Purtroppo per voi scrivere questa scempiaggine mi
sta galvanizzando in modi che non so dire, quindi vi tocca beccarvene ancora, e
ancora, e ancora…
Ringrazio chi l’ha inserita nelle preferenze,
oltre a chi l’ha letta.
Bene, entriamo nel vivo della…storia.
suni
I. Sul treno
A. La prima Animaga,
delusa dall’amore
“Continuo
a dire che c’è qualcosa che non va, oggi,” ripeté
Remus con cupa certezza.
“Peggio
del fatto che Snivellus è ancora vivo?”
s’informò Sirius ridacchiando indolente.
Ma
aveva poco da fare lo spiritoso e avrebbe dovuto ricordarsi che il suo amico
mannaro aveva quasi sempre ragione, perché in quell’istante la
porta del loro scompartimento si aprì, consentendo l’accesso ad
un’apparizione folgorante.
La
fanciulla che fece il suo ingresso, spandendo intorno a sé una delicata
– e soffocante – fragranza di violette, era straordinariamente
bella, tanto che per qualche secondo l’avventato ragazzo se ne
rallegrò, mentre il mento di James precipitava verso terra, la faccia di
Peter cambiava quattro colori e le sopracciglia di Remus si piegavano con
cautela. La giovane estranea aveva lunghi, fluenti capelli ramati, naturalmente
luminosi, occhi azzurro elettrico e un corpo bellissimo, con le curve perfette
e una vita esile e aggraziata. Vestiva una magliettina
succinta ma non volgare di un bellissimo
rosa shocking sfumatura n° 4/bis e una gonna con
lo spacco che metteva in risalto le magnifiche gambe chiare. Sorrise indistintamente
agli astanti.
“Ciao
a tutti, sono una nuova studentessa in scambio scolastico, mi chiamo Selene e
vengo dall’Alaska,” annunciò con voce limpida e attraente,
prima che, esaminati gli astanti, il suo sguardo si tingesse di una luce di
feroce trionfo. “AH-HA! BECCATO!” strillò, puntando il dito
sottile e etereo verso il giovane Pureblood, che
sussultò stupito cercando automaticamente lo sguardo di James, il quale
sgranò gli occhi allibito quanto lui.
Non
potendo ancora sapere a cosa andava incontro, Sirius non si fece comunque
impressionare e sorrise seducente alla graziosa sconosciuta, che aveva
già accuratamente radiografato con occhio allenato.
“Cercavi
me, dolcezza?” domandò con voce graffiante, pronto ad attuare il
suo iter seduttivo. La straniera, però, non si
fece impressionare, sollevando altera uno sguardo improvvisamente indignato sul
suo viso. Lei non era certo il tipo di ragazza che si lasciava incantare da un
sorriso affascinante e qualche moina, lei era persona di carattere e non era
certo semplice farla innamorare, specie perché dopo l’immensa
delusione avuta a cinque anni con il vicino di casa seienne che l’aveva
tradita con un transessuale platinato il suo cuore si era chiuso a quei futili
sentimenti da ingenua.
“Cosa
credi di fare?” ribatté infuriata, sfidandolo con una posa
baldanzosa e incrociando le braccia al petto minacciosamente. “Io non
sono una delle tue sciacquette e non ti
basterà fare il cascamorto per avermi! Non pensare che cadrò ai
tuoi piedi come tutte, io non sono così. Se mi vuoi davvero dovrai
conquistarmi e dimostrare che non sei il ragazzo leggero che hai sempre finto
di essere,” terminò fiera, il seno costretto dalle braccia sul punto
di esplodere fuori dalla maglietta sotto lo sguardo trepidante di Peter.
“E-eh?” sfiatò Sirius ritraendosi sul sedile.
“Ma
che vuole questa?” ringhiò Remus torvo.
“Scusa
ma tu come lo sai che è un ragazzo leggero?”
s’informò giustamente James, con sincera curiosità.
“Ci conosciamo?” aggiunse, estroverso e amichevole come suo solito
– e scientificamente affascinato dalle originali mutandine in filigrana
argentata che sbucavano dallo spacco clamoroso di lei.
“Io
lo so!” esclamò Selene con enfasi. “Siete tutti uguali, voi
bastardi!”
“Ma
io…” tentò di protestare Sirius, che iniziava ad inquietarsi
per il suo sguardo bellicoso.
“Niente
ma!” lo zittì lei glaciale. “Se mi ami devi
dimostramelo!”
“Ma
veramen…” cercò ancora di
intervenire lui, esterrefatto.
“Pensi
di potermi usare e poi gettare via come un rifiuto?” lo aggredì
ancora lei, sporgendosi verso il malcapitato con gli occhi assottigliati.
“Tu non sai quel che potrei farti! Ti potrei divorare!”
Sirius
sgranò gli occhi con un lampo di terrore, perché la ragazza era
evidentemente una psicolabile e l’ipotesi del cannibalismo non gli pareva
nemmeno tanto assurda, mentre Remus ridacchiava educatamente.
“Addirittura?”
domandò sarcastico.
“Sì,
certo,” replicò Selene con disinvoltura. “Infatti sono un
animagus illegale e posso trasformarmi in qualunque momento,”
illustrò orgogliosa. “Ho imparato a due anni leggendo un libro di
papà e l’ho fatto da sola, senza bisogno di aiuto,”
aggiunse, intanto che James si sporgeva cautamente verso Remus.
“Ma
non dovrebbe evitare di farlo sapere in giro? Potrebbero
arrestarla…” sussurrò interdetto, ricevendo come unica
risposta un’alzata di spalle.
“Un
animagus?” intervenne Peter ritrovando finalmente la parola. “E che
animale sei, ehm, Selene?” aggiunse curioso.
Lei
drizzò la testa impettita, con movimenti solenni e maestosi.
“Un
criceto,” annunciò compita.
Seguì
qualche secondo di ragionevole silenzio.
“Possono
veramente sbranare un essere umano?” s’informò James scettico.
“Io
sì,” ribatté Selene con sicurezza. “In ventisette
secondi,” puntualizzò compiaciuta, gonfiando il seno mentre Peter
si protendeva sempre più verso di lei.
James
fischiò ammirato, scuotendo lentamente la testa, mentre Sirius si
aggrappava al bordo del finestrino come alla ricerca di una via di fuga.
“No-non avevo intenzione di…” tentò di
difendersi, allarmato.
“Poche
scuse,” lo interruppe lei imperiosa. “Ti tengo d’occhio,
cicisbeo,” concluse intimidatoria, prima di voltarsi con un armonico
sventolio delle chiome e marciare fuori con passo pesante e delicato.
Il
silenzio che seguì la chiusura della porta fu lungo e palpabile. Tutti e
quattro i Gryffindor fissavano l’uscio come se
da un istante all’altro avesse potuto esplodere o diventare
fosforescente.
“Ma
ad Hogwarts si fanno scambi scolastici?” domandò James stupefatto.
“Io
l’avevo detto,” esclamò Remus senza badargli, “che
c’è qualcosa che non va, oggi.”
B. Quella intelligentissima che inspiegabilmente stravede
per lui
Occorsero
quasi due ore dopo la visita di Selene prima che Sirius smettesse di gemere che
gli era venuto male alla testa, si tranquillizzasse e la finisse di fissare la
porta con aria oltraggiata. A quel punto James, che era già stato
scacciato da Lily dal vagone dei Prefetti e dei Caposcuola con la richiesta
imperativa di levarsi dalle scatole finché non gli avesse fatto sapere
che c’era bisogno di lui, aveva comprato dolciumi in quantità,
Peter si stava strafogando e Remus fingeva di ripassare i suoi appunti,
seguendo in realtà con partecipazione il lento recupero della
stabilità psicologica del giovane Black.
Quando
questi riprese a parlare normalmente e ritrovò il favoloso sorriso James
gli propose una sfida a Scacchi Magici. Avevano iniziato la partita da dieci
minuti e Sirius era già in netto vantaggio, essendo tra le altre cose un
campione a scacchi, quando lo scompartimento si aprì un’altra
volta e tutti e quattro sollevarono di scatto gli occhi con inquietudine verso
il nuovo intruso, sospirando di sollievo nello scoprire che non si trattava
dell’americana.
Sulla
porta era comparsa una studentessa di nuovo ignota, e Remus aggrottò la
fronte con sospetto. La ragazza si guardò educatamente intorno,
abbozzando un sorriso cortese. Aveva lunghi capelli castani schiariti da alcune
ciocche naturalmente bionde e indossava occhiali sbarazzini di un rosso
accesso, stringendo un libro con devozione. I suoi abiti erano semplici e anonimi,
ma lasciavano intuire la dirompente perfezione delle sue forme e la sua grazia
innata, sottolineata dall’apparente inconsapevolezza del proprio fascino.
Sirius sembrò rilassarsi e recuperare ulteriore buonumore, dicendosi che
imbattersi in più di una psicopatica al giorno era improbabile e che
quindi quella era una potenziale conquista positiva.
“Benvenuta,”
esclamò gioviale, strizzandole l’occhio.
La
ragazza sollevò lo sguardo su di lui, rimanendo con la bocca semichiusa
e l’occhio appannato come davanti all’apparizione della Beata
Vergine circondata dagli angeli.
“Tu…tu
sei Sirius Black,” mormorò estatica, prima di distogliere lo
sguardo e arrossire visibilmente. Che sciocca, proprio lei, così
assennata e razionale, perdere la testa per un simile bulletto
superficiale. Eppure era da quando quattro anni prima aveva sentito parlare di
lui da una certa Narcissa, che si trovava in Polonia
per il viaggio di nozze, che lo sognava ogni notte senza poterselo impedire e
lottava contro quel desiderio insensato.
“Parrebbe,” confermò
il Gryffindor ringalluzzito. “ E tu
sei…?”
“Katiusha,” mormorò lei con fare dimesso.
“Sono polacca e ho vinto una borsa di studio nella vostra scuola,”
aggiunse, con un mezzo sorriso imbarazzato.
“Bene
arrivata,” intervenne James allegro. “Io sono James Potter, lui
è Peter Pettygrew e questo è Remus
Lupin,” continuò, indicando gli amici. “Certo che ci sono un
bel po’ di nuove studentesse, quest’anno,” commentò
sornione.
“Già,”
aggiunse Remus asciutto.
Katiusha sorrise gentilmente, annuendo attenta.
“Sono
felice di conoscervi,” affermò semplicemente. “Stavo
cercando un posto libero per sedermi a leggere e sono arrivata qui,”
aggiunse come giustificandosi, pur sentendo che era sciocco e che non aveva
motivo di spiegare una cosa tanto naturale.
“Accomodati,”
si affrettò a invitarla Sirius, con un gesto accattivante.
Lei
sorrise a sguardo basso balbettando un ringraziamento e prese posto, cercando
di non mostrare il turbamento illogico che la pervadeva. Non doveva, non poteva
perdere la testa per un simile sciocco, farsi ammaliare dalla sua conturbante
bellezza a discapito dell’intelletto.
“Ma
stava girando il treno da due ore e mezza per trovare un sedile?”
mormorò James all’indirizzo di Remus che, di nuovo, si strinse
nelle spalle con sufficienza.
Ci
fu un breve silenzio incerto, mentre i quattro ragazzi si guardavano con
indecisione senza sapere come riprendere le loro conversazioni in presenza
dell’estranea. James mosse l’alfiere sulla scacchiera, Sirius
imprecò a mezza voce per quella mossa inattesa e forse fu proprio lo
sguardo disapprovatorio che la ragazza gli
lanciò a spingere Remus a rivolgerle la parola.
“Allora,
Katiusha, hai detto di aver vinto una borsa di
studio…”
“Sì,”
confermò lei mite. “Non è molto usuale, ma siccome i miei
voti sono i migliori degli ultimi settecento anni mi è stato concesso
questo onore.”
“Settecento?”
squittì Peter, dando voce allo stupore comune.
Lei
annuì rapida, perché essendo tanto intelligente sapeva che non
era bene vantarsene.
“Bè, sì, ma non ho fatto niente di
speciale,” spiegò frettolosamente. “Cioè, ho solo
imparato a memoria tutti i libri della biblioteca della scuola in otto
settimane e ho scritto un saggio sulle Pozioni della Verità che è
stato pubblicato su tutte le riviste di magia accademica del mondo, e
naturalmente c’è quell’episodio dell’aver inventato trentacinque
nuovi tipi di trasfigurazioni avanzate, ma…” tagliò corto,
con un cenno vago della mano.
La
bocca di Remus era rimasta spalancata come un forno a legna, James aveva gli
occhi tanto sgranati che parevano sul punto di cadere fuori dalle orbite e
Peter aveva perso il filo a metà della frase, mentre Sirius la guardava
con nuova titubanza, contrariato.
“Una
ragazza intelligente…” borbottò deluso.
Lei
annuì quasi mortificata, prima di proseguire con una punta di decisione.
“Sì,
ma non passo tutto il tempo a studiare,” spiegò, sentendosi una
scema. “Perché imparo molto in fretta. Sono in grado di
memorizzare seimila parole in quarantaquattro secondi,”
puntualizzò, nell’irrazionale desiderio di non passare per una
noiosa secchiona ai suoi occhi e rimproverandosi subito la propria
vanità.
“Se
non altro è meglio che sbranare una persona in ventisette,”
commentò Remus distaccato, celando il fastidio.
La
conversazione s’interruppe così. Dopo cinque minuti Peter russava
della grossa, James e Sirius avevano ripreso la partita e Remus continuava a
fingere di studiare, fissando di sottecchi con crescente irritazione la polacca
che, con il libro aperto sulle gambe, scrutava imbambolata il giovane Black con
la devozione di una carmelitana scalza davanti al Crocefisso. Katiusha, infatti, era intelligentissima ma sensibile alla
bellezza.
Sirius
dovette accorgersi dell’immobilità del suo sguardo e, memore della
brutta morbosità di Selene, le lanciò un sorriso nervoso.
“E’
un libro interessante?” domandò, nell’intento di riportare
la di lei attenzione alla pagina.
Katiusha annuì silenziosamente, dissimulando il batticuore e il
turbamento con il talento della sua mente fredda e razionale, che si scontrava
impetuosamente con le ragioni del cuore. La domanda la sprofondò in una
gioia estatica priva di ogni ragionevolezza. Lui era gentile, dopotutto. Le sue
maniere da galletto esaltato dovevano essere solo una maschera che aveva
costruito per la difficile situazione familiare e le terribili prove superate,
ma al di sotto di essa si celava un animo sensibile e delicato. Sospirò
estasiata, annuendo tra sé con fermezza: sì, lei lo avrebbe
cambiato, ci sarebbe riuscita; avrebbe riportato in superficie la dolcezza di
quel giovane tenebroso e la sua capacità di amare, lo avrebbe reso
migliore. Del resto chi, se non la ragazza più intelligente del mondo,
poteva portare a termine quel difficile obiettivo?
Sirius
e Remus notarono contemporaneamente la luce fanatica che le aveva illuminato il
viso, riflettendosi tutt’intorno con la solita,
accecante brillantezza ©Mary Sue, e si scambiarono con intesa due occhiate
dubbiose. Sorrisero complici, l’uno riportando gli occhi sulla
scacchiera, l’altro riparandosi dietro il libro.
“Penso
che dovresti portare il cavallo avanti, James, se vuoi sperare di batterlo e
incastrare la sua regina tra il tuo alfiere e la pedina,” suggerì
in quel momento Katiusha, considerando che una
lezione di modestia nel perdere la partita poteva giovare alla maturità
del suo amato.
“Ma
porcaccia scopa…” ringhiò Sirius stizzito, guardandola in
cagnesco.
Lei
sorrise di nuovo con invasamento e il ragazzo seppe che quella era,
definitivamente, la giornata delle malate di mente.
Sophonisba: grazie mille, mi fa
piacere che ti abbia fatto ridere. Ecco a te l’inizio delle sfortune di
messer Padfoot, anche se il peggio deve ancora
decisamente arrivare. Quanto alla fantasia, non c’è il caso di
fare complimenti a me, poiché mi…ispiro alle idee altrui. Sìsì.
Moony Potter: non sono proprio sicura che ci volesse davvero una fic così – potevamo tutti tranquillamente
sopravvivere senza, immagino – ma sono contenta che ti piaccia. Grazie,
quindi, alla prossima.