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Autore: DulceVoz    27/01/2014    8 recensioni
Un’ ex truffatrice che vuole cambiare totalmente vita, una ragazza ambiziosa ma dall'animo troppo fragile per realizzare le sue aspirazioni, un uomo che vive in un doloroso passato non riuscendo a superarlo e suo figlio, erede viziato e sicuro di sé che fugge dalle sue sofferenze con una vita fin troppo sregolata. Quattro cuori, quattro menti, quattro destini molto diversi… cosa accadrebbe se le vite di questi quattro personaggi si incrociassero? Cosa celerà villa Galindo? E se, una nota di sovrannaturale sconvolgesse ancor di più il tutto, proponendosi sotto forma di sogni più o meno inquietanti? Misteri, amore, inganni, passioni e segreti. E una donna che, in fondo, c’è sempre stata.
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Leon, Pablo, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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“- Hai deciso cosa fare? Sei qui da una settimana ormai e…” “- LEI PUO’ RESTARE QUI TUTTO IL TEMPO CHE VUOLE!”. Quella mattina era iniziata con il piede sbagliato e la colazione era un vero e proprio campo di guerra, senza esclusione di colpi. Matias, seduto a capotavola, faceva passare il suo sguardo da Angie a Jade che continuava a punzecchiarla da quando la bionda era entrata in quella casa, e sua figlia tentava in tutti i modi di difenderla, come, tra l’altro, faceva anche lui.
“- Sorellina, smettila. Vilu, tesoro, mi passi la marmellata per favore?” tentò di cambiare discorso l’uomo ma la mora, ignorandolo completamente, continuava a guardare male l’ospite che abbassò lo sguardo sulla sua tazza stracolma di latte. “- Vado a prendere il giornale, lo hanno lasciato qui fuori.” Borbottò la Saramego,per poi alzarsi di colpo pur di stare lontana da quel tavolo, o, più precisamente, da quell’oca della La Fontaine. Uscì in giardino e raccolse il quotidiano, scrutando poi l’orizzonte: l’alba rendeva l’aria fraschetta e un pallido sole era sorto da poco nel cielo limpido sgombro di ogni nuvola, illuminando, con i suoi raggi, tutto intorno a sé. Angie respirò a pieni polmoni per scaricare quella rabbia che covava nei confronti di quella donna tanto odiosa e buttò fuori l’aria quasi con lo stesso nervosismo… doveva andar via di lì, e doveva portarsi anche la povera Violetta, succube di quella strega. Aprì distrattamente il giornale mentre rientrava in casa e si buttò sul divanetto a peso morto, prendendo a leggere senza prestare troppa attenzione le prime pagine, mentre la vocina acida di Jade continuava a rimbombare nella stanza accanto e, purtroppo, anche nella sua testa. Senza nemmeno soffermarsi troppo su quella marea di parole che le ballavano davanti agli occhi, terminò a fissare gli annunci di lavoro, come ogni mattina, come faceva da sempre ormai. Voleva ricrearsi una vita normale, basta truffe, basta sciocchezze… le sarebbe piaciuto solo trovare un impiego serio, in modo da cercarsi poi un appartamentino lontano da quella casa in cui si sentiva una persona incomoda e fastidiosa. “- Hai trovato niente, oggi?” La vocina melodiosa di Violetta la fece sobbalzare e voltare di colpo. “- Eh?” chiese, immersa ancora nei suoi pensieri. “- Il lavoro, intendo!” sorrise la ragazzina, indicandole la pagina ancora aperta sulle offerte di impieghi di ogni genere. “- Ah… non ho ancora controllato in realtà…” sussurrò la donna, sentendo le urla di Matias che inveiva contro la sorella provenienti dalla camera accanto, farsi sempre più feroci. “- Pensi che debba andare a dividerli prima che si prendano per i capelli?” rise Angie, indicandole la porta della stanza in cui i due discutevano fin troppo animatamente. “- No… lascia perdere. Papà quando si arrabbia con zia Jade ha solo bisogno di starsene da solo.” Esclamò, sbuffando, Violetta, sporgendosi verso il giornale. “- Litigano ancora per colpa mia, vero? Sapevo che dovevo andare da qualche altra parte ma giuro che sarà ancora per poco. Troverò qualcosa e lavorerò duramente per pagarmi una casa tutta mia.” Spiegò la donna, abbassando gli occhi sulle pagine bianche e nere del quotidiano. “- No! Che se ne andasse lei! Papà ci litiga ma alla fine non ha mai il coraggio di mandarla a quel Paese, purtroppo!” esclamò con stizza la giovane, mentre la donna si era focalizzata a leggere un annuncio in particolare, scritto in un riquadro diverso dagli altri, più grande e in evidenza, al centro rispetto agli altri.
 
“Cercasi istitutrice seria, affidabile, preparata nelle diverse discipline matematiche e letterarie per un allievo di scuola superiore, disponibile al trasferimento immediato. Colloqui il 25/9 dalle 11 alle 12. Presentarsi muniti di Curriculum presso Villa Galindo, in Calle Puente Nuevo, 45 .”
 
“- Sarebbe perfetto per te!” urlò, entusiasta, la ragazza osservando l’espressione perplessa della bionda che sembrava imbambolata da quell’offerta. “- Almeno mi trasferirei lì e lascerei questa casa per non darvi più fastidio…” borbottò lei, tra sé e sé mentre la giovane scosse il capo. “- Smettila! Sai che non dai assolutamente nessun fastidio! E comunque potresti provare… sei diplomata, hai studiato persino al conservatorio per poco tempo ma comunque lo hai frequentato. Sei affidabile, preparata e disponibile da subito! Che vuoi di più?” sorrise Violetta, facendole l’occhiolino. Già stava pensando di trasferirsi anche lei via da quella casa, magari seguendo sul lavoro la donna e lasciando quell’appartamento. Le dispiaceva per suo padre, gli voleva un mondo di bene, ma anche lui sarebbe stato felice di andare con Angie… si fidava ciecamente di lei e lo aveva ripetuto varie volte e poi sapeva che la figlia odiava la sorella e che più quelle due stavano lontane, meglio era. “- Io non so se ne sarei all’altezza però… sono i Galindo, ti rendi conto? Suppongo si tratti del figlio dell’architetto e imprenditore Pablo Galindo! Mica un incarico di poco conto!” iniziò a titubare la donna, scuotendo il capo con rassegnazione e portandosi una mano alla fronte. “- Tu prova! Oggi ti aiuto con il Curriculum, certo lo gonfieremo un pochino… ma andrà bene, vedrai. Ti accompagnerò io stessa al colloquio.” Sorrise la ragazzina, prendendole la mano dolcemente. “- E’ domani! Non sono pronta e forse non è il caso!” esclamò in panico la bionda ripegando giornale e appoggiandolo sul tavolinetto di fronte al sofà. “- Sì che lo è! Angie è la tua grande occasione e non puoi lasciartela sfuggire!” strillò la ragazza, abbracciandola forte. In quel momento la porta si spalancò e Matias, ancora accigliato, fece il suo ingresso nel piccolo salottino. “- Papà! Lo sai Angie ha trovato lavoro?” esclamò la ragazza, mentre la bionda scuoteva il capo con decisione in segno di disapprovazione. “- No! Non ho nemmeno fatto ancora il colloquio!” rise poi, nervosamente la Saramego, “- Ma è fantastico! Ti assumeranno di sicuro, qualunque cosa sia! Adesso vado che in cantiere hanno bisogno di me. Buona giornata, signorine!” salutò allegramente l’uomo, afferrando un borsone dal pavimento dell’ingresso e uscendo per recasi sul posto di lavoro. Era un muratore affidabile e serio e i suoi colleghi lo adoravano per il suo buon cuore e per la sua determinazione. “- Ciao papà!” salutò la giovane, andandogli incontro per abbracciarlo. “- Ciao, Mati!” disse, con calma, la bionda, mentre anche Jade li raggiunse nella camera. “- Vado alla Spa. Mi raccomando, riordinate questa casa perché è ridotta alquanto male… soprattutto camera mia!” esclamò la donna, ghignando e sbattendo la porta subito dopo che il fratello fu uscito dalla casa. “- Ignora quella strega, pazza di mia zia! Abbiamo un Curriculum da scrivere!” sorrise Violetta, andando a prendere un pc portatile dalla camera di suo padre. “- E quello?” chiese Angie al suo ritorno, indicando l’oggetto così sofisticato in mano alla ragazza. “- L’ho… preso in prestito a casa di Caldez!” spiegò candidamente lei, come se nulla fosse e sottolineando la parola “prestito” cambiando il tono della voce e inclinandolo in maniera alquanto evidente. “- L’hai fregato al vecchio? VIOLETTA!” urlò Angie, mentre il computer si stava già accendendo ed emise un lieve e melodioso suono. “- Senti chi parla a me di cosa è giusto o cosa non lo è!” rise la giovane, mentre la donna si zittì, portandosi il portatile sulle gambe ed aprendo una pagina bianca di Word per iniziare a buttare giù le basi per il suo Curriculum.
“- Allora, mettici un po’ di dati tipo: nome, cognome, indirizzo…” esclamò subito la giovane, indicando lo schermo. “- Quale indirizzo?” rise Angie confusa, fermandosi di colpo nella scrittura. “- Boh, metti quello della tua vecchia casa e non mettere quello di Caldez!” le spiegò la giovane, astutamente mentre la donna continuò a digitare velocemente sui tasti. “- Occupazioni precedenti…?” continuò la donna, prima di fermarsi ancora nella stesura di quel documento. “- Truffatrice!” iniziò a sghignazzare la La Fontaine, mentre la bionda scosse il capo e iniziò a scrivere e a leggere ad alta voce ciò che stava aggiungendo: “- Dunque.. emh… cameriera, quello è vero…” esclamò la Saramego, ma la ragazza cancellò quella parola rapidamente tenendo l’indice premuto su un tasto appena sopra quello di “invio”. “- No! Angie inventa! Che diamine, come ti viene in mente di inserire tutta la verità? Scrivi: ‘insegnante di musica e canto’, forza!” la donna prese a fissare scioccata la giovane con i suoi grandi occhi verdi, interrogativi. “- Violetta io non ho nemmeno finito il conservatorio!” disse, con perplessità la bionda prendendo poi a osservare nuovamente lo schermo del pc con il foglio ancora bianco per metà. “- SCRIVILO!” rise Violetta, strappandole poi il computer dalle mani e iniziando a battere forte e rapidamente sulla tastiera. “- Insegnante di musica  e canto, madrelingua italiana con ampie conoscenze della lingua francese e inglese…” “- No, questo no! Non parlo italiano, Vilu! E se Galindo mi facesse qualche domanda? E poi non ho ‘ampie conoscenze’ né di francese né, tanto meno, di inglese!” ribatté la donna, ma la ragazzina continuava a scrivere come se nulla fosse. “- Pregressa esperienza come istitutrice presso villa Salinas.” Aggiunse la giovane con un ghigno astuto. “- Che cosa? Ma non è vero! E poi chi sono questi Salinas?” chiese Angie, affacciandosi per leggere se davvero la castana avesse scritto una bugia del genere, costatando con i suoi occhi che aveva detto il vero. “- Che ne so io! Inventiamo!” esclamò la ragazza, scioccando ancor di più la Saramego. “- Che? No, dai! Stiamo esagerando, questo è troppo! Metti che esistano dei Salinas e che Galindo li conosca anche!” rise nervosamente la donna ma la ragazza la interruppe con un secco gesto, alquanto spazientito, della mano. “- Tu lo vuoi sul serio questo lavoro?” chiese d’un tratto, lasciando ancor più stupita la donna. “- Certo che sì!” disse con decisione Angie, alzandosi e cominciando ad andare avanti e indietro per la piccola stanza. “- E allora lascia fare a me! Fidati che ti assumeranno immediatamente! E io verrò con te a vivere in quella casa!” sognò, ad occhi aperti la giovane, esclamando quell’ultima parte di frase con aria speranzosa. Avrebbe fatto di tutto pur di fuggire da casa sua e poi adorava le avventure con la Saramego. “- Tu cosa? Non se ne parla! E poi stavolta non ci sarà niente di divertente, niente stupidaggini o truffe… lavorerò onestamente per i Galindo... a patto che mi assumano!” spiegò la donna, facendo scuotere il capo alla ragazza che la fissava con aria sicura di sé e dei suoi pensieri… “- Lo stampo e poi scegliamo l’abito per il colloquio. Zia Jade ce ne presterà uno dei suoi… di certo non ci puoi andare in jeans! Quella lì è gente altolocata, mia cara!” sorrise la giovane, estraendo il Curriculum dalla stampante e inserendolo in una busta di cellophan. “- Vieni con me…” la incitò la più piccola, trascinandosi a forza la Saramego per un braccio fino alla stanza della sorella di Matias.
Angie fu fatta sedere sul letto della donna mentre Violetta aprì l’enorme armadio e quasi scomparve alla vista lì dentro, tra tutti quegli abiti di ogni colore e modello. “- Questo?” chiese la giovane, mostrandole un cortissimo abito rosso fuoco. “- E’ imbarazzante, Vilu! Non lo metterei neanche morta!” strillò, per poi scoppiare a  ridere, la bionda, facendo sì che anche la piccola prendesse a fissarlo e che, guardandolo bene, storcesse il naso, disgustata. “- E quest’altro?” disse poi, dopo aver buttato a terra il vestito numero uno ed estraendone un secondo. “- Carino ma è così… ‘da signora’!” borbottò Angie, alzandosi e andando a prendere la gruccia che reggeva un elegante tubino blu scuro mentre la giovane afferrava delle scarpe dai tacchi vertiginosi dello stesso colore. “- Invece ti starà d’incanto e anche queste! Seria, professionale e di classe! Galindo ti assumerà di sicuro… e forse ti sposerebbe pure con quello addosso!” sorrise astutamente Violetta, stendendo l’abito sul letto e stirandolo con entrambe le mani. “- Tua zia si accorgerà che le manca qualcosa! Te lo dico io! Avrà uno schedario per gestire tutta questa roba!” esclamò la Saramego, immaginandosi già la reazione della La Fontaine nel notare l’assenza dei suoi pezzi rari dal guardaroba. “- Nascondili nella tua valigia, ne ha talmente tanti che non se ne accorgerà nemmeno e non mi risulta che abbia un catalogo con tutte le sue cose!” la esortò la ragazza, fissando la faccia sconcertata ma divertita della bionda. “- Sei incredibile! Ma da chi avrai preso?” domandò la donna, uscendo dalla camera della La Fontaine con le cose che aveva preso in prestito. “- L'allieva ha superato la maestra, mi sa!” rise Violetta, facendo scoppiare anche Angie in una fragorosa risata che riecheggiò fino alla cucina.
 
 
“- Era ora che ti decidessi a presentarti, La Fontaine! Muoviti che ci serve il tuo aiuto e il capo non c’è neanche oggi! C’è la figlia, e forse è anche peggio, se possibile!” la voce del suo amico Pedro fece affrettare il passo a Matias che, per poco, non inciampò su un ammasso di tubi e attrezzi. “- Non mi dire! Quella lì non la sopporto proprio!” borbottò il biondo, iniziando a darsi da fare sul serio, imbracciando un secchio e una cazzuola.  Ricordava molto bene quella donna: Marcela Parodi, si chiamava. Era andata rare volte, anni addietro quando era ancora una mocciosa, sul posto di lavoro di cui era a capo suo padre, ma lei era si era fatta ricordare per le sue frecciatine e i suoi consigli gelidi e severi, aiutando il genitore ad essere ancor più duro di quanto Sebastian Parodi non fosse già di suo. Non era cattiva ma pretendeva sempre la perfezione, in ogni minimo dettaglio. “- Come mai c’è lei?” chiese poi Matias, asciugandosi la fronte sudata con un rapido movimento del braccio. “- Sebastian non si è presentato di nuovo e ha mandato la figlia da noi! Se n’è lavato le mani! La barca affonda. lui fugge e lui ci getta dentro l’erede! Ottima trovata scappare dai problemi, no?” borbottò Juan, un altro lavoratore come loro due. “- Ancora non ha pagato? Spero che almeno abbia fatto venire la figlia con i soldi, altrimenti vado a dirle io due paroline!” sibilò il biondo, beccandosi una pacca sulla spalla da alcuni dei colleghi.  “- Fratello, se tu hai il coraggio di andare lì a scambiare quattro chiacchiere con quella lì, ben venga! Solo perché sono a capo di tutto non possono trattarci come degli schiavi e senza salario da due mesi! Dobbiamo fare qualcosa!” urlò Pedro, alzandosi in piedi e andandosi a sedere su un mucchio di travi di legno. “- Ci vuole uno sciopero! Non possono trattarci così!” esclamò Juan, brandendo una pala con aria stizzita. Diplomaticamente, Matias, si mise al centro del gruppo e tentò di placare gli animi. “- Se scioperiamo perderemo altri giorni e di conseguenza altri soldi e la possibilità, quando si calmeranno le acque, di restare a lavorare qui! Non possiamo!” sentenziò, fissando gli altri che lo avevano circondato, ascoltandolo con attenzione. “- E cosa dovremmo fare per farci sentire? Continuare a prestargli servizio gratuitamente?” strillò qualcuno, facendo annuire gli altri. “- No. Parliamo con la Parodi. Ci vado io… è nell’ufficio del padre?” chiese La Fontaine, mentre posò a terra il secchio con la calce. “- Sì… vai, amico! Fatti valere! Siamo tutti con te!” urlò Pedro, facendo cominciare un applauso che si levò come un eco nell’aria. Matias si sistemò un po’ i capelli imbiancati dalla polvere dei lavori e si avviò per raggiungere la donna che così poco sopportava. Si ritrovò in breve tempo fuori dal cantiere e si avvicinò ad una delle piccole casette in legno, costruite proprio per capeggiare i lavori più da vicino, bussò quasi timidamente, tirando un sospiro per la tensione che risuonò intorno a lui. “- Avanti.” Una voce glaciale lo fece rabbrividire ma girò la maniglia ed entrò. Si ritrovò di fronte una elegante stanzetta che contrastava con l’esterno: una scrivania ben levigata e ordinata, troneggiava al centro della sala e una donna dai capelli corvini ne era seduta alle spalle, tenendosi la testa con una mano e scrivendo velocemente su dei fogli di fronte a sé. “- Signorina Parodi… devo parlare.” Esordì seccamente Matias, facendole alzare finalmente gli occhi: sembrava preoccupata ma quando il suo sguardo incrociò quello del biondo ritornò ad ostentare un aspetto freddo e composto. “- Cosa vuoi?” esclamò, seccata Marcela. “- Gli operai vogliono entrare in sciopero. Ho tentato di fermarli venendo a parlare con lei ma deve dimostrarmi che sarà disposta a darci retta.” La voce di La Fontaine era calma e decisa e la donna colse subito la sua sicurezza. “- E cosa potrei fare? Sentiamo…” lo studiò la mora, sporgendosi verso l’uomo, con le braccia incrociate sulla scrivania, facendo sì che lui le si accomodasse di fronte. “- Gli stipendi. Signorina Parodi, molti di noi hanno famiglia, dobbiamo pur ricevere un compenso pari al nostro lavoro!” esclamò l’uomo, stregato dagli occhi di ghiaccio di lei che lo scrutavano e gli fecero inclinare la voce in un tremolio.
“- Mio padre è stato chiaro su questo punto. Vedrete il denaro quando tornerà lui, suppongo tra qualche mese. Mi dispiace.” Qualche mese? Supponeva? Matias aveva afferrato solo quelle parole! Come lo avrebbe spiegato agli altri? E come avrebbero fatto tutti loro? “- Non possiamo continuare a lavorare gratis! Se ne rende conto?” chiese La Fontaine, scompigliandosi il ciuffo biondo con un gesto stizzito della mano. “- Mio padre mi ha affidato tutto proprio adesso, sono con l’acqua alla gola, mi ha lasciato in una situazione difficile. Lui ha lasciato proprio ora che la "Parodi&Co" è in crisi. Stiamo fallendo, La Fontaine. E non so se ci sarà qualche segnale di ripresa… dovrò licenziare una ventina di operai, purtroppo.” la voce di Marcela, finalmente, sembrò meno cruda e abbassò di nuovo gli occhi su i suoi progetti. “- No! Non è possibile. Ci dev’essere qualcos’altro che si potrebbe fare!” iniziò Matias, ma la donna scosse il capo con forza, agitando la sua chioma scura come la pece. “- No… o meglio sì, qualcosa ci sarebbe… ma dovranno passare sul mio cadavere prima di farmi accettare. Io con Casal non entrerò mai in affari.” Sentenziò, con sguardo fiero la donna, facendo sgranare gli occhi azzurri all’uomo che conosceva fin troppo bene quel nome. Per un anno aveva lavorato per lui e, se possibile, era molto peggio di Sebastian Parodi, il suo datore attuale. “- Casal? Quel Casal? L’infame?” chiese, sorpreso di sentire nominare Gregorio, un buffone senza scrupoli e alquanto detestabile. “- Esatto. Preferirei chiudere l’impresa piuttosto che lasciarmi convincere a collaborare con quel tizio… Mi dispiace… abbiamo fatto tanto per non avere soci e non vogliamo perdere tutto proprio ora, per poi entrare in affari con Gregorio.” Sentenziò Marcela, sfogliando un fascicolo di fronte a sé con aria distratta. Aveva la testa altrove e Matias lo colse subito, imbambolandosi a fissarla, prima di riprendere a parlare con calma. “- Ma noi…” tentò di iniziare. “- Niente ma, La Fontaine. Lo stipendio ve lo darò il prima possibile, o almeno ci proverò a costo di rimetterci di tasca mia… tu intanto fammi il piacere di placare gli animi al cantiere! D’accordo?!” domandò, facendo annuire senza entusiasmo il biondo.
“- Bene, ma se vorranno scioperare non venga a prendersela con me. Sono furiosi e se non hanno sospeso i lavori oggi stesso si puo’ davvero ritenere fortunata.” Borbottò Matias, alzandosi e provocando un forte cigolio proveniente dalla sedia. “- Facciano come meglio credano! Avrò meno problemi nel tagliare il personale!” strillò la Parodi, scattando anche lei in piedi e mettendosi di fronte all’uomo che scosse il capo in segno di disapprovazione. “- Bene! se la mette così! Tanto ormai il capo è lei, no?!” urlò Matias, furioso, andando verso l’uscita. “Benissimo!” borbottò la mora, portandosi una ciocca dietro l’orecchio e osservando La Fontaine ritornare al lavoro sbattendo con foga e stizza la porta. Quell’uomo la innervosiva parecchio! Con quel suo modo di fare calmo e pacifico, sempre ad interpretare il ruolo di portavoce dei colleghi… che poi non era neppure così tranquillo come voleva apparire e lei lo aveva colto! Ma non capiva che problemi, tanti problemi, ne aveva anche lei? Non si rendeva conto di quello che gli aveva detto, della situazione in cui la “Parodi&Co” versava? Prese un profondo respiro e tornò alla scrivania, doveva trovare una soluzione per quegli intoppi economici e doveva farlo in fretta. Uno squillo di telefono la fece sobbalzare. “- Emilia! Tesoro!” la vocina squillante di sua figlia la fece sorridere istintivamente. “- Non ti preoccupare, la mamma torna presto, così oggi pranziamo insieme, d’accordo?” esclamò, dopo un momento di pausa in cui aveva ascoltato la sua piccola. Era divorziata, aveva un matrimonio andato male alle spalle e la sua unica gioia era la sua bambina, sempre allegra e tanto intelligente. In quel periodo viveva con il padre, il suo ex marito Carlos, dati i suoi numerosi impegni di lavoro dovuti all’abbandono da parte di Sebastian della ditta. “- Anch’io ti voglio bene, piccolina. A dopo! Passo a prenderti io da papà.” Esclamò la donna allegramente, richiudendo la chiamata. Almeno era riuscita a distrarsi per un secondo dai suoi mille problemi, tutto grazie alla sua bambina.
 
 
“- Roberto, allora? quante candidate si sono presentate?” la voce di Pablo Galindo risuonò nel salotto enorme della sua immensa villa. Il suo fido collaboratore sospirò e gli fece cenno di sedersi sul divano accanto a lui, comando che l’uomo prontamente eseguì. “- Lo vuoi davvero sapere?” domandò Lisandro, sistemandosi gli occhialetti sul naso. “- Certo, Roberto! E smettila con questi giochetti! Dimmelo e finiamola qui!” disse, stizzito, l’architetto, portandosi una mano alla fronte con aria seria e stanca. “- Nessuna, Pablo. Nessuna. Neanche una!” Borbottò Roberto, osservandolo con la sua solita calma. “- CHE COSA? MA COME E’ POSSIBILE?” chiese Galindo, scattando in piedi e cominciando a camminare nervosamente avanti e indietro per la camera, in preda ad una crisi di nervi. “- Lo sapevo! Ti ricordi, amore? Ti avevo detto che si sarebbero passate parola tra loro! Leon è un po’… particolare, ecco. E ormai nessuna mai verrà a dargli lezioni! E non oso pensare cosa accadrebbe se lo mandassi in una qualunque scuola!” ridacchiò Jackie, scendendo le scale e giungendo anche lei nella sala al piano di sotto. Aveva un abito corto ed elegantissimo di un rosso fuoco quasi accecante, una collana di diamanti e uno chignon a raccoglierle i lunghi capelli biondi che le dava un’ aria ancor più severa. “- E’ impossibile, Jackie! Qualcuna verrà al colloquio! Roberto sei sicuro che l’annuncio sia stato pubblicato?” esclamò Pablo serissimo, mentre l’occhialuto gli allungò il quotidiano del giorno prima. “- Lo hai già visto il giornale di ieri! Almeno una decina di volte! E’ proprio in bella vista, nella pagina delle offerte di lavoro!” disse il suo fido assistente, indicando il foglio in bianco e nero. “- Dov’è Leon? E cos’è questo frastuono?” chiese d’un tratto Galindo, guardandosi intorno sperando di vedere da un momento all’altro il volto del figlio giungere in soggiorno. Un rumore assordante proveniva dal piano superiore, proprio in direzione della camera del giovane.  “- E’ nella sua stanza, suppongo. Sta di nuovo facendo baccano con la sua bella chitarra elettrica fiammante!” si lamentò la Saenz, scuotendo il capo in segno di disapprovazione. “- Non so più cosa fare!” sibilò quasi l’uomo, prendendosi la testa tra le mani e scuotendola con rassegnazione. In quell’istante il campanello suonò e fu ascoltato per puro caso, data la musica assordante provocata dal ragazzo. “- Salve! Sono Ingrid Herdez, un’aspirante istitutrice!” una donna bionda e anzianotta, dagli occhi scuri e buffi occhiali giganteschi fece il suo ingresso nella camera, mentre Roberto con cordialità, la faceva accomodare su una poltrona proprio di fronte al grande sofà. Il colloquio durò una mezz’ora e la donna mostrò le sue tante referenze… tutto stava andando alla perfezione fino a quando la signora sentì che quel fracasso musicale era terminato e tirò un sospiro di sollievo. “- Lei quindi sarebbe disposta a iniziare già da domani?” sorrise Galindo mentre, suo malgrado, lei non notò un ombra scendere dalle scale. “- Certo ma vorrei conoscere almeno il ragazzo!” richiese la donna, fissando quel bel giovanotto giungere nella camera e non notando come lui la squadrasse con aria disgustata e buffa. “- Ah, tu devi essere il caro Leon!” era evidente, da quella parola che precedeva il nome del ragazzo, che la Herdez non sapesse nulla delle precedenti esperienze con le vecchie istitutrici. Tutti i presenti presero a fissarsi tra di loro, sperando in una buona reazione da parte dell'erede di Galindo. “- Per servirla! E lei chi è? La nonna di Jackie?”. A quella domanda, la donna impallidì, la Saenz si portò una mano alla fronte scioccata e con l’altra prese a sventolarsi scioccata per cotanta sfacciataggine, il padre del ragazzo diventò paonazzo per l’imbarazzo e Roberto sogghignava divertito. “- Leon! Smettila e siediti! Lei è Ingrid Herdez, la tua nuova istitutrice!” strillò il moro con tono autoritario, facendogli sollevare un sopracciglio, con aria imperturbabile nonostante la partaccia ricevuta. “- Ah, io pensavo voleste presentarmi la mia futura bisnonna. Una trisavola che spiega storia potrebbe essere utile! Lei c’era all’epoca della Rivoluzione Francese, vero? L’ha vissuta in prima persona, suppongo!” ghignò, scrutando Ingrid con i suoi profondi occhi verdi e facendo sgranare quelli piccoli e scuri della donna. “- Mi perdoni?!” domandò, sperando di essersi sbagliata e di aver udito male. Che screanzato era mai quel giovane? Neppure per un milione di Pesos al mese avrebbe accettato quel lavoro. “- Mi scusi… non volevo offenderla! Ma io dico sempre ciò che penso e credevo che la mia affermazione fosse stata corretta!” l’aria indisponente di Leon fece inorridire Ingrid che si alzò di colpo afferrando la sua borsa dal tavolinetto di cristallo di fronte a sé. “- E’ inaudito! Inaudito! Io non resterò un minuto di più in questa casa! Suo figlio, signor Galindo, è uno screanzato, un troglodita, uno sfrontato e non perderò il mio tempo con lui!” esclamò la donna, mentre Pablo si alzò di colpo per seguirla. “- No! Le spiego, il ragazzo è un po’ confuso… sa, il cambiamento di insegnante per lui non è facile!” Tentò di giustificarlo il padre, mentre dal divano il ragazzo continuava a ghignare divertito. “- Confuso? E’ un maleducato, ecco che cos’è! Mi meraviglio di lei, così a modo...!” si lamentò la bionda, sistemandosi gli occhiali portandosi due mani alle tempie, arrivando ormai sulla porta. “- No, non se ne vada, signora Herdez!” esclamò Pablo, affacciandosi sull’uscio che dava sull’enorme giardino della villa ma fu tutto inutile: la donna era già scomparsa nel nulla, fuggita a gambe levate da quell’enorme casa.
“- La smetti, Leon? La smetti di comportarti come uno screanzato? Fila in camera tua! Stasera vai a letto senza cena!” tuonò Pablo, indicandogli le scale mentre il ragazzo si alzava contro voglia dall’enorme sofà bianco e beige e si avviava verso i gradini, eseguendo, stizzito, l’ordine ricevuto dal padre. In quel momento suonò di nuovo il campanello. Galindo senior, che si trovava già di fronte alla porta, la aprì distrattamente e una signorina bionda e alta e dai grandi occhi verdi, seguita da una ragazzina minuta dai capelli castani, fecero il loro ingresso. “- Salve, sono qui per il lavoro di istitutrice.” La voce melodiosa della donna riecheggiò nella stanza mentre la piccola continuava a guardarsi intorno come incantata dallo splendore di quella reggia. “- Ah, prego! Da questa parte…” fece subito strada il padrone di casa, scrutando un po’ la donna che gli ricordava davvero tanto qualcuno... per poi fissare il figlio che era a metà scalinata e aveva preso a guardare in modo interessato e tuttavia, preoccupante, le due ospiti. Pablo rabbrividì, sperando che il giovane non gli facesse fare qualche altra brutta figura e fece accomodare le due sulla poltrona, osservando con curiosità anche la ragazzina che era imbambolata ad osservare la bionda futura signora Galindo o meglio, quello che indossava.

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 Eccoci al secondo capitolo con la comparsa di Marcela e la preparazione al colloquio per Angie! Violetta ha scioccato tutti sul finale, all'inizio sarà davvero OOC... preparatevi! Cosa sarà passato per la testa alla ragazza? E come andrà il provino per la Saramego? Vedremo! Adoro Leon così cattivello! xD Adorabile! E già fissa le due con curiosità… e la vita di Matias è alquanto complessa, povero! :( Vi ringrazio per le stupende recensioni che mi avete lasciato al primo capitolo! Siete mitici, grazie di cuore! Sperando che la storia vi piaccia, vi saluto... alla prossima, ciao! :)
  
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