«Potter,
mi spieghi perchè nel letto dell'infermeria in cui ci
dovrebbe
essere mia figlia c'è anche tua figlia?» la soave
voce di Draco
Malfoy era l'ultima sveglia che Lily avrebbe mai voluto.
«Ringrazi
che non c'è mio fratello,» borbottò
ancora mezza intontita mentre
si strofinava gli occhi, ricevendo una violenta gomitata nelle
costole. «Ahi! Che ho dett—? Oh.»
Spalancò gli occhi chiedendosi
quanto potesse essere stupida da uno a dieci. Di sicuro Kimberly
pensava che superasse direttamente l'infinito. «Ahem,
buongiorno Mr.
Malfoy.» cercò di fare il suo sorriso
più convincente.
Non
era colpa sua se la disturbavano mentre era ancora mezza
addormentata.
«Buongiorno
Lily, ti prego di continuare quello che stavi dicendo su tuo
fratello. Specificando di qualche dei due si tratta, magari.»
«Non
ascoltarla papino, evidentemente i Dissennatori non sono riusciti ad
asportarle l'anima, ma il cervello sì.»
Due
Malfoy, la mattina. Appena sveglia. Che disquisivano sulla presenza
del suo cervello. Quello doveva essere un incubo.
«Sei
simpatica come un bolide nel—» si bloccò
in tempo ricordando la
presenza degli adulti attorno a lei. «—la
traiettoria di volo.»
concluse candidamente guadagnandosi sguardi scettici.
«Buongiorno
piccola, come ti senti stamattina?» la salutò il
padre evitando di
fare commenti, finchè c'era di mezzo uno dei maschi e non la
sua
bambina poteva anche andare bene. Più o meno.
«Splendidamente
papà, direi che posso anche andarmene, vedo più
l'Infermeria che il
mio dormitorio ultimamente.»
«Questa
non è una novità per i Potter.»
sogghignò Draco Malfoy con la
figlia che gli faceva eco, in un modo davvero inquietante
considerando che era seduta nel letto accanto a lei.
«Oh
stia tranquillo, Kimbry sta battendo il mio record
quest'anno.»
sorrise tranquilla la rossa, riflettendo come il padre somigliasse al
maggiore dei figli.
«Ho
parlato con Madama Chips –che, fra parentesi, non era per
niente
contenta di questa tua incursione nei letti altrui- e ha detto che
dopo un ultimo controllo siete entrambe libere di tornare a
distruggere la scuola.» nascose un mezzo sorriso alla
risposta della
figlia.
«Io
non distruggo niente, sono le cose che sono fragili.» storse
il naso
la rossa passandosi una mano nella matassa disordinata che aveva in
testa.
«Lils,
la scuola è fatta di pietra.» non tardò
a puntualizzare la vocina
della sua coscienza proprio accanto a lei. Una coscienza troppo
bionda e ghignante per i suoi gusti.
«Pietra
molto vecchia.» sbuffò alzando gli occhi al cielo.
Dopo
poco le raggiunse Madama Chips, che le controllò
accuratamente una
per una mentre i loro padri si punzecchiavano manco fossero tornati
ad avere undici anni. Grate all'infermiera scattarono in piedi non
appena disse che potevano uscire a patto che non si agitassero
troppo, mentre loro volevano solo fuggire di gran carriera dallo
spettacolo raccapricciante dei due ultraquarantenni a un metro dal
loro letto. Lily andò a quello che avrebbe dovuto essere il
suo,
trovando la divisa pulita lasciatele dagli elfi. Legò i
capelli
decisamente irrecuperabili per il momento e raggiunse l'amica che
evidentemente la pensava come lei sul fatto di filaserla, magari
davanti a un bel camino in una Sala Comune verde-argento..
«Ti
devo accompagnare alla Torre?» le domandò
gentilmente il padre
facendola sobbalzare, impaurita che le avesse letto nel pensiero.
«No,
no pa', grazie.. io e Kim adesso facciamo un giro.»
svicolò dalle
raccomandazioni di suo padre e quando finalmente riuscirono a
liberarsi dei due uomini le spalle di entrambe le ragazze si
rilassarono.
«Ma
sei rincitrullita? Dire quella cosa davanti a mio padre!»
esclamò
mollandole una sberla sulla spalla Kimberly non appena furono
lontani. Evidentemente l'aveva covata per fargliela pagare con calma,
la vipera. Tipico atteggiamento da Slytherin.
«Oh
andiamo, non l'ho fatto apposta e almeno ha impedito a mio padre di
fermarsi per parlare dell'argomento James-Dominique.»
alzò le mani
in segno di discolpa.
«Odio
tuo fratello.» borbottò la bionda rossa in viso.
«Mi
premurerò di farlo sapere ad Al al più
presto.» fece un sorriso
birichino facendo spuntare una smorfia assurda sul viso diafano
dell'amica che in breve tempo era diventato bordeaux.
Sembrava
non fosse successo nulla, come sparito, assorbito dalla
normalità,
dalle piccole cose, eppure entrambe sapevano che sepolte dentro
avevano stampate a chiare lettere le loro paure più grandi.
Ciò che
poteva potenzialmente distruggerle.
Non
ne parlarono, nessuna delle due voleva. Entrambe speravano solo di
essere riassorbite dalla routine, dal calore degli amici e dai
dettagli che facevano ogni giornata diversa dall'altra, lì a
Hogwarts. Senza contare, ricordò Lily con orrore, che di
lì a poco
ci sarebbero stati i G.U.F.O. e lei non aveva letteralmente aperto
libro.
«Potter,
chi non muore si rivede.»
La
voce, alle sue spalle le fece venire i brividi lungo la spina
dorsale. Non era preparata a incontrarlo, non dopo quello che era
successo, soprattutto non se quel che aveva creduto un sogno era
stato davvero reale perchè avrebbe voluto dire farneticare
un po'
troppo. Sembrava quasi che aspettasse i momenti in cui era
più
debole, ubriaca o non troppo presente per farle dire cose
imbarazzanti, quel maledetto biondo.
«A
quanto pare se mi tocca rivederti la mia ora giungerà un po'
troppo
tardi.» rispose senza voltarsi, con fare tetro. Era tutto
sbagliato,
non avrebbe dovuto fare così. In fondo, se lui era il suo
pensiero
felice doveva pur contare qualcosa. Invece no, semplicemente non
riusciva a trattenersi dal palesare quanto in realtà le
desse
fastidio la sua presenza. Perchè le dava fastidio, vero? Si
riavviò
i capelli dietro le spalle con un gesto brusco, continuando a
guardare davanti a sé. Era seduta a gambe a penzoloni sugli
spalti
del campo da Quidditch, la scopa appoggiata accanto a lei. Non sapeva
bene come mai si era rifugiata lì, in cerca di pace e del
vento
sulla faccia, si era solo messa dei leggins e una felpa al posto
della divisa ed era scesa in campo. Peccato che da quando era
arrivata era rimasta a fissare il cielo pensosa, da là in
cima,
senza nemmeno pensare di montare sulla scopa.
«Come
siamo tetri oggi, cos'è i Dissennatori ti hanno succhiato
via il
senso dell'umorismo?» sentì i suoi passi
rimbombare sugli spalti di
legno vuoti, mentre le si avvicinava fino ad arrivare accanto a lei.
«Non che ne avessi molto prima, quindi non è poi
questa gran
perdita.»
Si
era lasciato cadere seduto mollemente vicino a lei, con noncuranza
nonostante la ragazza si ostinasse a tenere lo sguardo fisso davanti
a sé. Peccato che sentiva quei due pozzi grigi traforarle il
craneo
da parte a parte.
«Non
hai mai pensato che potesse essere il tuo -di senso dell'umorismo- ad
essere completamente assente?» arricciò il naso
infastidita. Non
che lui le rendesse facile il compito di non attacar briga per un
nonnulla.
«Impossibile,
io sono Scorpius Malfoy.» sentì, più
che vederlo -come aveva
sentito il tono serafico mentre pronunciava quelle parole- il
ghignetto che gli si disegnava sulle labbra.
«Mi
duole essere io a dirtelo, ma è esattamente questo il
probl--» la
risposta acida le si bloccò in gola, quando sentì
la mano di lui
che le prendeva i capelli, facendola sobbalzare e girare di scatto.
Con gli enormi occhi blu spalancati sentì il fiato fermarsi,
gonfiandole il petto. Doveva sembrare davvero ridicola.
«Perchè
per una volta non ti rilassi Lily?»
Era
lì, che giocherellava con una ciocca dei suoi
capelli
vermigli che rilucevano di mille riflessi sotto il sole tiepido di
Maggio e la guardava serafico. Dal canto suo, riusciva a malapena a
capire cosa stesse succedendo per poter rispondere o minimamente
pensare di rilassarsi.
C'era
una leggera brezza, che rendeva ancora il clima mite e scompigliava
leggero i capelli biondissimi del ragazzo davanti a lei. Brillavano,
pensò scioccamente guardandolo con attenzione. Al sole,
notò, gli
occhi grigi diventavano talmente chiari da sembrare quasi azzurrini,
come un laghetto ghiacciato. Ed erano belli.
Lui,
era bello.
Merlino,
il cervello le stava andando in corto circuito per pensarlo, ma era
dannatamente bello. E l'avrebbe portata alla pazzia.
Si
sporse di scatto, bloccandolo contro il muro degli spalti dietro di
loro e lo baciò. Razionalmente stava studiando il modo
più lungo e
doloroso per uccidersi per quello che stava facendo e l'altra parte
di lei, beh.. stava affondando le mani nei suoi capelli morbidi e
sottili per sentirselo più vicino, del tutto dimentica di
avere
ancora un cervello più o meno funzionante. All'inizio lo
sentì
irrigidirsi sotto le sue mani -una dietro la nuca e una poggiata
leggermente alla sua spalla per tenersi in equilibrio- i muscoli gli
si tesero come un animale pronto alla fuga, ma fu solo il primo
attimo di incredulità, perchè un secondo dopo
sentì le sue labbra
muoversi contro le proprie e le mani di lui che andavano ad
avvolgersi attorno alla sua vita spingedosela contro al petto.
Non
capiva, non capiva davvero perchè l'aveva fatto, ma era
stato come
un lampo, nella sua testa, una scintilla aveva fatto balenare l'idea
che voleva baciarlo e ancora prima di rendersene conto lo stava
facendo. E sembrava così naturale, così giusto,
che le mani di lui
le scorressero sulla schiena, nei capelli, sotto la felpa dove aveva
ancora la camicetta leggera della divisa estiva. Le sembrava
così
giusto, sentirsi invadere le narici del suo profumo, completamente
inebriata dal suo profumo sotto quello di shampoo alla menta e
tabacco. Una piccola parte del suo cervello completamente scollegato
recepì che lui aveva solo la camicia, con le maniche
arrotolate
mentre gli passava la mano sulle spalle, sul petto, sulle braccia,
come se ogni parte di lui fosse indispensabile, come se ne avesse
bisogno. Reincontrare il suo sapore, il suo calore, le faceva girare
la testa, mentre lo sentiva che la attirava a sé
portandosela sopra
e lei docilmente seguiva la guida delle sue mani sui fianchi,
perchè
lo voleva anche lei, quel contatto in più. Non le bastava,
non le
bastava, non le bastava.
Si
staccò quando si ritrovò in assenza di ossigeno,
ricordandosi di
respirare, col fiatone, come se avesse finito una fase intensiva di
allenamenti. Si sentiva avvolta in uno strano torpore, le mani di lui
-una sotto la felpa dietro la sua schiena che la schiacciava contro
il suo torace e l'atra fra i capelli aggrovigliati- non le davano
fastidio, le sembrava, anzi, che spandessero a raggiera un calore
piacevole per tutto il corpo. Teneva ancora le mani nei capelli fini
di lui e si guardavano. Era seduta su di lui, ma a quello ci avrebbe
pensato dopo. A gambe aperte. Sì, decisamente meglio
pensarci dopo.
Notò
con piacere di non essere l'unica ad avere il fiato corto e le guance
calde, che sulla pelle così chiara di Scorpius erano subito
evidenti, piccoli fiori rosa sbocciati sul candore. Era bello,
così
dannatamente bello. E in quel momento le bastavano
solo quegli
occhi grigi, lucidi, che la fissavano di rimando per farla stare
bene, anche se lo sapeva che se ne sarebbe pentita presto.
C'era
qualcosa di profondamente sbagliato nel fatto che lei trovasse quella
situazione così giusta.
Perchè
se anche lei aveva cambiato modo di vederlo questo non implicava che
lo avesse fatto anche lui, si ripetè per arginare
preventimanente
ogni danno.
Il
sorriso di Scorpius era il suo pensiero felice.
Quel
ricordo, così vivido, la fece rabbrividire. Non poteva
più mentire
a sé stessa, non dopo quello che era successo con i
Dissennatori,
non poteva più dirsi che lo odiava e basta,
perchè era stato così
naturale pensare a lui in quel momento, come unico appiglio, un punto
fermo a cui aggrapparsi.
«È
così che di solito di rilassi?» prese finalmente
parola lui, «sarà
meglio non dirlo ad Albus o gli verrebbe un colpo
apoplettico.»
Ci
mise un po' a capire da dove se ne fosse uscito fuori con quella
affermazione, per poi ricordare di corsa stavano parlando prima che
lei gli saltasse addosso come una ninfomane. Non che lui avesse
disprezzato la cosa, eh.
«Tirare
fuori mio fratello in questo momento non è decisamente una
delle tue
trovate più brillanti.» sbuffò
infastidita, senza però muoversi
di un millimetro. Che volesse prenderla in giro per quello che aveva
appena fatto non l'aveva preventivato, non davvero e non sapeva se
sarebbe riuscita a gestirlo. Quei sentimenti, appena sbocciati -o
forse era meglio dire, appena scoperti, perchè erano
lì da molto,
forse troppo tempo- erano troppo fragili e non avrebbero retto nessun
colpo. Lei sarebbe potuta crollare. Ed improvvisamente, si
sentì
immensamente fragile.
«Hai
ragione.» estremamente serio mentre faceva scivolare la sua
mano dai
capelli di alla sua guancia piena di lentiggini.
Ma
non si mosse, nonostante avesse paura, così tanta da farle
battere
il cuore all'impazzata, combattè con lo spirito di
sopravvivenza che
le gridava a gran voce di fuggire, di tenersi il cuore stretto e
scappare prima che potesse essere spezzato. Prima di donarlo
irreparabilmente.
Da
quando pensava a lui in quei termini? Da quando era diventato il suo
pensiero felice, insinuandosi in una parte di lei che non sapeva
nemmeno di possedere, occupando tutto lo spazio disponibile? Da
quando?
Continuava
a farsi le domande sbagliate, loro erano una serie di domande
sbagliate. Perchè lui c'era sempre stato, il suo personale
antagonista, il migliore amico di suo fratello, il fratello della sua
migliore amica, il conoscente. Il nemico che aveva sempre preferito
tenersi stretta, piuttosto che evitare. Lui c'era sempre stato e non
riusciva a capire, a capire quale fosse la domanda giusta da porsi
per risolvere quel guazzabuglio. Non era come -litigando e
prendendosi in giro- né quando -da sempre- né
dove -dentro di lei,
sotto pelle- e neanche perchè, semplicemente
perchè non c'era un
perchè, era così e basta.
«Tu
hai un pensiero felice?» la domanda le scivolò
fuori dalle labbra
prima ancora di riuscire a frenarla, liscia come seta era decisamente
la domanda sbagliata, quella che l'avrebbe portata ad un passo dallo
scoprirsi troppo, ad un punto di non ritorno.
«Un
pensiero felice?» inarcò un sopracciglio chiaro,
rimanendo però
per il resto impassibile.
«Sì,
sai— qualcosa che ti faccia sentire a posto, a
casa.» non sapeva
nemmeno lei cosa stesse dicendo, dove volesse andare a parare. Un
brivido le corse lungo la schiena, quando, per un istante soltanto,
così velocemente da farle pensare di averlo sognato, il
braccio di
Scorpius la strinse un po' più a sé. Come un
sussulto.
Ci
pensò un po', senza distogliere lo sguardo dal suo, sembrava
aver
preso la domanda così seriamente che lei si chiese che
significato
nascosto ci avesse trovato dentro. Se ci era arrivato, a capire quale
fosse il pensiero felice che l'aveva fatta tremare.
«Sì.»
quella volta non se lo sognò, il leggero tremito della mano
da
pianista di lui contro la propria guancia. Con quel tono serio e
quella espressione indecifrabile sembrava quasi avesse detto qualcosa
di troppo, forse si era persa qualcosa..
«Anch'io.»
rispose così, giusto per non lasciar cadere il discorso in
un punto
che sembrava agitarlo, posandogli leggera entrambe le mani coi palmi
aperti sul viso.
In
silenzio, si guardavano, cercando ognuno di raggiungere l'altro senza
riuscirci davvero. Schiacciati l'uno contro l'altra lo sentiva
distante chilometri.
«In
infermeria deliravi su una cosa, sai..»
Oh..Oh—OH!
No, non poteva essere, lei aveva sognato, non poteva essere successo
davvero. Un conto era baciarlo, un conto era poter ancora far finta
che fosse meramente un istinto fisico, un altro era farneticare sul
suo sorriso. Lei non poteva averlo fatto, no davvero.
Fece
uno scatto, almeno ci provò, intenzionata a fuggire verso la
propria
scopa e addurre qualche scusa sullo studio o il sonno o un'invasione
di folletti da sgominare, tutto pur di allontanarsi di lui, ma fece
solo un piccolo salto, quasi un rimbalzo finendo malamente contro il
petto di lui. Lo guardò confusa prima di rendersi conto di
quanto
velocemente le sue mani fossero passate dal suo viso ai suoi fianchi
sottili, trattenendola.
Merda.
«Non
dovreste essere voi Potter, quelli coraggiosi?» si
sentì avvampare
sotto lo sguardo di lui, che come al solito non riusciva a decifrare.
Anche la voce sembrava talmente piatta da farle temere che tutta
l'emozioni che l'aveva venata poco prima fosse stata semplicemente
un'illusione.
«Perchè?»
cercò di dissumulare il tremolio nella voce, ma aveva il
respiro
quasi mozzato. E sì, aveva paura.
«Perchè
stavi scappando, lo fai ogni volta.» sentì le dita
lunghe e sottili
che le affondavano nei fianchi, unico indizio della rabbia che
sembrava crescere in lui, perchè il resto rimaneva
terribilmente
piatto, immobile.
«Io
non stavo scappando, solo che ho da fare.» era una pessima
bugiarda,
pessima. Soprattutto con gli occhi grigi di lui che sembravano
trapassarle il cranio.
«E
menti, tanto spesso che ho perso il conto.»
continuò lui, con la
presa su lei che si faceva sempre più salda.
«Non
è vero,» come sei intelligente Lily,
soprattutto di darei E per
gli ottimi argomenti in tua difesa. La voce sarcastica della
sua
coscienza le risuonò nel cervello con la voce di Kim.
«Perchè
deve essere tutto così difficile con te?» la
domanda giunse
inaspettata, il tono del ragazzo si era addolcito mentre distoglieva
lo sguardo da lei e lasciava ricadere entrambe le mani ai suoi
fianchi, improvvisamente stanco. La colse talmente di sorpresa che
rimase lì, seduta a cavalcioni su di lui del tutto dimentica
della
sua fuga.
«Cosa?
Ma fai sul serio? Tu?» fece una smorfia, cominciando ad
irritarsi
per quella sua-- non sapeva nemmeno come definirlo quel sentimento
che sembrava trasparire appena sul viso diafano davanti a lei, fra le
crepe di una maschera di cui nemmeno sapeva l'esistenza. «Tu
dici a
me che complico le cose? Ti sei mai fatto un esame di coscienza negli
ultimi diciasette anni?»
«Sì,»
riportò lo sguardo su di lei e la prima cosa che le venne in
mente e
che forse non avrebbe potuto reggerlo tanto a lungo.
«tu—tu—tu
sei un demonio, per Salazar! Complichi tutto, sei testarda, urli
ovunque, non stai mai attenta a dove metti i piedi, menti, scappi,
scappi in continuazione e ridi troppo.» Sembrava agitato,
mentre due
leggere chiazze rosse gli spuntavano sugli zigomi spigolosi.
«Rido
troppo?» lo guardò basita.
«Hai
recepito solo questo di tutto il discorso? Ti sto dicendo che mi hai
complicato la vita da quando hai messo piede nella mia vita e tu
capisci solo questo? Allora lasciami aggiungere ottusa, alla
lista.»
sembrava completamente un'altra persona, era infervorato, gesticolava
e il tono non era amaro come al solito, era di un tipo diverso. Come
se fosse mischiata a troppi sentimenti per essere decifrati.
«Merlino
e tu dovresti essere una Corvonero!»
Rimaneva
zitta, ad osservarlo, profondamente indispettita da tutto quello che
diceva e allo stesso tempo incapace di staccargli gli occhi di dosso
o di rispondere a tono.
«Stupido
Serpeverde, tu sei un egocentrico, viziato, egomaniaco stupido idiota
che pensa che il sole si sia messo a brillare solo perchè
era nato e
poi sarei io quella che crea problemi? Vuoi che ti elenchi quello che
mi è successo nell'ultimo anno per colpa tua? Hai fatto uno
scherzo
a mia cugina che mi ha portata a non parlare più con Amy, mi
hai
baciata quando stavo con Lorcan, facendo sì che lui mi
odiasse e poi
l'hai rifatto ancora solo Merlino sa perchè, mi hai confusa,
persa
in giro, insultata e us--» si fermò, con il
respiro spezzato prima
di completare la parola. Usata. Perchè
le era venuta in
mentre proprio quella parola? Perchè un momento prima si
trovava a
riflettere su quello che provava per lui, lo baciava e ora, ancora a
cavalcioni su di lui si stavano insultando facendola sentire usata?
«Me ne vado, così non invado più i tuoi
spazi vitali.» Si alzò
di scatto prima che le mancasse il coraggio, il fiato, l'energia..
perchè ad ogni battito del cuore sentiva la paura soffocarla.
«Brava,
scappa, è quello che sai fare meglio.» il tono
acido la colpì,
sommandosi alle migliaia di crepe dell'atteggiamento forte e
strafottente che aveva eretto attorno a sé per nascondere
una
ragazzina inn—no, quello no, quello mai. Non lo era, non di
lui,
non—mai.
«Credi
quello che vuoi.» Afferrò la scopa con rabbia e ci
saltò su, senza
guardarlo, perchè se le avesse visto l'espressione che aveva
in
volto lui avrebbe capito quanto male le facesse. Un colpo di tacco e
si librò in aria, puntando alla Torre dei Corvonero,
cercando solo
un angolo buio dove nascondersi finchè il suo cuore non
avrebbe
ripreso a battere normalmente e reimparato a respirare non come una
che avvea appena rischiato di annegare. Da quando? Da quando Scorpius
Malfoy contava così tanto? Perchè aveva il potere
di farle questo?
Perchè? Perchè lui e non qualcuno che si sarebbe
preso cura di lei,
che problemi aveva il suo cervello per considerarlo una persona degna
di amore?
Se
ne stava zitto, tetro, fissava il fuoco davanti a sé come se
fosse
un criminale della peggior specie, in grembo un giornale che non
faceva nemmeno il tentativo di fingere di leggere e le braccia
abbandonate sui braccioli della poltrona con le mani che gli
formicolavano ancora di lei. Con rabbia si alzò di scatto,
il
giornale cadde con un tonfo leggero sul tappeto mentre gli voltava le
spalle del tutto dimentico e si dirigeva a grandi passi verso il
dormitorio. Quasi non notò gli sguardi di qualche spaventato
primino
e quello accigliato di Zabini e Amy che sedevano ad un tavolino a
studiare assieme. Da quando si ved—? Ah, che si fottessero
tutti
quegli stronzi. Salì ogni gradino sbattendo i piedi e si
sbattè con
altrettanta violenza la porta dietro di sé.
«È
di cattivo umore, di nuovo.» constatò Amy
portandosi una ciocca di
capelli biondi dietro l'orecchio mentre fissava la porta stupendosi
di non vedere attorno agli stipiti delle crepe nella pietra.
«E
da quando questa sarebbe una novità?»
sospirò il moro di fronte a
lei.
«Da
quando non si tratta di crisi premestruale, ma c'entra una certa
rossa.» constatò abbandonandosi allo schienale
della sedia.
Zabini
aprì la bocca come se volesse dire qualcosa, ma la richiuse
in
fretta. «Meglio che non dica quello che stavo per dire,
sarebbe
stata davvero una battuta infelice.»
«Su
cosa?» lo guardò accigliata.
«Sul
rosso.»
Lo
guardò qualche istante prima che un barlume di comprensione
non le
apparve sul volto truccato leggermente. «Ah, sei disgustoso,
lasciatelo dire.»
«Lo
so, per quello non l'ho detto,» si difese.
«comunque che facciamo?
Gli andiamo a parlare sperando che non ci cruci sul momento?
«Di
sicuro con te lo farebbe solo sentendo il rumore dei tuoi
passi,»
sbuffò chiudendo il libro di fronte a sé.
«vado io.»
«Non
ti credevo così propensa al suicidio, Lily deve mancarti
proprio.»
le fece un sorrisetto Ares mentre la sedia di lei sfregava
all'indietro sul pavimento. Non ci avrebbe potuto giurare, ma quando
gli passò accanto oltre al famigliare profumo lo raggiunse
anche il
debole mormorio della ragazza, che sembrava tanto a “non ti
immagini quanto.”
«Scorp?
Scorpius?» la porta del dormitorio era chiusa a chiave e la
sua
bacchetta l'aveva lasciata sul tavolino dove stava studiando con
Zabini. Quindi addio Alohomora o Reducto. «Hyperion del
cazzo,
aprimi e smettila di fare la prima donna!» sbottò
spazientita
continuando a bussare violentemente. Nessuna risposta.
Poi
la porta si aprì, con un leggero scatto e un cigolio
sinistro che
non fece che aumentare la sua impressione di buttarsi a capofitto
nella tana del drago. Spinse con la punta delle dita la porta notando
che l'unico occupante della stanza era steso sul letto, con il
braccio ancora teso e la bacchetta in mano puntata verso di lei.
Fissava il soffitto del suo baldacchino con lo stesso astio con lo
faceva qualche minuto prima col fuoco. Forse aveva bisogno solo di un
cambio di paesaggio, insomma, incenerire qualcosa con gli occhi per
molto tempo alla lunga doveva diventare noioso. Fece un passo avanti,
chiudendosi la porta alle spalle.
«Senti--»
«Quante
volte ti ho detto che non devi chiamarmi Hyperion? È come se
ti
chiamassi Mildred, dimmi, ti piacerebbe?» il tono aggressivo
presagiva un bel lavoro prima di estorcergli qualunque informazione
che non somigliasse ad un insulto malcelato.
«Ma
io non mi chiamo Mildred, Hyperion invece è il tuo
nome.» ribattè,
avendo imparato in tutti quegli anni che ci voleva la giusta dose di
accondiscendenza e contrattacco per poter superare la sua fase di
odio verso il mondo e arrivare al nocciolo del problema.
«Era
solo un'ipotesi.» borbottò tagliente.
«Che vuoi? Ti avverto, se
sei qua per farci le trecce a vicenda e raccontarci la nostra vita
amorosa non sono dell'umore giusto.»
«Per
carità, non sapresti nemmeno dove iniziarla una treccia e
poi quello
che ha una vita amorosa che va raccontata fra i due non sono certo
io.» finse di inorridire mentre gli si avvicinava lasciandosi
cadere
sul letto di Albus accanto a quello dell'amico.
«Spiacente,
non sono interessato alla divulgazione del mio diario
segreto.»
«Intendi
quello rosa con sopra gli unicorni? Quello l'ho già
letto.» lo
fissava con determinazione, mentre lui si ostinava a mantenere i
propri occhi sul soffitto.
«Emily,
non sono dell'umore, perchè non ripassi tipo..»
finse di pensarci.
«Ah, ecco: mai.»
«Appunto,
tu non sei mai dell'umore giusto. Smettila di fare il melorammatico e
dimmi che ha fatto Lily questa volta.»
«Lily
non ha fatto ass—» parve rendersi conto a
metà della frase
automatica che gli stava uscendo dalle labbra quale fosse l'argomento
del discorso, voltandosi di scatto verso l'amica a cavallo fra
l'incredulo e l'inquieto. «E lei che c'entra
adesso?»
«Andiamo,
non crederai che non si sia capito che la causa dei tuoi sbalzi
d'umore più frequenti del solito è lei. Davvero,
sei tipo un libro
aperto.» sorrise sorniona godendo intimamente per la sua
espressione
stralunata.
«E
chi l'avrebbe capito?»
«Io,
Zab, gli Scamander.. e sono sicura che la lista si allunghi a
dismisura ogni ora. Solo Al e tua sorella sono così ciechi
da non
vederlo, forse perchè sono persi nel loro mondo fatato fatto
di
occhi a cuoricino e arcobaleni.» finse di rabbrividire.
«Non
è che tu abbia citato fonti così attendibili, ora
mi dirai che
Merlino in realtà era un babbano particolarmente bravo nei
giochi di
prestigio immagino.» il tono tagliente tradiva l'ansia che si
era
impossessata di lui, il timore di essere scoperto. Lo conosceva
così
bene che non avrebbe potuto ingannarla nemmeno fra cent'anni.
«Non
fare il coglione Malfoy, mi fai incazzare quando neghi l'evidenza
solo per rimanere nel tuo stato di grazia in cui sei incazzato col
mondo perchè non gira nel senso che vuoi tu.»
incrociò le braccia
al petto ricambiando lo sguardo truce con uno, se possibile, ancora
più truce. «Non hai motivo di essere incazzato per
Salazar, lei
ancora ti parla! Ti rendi conto che ha chiuso un'amicizia con me per
una cazzata e invece con tutto quello che le hai fatto ancora ti
parla?»
«Si
diverte ad attacar briga e io non posso resistere nel darle fastidio,
tutto qui. Mi parla per darmi fastidio, non si aspetta nulla da
me.»
il tono che usò le sembrò quasi desolato, vuoto.
Il rancore
diventato solo un'ombra, come se si stesse sgonfiando di colpo.
«Dai
tanto del tonto ad Albus e poi tu sei ancora peggio.» fu
l'unica
risposta inacidita della bionda, che non lo perse d'occhio mentre si
alzava e cominciava a camminare per la stanza.
«E
questo cosa vorrebbe dire?» domandò nervosamente
passandosi una
mano fra i capelli. Distrattamente Amy si chiese quando Al gli avesse
passato quel vizio essenzialmente Potter.
«Vorrebbe
dire che a malapena ti accorgi dei tuoi sentimenti, di come la
guardi, le parli, respiri la sua stessa aria figurarsi accorgerti che
lei fa lo stesso.»
«Cosa
farei io?» si fermò di botto, in centro alla
stanza, ritto come un
fuso le sembrò ancora più alto di quello che era.
«Porco
Godric, a volte avrei voglia di aprirti la testa per vedere se sotto
quei capelli platinati c'è un cervello!»
sbuffò esasperata
allargando le braccia. «Vuoi che ti dica cosa ho visto,
osservando
dall'esterno negli ultimi tempi? Non mi è mai stato
così chiaro da
quando mi sono allontanata da voi e vi ho osservato. È come
se
gravitassi attorno a lei. Ah! Zitto, ora lasciami finire.» si
alzò
anche lei in piedi alzando la mano per frenare la protesta che stava
nascendo in gola al biondo. «In Sala Grande ogni volta che
pensi che
non ti guardi quasi la trapassi con lo sguardo, quando stava con quel
Corvonero.. sembrava che volessi cruciarlo con la sola forza del
pensiero ogni volta che stava nel raggio di cinquanta metri da lei,
sembravi odiarlo. Ogni volta che si è fatta male sei stato
il primo
ad accorrere e la tua espressione, sembrava che avessi paura che
scomparisse, morisse. Io ti osservo e ti conosco come le tasche del
mio mantello, lo sai e se ti dico che da quando la conosci sta
operando una lenta e radicale trasformazione in te, soprattutto
quest'ultimo anno, credimi.»
«Dovresti
cambiare spacciatore Em, le unghie di drago devono averti dato alla
testa.»
«In
quel caso avrebbero fatto il loro dovere e avrei perso il freno che
m'impedisce di strozzarti.» ribattè tagliente la
ragazza e si
avvicinò a lui. Nonostante non fosse bassa, doveva sempre
alzare la
testa per guardarlo in faccia. «Smettila di farti del male,
lei..
lei ci tiene a te, più di quello che pensi. Si vede,
Salazar, lo
vedo io che negli ultimi mesi neanche le ho parlato. Dimmi, Scor, ti
ho mai mentito?»
«Non
c'entra questo adesso, solo perchè tu credi che sia vero non
vuol
dire che lo sia.» sembrava ritornato alla calma glaciale di
sempre,
sembrava che volesse soltanto scomparire dietro quella maschera per
non darsi una speranza.
«C'entra
e tu lo sai che ti sto dicendo la verità. Smettila di fare
il
Serpeverde e per una volta buttatti, sii coraggioso, fallo per
te.»
«Il
problema è che quel cencioso cappello ci ha buttatti tutti e
due qua
per un motivo, non trovi? Non sono l'unico a non essere abbastanza
coraggioso in questa stanza.»
«No,
non sei l'unico, ma non puoi aspettarti che lei abbia abbastanza
coraggio per entrambi, perchè non lo avrà. Non
sarà abbastanza
forte da capire cosa provi e lascerà perdere, pensandola
come ad una
strana avventura capitata negli anni di scuola e tu, fra poco, te ne
andrai da Hogwarts per sempre e lei avrà tutto il tempo di
andare
avanti. Non ti aspetterà in eterno, in realtà non
credo lo faccia
nemmeno ora, probabilmente è già tanto se ha
capito cosa prova
realmente.» il tono di Emily si era addolcito e gli aveva
poggiato
una mano sulla spalla stringendo con delicatezza. Il suo profumo alle
rose minacciava di soffocare quello di Lily che si sentiva ancora
addosso, -violetta e Lily- l'unica traccia di lei. «Per una
volta
sii quello che non sei, perchè è l'unico modo per
poter essere
quello che sei veramente.»
«Non
ha molto senso.»
«Non
deve averlo, Morgana, non può! Stiamo parlando di Lily
Potter.»
«Non
ho mai ammesso che fosse lei il problema, magari papà
potrebbe
avermi scritto dicendo che non potrò avere un
ippogrifo.»
«Non
ho mai capito questa sua avversione per gli ippogrifi.»
«Beh,
ci sono cose più assurde da capire, come il fatto che io sia
invischiato in questa situazione con la Potter.»
«Semplice,
lei è Lily.» E ci ha cambiati entrambi
tanto profondamente che
non so se riusciremo mai a tornare indietro.
Pensò, ma non lo
disse.
Note
di un'autrice che si fustiga per il ritardo.
Lo
so, due mesi di assoluto silenzio. Lo so,
credetemi. Sono
imperdonabile e ho anche poco tempo per lasciarvi un commento
decente, ma vi assicuro che per quanto odierete questo capitolo non
lo farete mai quanto me. Fa schifo, è di passaggio per il
prossimo,
certo, ma fa schifo uguale. L'ho tenuto nel computer quest'ultima
settimana sperando di migliorarlo un po', già completo, ma..
niente,
fa schifo.
Vi
ringrazio tutti, di cuore se avrete il coraggio di pazientare per
arrivare al prossimo, già scritto per metà fra
fogliettini e il
documento word.
Whit
love. :)