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Autore: Narsyl    27/01/2014    1 recensioni
Tutto ebbe inizio con un amore non corrisposto, con un'amicizia finita e con una scintilla che rinasce dalle sue ceneri. Tutto ebbe inizio con maschere cadute, occhi silenziosi che si incrociano, e altri che scrutano nell'ombra. Perchè tutto, tutto ebbe inizio con l'amore, come tutto sarebbe finito. Tutto ebbe inizio con James e Lily, e con un piccolo giglio. Una ricostruzione - fedele a tutte le informazioni esistenti sull'era dei Malandrini - della più potente magia che sia mai esistita.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Lily! Lily, ti prego, dimmi che stai bene. Ti prego, perché su Merlino che se ti ha torto un capello io lo ammazzo.

James si piegò su Lily, che si reggeva malamente in piedi appoggiata al muro di marmo gelato. La giovane aveva il respiro affannoso e sudava freddo, la pelle perlacea e gli occhi sgranati dal terrore e dalla rabbia, ma finalmente vivi, liberi da quella patina che li ricopriva quando si era trovata sotto Imperius. James la squadrò con attenzione maniacale, la fronte corrugata dalla preoccupazione, le mani che la sfioravano leggermente ma costantemente, incapaci di trattenersi, quasi a volersi accertare che tutto fosse al suo posto, che le sue guance fossero ancora calde, che le sue mani non tremassero, che le sue spalle non cedessero. Le prese il visino delicato fra le mani calde e la costrinse ad alzare lo sguardo, pretendendo una risposta. Con i pollici le accarezzava le guance morbide, asciugandole le lacrime.

Lily…

Non potendo più evitare quegli occhi nocciola che minacciavano di farla crollare definitivamente, Lily prese il coraggio a due mani e si abbandonò alla corrente del dolore, lasciandosi trascinare dalle onde. Senza più riflettere, rinunciando per una volta alla sua forza, alla sua indipendenza, alle sue maschere, alla sua perfezione, alla sua sicurezza… Rinunciando per un minuto alla sua amata distanza, che con tanto impegno ogni giorno cercava di costruire fra sé e gli altri – e a quel punto, chi poteva biasimarla? – Lily si gettò fra le braccia di James, singhiozzando senza freno. Il ragazzo, se ne fu sorpreso, lo nascose splendidamente. Forse, la sua sorpresa era svanita sotto il sollievo di poterla stringere a sé, un bisogno quasi fisico che lo stava logorando internamente da quando aveva letto quel secco messaggio lasciato sul tavolo della biblioteca. Non aveva bisogno di altro se non sentirla sotto le proprie dita, sapere che era lì, che poteva proteggerla, che poteva salvarla, che poteva aggiustare le cose, che nessuno le avrebbe fatto del male perché era arrivato in tempo, per una volta aveva fatto la cosa giusta, e adesso lei era lì e in quel momento, era sua. Quella magnifica, maestosa, invincibile piccola forza della natura, così fragile adesso, così bambina, così distrutta… Così innocente, così inerme. James non l’aveva mai vista senza veli, senza maschere: credeva fosse indomabile ed eterna: non aveva mai pensato che persino Lily Evans dovesse avere una piccola ragazzina insicura dentro di se, che dava fiducia alle persone sbagliate e poi se ne disperava, incapace di liberarsi del peso dei sentimenti.

Fu con questi pensieri, mentre la stringeva fra le braccia, con Piton che nel frattempo si era messo a sedere e in silenzio, con lo sguardo vitreo, li osservava, gli occhi negli occhi di James in una silenziosa conversazione in cui quest’ultimo gli comunicava, senza possibilità di esser frainteso, che gli sarebbe saltato alla gola quanto prima, con questi pensieri, mentre le accarezzava i capelli, mentre sentiva il suo naso strofinarsi lievemente sul suo petto e le sue mani strette a pugno, le lacrime scendere ancora e ancora inzuppandogli la camicia, e nel frattempo pensava a quando l’aveva vista alla spiaggia quell’estate, con quegli occhiali da sole rotondi e la sigaretta in bilico fra le labbra, a come sembrava rude e provocante e forte, a come rideva a bocca sguaiata così poco elegantemente, e pensava ai suoi orecchini stravaganti e a tutti quei piccoli particolari che la rendevano così aldilà di qualsiasi altra ragazza avesse mai incontrato, così donna… Eppure adesso così piccola, piccola, piccola. Fu con questi pensieri, che si rese conto, in un secondo e per sempre, di esser perduto.

 

- Sssshhhh… E’ tutto ok, è tutto ok. Ci sono io.

Lily si allontanò da lui lentamente, asciugandosi le lacrime con le maniche della giacca e tirando leggermente su col naso. Non guardò James negli occhi – non poteva. Non poteva gestire la sua preoccupazione adesso, la sua pietà, la sua commiserazione, o qualsiasi cosa fosse che provava per cui adesso sentiva il bisogno di trattarla come una bambina. In un attimo, si pentì di aver ceduto, di essersi lasciata abbracciare, di aver pianto davanti a lui. L’aveva vista debole; quindi sapeva di poterla ferire.

E lo avrebbe fatto, se lei glielo avesse permesso. Lo avrebbe fatto perché è questo che fanno, le persone, quando permetti loro di entrarti dentro. Occupano spazio, stanno lì buttati sul divano nel tuo cuore, mangiano pop corn, si fanno i loro porci comodi, si sentono padroni, si comportano come se fosse casa loro e poi, a un tratto, si annoiano e se ne vanno sbattendo la porta, e tutto quello che ti rimane, dentro, è un divano sporco che odora di birra, con una coperta scozzese abbandonata, vuoto e freddo, mentre il film della tua vita continua ad andare avanti senza di loro.

Ma adesso basta. Aveva chiuso. Nessuno si sarebbe più seduto sul suo bel divano. Nessuno se ne sarebbe più andato.

Lentamente, si ricompose. Si sistemò la camicia, si asciugò meglio gli occhi, si legò i capelli e montò un’espressione di fredda indifferenza. No, non la montò: la creò, la dipinse con una maestria e un’efficacia indicibili. Fu un attimo: e non sembrava più neppure lei. Aveva la mascella tesa, gli occhi freddi come il ghiaccio. James la osservò trasformarsi sotto il suo sguardo esterrefatto, non sapendo che dire. Vide tutto il calore andare via dalle sue guance e dai suoi occhi, quegli occhi di foresta solitamente così caldi.

Istintivamente, si riavvicinò a lei, come se fosse la sua lontananza ad averla resa improvvisamente così fredda. Le mise una mano sulla guancia, e ancora una volta cercò di catturare il suo sguardo.

- Qualsiasi cosa tu stia pensando – disse seriamente – smettila.

- Sto pensando – ribattè lei con voce forzatamente neutra – che le Maledizioni senza Perdono sono illegali, e possono essere punite anche con mesi di prigionia ad Azkaban. Sto pensando, che utilizzare la magia su un altro studente non è permesso in questa scuola a meno che non si tratti di un duello regolare, approvato e supervisionato da un insegnante. Sto pensando…

Si voltò verso Severus, che per tutto quel tempo non aveva emesso un fiato. Era seduto a terra, con la schiena appoggiata al muro, e si abbracciava le ginocchia, muovendosi avanti e indietro ossessivamente e fissando il vuoto. Sembrava sotto shock. A tratti muoveva le labbra, ma nulla ne usciva.

- … che potrei rovinarti la vita per quello che hai fatto. C’è un testimone. E’ la nostra parola contro la tua.

Ma Severus non rispose. Non osava perdere il ritmo del suo psicotico ondeggiare: aveva paura che se si fosse fermato, se si fosse costretto ad alzarsi, a guardarla, ad affrontare quello che era appena successo… Non ce l’avrebbe fatta. Non poteva.

- Severus Piton. Guardami. Adesso.

La voce di Lily lo raggiunse da lontano, con una potenza devastante. Non poteva guardarla, non poteva. Doveva, ma non poteva. Non poteva vedere il dolore che le aveva causato, la delusione, la rabbia, il disgusto, il giudizio dei suoi occhi, non poteva distruggersi in questo modo. Per giunta, non davanti a Potter. Potter che un giorno gli aveva salvato la vita, e un altro gliel’aveva disintegrata.

Un’altra voce, una che non si aspettava, interruppe il filo dei suoi pensieri.

- Severus? – era appena un sussurro, quello di Reg – che diavolo… che succede qui?

Lily si asciugò velocemente le lacrime con la manica della giacca, e montò un’espressione neutra prima di voltarsi verso il giovane, innocente nuovo arrivato.

- Ciao Black. Saresti un tesoro e porteresti via Severus? Ha appena eseguito una Maledizione Senza Perdono. Normalmente lo riporterei subito a Silente, ma temo che mi sia molto più utile tenere questa informazione per me e usarla come garanzia di una tacita ordinanza restrittiva – lo sguardo della giovane si affinò, in un’espressione sorniona e quasi lasciva. James la osservava, attento a captare qualsiasi segno di cedimento. Quella durezza, quella patina che in qualche misterioso modo Lily era riuscita a mettersi addosso in mezzo allo shock e al dolore diffuso, lo preoccupava più di tutto. L’aveva vista, distrutta fra le sue braccia, e poi la vedeva adesso, e sembrava di stare guardando due individui diversi.

- Dovrai spiegare tu tutto al tuo amico, perché credo che al momento non sia capace di capire l’importanza delle mie parole – continuò spicciamente la giovane, con un tono pratico – fai in modo che non ci siano dubbi sul significato di ciò che sto per dire.

Reg ingoiò rumorosamente, paralizzato dalla sorpresa, confuso sul da farsi. Da tutta la vita aveva sempre preso quel ruolo. Il ruolo di mediano, di osservatore silenzioso, di collegamento invisibile fra le parti in lotta. Era abituato a ricevere ordini, eseguirli mestamente, senza che gli venisse chiesto mai il permesso.

Così annuì, sconfitto in partenza. Colse lo sguardo della giovane donna di fronte a lui, e per quanto tentasse di rimanere gravemente fermo, un brivido gli scosse visibilmente la colonna vertebrale, risalendogli fino alle spalle. In quello sguardo verde, furioso e invincibile, vide la stessa luce che un giorno lo avrebbe ucciso.

- Bene. Severus non si avvicinerà mai più a me. Non tenterà di parlarmi. Non tenterà di comunicare con me in alcun modo, neppure per lettera. Non tenterà di avvicinare i miei amici o di mandare messaggi tramite loro. Non farà del male alle persone a me vicine. Non dirà quello che è successo a nessuno dei suoi amichetti, e non lo farai neanche tu – Lily si fermò un attimo, per lasciare penetrare il messaggio a fondo, osservando il piccolo Regulus annuire mesto e confuso, gli occhi che saettavano frenetici da lei a Severus, da Severus a James, e da James a lei, di nuovo, cercando di comprendere, cercando una soluzione che non c’era.

Si avvicinò a Severus e gli mise una mano sulla spalla, piegandosi.

- Severus… Andiamo. Andiamo in sala comune… O fuori… Fuori è meglio, forse. Si?

Chiedeva il permesso, Reg, anche per proporre l’idea di un’idea.

Severus annuì, piano, stanco. Non guardò Lily mentre si alzava barcollando, non la guardò mentre Reg gli metteva un braccio attorno alle spalle e lo conduceva lentamente via, non la guardò mentre attraversava il corridoio, non si voltò, sentiva il cuore svuotarsi di tutto il sangue, ma non si voltò, sentì gli occhi di Potter sulla nuca per tutto il tempo, non si voltò, assaporò il suo odore che gli era rimasto appiccicato addosso, ma non si voltò, non si voltò mai più.

Fu in quel momento. Fu in quel momento che Severus Piton capì che nella sua vita, la felicità semplicemente non era contemplata. Capì che aveva perso l’unica cosa pura che potesse in qualche modo salvarlo. Capì che l’avrebbe amata, sempre, ma che non si sarebbe voltato mai.

 

Quello che non sapeva, forse, e che furono due cuori, forse tre, a spezzarsi quel giorno a causa sua.

- Lily…

- Sto bene, Potter.

James alzò un sopracciglio, preso in contropiede dal tono incolore, come se fra lui e Regulus Black non ci fosse alcuna differenza. Lily si lisciò con cura la gonna sulle gambe, si sistemò con movimenti netti e sicuri i polsini della camicetta, la cravatta tenuta lenta, le maniche della giacca. Si slegò i capelli e li ravvivò con naturalezza. Dopo minuti infiniti di silenzio, si voltò verso James con un sorriso spettrale, gli occhi morti.

- Grazie per essere intervenuto. Hai avuto un ottimo tempismo. Adesso, se non ti dispiace, io tornerei nella mia camera. Vorrei fare una doccia.

James non riusciva neanche a credere che quello era tutto ciò che aveva da dire sulla scena alla quale aveva appena assistito. Non poteva credere che dopo gli ultimi mesi, questo era tutto ciò che aveva da concedergli, dopo la conversazione di quella mattina, dopo tutti i suoi sforzi. Dopo che l’aveva salvata. Sapevano bene entrambi che se non fosse stato per la premura di tenerle compagnia quella mattina, le cose sarebbero andate diversamente. Eppure lei sembrava aver dimenticato tutto, quel fragile, invisibile, forse immaginario legame che così faticosamente lui aveva lottato per creare.

- Non farmi questo, ti prego – sussurrò James, frustrato, portandosi entrambe le mani ai capelli e scuotendo la testa.

- Farti cosa, scusa? – Lily sembrava improvvisamente interessatissima alle mattonelle in marmo del pavimento.

- Trattarmi come uno sconosciuto, come se fosse capitato qui per caso il primo Tassorosso che non avevi mai visto prima e che per pura fortuna si è fermato a controllare che fosse tutto apposto mentre tu subivi una Maledizione Imperius. Non trattarmi come un fottuto fantasma. Cristo, Lily! Non chiudermi fuori! Sono qui per te, sono stato qui solo e unicamente per te, lo sai benissimo! Non fare pagare a me quello che non vuoi far pagare a lui, solo perché temi che potrei farti la stessa cosa! Solo perché sei stata così ingenua da credere che Severus Piton potesse davvero essere tuo amico, non significa che adesso ogni altra persona sulla faccia della terra è pericolosa come quello squilibrato! E non me ne frega niente di quello che hai detto, io vado seduta stante da Silente, non può passarla liscia…

- Taci. – ringhiò la rossa, mettendogli una mano sul petto e spingendolo indietro, inviperita – chi sei tu, eh? Chi sei per me? Perché ti ostini a trattarmi come se te ne importasse davvero qualcosa, come se mi conoscessi? Ti ho lasciato entrare nella mia vita da cinque minuti e già pensi di poter dettare legge. Sei il solito presuntuoso, il solito maniaco del controllo, pallone gonfiato! Forse non ci siamo capiti, Potter. Se ti ho dato la possibilità di conoscermi e farti conoscere non significa che siamo amici e ancor di meno che tu abbia qualche diritto su di me. Tu non hai diritti, non hai voce in capitolo, non sei niente per me! Sei solo un barbaro bulletto che ha deciso di trasformarmi nel suo trofeo di buona condotta, perché anche per fare la cosa giusta ha bisogno di un tornaconto che lo faccia mettere in mostra! Il che, per la cronaca, distrugge completamente il buon proposito di partenza! Gira a largo, Potter. Lasciami in pace. Non so neanche perché Cristo tu sia venuto, stamattina! Cosa stai cercando di dimostrare?

James si lasciò spingere indietro, allontanandosi da lei di scatto e guardandola con gli occhi sbarrati. Sentiva la rabbia crescergli in bocca, mentre un ghigno amaro gli tagliava il viso in un’espressione beffarda e infelice, che tuttavia non poteva mascherare una punta evidente di incredulo disappunto.

- Cosa sto cercando… Cosa sto cercando di dimostrare? Andiamo, Evans! Vai a sputare veleno su chi se lo merita, non su quello che ti ha salvato il culo! Chi sono io? Sono il coglione che stamattina si è buttato giù dal letto per farti compagnia! Sono il coglione che dopo una tua sfuriata ha messo tutta la sua presunzione in discussione, è sceso dal piedistallo e si sta facendo il culo per cambiare! Sono il coglione che mai in vita sua ha avuto un pensiero sulla differenza di sangue e che costantemente si sente messo sullo stesso piano di quel fottuto mangiamorte! E tutto questo perché sei così ottenebrata dal pregiudizio, così sicura delle tue opinioni e così presuntuosa dall’alto della tua purezza morale, che non ti sei mai presa il disturbo di renderti conto che l’unico motivo per cui il tuo caro migliore amico non ti ha ancora sputato addosso è perché vuole entrarti nelle mutande, e che c’è una differenza di fondo fra delle bravate infantili e la cattiveria che hai appena subito. Ma niente di tutto questo è contemplabile nella tua mentalità ristretta, perché come potrebbe mai James Potter essere una persona degna di anche solo un tuo sguardo… Vai a farti violentare da Mocciosus, Evans. Vai a farti fottere.

Lily sentì la valanga di risentimento e delusione travolgerla, e non fece niente per fermarla, né per fermare James, che girò i tacchi e si allontanò senza voltarsi, come aveva fatto Piton pochi minuti prima. Non si mosse di un millimetro, la piccola, testarda Lily Evans. Non cambiò espressione. Non tremò. Non aprì la bocca per parlare. Non allungò una mano in un mero tentativo di raggiungere ciò che sentiva stava perdendo. Non fece niente. Rimase ferma, immobile, quasi paralizzata.

Dentro, il caos.

 

Regulus condusse Severus al Lago. Lo fece sedere, in silenzio, e poi si mise un po’ distante, e non lo guardò. Per tutto il tempo aveva finto di non vedere le lacrime di Severus scendere, e scendere, e scendere, senza un fiato; e anche adesso che si erano fermati, non lo fissò mai in viso, e Piton se ne accorse, e ne fu immensamente grato.

Stettero in silenzio, per un po’. Non c’era proprio niente da dire, si capisce, e comunque non era certo che sarebbe mai stato in grado di emettere un suono in vita sua. Le ultime parole che aveva pronunciato erano state la sua vita e la sua disgrazia, tutte insieme. La sua parte migliore, e la sua parte peggiore. La sua felicità e la sua distruzione. Una, una era il suo nome. E l’altra…

L’oscurità.

- Sono innamorato di una ragazza mezzosangue. Si chiama… No, forse è meglio di no. Non importa come si chiama. E’ una Corvonero. E’ strana… Non parla molto, come me. Non ha molti amici. Ma ha degli occhi… E sembra vivere in un mondo diverso da quello in cui viviamo noi. Sembra vedere tutto in modo diverso. E’ qualcosa nell’espressione che ha quando ti guarda… Come se ti vedesse dentro, capisci? E fa dei disegni bellissimi. Una volta la stavo osservando in classe, a Storia della Magia, e la vedevo scrivere, e scrivere, e scrivere. Merlino sa che nessuno ha mai preso appunti a Storia della Magia… Mi aveva incuriosito, e volevo chiederle gli appunti, così, per attaccare bottone. Mi sono avvicinato a fine lezione. Le ho chiesto gli appunti, e lei me li ha dati, sorridendo. C’erano tantissimi disegni…

La sua voce sfumò, e Regulus, arrossendo, abbassò lo sguardo.

- Non so cosa fare per proteggerla.

Severus osservò il lago, sospirò, chiuse gli occhi, li riaprì, si grattò la fronte. Voleva tacere, voleva ignorare la voce di Regulus e tentare di morire di dolore, voleva estraniarsi. Ma lo shock di ciò che era appena successo premeva sulle sue labbra e il suo autocontrollo fallì.

- Stalle lontano – la voce gli uscì gracchiante, come quando si parla dopo essere stati in silenzio a lungo. A Severus sembrava di tacere da sempre… - stalle lontano. Sai cosa sei destinato a diventare. Sai qual è il nostro ruolo. L’unico modo che hai per proteggerla, e per amarla, è fare ciò che devi e tenerla lontano da te stesso. Puoi offrirti a loro, a Lui, in cambio della sua protezione. Puoi offrire i tuoi servigi ed essere abbastanza bravo da strappare questa concessione, se riesci a entrare nelle loro grazie. Puoi tentare di proteggerla dall’interno. Ma non l’avrai mai. Non possiamo averle, capisci? Siamo noi il male, Regulus. Noi siamo la causa di quello che di male potrebbe succedergli. Noi siamo quelli che un giorno non lontano faranno del male ai loro amici, alle loro famiglie. Non potremo averle mai. Possiamo cercare di salvarle di nascosto, forse. Ma nessuno lo deve sapere. Tieni nascosta questa parte di te, tieni nascosta questa debolezza. A nessuno piace un uomo debole, e ancora meno un cattivo debole.

- E’ l’unica parte di me che mi piace – sussurrò Reg, flebile, un tremito nella voce – dovrei tenere nascosta la parte migliore di me?

Severus non rispose.

Non ne riparlarono mai più.

 

- Quella stronza! Pazza psicopatica, ingrata, vuole vedere lanciarmi dalla Torre di Astronomia prima di rendersi conto che… Merlino, e quel fottuto bastardo…

James entrò nel dormitorio urlando, gli occhi quasi gli uscivano fuori dalle orbite, il viso vermiglio, i capelli disastrati.

Sirius e Remus, impegnati in una partita di scacchi particolarmente difficoltosa, videro esterrefatti James capovolgere il loro dormitorio, in preda ad un’irrefrenabile rabbia omicida. In pochi minuti fece fuori tutto quello che si ritrovava davanti, scaraventando libri, cuscini, calderoni, prendendo a calci il comodino, e quasi fracassando a terra il walkman che Lily aveva regalato a Sirius. Lo strinse tra le mani, gli prudevano dalla voglia di distruggerlo, come se potesse tramite esso distruggere quel pensiero ossessivo che volente o nolente la riconduceva sempre a lei.

L’aveva lasciata lì, ed era appena stata vittima di una Maledizione Senza Perdono. Sarebbe stata bene? Forse avrebbe dovuto accompagnarla in infermieria…

Si riscosse, e la consapevolezza del sentimento che provava, così intenso da adombrare persino la sua furia, lo colpì e lo spaventò, intensificando l’irrazionale impulso di distruggere ogni cosa, di cercare una via d’uscita da quella che ormai gli sembrava una condanna al dolore eterno, a un eterno anelare verso il nulla. Aspettava di potersi concedere una speranza che non avrebbe mai visto la luce. Si sentiva respinto, rifiutato, maltrattato, incompreso, svalutato, sminuito. Ma era solo la buccia.

Era solo la superficie.

La verità è che era terrorizzato e orripilato dal pensiero di quello che sarebbe successo se non fosse arrivato in tempo. La verità è che aveva visto Severus Piton scagliare l’Imperius contro Lily Evans e poi quasi baciarla; aveva assistito a una delle magie più oscure della storia della magia, ed era stata Lily, la sua Lily, ad esserne la vittima. Aveva visto quegli occhi verdi spegnersi.

L’odio che il ricordo di quel momento gli irrorava nel cervello – sembrava ci fosse come una diga, una diga che il suo super-io aveva eretto per frenare i suoi istinti più remoti e animaleschi. Beh, quella diga era andata a farsi fottere.

Non era neppure sua. Lily. Non era la sua Lily.

Cristo, se non si fosse alzato per lei. Se lei non gli avesse rivelato quel segreto. Se lui non l’avesse rincorsa per il corridoio. Se lei non gli avesse sorriso sul treno. Se lui non l’avesse così profondamente, così teneramente, così evidentemente, così sommessamente e rumorosamente e perdutamente…

Si rese conto, a un tratto, che non si pentiva affatto di tutto ciò che provava e aveva provato per Lily Evans, né di tutto ciò che in conseguenza di ciò aveva fatto.

L’aveva salvata.

Che Lily Evans fosse una stronza ingrata, importava solo a un secondo livello di analisi.

Appoggiò il walkman sul comodino.

Sirius e Remus lo fissavano, ancora ammutoliti. Sapevano bene che era meglio aspettare che James si schiarisse le idee prima di vuotare il sacco, se volevano ricevere una spiegazione razionale e non una serie di sproloqui coloriti e senza senso.

Ma James non parlò. Accese il walkman e si lasciò crollare a terra, con la testa abbandonata sulle ginocchia e le braccia a circondare le gambe, facendosi piccolo piccolo, e chiudendo il mondo fuori. Pensò a Lily fra le sue braccia, al suo viso nelle sue mani, alla sua commovente fierezza e anche alla sua insopportabile superiorità, pensò a come l’aveva vista distruggersi e ricomporsi, sotto i suoi occhi, in una figura deformata, che lui non voleva riconoscere.

Era come Sirius, quando si parlava della sua famiglia. Un’ombra gli scuriva gli occhi e in un attimo diventava una statua di ferma indifferenza, che solo un occhio allenato e attento come quello di James interpretava per ciò che era davvero: una sfacciata maschera di cera.

In un attimo, capì cosa era accaduto, e cosa avrebbe dovuto fare.

Ah, you fake just like a woman, yes you do, and you make love just like a woman, yes you do
Then you ache just like a woman… But you break just like a little girl.

- Devodevo andare.

- James, aspetta, che diavolo è successo? – Sirius lo seguì alla porta e gli mise un braccio sulla spalla, ma James corse via inciampando, come in trance. Incespicando e sbattendo contro visi senza nome, si precipitò fuori dalla sala comune in preda a un’impazienza indefinibile.

Finalmente, arrivato all’entrata della biblioteca, si fermò, guardandosi intorno mentre il cuore cercava di recuperare un ritmo umano, le spalle e il petto che si alzavano e abbassavano freneticamente in preda al fiatone.

Lei era ancora lì, seduta a terra, la schiena e il capo appoggiati allo stesso muro di marmo, le braccia abbandonate tese mollemente sulle ginocchia, in una posizione semirilassata, che a uno sguardo più attento sarebbe risultata apatica più che tranquilla. Lo sguardo era perso nel vuoto, ma gli occhi erano un caos di colore liquido, di sofferenza, rabbia, delusione, abbandono, dolore, ma oh, così vivo.

La potenza di quello sguardo lo confortò.

Si sedette accanto a lei in silenzio.

Lei lo fissò stupita, e per un secondo, il grumo di sofferenza che aveva in gola si sciolse. Le lacrime ripresero a scendere, silenziose e implacabili. Si chiese perché, appena sentiva la sua presenza accanto, ogni maschera cadeva, e ogni difesa pareva inutile e inopportuna. Si chiese perché il suo corpo, contro la sua volontà, si ammorbidisse al contatto della sua spalla con la propria, si rilassava, e ogni tensione si liberava stiracchiandosi come una lucertola sotto un potente sole.

- Sei tornato. – mormorò, indecisa su come interpretare la cosa. Aveva avuto pena per lei? Gli importava davvero? Voleva un secondo round?

Si fissarono, e James tirò fuori, dal fondo di quella mattinata infernale, il suo sorriso trasparente, un po’ sghembo, e con la stessa naturalezza con cui quella mattina si era buttato sulla sedia accanto alla sua in biblioteca; fece spallucce e scrollò di dosso a entrambi la tensione di una tonnellata di bagaglio emotivo autodistruttivo.

- Si. – disse semplicemente. Come se fosse ovvio.

- Perché? Ci siamo detti cose orribili.

- Ah si? Mentre salivo in dormitorio, prima, sono inciampato sulle scale. Credo di aver sbattuto la testa. Ho i ricordi ancora confusi. So solo di aver preso a pugni Mocciosus, ed è un caro ricordo che tengo a conservare per la vita. E’ successo qualcos’altro degno di nota, dopo?

Lily scosse il capo, sconvolta dal sentire le labbra tendersi in un accenno di sorriso.

- No… Niente degno di nota.

- Bene. Non vorrei essermi perso i tuoi profusi ringraziamenti per essere stato un cavaliere dal tempismo impeccabile.

- Non te li sei persi, devono ancora arrivare. Sto preparando un discorso giusto ora, vorrei leggerlo in Sala Grande a cena e chiedere che tu venga subito eletto paladino della giustizia di Hogwarts. Magari con un’uniforme speciale. E una targa.

- Fai in modo di ricordarti di descrivere le mie fattezze affascinanti, i miei occhi brillanti e il mio irresistibile savoir faire. Oh, e ovviamente il tuo immenso amore per me, il tuo salvatore. Nel dettaglio, grazie. E poi fammi avere una copia del discorso, lo voglio incorniciare e appendere accanto al letto.

A quel punto, stavano entrambi sghignazzando come dei bambini. Era quasi grottesco, vista la situazione.

Dopo un po’, calò il silenzio. Non si riusciva a distrarsi troppo a lungo, infondo.

- James…

- Shh – James agitò la mano in senso di diniego, scuotendo la testa, come a non voler sentire una parola di quello che aveva da dire. Era lì, erano insieme. Non poteva sopportare nient’altro, per ora.

- Dimmi perché sei tornato.

- No.

- Perché no?

James alzò gli occhi al cielo, spazientito. Quella donna sarebbe stata la sua rovina…

- Evans, Cristo santo, certo che sei proprio ottusa a volte. Come fai a essere la più brava della classe e poi a cadere come un pesce lesso sulle basi?

- …

-…

- Fottiti, Potter.

- Sai, credo tu confonda la parola “fottiti” con “grazie”. I tuoi genitori non ti hanno insegnato le buone maniere inglesi, signorinella? Hai la lingua di uno scaricatore di porto.

- Credevo non ricordassi niente di quello che ci siamo detti prima.

- A tratti mi tornano dei flash, il tuo linguaggio colorito mi riporta alla mente dolci ricordi.

- Mi dispiace. Credo che dopo questa non sarò più in grado di comportarmi civilmente con le persone. A che pro? Presto o tardi ti pugnalano tutti alla schiena.

- Forse. O forse no. Perquisiscimi, se vuoi. Io non ho coltelli.

- Adesso.

- Non ti farò mai del male. Mai nella vita, Lily Evans. Ci puoi scommettere la bacchetta. – la serietà che evaporava dalla sua voce aveva un che di definitivo, talmente risoluto e sicuro che Lily fu tentata di crederci. Ma era troppo, e troppo presto. Si rese conto che voleva, voleva davvero fidarsi di quella voce calma, di quegli occhi limpidi. Ma non ne era capace.

Lily scosse la testa, sconfitta, e James capì di stare sbattendo contro un muro duro come il marmo a cui erano appoggiati. Fece mentalmente un passo indietro.

- Un giorno ci crederai. E’ una promessa.

- Sembra più una minaccia.

- Forse lo è, Evans. Forse un po’ lo è.


Ok, so che dopo tutto questo tempo doveva essere qualcosa di assolutamente perfetto e intelligente, e invece è la solita accozzaglia di non-sense... Ma questo è per ora il massimo che riesco a fare nel tempo limitatissimo che mi è concesso! Spero che non sia troppo malaccio. Ovviamente critiche e consigli sono puro ossigeno.
  
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