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Autore: ProngsPadfoot    27/01/2014    3 recensioni
-E' davvero splendida, Sir- rimasi incantata da cotanta bellezza che emanava quella stella- Bella proprio come te.
Mi guardò con quegli occhi dolci che avevo imparato ad amare ma che avevano sofferto tanto.
Mi posò un caldo bacio sulla tempia e mi sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Aveva preso il nome della stella più luminosa che ci fosse.
Aveva illuminato me.
Aveva illuminato la mia vita.
E, mentre cadevo tra le braccia di Morfeo, mi ritrovai a pensare e a sperare, che quando la guerra fosse finita, saremo diventati una vera
famiglia.
**
Un ringraziamento speciale a tutti coloro che recensiranno, metteranno la storia nei preferiti o nelle seguite, o solo a coloro che leggeranno.
Un bacione,
Prongs.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Capitolo XII
#Un fuoco vivo, un fuoco di speranza

 
Nero. Nero assordante, quasi mi fischiavano le orecchie.
La testa continuava ad esplodermi.
Tutto quel dolore martellante mi diede una speranza, fu per me una rivelazione.
Non ero morta.
Ero viva e volevo tornarmene a casa, a casa mia, tra le persone che mi amavano e che mi stimavano come persona.
Avevo scordato tutti quei volti a me cari, stando qui per un tempo che si stava rivelando infinito.
Un rumore, un frastuono improvviso mi fece accapponare la pelle e i miei tentativi di resistere e non provare alcun timore, per cercare di sopravvivere, si fecero vani.
"Levati di mezzo, tu, fammi passare." Il suono di una donna, di quella donna, del mostro che da giorni e notti tempestava e infuriava i miei incubi, rendendosi un personaggio fisso e dinamico che squarciava i miei arti e il mio corpo, provocandomi tutto quel dolore, mi giunse alle orecchie.
Alzai gli occhi verso quella figura minuta, che si faceva largo nell'oceano scuro e salmastro servendosi della luce di una bacchetta puntata su di me.
Era nera anche lei, portava una veste di colore scuro in pizzo e i capelli, neri anch'essi, erano sorprendentemente spettinati, tali da sembrarmi quella di una pazza. Sembrava sporca, non solo dall'esterno, ma era una cosa palpabile anche dall'interno. Era cattiva, il suo sguardo era cattivo, i suoi occhi erano cerchiati da ruote infiammate color vermiglio, mentre i suoi denti digrignavano.
Fu allora, quando mi guardò con il suo sguardo di puro odio, sputando e masticando con astio il mio cognome che la riconobbi.
Era lei, lei, la donna da temere, quella che era riuscita a uscire dalla prigione di massima sicurezza di Azkaban per riunirsi al suo devoto padrone.
Tutto mi risultò chiarissimo, talmente chiaro da aver intuito il posto in cui ero stata imprigionata: villa Malfoy.
Cominciai involontariamente a tremare di paura, forte e incessantemente.
Avevo voglia davvero di morire, di uccidermi con le mie stesse mani, invece che essere uccisa per mani sue.
Avevo quattordici anni, in effetti, cosa mi aspettavo? Cosa si aspettavano tutti da me? Cosa?
Stavo ricominciando a perdere i sensi, i miei pensieri si facevano sconnessi e non capivo più nulla.
La paura mi fece offuscare la vista.
Un dolore insostenibile, tuttavia, mi fece ritornare bruscamente alla mera realtà.
Dalla cute, i miei capelli tendevano verso l'alto, come dei fili legati sulla sommità di un burattino.
Tutto vorticava pericolosamente e sentivo solo il fiato caldo di Bellatrix che mi parlava e sputava parole, ma io non riuscivo a stare al passo di quel discorso che mi sembrava così strano, mentre le parole si intralciavano fra loro nella mia mente sfocata.
Udii indistintamente solo brevi nomi e le conseguenze che avrebbero avuto se io non avessi parlato.
Sentendo ciò, cominciai a capire, cominciai a rendermi conto di non essere più una bambina di quattordici anni, un'orfana innamorata del suo fidanzato, che aveva a cuore la sua piccola e ritrovata famiglia e i suoi amici e il ricordo dei suoi defunti genitori, ma un oggetto, un semplice oggetto per poter estrapolare informazioni su ciò che stava succedendo al di fuori di quel luogo, molto lontano, nell'Ordine, da quello di cui il mio padrino faceva parte, e ricevute informazioni di cui non ero a conoscenza, buttarmi via.
Ero spaventata, non per me.
Mi resi conto che dovevo crescere, che la parte egoistica di me doveva staccarsi dal mio corpo e che dovevo lottare per uscire da quella situazione, per fare in modo che non avvenisse ciò che Bella mi aveva promesso più volte.

Quella notte, assieme ai dolori fisici del giorno, dati dalle torture che quasi non finivano più, gli incubi si fecero più vividi che mai e i corpi senza vita di Harry e George si fecero prepotenti, insieme alla figura di Sirius, completamente pieno di sangue, che aspettava un alito di vento per poter morire, ma il vento non arrivava mai e il sangue continuava ad uscire, e Sirius urlava, urlava, il suo grido era così reale, una malinconia e disperazione così palpabile.
Agognava così tanto il vento, quel soffio che avrebbe spezzato il dolore, agognava la pace, che però non arrivava.
Lo guardavo, vedevo i suoi lamenti, li percepivo come miei, ma non riuscivo a fare nulla. Lui mi guardava e mi diceva che mi voleva bene, e le grida ricominciavano da dove erano finite.
Mi svegliai urlando e madida di sudore.

Ormai ero abituata a quel nero che prepotentemente era sempre lì, che mi scrutava, che mi intimidiva.
Mi tenevo la mano sulla fronte e un'altra sul petto.
Ansimavo forte e non sapevo cosa fare.
Tutto mi era sembrato così reale, che avevo paura che davvero erano accadute quelle cose durante la mia assenza.
Io e Sirius ci eravamo promessi che saremo tutti diventati una piccola famiglia, io, lui e Harry, che ci saremo sostenuti a vicenda, e sorretti il cuore e fasciate le ferite.
Perderlo sarebbe stata un'altra incisione al mio cuore, una che non avrei più potuto sanare e cominciai a piangere.
Il mio cuore era a pezzi, e, come le precedenti notti, mi sentii di nuovo un fuoco vivo, che però non brillava, ma si incendiava solo all'interno del mio corpo, causandomi varie emorragie dentro.
Tutto mi doleva e avevo le ossa indolenzite. Era da tanto che non correvo, come spirito libero quale ero. Stare in catene era una tortura, e se mai fossi dovuta uscire, se mai il mio Signore mi avesse concesso quella grazia, non mi sarei per nulla sorpresa se i medici mi avessero detto che non sarei stata più in grado di camminare, che sarei rimasta invalidata per sempre, per non parlare delle torture psichiche che mi erano state inflitte.
Mi sentivo spacciata, e di nuovo volli morire.
Mi sarei messa davanti a tutti per le persone a me care.
Davanti alla morte.
Ma dovevo farcela, dovevo, ma non riuscivo a pensare di nuovo a nulla. La mia lucidità non era presente e capii: sarei stata per sempre un'invalidata di guerra, della guerra per la quale mamma e papà erano morti.
Mi risuonava in testa tutto il santo giorno la parola "profezia", che ormai era succeduta da Schiantesimi, Maledizioni, Crucio.
Non ce la facevo, tutto stava diventando irreale.

Nuovamente un frastuono, che entrò nella stanza.
Non ero pronta ad una tortura, non lo ero. Non lo sarei mai stata, mai.
Mi appiattii al muro, come se quel gesto mi avrebbe nascosta nel buio che disperde tutto, e mi avrebbe risparmiato.
Lacrime copiose si riversarono sulle mie gote, ma cessarono pian piano quando una figura nuova, mai vista, si fece largo nella luce fioca di una lampada ad olio.
"Potter, le tue pene sono finite;", era un sogno sicuramente, un sogno fra tanti incubi,"ti salvo la vita, sperando che un giorno questo aiuterà a salvare la mia".
Mai sentito un ragionamento così, c'era una frattura tra beneficio e egoismo.
Non mi interessava sapere nulla, in quel momento.
Tutto ruotava al fatto che stavo per essere liberata e questo mi fece sperare, sperare di poter vivere, correre e cantare per la gioia.
I dolori sul corpo si fecero bruscamente sentire appena quell'uomo mi liberò dalla stretta catena a cui ero stata legata.
Cercò di mettermi in piedi, ma non ci riuscivo, la mia gamba destra stava per cedere e non sapevo quando sarebbe successo e per quanto avrei resistito.
Il suo tono di voce si mostrò dolce mentre mi dava rapidi consigli: "Se devi dirmi qualcosa che, appena aperta la porta, ci possa aiutare, te ne sarei grato."
Stavo per rispondergli, tra gli spasmi che il dolore mi infondeva nel corpo, dal cuore, che non ero nulla di quello che non era visibile dall'esterno,una carcassa di ossa e sangue, che gli avvoltoi avrebbero di certo apprezzato, quando mi ricordai di quel piccolo segreto taciuto a tutti per molti anni.
Ero restia se dirglielo o meno, dato che non ero stata registrata e il mio nome e cognome non appariva di certo sui registri degli ufficiali Animagus.
Non avevo nulla da perdermi, mi dissi e concedetti la mia fiducia a quell'uomo che mi stava concedendo la vita.
"Sono un'Animagus non registrata." Di certo, la sua espressione mi fece intendere che era tutto quello che non si sarebbe mai immaginato, ma la fece rapidamente sparire dal suo volto, accennando ad un sorriso: "Beh, questo volge la situazione a nostro favore."
Mi disse che non ci si poteva smaterializzare all'infuori della villa e che io, di certo, avendo quasi quindici anni non potevo farlo, non sapevo farlo, a dir il vero.
Mi avrebbe accompagnata fino ai confini della villa e mi avrebbe portata fino ad Hogsmeade; fino alla scuola me la sarei dovuta cavare da sola.
Cercando di non badare al dolore, mi trasformai e subito mi sentii felice, libera, non vedevo l'ora di correre.
L'uomo dal volto gentile mi fece strada e subito ci trovammo fuori dalla villa, dopo aver percorso ampi e lunghi corridoi neri.
Il nero ormai era diventato mio amico, nascondeva me e il mio salvatore da sguardi indiscreti e che ci avrebbero potuto far scoprire e farci uccidere all'istante.
Ad un certo punto, lo videro, videro quell'uomo così buono e a bassa voce, gli dissero le mere figure incappucciate: "Dove vai con questa bestia?", per nulla scosso dalla paura, rispose: "La porto fuori, faceva troppo rumore, mi dava fastidio."
"Lasciala nel prato al freddo, sicuramente gli sarà da buona lezione. Dopo, comunque, recati dalla padrona; vuole assicurarsi che la prigioniera muoia per causa sua, non per assideramento o di fame."
Tremai impercettibilmente e mi sforzavo di non cadere sotto il peso del mio dolore.
La gamba non doveva cedere, altrimenti sarebbe stata la fine.
Finalmente, ci allontanammo da quelle persone e capii: il mio salvatore sarebbe morto lo stesso, appena Bellatrix avrebbe capito tutto.
Mi sbrigai e gli tenni il passo, cercai con tutte le mie forze.
La luce della luna mi infondeva una speranza, ma mi recava fastidio agli occhi, non ero più abituata.
Mi stava ruotendo la testa e rapidamente, venni strappata da quel luogo così pieno di dolori, e mi venne un conato di vomito.
Appena ritrovai terra, mi trasformai e diedi di stomaco.
Tutto mi doleva, la gamba ero sicura, stava per cedere.
Quell'uomo buono mi guardò con dolcezza e io piansi, perché se l'avessero ucciso sarebbe stata tutta colpa mia.
Mi abbracciò e mi disse che sarebbe andato tutto bene.
Piansi e mi scrutò, certo che non mi avrebbe mai più vista.
Era una certezza che martellava nel mio cuore.
Ne ero sicura, e continuai a piangere.
Mi guardò per l'ultima volta. Volò via, per sempre.
Ero stanca, ma volevo sbrigarmi, ero ancora allo scoperto.
Mi tenni la gamba con le mani e cominciai a camminare a passi lunghi.
La porta della scuola sarebbe stata di certo chiusa, era tardi e la luna rifletteva la sua luce sul mio volto. 
Mi ricordai che Mielandia aveva un'uscita che dava sulla scuola, un lungo cubicolo stretto che portava ad un araldo nelle prossimità della Sala Grande.
Era l'ora della cena e tutti sicuramente stavano sentenziando in quel ben di Godric.
La mia gamba stava per cedere, ne ero certa.
Lagrimai dal dolore.
Mi introdussi nel lungo cubicolo e trascinai il mio peso lungo il corridoio stretto e basso.
Sentivo dolore, più mi avvicinavo alla meta e più sentivo un dolore lancinante.
Stavo per vomitare di nuovo e per svenire, ma dovevo resistere.
Uscii finalmente da quel corridoio lunghissimo e la luce mi penetrò bruscamente dentro gli occhi.
Non mi interessò più nulla, tanto che cominciai a correre.
Stavo morendo, ma almeno avrei rivisto le persona a me care.
I loro volti.
Non vedevo l'ora. Era passato troppo tempo, troppo.
Continuavo a correre ed a piangere, mentre dalla mia gamba continuava ad uscire sangue.
Davanti a me c'erano le porte della Sala Grande, belle, magnifiche, imponenti.
La gamba stava per cedere, e io stavo per svenire dal dolore.
Il trambusto dei piatti, posate, chiacchiere e risa si affievolirono fino a sparire del tutto. 
La mia vista anche si era affievolita.
Cominciarono le grida strazianti.
"Potter, è Potter!"
"Emmeline..."
E l'ultima cosa che vidi prima che la mia gamba cedette e che persi i sensi furono i professori che si alzavano e una zazzera dai capelli rossi che correva incespicando e urlava il mio nome.

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Prongs's corner
Caspita, la scrittrice ha aggiornato in fretta.
Wow :D
Nessuno mi calcola più, la colpa è della saputella che vuole andare a dormire, dice.
E' stanca, dice.
Io voglio parlare con qualcuno!
*Jame, come mi hai chiamato?*
*Chi ha chiamato chi?...
Felpato sei stato tu! 
Lo sapevo io, vatti a fidare dei cani. Cagnaccio pulcioso*
*Bada bene a come parli, Bambi dei miei stivali*

Bene, hanno ricominciato.
Sono la scrittrice e devo dire che la stesura di questi due capitoli mi ha davvero impegnata questi giorni ma ne sono orgogliosa.
Finalmente hanno preso forma le mie idee e adesso sono qui.
Spero che la lettura non vi abbia annoiati, vi giuro era l'ultima cosa che volevo.
Volevo far trapelare i sentimenti e gli stati d'animo di Emmeline e spero di esserci riuscita.
*Dammi il tontuber, babbana*
*COME MI HAI CHIAMATA? BAMBI, NON PERMETTERTI MAI PIU'*

Ciao, donzelle, è Sirius che parla :))))
L'angolino adesso è tutto per me :)
Per me e le faccine :=)))))
Che bello :) Sono così felice.
Il mondo è una Pasqua, sono contento.
Io posso scrivere e nessuno potrà togliermi il mio attimo di pa...
*FELPATO, AIUTAMI! Dobbiamo sopprimere la mora*
*Ma chi, la scrittrice?
Senza di lei non potremo avere il nostro angolino... :(((*
*nostro? E' mio*

Bene, hanno ricominciato di nuovo.
Allora io vi saluto.
Grazie a tutti coloro che recensiranno o leggeranno solo.
Un bacio grande,
ProngsPadfoot

*ANCHE JAM E SIR!*
*Volevi dire SIR e JAM, spero*
*No, JAMES POTTER, il magnifico, e SIR*
*Ahhhhhhhh, la guerra è aperta*

Baci. <3

 
   
 
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