Non
voglio rovinarvi con troppe parole la lettura di
quest’ultimo capitolo. Vi rimando ai ringraziamenti in fondo
alla pagina.
Epilogo
– Superstiti
“Senza
incontrare mai gli sguardi
parliamo a lungo dei tuoi sbagli
di storie in cui hai creduto
e foto che poi hai strappato
e di ferite aperte, di parole sempre le stesse,
dette ma svuotate, perciò dimenticate.
Sai che c’è, c’è che prima o
poi
ti accorgerai che
io sono quello che hai voluto,
che da sempre hai cercato…”
Tutto quello
che venne dopo fu silenzio. Un silenzio insopportabile,
rotto solo dal respiro di Bill, regolare anche se un po’
accelerato. Haylie
ripiegò la lettera, in un movimento quasi meccanico.
- Non si è neanche degnato di dirmelo in faccia –
disse infine Bill, la
voce bassa, metallica.
- Bill… - Haylie lo guardò quasi intimorita.
– Non… non essere così
duro. Non hai letto quello che ti ha scritto? – Le sembrava
quasi inopportuno parlare
così, ma non poteva sopportare l’espressione di
Bill. – Ti ha detto di
continuare con i Tokio Hotel, nonostante tutto… -
- Può scommetterci che continuo –
ribatté aspramente lui. – Prima o poi
smetterà di credere che il mondo ruoti attorno a lui
– Haylie sospirò, mettendo
da parte la lettera, e gli rivolse uno sguardo implorante.
- Bill, ti prego – L’espressione del ragazzo era
risoluta, ma sembrò che
si addolcisse quando i loro sguardi si incontrarono. – Non
dire così. Perché te
la prendi solo con lui? E’ anche colpa mia. Anzi no,
è soprattutto colpa
mia – Bill non disse nulla, si limitò a rivolgerle
uno sguardo che chiunque
avrebbe definito combattuto, ma Haylie non vi prestò
attenzione. – Perché
allora non te la prendi anche con me? Non voglio che… che mi
tratti bene solo
per… - La sua voce si abbassò. Non voleva dire
quella parola, ma si costrinse a
cavarla fuori dalla bocca. - …per pena –
Bill aggrottò le sopracciglia. – Come? –
- Hai capito. Non voglio che tu sia gentile con me solo per quello che
è
successo… per la bambina – Le costò un
enorme sforzo dirlo, ma era
effettivamente quello il dubbio che la tormentava. Per un attimo,
sembrò che i
lineamenti di Bill si indurissero di nuovo.
- Quella bambina l’ho persa anch’io –
disse tra i denti. Haylie deglutì,
incapace di parlare, e chinò la testa. Non sapeva come
chiamare la sensazione
che quelle parole risvegliarono in lei, ma di certo non era nulla di
piacevole.
Quando sentì la mano di Bill sfiorarle una spalla, per un
attimo ebbe la
tentazione di allontanarla, ma il bisogno di un conforto era troppo
intenso per
permetterle di rifiutare quel contatto. – Dio, scusami.
Scusami Haylie, non
volevo dire questo – mormorò lui.
- No, hai ragione – bisbigliò impercettibilmente
Haylie, senza neanche
guardarlo. Subito dopo, le dita di Bill le sfiorarono il mento, per poi
sollevarle la testa, facendo sì che i loro occhi si
incrociassero.
E Haylie non vide più la minima traccia di ira sul suo viso.
- Ti prego, smettila di dire che ho ragione. Non lo sopporto
– Bill si
morse il labbro inferiore. – E non è vero
– Haylie non disse nulla. – E’
che…
ho perso da talmente tanto tempo l’abitudine di parlare
che… quando lo faccio,
dico solo cose sbagliate –
Haylie passò oltre quell’affermazione. Bill non
aveva ancora risposto
alla sua domanda.
- Perché non te la prendi anche con me? –
Aveva quasi paura che Bill venisse colto nuovamente dalla rabbia a
quell’ennesima ripetizione, ma, quando lui la
guardò, nei suoi occhi non riuscì
a leggere altro che il senso di colpa.
- Perché sono io che ho sbagliato tutto. Tu… tu
mi hai solo visto
dall’esterno, ci sei stata male e… e hai cercato
conforto. Tom non ne aveva
bisogno, lui non c’entrava niente in questa situazione
–
Anche a quel proposito avrebbe avuto molto da dire. Tom era suo
fratello.
Ma capì anche che, almeno per il momento, era inutile
insistere. Fu il
resto del breve discorso di Bill a colpirla. Dunque aveva capito che
lei aveva
sofferto per qualcosa. E allora…?
- Come fai a sapere che…? –
Non seppe come continuare la domanda. Bill sospirò
lievemente.
- Haylie, non sono tanto diversi i difetti che mi vengono rimproverati.
E’ vero, sono distratto, sono egocentrico. Ma non sono
completamente stupido. O
meglio… - Si interruppe solo per lasciarsi andare a una
strana risata, una
risata debole e carica di amarezza. - …credevo di non
esserlo. Forse dovrei
rivedere un po’ i miei giudizi a questo proposito –
Lei tacque, in attesa.
- Haylie, tu mi conosci. Io… mi sono sempre sentito
inadatto. In questi
anni non è passato giorno senza che io mi chiedessi se era
davvero questo che volevi. Se
volevi questa
vita, questo mondo… se volevi me. Forse è vero
che ho sempre dato tutto per
scontato, ma… del resto, ci si abitua. Dopo un po’
pensi che tutto ti sia
dovuto. Ma se c’è qualcosa che non ho mai, mai
dato per scontato, era… eri tu,
Haylie –
Adesso avrebbe voluto ribattere, ma, stranamente, le mancavano le
parole.
Si limitò a fissarlo, immobile, le labbra socchiuse, ancora
in attesa.
Poteva leggere di tutto nei suoi gesti: paura di cadere nella
banalità,
di peccare di ipocrisia, e chissà quant’altro. Ma
forse, senza rendersene
conto, Bill non stava facendo altro che dirle quelle parole che Haylie,
inconsapevolmente, aspettava da anche troppo tempo.
- Quando mi hai detto che eri incinta, mi sono sentito così
felice che
per un attimo non ho badato a quel tuo timore nel dirmelo. Era qualcosa
che non
aspettavo, sì, anzi forse era l’ultimo dei miei
pensieri… ma quando me l’hai
detto, mi sono sentito come se non avessi bisogno di altro per essere
felice –
Bill proseguiva a parlare a bassa voce, quasi stesse raccontando una
favola,
una storia inventata. Teneva il capo chino, non osava alzare lo sguardo
per
paura di incontrarne uno carico di odio, di disprezzo. Se solo avesse
visto
quale effettivamente fosse lo sguardo di Haylie, non ci avrebbe messo
molto a
ricredersi. – All’inizio vedevo tutto rose e fiori,
tu sembravi contenta, e
anche gli altri lo erano. Certo, per i primi giorni sono stato preso da
uno
strano timore, come se… se non mi fossi reso ancora
completamente conto di
quello che stava succedendo. Ho cominciato a chiedermi come sarei stato
come
padre, e anche lì… per un attimo, anche se avevo
paura ad ammetterlo, ho
sentito odore di fallimento –
Il tono di Bill si abbassò ulteriormente e Haylie trattenne
il respiro.
- Ero felice. Non avevo idea di come avremmo fatto dopo, ma ero felice.
Perché se lo eri anche tu, voleva dire che… che
mi amavi. Che ti bastavo –
Haylie si sentì punta sul vivo, e tutti i suoi sensi di
colpa le si
rovesciarono addosso come un torrente. Era ovvio che la spiegazione di
Bill non
era terminata, anzi, era appena cominciata, ma a quel punto la ragazza
non
riuscì a frenarsi.
- Bill, io non… - Ma lui la interruppe con un gesto della
mano.
- No, Haylie. Lasciami spiegare. Avrei dovuto farlo molto prima
–
Haylie si zittì, vergognandosi –se possibile-
ancora di più, e Bill
riprese a parlare.
- Ti ricordi di quel giorno, quando tu volevi per forza lavare i piatti
e io non te l’ho permesso? – Ne accennò
come se fosse stato un ricordo molto
lontano, un qualcosa di astratto, quasi. Haylie annuì
lentamente. – Quel
giorno… e non per la prima volta, io… ho avuto
paura che non avrei mai capito
cosa tu volessi davvero. Tu volevi muoverti, e io volevo che tu ti
riposassi.
Tu sentivi il bisogno di stare all’aperto, e io volevo che tu
restassi dentro.
Forse era egoismo, forse era paura… chiamala come vuoi. So
solo che era…
qualcosa di insopportabile. Tutto quello che desideravo era che tu
stessi bene,
ma evidentemente lo desideravo in modo diverso da te. E
questo… non lo
sopportavo –
I mesi passati, i primi giorni di tensione, tutto riaffiorò,
come in un
film, forse a causa di quel tono nostalgico e malinconico che riempiva
il vuoto
di quella stanza…
- Avevo una paura folle di sbagliare, di rovinare tutto, di perderti.
Mi
dicevo che era un’esagerazione, ma poi… Poi un
giorno mi hai detto che niente è
sottinteso. Me lo ricordo come se fosse ieri. Credevi che io quel
bambino non
lo volessi, che io non capii perché… Ero stato
anche troppo assillante perché
tu potessi avere questo dubbio. Ed è stato lì che
non ho più avuto paura di
sbagliare. Ormai ne ero certo –
Era come se lo stesse vedendo morire lentamente davanti ai suoi occhi,
sotto le sue stesse mani, per una seconda volta…
- Quel periodo sarebbe stato il più bello della mia vita, e
volevo che
fosse così anche per te. Volevo che tu ti sentissi felice,
libera, tranquilla,
e invece… non riuscivo a vederti così. Era come
se tu covassi qualcosa, un
segreto che ti logorava dentro. Ogni tanto dovevo assentarmi, ma questo
è
successo così tante volte che non pensavo sarebbe stato un
problema… Anche
perché avevo preso la mia decisione. Se non fossi riuscito a
capire e
accontentare i tuoi desideri, io… beh, mi sarei messo da
parte. Era questo che pensavo,
che tu volessi goderti questo momento, senza che io ti mettessi ansia
addosso
con la mia iper protezione. Non volevo che tu ti rovinassi la gioia
dell’attesa… -
Ci fa una breve pausa, e lei si sarebbe messa a urlare. Era davvero
l’unica cosa che l’istinto le suggerisse…
- Però mi mancavi. Avrei voluto passare tutto il giorno
accanto a te,
avrei mandato al diavolo tutte le interviste, tutti i
concerti… alla fine non
era quello che mi importava. Tutto quello che volevo era vederti
sorridere, ma
questo capitava sempre più raramente, e io… mi
disperavo, perché ancora una
volta non riuscivo a interpretare i tuoi pensieri. Eri distante, ogni
tanto mi
sembrava che tutto fosse tornato come prima… e invece non
era così. Non
desideravo altro che entrare nella tua testa e leggerti nel pensiero,
perché
non sapevo in che altro modo avrei potuto… capire. Avevo
quasi paura di
toccarti, perché non sapevo che reazione avresti avuto.
Sembravi ogni giorno
più triste e io ancora non capivo. Le notti in cui sono
rimasto sveglio a
rimuginare le avrei passate a fare l’amore con te,
ma… più ti vedevo lontana,
più mi riusciva difficile fare un passo avanti. Mi chiedevo
cosa potessi fare,
ma non trovavo mai risposta. Ho chiesto aiuto, ho cercato
conforto… -
Ti
prego, dillo. Pronuncia quel nome. Dì che gli
vuoi bene…
- …e ho pure creduto che bastasse. Ma non ce l’ho
fatta. E poi… quando
mi hai detto che… quando mi hai raccontato quello che era
successo, io… non ho
fatto altro che pensare che era vero, che avevo sbagliato tutto -
E
allora dì che mi odi. Dì che ci odi tutti e due.
Bill seppellì il viso tra le mani e fu scosso da un tremito.
Haylie non
riuscì a muovere un muscolo.
L’unico gesto che le riuscì di compiere fu quello
di sbattere le
palpebre e biascicare un debole:
- Perché non mi hai detto niente? –
- Io avevo paura… una fottuta paura di perderti…
- La voce di Bill era
già diversa, incrinata. Le mani gli tremavano leggermente, e
il suo viso rimase
nascosto tra le dita. – E mi sono accontentato… di
averti accanto senza dirti…
senza spiegarti il motivo… che se mi sono allontanato, era
perché credevo
l’avessi fatto tu, e… - Bill alzò la
testa di qualche centimetro, e Haylie si
sentì morire quando vide quella terribile desolazione, quel
vuoto riempire i
suoi occhi. - …ed è bastata una semplice
dimenticanza… una distrazione… per
farti credere che non me ne importasse nulla di te –
E ricordò. Un’ecografia… un impegno
passato di mente. Cosa poteva
importarle del sesso della creatura che aveva portato dentro per mesi?
Ormai
l’aveva persa per sempre.
Haylie si morse le labbra, quasi lacerandosi la carne con i denti. Non
le importava. Anzi no, se si fosse ferita sarebbe stato anche meglio,
dopo
quello che era stata costretta a sentire. – E se sei arrivata
a credere questo
vuol dire che… che devo aver sbagliato per forza,
perché… perché anche se non
sono riuscito a dimostrartelo, tu sei sempre stata la persona
più importante
della mia vita! – gemette Bill, nascondendo
un’altra volta il viso tra le mani,
mentre le sue spalle venivano scosse da un sussulto e la sua voce si
spezzava
in un singhiozzo.
Per pochi, infiniti attimi, Haylie non seppe cosa fare né
cosa dire.
Aveva paura che, se avesse compiuto un qualsiasi gesto o pronunciato
una
sola parola, poi l’avrebbe visto definitivamente annientato,
distrutto. Ucciso
dai suoi errori e dai suoi capricci.
Poi l’istinto le suggerì di compiere quel semplice
e forse inutile gesto
che in quei mesi non aveva mai pensato di fare.
Lo abbracciò. Lo strinse a sé con delicatezza,
tremando, con paura. Paura
che la respingesse. Ma poi lo sentì chinare la testa e
abbandonarsi a un pianto
convulso, nascondendo il viso nel suo seno, lo sentì
aggrapparsi a lei e allora
niente ebbe più senso che stringerlo forte e assorbire il
suo dolore.
Posò le labbra sui suoi capelli, sentendolo sussultare.
Avrebbe voluto dirgli tante cose, ma, ancora una volta, le parole non
uscirono fuori. E lei le odiò. Tutte le cose non dette,
tutte le parole
lasciate in sospeso che, giorno dopo giorno, li avevano lentamente
annientati.
Gli accarezzò dolcemente i capelli quando sentì i
suoi singhiozzi
diminuire, e aspettò che la sua testa si alzasse di poco per
prendergli l viso
tra le mani e incontrare il suo sguardo.
Era un bambino. Un bambino con gli occhi rossi e il respiro affannoso,
un bambino dai sogni dispersi.
- E’ stata… tutta colpa mia – disse con
la voce arrochita dal pianto. E
lei non sopportò di sentirglielo dire ancora.
- Non è vero, Bill, non è stata colpa tua
– Cercò di sorridergli,
scostandogli una ciocca di capelli dal viso.
- Anche Tom mi aveva detto così… e invece non era
vero. Non era vero
niente –
- Tom era distrutto dal senso di colpa nei tuoi confronti. E lo era
perché io non ho saputo dargli altro che rabbia, e
risentimento… - Bill la
guardò in silenzio per qualche secondo, poi la sua voce si
levò come un alito
di vento.
- Eri felice con lui? – Lo chiese a voce bassa, come se
neanche lui
volesse sentirsi. Haylie deglutì. Ormai non gli avrebbe
più mentito.
- No, perché credevo di aver perso te – Le mani di
Bill si chiusero sui
suoi piccoli pugni, stringendoli con delicatezza. – Forse
all’inizio ho pensato
di vedere te in lui, ma non era così. Non ho fatto altro che
renderlo infelice
– Bill tirò su col naso, ma quell’ultima
frase non risvegliò in lui nessuna
emozione.
- Non voglio più vederlo – mormorò,
asciugandosi gli occhi con il dorso
della mano. Per Haylie fu come un pugno. Non importava più
cosa potessero
pensare di lei, voleva solo che si abbracciassero.
- Non dire così – lo supplicò, ma Bill
non rispose, seguitando a fissare
il pavimento. Haylie mandò giù il nodo che le si
era formato in gola.
- Se ci fossimo detti tutto quello che c’era da
dire… questo non
sarebbe successo – Bill si strinse il busto tra le braccia,
come se sentisse
freddo. – E ora è troppo tardi – Haylie
fu colta da un improvviso senso di
terrore nel sentirlo parlare così.
- Perché? – Bill alzò la testa e la
guardò. Le bastò quel semplice gesto
per farle girare lo stomaco.
- Cosa senti… adesso… verso di me? – le
chiese lentamente. Haylie esitò
prima di rispondere.
- Rimorso – disse infine. – E senso di
colpa… e rabbia, per quello che
ho fatto… - Tacque per qualche istante. – E tu?
–
- Lo stesso, credo – Bill si torturò le unghie con
i denti per qualche
istante. – Avrei voluto dirti così tante
cose… -
La presa di Haylie sulle sue dita si rafforzò
istintivamente. – Dimmele
adesso –
- Penso di poterle riassumere in una parola – Bill
esitò. – Io… oh, mi sento pure stupido
a dirlo, ma è la verità. Ti amo, Haylie. Ti
amo... più di quanto tu immagini –
Quel ti amo sottinteso, che lo era stato per mesi, impedendole di
dormire la notte, ora se l’era ritrovato davanti. E non ci
volle molto per
capire che quelle erano le uniche parole che aspettava.
Non ebbe il tempo di rispondere, perché Bill prese
nuovamente la parola,
se possibile con ancor più timidezza. –
Tu… mi ami, Haylie? – Ci fu una breve
pausa. Bill interpretò il suo silenzio nel modo sbagliato.
– Non sei costretta
a dirmi niente. Io voglio solo… che tu sia sincera
–
Quel silenzio non era dettato dall’indecisione. Era solo un
confuso
ricordare, un’assemblare immagini che andavano pian piano a
definirsi meglio.
Aveva già sentito quella domanda, e non aveva risposto. Da
lì era cominciato
tutto. O meglio, tutto aveva cominciato a finire.
Se solo si fosse sentita sicura, prima.
Se solo si fosse sentita sicura come lo era adesso.
- Sì, Bill. Ti amo –
Lui sbatté le palpebre, incerto. Sembrò che fosse
incredulo, che
cercasse qualcosa di più nei suoi occhi. Mai come allora
Haylie aveva sentito
il bisogno di donargli sicurezza, una certezza data dal cuore.
- Ti amo. Ho bisogno di te, Bill, e mi odio per quello che ho fatto
passare a tutti prima di riuscire a dirtelo… a far
sì che tu mi creda – Lui
rimase in silenzio, e Haylie sentì il bisogno di riempire
quel vuoto.
Gli prese il viso tra le mani e lo baciò.
Lo baciò come non faceva da mesi che si erano lentamente
trasformati in
un’eternità.
Solo poche ore prima lo avrebbe pensato come un insulto nei confronti
della bambina che aveva lasciato quel mondo ancor prima di entrarvi. Ma
in
fondo… era anche a lei che lo doveva.
Si rese conto di quanto le fosse mancato solo quando le loro labbra si
separarono, ma quella volta fu Bill a riempire il vuoto. –
Oh, Haylie… -
sospirò, intrecciando le dita dietro la sua schiena e
annullando la piccola
distanza che si era creata fra loro.
Non sapeva come fosse possibile, ma era successo. Si erano allontanati
per il troppo bisogno di sentirsi vicini. Avevano messo da parte i
ricordi più
belli per paura di dimenticare quelli che avrebbero dovuto accantonare
davvero.
Si erano persi solo per potersi ritrovare.
Anche quando si staccarono, Haylie si trovò a desiderare che
la mano di
Bill non si allontanasse mai dalla sua guancia.
- Promettimi che non dovremo più arrivare a questo punto per
ricordarci
quello di cui abbiamo bisogno – sussurrò lui,
socchiudendo gli occhi e
sfiorandole il viso con le dita. Haylie posò una mano sulla
sua.
Lui non le aveva mai chiesto niente. Non meritava che lei mancasse
ancora una volta a quella promessa.
- Te lo giuro – Rimase in silenzio per qualche istante.
– E tu
puoi promettermi che parlerai con Tom? – Forse era troppo
metterlo davanti a quell'interrogativo, dopo tutto ciò che
era successo, ma non poté farne a meno.
Bill sospirò, chinando la testa.
- Scusami, Haylie. Non credo di poterlo promettere – Fece una
pausa. – E poi è
stato lui ad andarsene –
La ragazza inclinò la testa di lato fino a incrociare il suo
sguardo.
- Solo per far sì che noi potessimo parlare,
ritrovarci… -
Bill rialzò lentamente la testa e, per la prima volta in
quella
giornata, Haylie vide le sue labbra incresparsi in un lieve sorriso.
- Ma noi l’abbiamo già fatto, vero? –
Nonostante tutto, non riuscì a non ricambiare il sorriso. Le sembrò
persino strano, perché fino a poche
ore prima non avrebbe nemmeno potuto immaginare di sorridere.
Ma doveva iniziare a farlo. Per sé stessa, e per lui. Per
tutto il tempo
che avevano davanti.
- Certo – mormorò, lasciando che lui le stringesse
una mano.
Non riuscì a rattristarsi per quella risposta affermativa
che lui non si
era sentito di darle. Non riuscì a insistere
un’altra volta perché,
improvvisamente, le sembrò di avere tutto quello di cui
aveva bisogno: lui.
In fondo, ne avrebbero avuto di tempo, per parlare…
“Sai
non voglio, non pretendo
cose che non mi vuoi dare
non so dire frasi fatte
per un letto da disfare che
poi non ti è rimasto niente,
é solo che io ero già nel tuo futuro,
nel passato nel presente.
Sono qui per farti credere ai miracoli
sono qui per sovvertire i pronostici
l’amore è una marea, come distrugge crea
e tu non puoi respingermi,
lo sanno anche gli angeli.
Sono qui e adesso son venuto a prenderti
sono qui se non mi riconosci guardami
mi amavi già, ora lo sai, non finirà mai
di una specie estinta noi,
unici due superstiti.”
(Raf,
“Superstiti”)
…
Sorrise,
guardando il paesaggio rimpicciolirsi lentamente, accompagnato
dal rombo del motore.
Le parole che aveva impresso su carta gli ronzavano ancora in testa.
Chissà, forse un giorno ci avrebbe creduto anche lui.
_Fine
Ebbene sì,
la fine è giunta!
Non vi è
piaciuta? Vi ha commosso? Vi ha lasciate perplesse? Qualunque sia il
vostro
giudizio, non trattenetevi dal farmelo sapere. Anche chi ha messo la
storia tra
i preferiti senza mai commentare.
E’ un
finale che non avevo programmato, questo sì. Avevo pensato a
tutt’altra
situazione, quasi un trionfo del non-amore, ma… mi sono resa
conto che era
giusto così. Ho voluto fare un piccolo dispetto a questi
miei personaggi che mi
hanno messo continuamente alla prova: all’inizio erano loro a
non parlare, ora
sono io a non dire nulla. Lascio la parola a loro, voglio che siano
loro stessi
a spiegarvi i motivi delle loro scelte.
Scusatemi
ragazze, scusatemi davvero, ma, per questa volta, mi risparmio i
ringraziamenti
ad personam. Ho troppa paura di
dimenticare qualcuno, o di non rivolgere a ognuno i dovuti
ringraziamenti (e li
meritate tutti). Ringrazio le 30 persone che hanno aggiunto la mia fic
alle
loro “hit parade”, i 7 che mi hanno inserita tra
gli autori preferiti, le
affezionate che mi hanno sempre accompagnata con i loro consigli e
complimenti,
oltre ai tanti che hanno letto senza lasciare traccia. Tengo molto a
questa
storia, e in particolare al “mio” Bill, in cui ho
involontariamente messo un
po’ di me. Sviluppare gli avvenimenti e la psicologia dei
personaggi mi ha
aiutata molto sia nella scrittura che nella vita. Sì,
è vero, ho sempre avuto
una predilezione per Tom, ma… ho cercato di rendere i miei
personaggi quanto
più umani possibile. Spero davvero di esserci riuscita.
Però, ora
ci sono altre due “categorie” da ringraziare:
coloro
che, anche se da lontano, mi hanno ispirata, e cioè il mio
amato Raf, i cui
brani scandiscono le mie giornate, e i gemelli Kaulitz che, per quanto
io non
li conosca, mi hanno offerto uno spunto interessante. Non li immagino
affatto
come li ho descritti, soprattutto Bill, ma mi piace immaginarmeli
così (e
probabilmente non avrò mai il piacere di essere dissuasa da
queste mie
convinzioni).
Poi c’è
chi merita un ringraziamento più
“sentito”. Grazie a mia madre e mia nonna, che
hanno letto questa storia in anteprima e mi hanno incoraggiata ad
andare
avanti, pur non senza qualche sano suggerimento per migliorare. Grazie a Chiara che ha letto la mia fic con un po' di ritardo e (a quanto dice ;) ) l'ha amata, e grazie anche per avermi promesso la lattura del suo racconto. Grazie
a Elisa
che si è sorbita una storia in cui non è stato
presente un solo personaggio che
lei amasse ( XD ), grazie a Valeria che chissà quando
commenterà!, per
sopportarmi continuamente, regalarmi giornate indimenticabili e per
aver
aspettato pazientemente che io finissi questa storia, prima di leggerla
(e soprattutto
per aver goduto segretamente delle angherie appioppate al suo povero
Billino…).
Siete
state tutte indispensabili e mi mancheranno un sacco i piccoli stacchi
alla
giornata per controllare i nuovi commenti e le aggiunte ai preferiti.
Durante
l’estate sarò sprovvista di Internet, ma
comincerò a lavorare a un piccolo
“regalo” per voi: a
settembre tornerò
con “Di pioggia e di sole”, il seguito di
“Dimentica”! Spero di ritrovarvi
tutte e di non deludervi mai! Un bacio!!!!
Vittoria