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Autore: Nike93    09/06/2008    10 recensioni
A volte capita che un amore sia vissuto nei silenzi, e per questo si pensa che sia troppo perfetto perchè finisca. Ma poi si finisce per sentirsi come passeggeri distratti di una vita in vetrina, e il nodo che ci si lascia alle spalle è terribilmente difficile da sciogliere. Forse l'unica soluzione è dimenticare... e allora dimentica!
Ti ritroverai ad andare avanti finchè non ti sentirai come una superstite...
Una storia scandita dai testi di Raf, una storia che non sa se chiamarsi "d'amore".
Una storia i cui protagonisti credono di vivere i giorni migliori mentre invece stanno solo per sprofondare.
Una storia che non può avere un lieto fine. Non per tutti.
Genere: Drammatico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non voglio rovinarvi con troppe parole la lettura di quest’ultimo capitolo. Vi rimando ai ringraziamenti in fondo alla pagina.

 
Epilogo – Superstiti

“Senza incontrare mai gli sguardi
parliamo a lungo dei tuoi sbagli
di storie in cui hai creduto
e foto che poi hai strappato
e di ferite aperte, di parole sempre le stesse,
dette ma svuotate, perciò dimenticate.
Sai che c’è, c’è che prima o poi
ti accorgerai che
io sono quello che hai voluto,
che da sempre hai cercato…”
 

Tutto quello che venne dopo fu silenzio. Un silenzio insopportabile, rotto solo dal respiro di Bill, regolare anche se un po’ accelerato. Haylie ripiegò la lettera, in un movimento quasi meccanico.
- Non si è neanche degnato di dirmelo in faccia – disse infine Bill, la voce bassa, metallica.
- Bill… - Haylie lo guardò quasi intimorita. – Non… non essere così duro. Non hai letto quello che ti ha scritto? – Le sembrava quasi inopportuno parlare così, ma non poteva sopportare l’espressione di Bill. – Ti ha detto di continuare con i Tokio Hotel, nonostante tutto… -
- Può scommetterci che continuo – ribatté aspramente lui. – Prima o poi smetterà di credere che il mondo ruoti attorno a lui – Haylie sospirò, mettendo da parte la lettera, e gli rivolse uno sguardo implorante.
- Bill, ti prego – L’espressione del ragazzo era risoluta, ma sembrò che si addolcisse quando i loro sguardi si incontrarono. – Non dire così. Perché te la prendi solo con lui? E’ anche colpa mia. Anzi no, è soprattutto colpa mia – Bill non disse nulla, si limitò a rivolgerle uno sguardo che chiunque avrebbe definito combattuto, ma Haylie non vi prestò attenzione. – Perché allora non te la prendi anche con me? Non voglio che… che mi tratti bene solo per… - La sua voce si abbassò. Non voleva dire quella parola, ma si costrinse a cavarla fuori dalla bocca. - …per pena –
Bill aggrottò le sopracciglia. – Come? –
- Hai capito. Non voglio che tu sia gentile con me solo per quello che è successo… per la bambina – Le costò un enorme sforzo dirlo, ma era effettivamente quello il dubbio che la tormentava. Per un attimo, sembrò che i lineamenti di Bill si indurissero di nuovo.
- Quella bambina l’ho persa anch’io – disse tra i denti. Haylie deglutì, incapace di parlare, e chinò la testa. Non sapeva come chiamare la sensazione che quelle parole risvegliarono in lei, ma di certo non era nulla di piacevole.
Quando sentì la mano di Bill sfiorarle una spalla, per un attimo ebbe la tentazione di allontanarla, ma il bisogno di un conforto era troppo intenso per permetterle di rifiutare quel contatto. – Dio, scusami. Scusami Haylie, non volevo dire questo – mormorò lui.
- No, hai ragione – bisbigliò impercettibilmente Haylie, senza neanche guardarlo. Subito dopo, le dita di Bill le sfiorarono il mento, per poi sollevarle la testa, facendo sì che i loro occhi si incrociassero.
E Haylie non vide più la minima traccia di ira sul suo viso.
- Ti prego, smettila di dire che ho ragione. Non lo sopporto – Bill si morse il labbro inferiore. – E non è vero – Haylie non disse nulla. – E’ che… ho perso da talmente tanto tempo l’abitudine di parlare che… quando lo faccio, dico solo cose sbagliate –
Haylie passò oltre quell’affermazione. Bill non aveva ancora risposto alla sua domanda.
- Perché non te la prendi anche con me? –
Aveva quasi paura che Bill venisse colto nuovamente dalla rabbia a quell’ennesima ripetizione, ma, quando lui la guardò, nei suoi occhi non riuscì a leggere altro che il senso di colpa.
- Perché sono io che ho sbagliato tutto. Tu… tu mi hai solo visto dall’esterno, ci sei stata male e… e hai cercato conforto. Tom non ne aveva bisogno, lui non c’entrava niente in questa situazione –
Anche a quel proposito avrebbe avuto molto da dire. Tom era suo fratello.
Ma capì anche che, almeno per il momento, era inutile insistere. Fu il resto del breve discorso di Bill a colpirla. Dunque aveva capito che lei aveva sofferto per qualcosa. E allora…?
- Come fai a sapere che…? –
Non seppe come continuare la domanda. Bill sospirò lievemente.
- Haylie, non sono tanto diversi i difetti che mi vengono rimproverati. E’ vero, sono distratto, sono egocentrico. Ma non sono completamente stupido. O meglio… - Si interruppe solo per lasciarsi andare a una strana risata, una risata debole e carica di amarezza. - …credevo di non esserlo. Forse dovrei rivedere un po’ i miei giudizi a questo proposito –
Lei tacque, in attesa.
- Haylie, tu mi conosci. Io… mi sono sempre sentito inadatto. In questi anni non è passato giorno senza che io mi chiedessi se era davvero questo che volevi. Se volevi questa vita, questo mondo… se volevi me. Forse è vero che ho sempre dato tutto per scontato, ma… del resto, ci si abitua. Dopo un po’ pensi che tutto ti sia dovuto. Ma se c’è qualcosa che non ho mai, mai dato per scontato, era… eri tu, Haylie –
Adesso avrebbe voluto ribattere, ma, stranamente, le mancavano le parole.
Si limitò a fissarlo, immobile, le labbra socchiuse, ancora in attesa.
Poteva leggere di tutto nei suoi gesti: paura di cadere nella banalità, di peccare di ipocrisia, e chissà quant’altro. Ma forse, senza rendersene conto, Bill non stava facendo altro che dirle quelle parole che Haylie, inconsapevolmente, aspettava da anche troppo tempo.
- Quando mi hai detto che eri incinta, mi sono sentito così felice che per un attimo non ho badato a quel tuo timore nel dirmelo. Era qualcosa che non aspettavo, sì, anzi forse era l’ultimo dei miei pensieri… ma quando me l’hai detto, mi sono sentito come se non avessi bisogno di altro per essere felice – Bill proseguiva a parlare a bassa voce, quasi stesse raccontando una favola, una storia inventata. Teneva il capo chino, non osava alzare lo sguardo per paura di incontrarne uno carico di odio, di disprezzo. Se solo avesse visto quale effettivamente fosse lo sguardo di Haylie, non ci avrebbe messo molto a ricredersi. – All’inizio vedevo tutto rose e fiori, tu sembravi contenta, e anche gli altri lo erano. Certo, per i primi giorni sono stato preso da uno strano timore, come se… se non mi fossi reso ancora completamente conto di quello che stava succedendo. Ho cominciato a chiedermi come sarei stato come padre, e anche lì… per un attimo, anche se avevo paura ad ammetterlo, ho sentito odore di fallimento –
Il tono di Bill si abbassò ulteriormente e Haylie trattenne il respiro.
- Ero felice. Non avevo idea di come avremmo fatto dopo, ma ero felice. Perché se lo eri anche tu, voleva dire che… che mi amavi. Che ti bastavo –
Haylie si sentì punta sul vivo, e tutti i suoi sensi di colpa le si rovesciarono addosso come un torrente. Era ovvio che la spiegazione di Bill non era terminata, anzi, era appena cominciata, ma a quel punto la ragazza non riuscì a frenarsi.
- Bill, io non… - Ma lui la interruppe con un gesto della mano.
- No, Haylie. Lasciami spiegare. Avrei dovuto farlo molto prima –
Haylie si zittì, vergognandosi –se possibile- ancora di più, e Bill riprese a parlare.
- Ti ricordi di quel giorno, quando tu volevi per forza lavare i piatti e io non te l’ho permesso? – Ne accennò come se fosse stato un ricordo molto lontano, un qualcosa di astratto, quasi. Haylie annuì lentamente. – Quel giorno… e non per la prima volta, io… ho avuto paura che non avrei mai capito cosa tu volessi davvero. Tu volevi muoverti, e io volevo che tu ti riposassi. Tu sentivi il bisogno di stare all’aperto, e io volevo che tu restassi dentro. Forse era egoismo, forse era paura… chiamala come vuoi. So solo che era… qualcosa di insopportabile. Tutto quello che desideravo era che tu stessi bene, ma evidentemente lo desideravo in modo diverso da te. E questo… non lo sopportavo –
I mesi passati, i primi giorni di tensione, tutto riaffiorò, come in un film, forse a causa di quel tono nostalgico e malinconico che riempiva il vuoto di quella stanza…
- Avevo una paura folle di sbagliare, di rovinare tutto, di perderti. Mi dicevo che era un’esagerazione, ma poi… Poi un giorno mi hai detto che niente è sottinteso. Me lo ricordo come se fosse ieri. Credevi che io quel bambino non lo volessi, che io non capii perché… Ero stato anche troppo assillante perché tu potessi avere questo dubbio. Ed è stato lì che non ho più avuto paura di sbagliare. Ormai ne ero certo
Era come se lo stesse vedendo morire lentamente davanti ai suoi occhi, sotto le sue stesse mani, per una seconda volta…
- Quel periodo sarebbe stato il più bello della mia vita, e volevo che fosse così anche per te. Volevo che tu ti sentissi felice, libera, tranquilla, e invece… non riuscivo a vederti così. Era come se tu covassi qualcosa, un segreto che ti logorava dentro. Ogni tanto dovevo assentarmi, ma questo è successo così tante volte che non pensavo sarebbe stato un problema… Anche perché avevo preso la mia decisione. Se non fossi riuscito a capire e accontentare i tuoi desideri, io… beh, mi sarei messo da parte. Era questo che pensavo, che tu volessi goderti questo momento, senza che io ti mettessi ansia addosso con la mia iper protezione. Non volevo che tu ti rovinassi la gioia dell’attesa… -
Ci fa una breve pausa, e lei si sarebbe messa a urlare. Era davvero l’unica cosa che l’istinto le suggerisse…
- Però mi mancavi. Avrei voluto passare tutto il giorno accanto a te, avrei mandato al diavolo tutte le interviste, tutti i concerti… alla fine non era quello che mi importava. Tutto quello che volevo era vederti sorridere, ma questo capitava sempre più raramente, e io… mi disperavo, perché ancora una volta non riuscivo a interpretare i tuoi pensieri. Eri distante, ogni tanto mi sembrava che tutto fosse tornato come prima… e invece non era così. Non desideravo altro che entrare nella tua testa e leggerti nel pensiero, perché non sapevo in che altro modo avrei potuto… capire. Avevo quasi paura di toccarti, perché non sapevo che reazione avresti avuto. Sembravi ogni giorno più triste e io ancora non capivo. Le notti in cui sono rimasto sveglio a rimuginare le avrei passate a fare l’amore con te, ma… più ti vedevo lontana, più mi riusciva difficile fare un passo avanti. Mi chiedevo cosa potessi fare, ma non trovavo mai risposta. Ho chiesto aiuto, ho cercato conforto… -

Ti prego, dillo. Pronuncia quel nome. Dì che gli vuoi bene…
- …e ho pure creduto che bastasse. Ma non ce l’ho fatta. E poi… quando mi hai detto che… quando mi hai raccontato quello che era successo, io… non ho fatto altro che pensare che era vero, che avevo sbagliato tutto -

E allora dì che mi odi. Dì che ci odi tutti e due.
Bill seppellì il viso tra le mani e fu scosso da un tremito. Haylie non riuscì a muovere un muscolo.
L’unico gesto che le riuscì di compiere fu quello di sbattere le palpebre e biascicare un debole:
- Perché non mi hai detto niente? –
- Io avevo paura… una fottuta paura di perderti… - La voce di Bill era già diversa, incrinata. Le mani gli tremavano leggermente, e il suo viso rimase nascosto tra le dita. – E mi sono accontentato… di averti accanto senza dirti… senza spiegarti il motivo… che se mi sono allontanato, era perché credevo l’avessi fatto tu, e… - Bill alzò la testa di qualche centimetro, e Haylie si sentì morire quando vide quella terribile desolazione, quel vuoto riempire i suoi occhi. - …ed è bastata una semplice dimenticanza… una distrazione… per farti credere che non me ne importasse nulla di te –
E ricordò. Un’ecografia… un impegno passato di mente. Cosa poteva importarle del sesso della creatura che aveva portato dentro per mesi? Ormai l’aveva persa per sempre.
Haylie si morse le labbra, quasi lacerandosi la carne con i denti. Non le importava. Anzi no, se si fosse ferita sarebbe stato anche meglio, dopo quello che era stata costretta a sentire. – E se sei arrivata a credere questo vuol dire che… che devo aver sbagliato per forza, perché… perché anche se non sono riuscito a dimostrartelo, tu sei sempre stata la persona più importante della mia vita! – gemette Bill, nascondendo un’altra volta il viso tra le mani, mentre le sue spalle venivano scosse da un sussulto e la sua voce si spezzava in un singhiozzo.
Per pochi, infiniti attimi, Haylie non seppe cosa fare né cosa dire.
Aveva paura che, se avesse compiuto un qualsiasi gesto o pronunciato una sola parola, poi l’avrebbe visto definitivamente annientato, distrutto. Ucciso dai suoi errori e dai suoi capricci.
Poi l’istinto le suggerì di compiere quel semplice e forse inutile gesto che in quei mesi non aveva mai pensato di fare.
Lo abbracciò. Lo strinse a sé con delicatezza, tremando, con paura. Paura che la respingesse. Ma poi lo sentì chinare la testa e abbandonarsi a un pianto convulso, nascondendo il viso nel suo seno, lo sentì aggrapparsi a lei e allora niente ebbe più senso che stringerlo forte e assorbire il suo dolore.
Posò le labbra sui suoi capelli, sentendolo sussultare.
Avrebbe voluto dirgli tante cose, ma, ancora una volta, le parole non uscirono fuori. E lei le odiò. Tutte le cose non dette, tutte le parole lasciate in sospeso che, giorno dopo giorno, li avevano lentamente annientati.
Gli accarezzò dolcemente i capelli quando sentì i suoi singhiozzi diminuire, e aspettò che la sua testa si alzasse di poco per prendergli l viso tra le mani e incontrare il suo sguardo.
Era un bambino. Un bambino con gli occhi rossi e il respiro affannoso, un bambino dai sogni dispersi.
- E’ stata… tutta colpa mia – disse con la voce arrochita dal pianto. E lei non sopportò di sentirglielo dire ancora.
- Non è vero, Bill, non è stata colpa tua – Cercò di sorridergli, scostandogli una ciocca di capelli dal viso.
- Anche Tom mi aveva detto così… e invece non era vero. Non era vero niente –
- Tom era distrutto dal senso di colpa nei tuoi confronti. E lo era perché io non ho saputo dargli altro che rabbia, e risentimento… - Bill la guardò in silenzio per qualche secondo, poi la sua voce si levò come un alito di vento.
- Eri felice con lui? – Lo chiese a voce bassa, come se neanche lui volesse sentirsi. Haylie deglutì. Ormai non gli avrebbe più mentito.
- No, perché credevo di aver perso te – Le mani di Bill si chiusero sui suoi piccoli pugni, stringendoli con delicatezza. – Forse all’inizio ho pensato di vedere te in lui, ma non era così. Non ho fatto altro che renderlo infelice – Bill tirò su col naso, ma quell’ultima frase non risvegliò in lui nessuna emozione.
- Non voglio più vederlo – mormorò, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano. Per Haylie fu come un pugno. Non importava più cosa potessero pensare di lei, voleva solo che si abbracciassero.
- Non dire così – lo supplicò, ma Bill non rispose, seguitando a fissare il pavimento. Haylie mandò giù il nodo che le si era formato in gola.
- Se ci fossimo detti tutto quello che c’era da dire… questo non sarebbe successo – Bill si strinse il busto tra le braccia, come se sentisse freddo. – E ora è troppo tardi – Haylie fu colta da un improvviso senso di terrore nel sentirlo parlare così.
- Perché? – Bill alzò la testa e la guardò. Le bastò quel semplice gesto per farle girare lo stomaco.
- Cosa senti… adesso… verso di me? – le chiese lentamente. Haylie esitò prima di rispondere.
- Rimorso – disse infine. – E senso di colpa… e rabbia, per quello che ho fatto… - Tacque per qualche istante. – E tu? –
- Lo stesso, credo – Bill si torturò le unghie con i denti per qualche istante. – Avrei voluto dirti così tante cose… -
La presa di Haylie sulle sue dita si rafforzò istintivamente. – Dimmele adesso –
- Penso di poterle riassumere in una parola – Bill esitò. – Io… oh, mi sento pure stupido a dirlo, ma è la verità. Ti amo, Haylie. Ti amo... più di quanto tu immagini –
Quel ti amo sottinteso, che lo era stato per mesi, impedendole di dormire la notte, ora se l’era ritrovato davanti. E non ci volle molto per capire che quelle erano le uniche parole che aspettava.
Non ebbe il tempo di rispondere, perché Bill prese nuovamente la parola, se possibile con ancor più timidezza. – Tu… mi ami, Haylie? – Ci fu una breve pausa. Bill interpretò il suo silenzio nel modo sbagliato. – Non sei costretta a dirmi niente. Io voglio solo… che tu sia sincera –
Quel silenzio non era dettato dall’indecisione. Era solo un confuso ricordare, un’assemblare immagini che andavano pian piano a definirsi meglio. Aveva già sentito quella domanda, e non aveva risposto. Da lì era cominciato tutto. O meglio, tutto aveva cominciato a finire.
Se solo si fosse sentita sicura, prima.
Se solo si fosse sentita sicura come lo era adesso.
- Sì, Bill. Ti amo –
Lui sbatté le palpebre, incerto. Sembrò che fosse incredulo, che cercasse qualcosa di più nei suoi occhi. Mai come allora Haylie aveva sentito il bisogno di donargli sicurezza, una certezza data dal cuore.
- Ti amo. Ho bisogno di te, Bill, e mi odio per quello che ho fatto passare a tutti prima di riuscire a dirtelo… a far sì che tu mi creda – Lui rimase in silenzio, e Haylie sentì il bisogno di riempire quel vuoto.
Gli prese il viso tra le mani e lo baciò.
Lo baciò come non faceva da mesi che si erano lentamente trasformati in un’eternità.
Solo poche ore prima lo avrebbe pensato come un insulto nei confronti della bambina che aveva lasciato quel mondo ancor prima di entrarvi. Ma in fondo… era anche a lei che lo doveva.
Si rese conto di quanto le fosse mancato solo quando le loro labbra si separarono, ma quella volta fu Bill a riempire il vuoto. – Oh, Haylie… - sospirò, intrecciando le dita dietro la sua schiena e annullando la piccola distanza che si era creata fra loro.
Non sapeva come fosse possibile, ma era successo. Si erano allontanati per il troppo bisogno di sentirsi vicini. Avevano messo da parte i ricordi più belli per paura di dimenticare quelli che avrebbero dovuto accantonare davvero.
Si erano persi solo per potersi ritrovare.
Anche quando si staccarono, Haylie si trovò a desiderare che la mano di Bill non si allontanasse mai dalla sua guancia.
- Promettimi che non dovremo più arrivare a questo punto per ricordarci quello di cui abbiamo bisogno – sussurrò lui, socchiudendo gli occhi e sfiorandole il viso con le dita. Haylie posò una mano sulla sua.
Lui non le aveva mai chiesto niente. Non meritava che lei mancasse ancora una volta a quella promessa.
- Te lo giuro – Rimase in silenzio per qualche istante. – E tu puoi promettermi che parlerai con Tom? – Forse era troppo metterlo davanti a quell'interrogativo, dopo tutto ciò che era successo, ma non poté farne a meno.
Bill sospirò, chinando la testa.
- Scusami, Haylie. Non credo di poterlo promettere – Fece una pausa. – E poi è stato lui ad andarsene –
La ragazza inclinò la testa di lato fino a incrociare il suo sguardo.
- Solo per far sì che noi potessimo parlare, ritrovarci… -
Bill rialzò lentamente la testa e, per la prima volta in quella giornata, Haylie vide le sue labbra incresparsi in un lieve sorriso.
- Ma noi l’abbiamo già fatto, vero? –
Nonostante tutto, non riuscì a non ricambiare il sorriso.  Le sembrò persino strano, perché fino a poche ore prima non avrebbe nemmeno potuto immaginare di sorridere.
Ma doveva iniziare a farlo. Per sé stessa, e per lui. Per tutto il tempo che avevano davanti.
- Certo – mormorò, lasciando che lui le stringesse una mano.
Non riuscì a rattristarsi per quella risposta affermativa che lui non si era sentito di darle. Non riuscì a insistere un’altra volta perché, improvvisamente, le sembrò di avere tutto quello di cui aveva bisogno: lui.
In fondo, ne avrebbero avuto di tempo, per parlare…

 
“Sai non voglio, non pretendo
cose che non mi vuoi dare
non so dire frasi fatte
per un letto da disfare che
poi non ti è rimasto niente,
é solo che io ero già nel tuo futuro,
nel passato nel presente.
Sono qui per farti credere ai miracoli
sono qui per sovvertire i pronostici
l’amore è una marea, come distrugge crea
e tu non puoi respingermi,
lo sanno anche gli angeli.
Sono qui e adesso son venuto a prenderti
sono qui se non mi riconosci guardami
mi amavi già, ora lo sai, non finirà mai
di una specie estinta noi,
unici due superstiti.”

(Raf, “Superstiti”)
 

 

Sorrise, guardando il paesaggio rimpicciolirsi lentamente, accompagnato dal rombo del motore.
Le parole che aveva impresso su carta gli ronzavano ancora in testa.
Chissà, forse un giorno ci avrebbe creduto anche lui.

 

 

_Fine

 

 
Ebbene sì, la fine è giunta!
Non vi è piaciuta? Vi ha commosso? Vi ha lasciate perplesse? Qualunque sia il vostro giudizio, non trattenetevi dal farmelo sapere. Anche chi ha messo la storia tra i preferiti senza mai commentare.
E’ un finale che non avevo programmato, questo sì. Avevo pensato a tutt’altra situazione, quasi un trionfo del non-amore, ma… mi sono resa conto che era giusto così. Ho voluto fare un piccolo dispetto a questi miei personaggi che mi hanno messo continuamente alla prova: all’inizio erano loro a non parlare, ora sono io a non dire nulla. Lascio la parola a loro, voglio che siano loro stessi a spiegarvi i motivi delle loro scelte.
Scusatemi ragazze, scusatemi davvero, ma, per questa volta, mi risparmio i ringraziamenti ad personam. Ho troppa paura di dimenticare qualcuno, o di non rivolgere a ognuno i dovuti ringraziamenti (e li meritate tutti). Ringrazio le 30 persone che hanno aggiunto la mia fic alle loro “hit parade”, i 7 che mi hanno inserita tra gli autori preferiti, le affezionate che mi hanno sempre accompagnata con i loro consigli e complimenti, oltre ai tanti che hanno letto senza lasciare traccia. Tengo molto a questa storia, e in particolare al “mio” Bill, in cui ho involontariamente messo un po’ di me. Sviluppare gli avvenimenti e la psicologia dei personaggi mi ha aiutata molto sia nella scrittura che nella vita. Sì, è vero, ho sempre avuto una predilezione per Tom, ma… ho cercato di rendere i miei personaggi quanto più umani possibile. Spero davvero di esserci riuscita.
Però, ora ci sono altre due “categorie” da ringraziare:
coloro che, anche se da lontano, mi hanno ispirata, e cioè il mio amato Raf, i cui brani scandiscono le mie giornate, e i gemelli Kaulitz che, per quanto io non li conosca, mi hanno offerto uno spunto interessante. Non li immagino affatto come li ho descritti, soprattutto Bill, ma mi piace immaginarmeli così (e probabilmente non avrò mai il piacere di essere dissuasa da queste mie convinzioni).
Poi c’è chi merita un ringraziamento più “sentito”. Grazie a mia madre e mia nonna, che hanno letto questa storia in anteprima e mi hanno incoraggiata ad andare avanti, pur non senza qualche sano suggerimento per migliorare. Grazie a Chiara che ha letto la mia fic con un po' di ritardo e (a quanto dice ;) ) l'ha amata, e grazie anche per avermi promesso la lattura del suo racconto. Grazie a Elisa che si è sorbita una storia in cui non è stato presente un solo personaggio che lei amasse ( XD ), grazie a Valeria che chissà quando commenterà!, per sopportarmi continuamente, regalarmi giornate indimenticabili e per aver aspettato pazientemente che io finissi questa storia, prima di leggerla (e soprattutto per aver goduto segretamente delle angherie appioppate al suo povero Billino…).
Siete state tutte indispensabili e mi mancheranno un sacco i piccoli stacchi alla giornata per controllare i nuovi commenti e le aggiunte ai preferiti. Durante l’estate sarò sprovvista di Internet, ma comincerò a lavorare a un piccolo “regalo” per voi: a settembre tornerò con “Di pioggia e di sole”, il seguito di “Dimentica”! Spero di ritrovarvi tutte e di non deludervi mai! Un bacio!!!!

Vittoria

  
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