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Autore: Aries Pevensie    27/01/2014    3 recensioni
Non credo nelle coincidenze, preferisco l'inevitabilità. Ogni evento è inevitabile. Se non lo fosse, non accadrebbe.
Dal prologo:
"Un sentimento a lui sconosciuto cominciò a fargli bruciare lo stomaco, mentre sentiva come una stretta al cuore e il respiro gli divenne doloroso. Era certo di poter resistere a quell’emozione, ma presto dovette ricredersi. Sapeva che doverla vedere tutte le mattine a scuola non avrebbe fatto altro che peggiorare la sua situazione, corrodendolo dall’interno. Sarebbe esploso, prima o poi. E allora si sarebbe messo una mano sul cuore e avrebbe chiesto il perdono di Janis. Ma come?"
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Inevitabile

The last dance

 
A Bradford c’era tradizioni che non sarebbero mai passate e che nessuno mai avrebbe cambiato. Una di queste tradizioni era il ballo di primavera della High School, che si teneva solitamente il 27 marzo, al quale partecipavano tutti gli studenti del liceo, nessuno escluso. Persino Janis non ne aveva mai perso uno, nonostante non fosse mai stata una ragazza  amante delle feste, dei balli e dei vestiti eleganti.
Quell’anno, almeno, Janis sarebbe andata alla festa con un ragazzo e non da sola e Zayn, a sua volta, non ci sarebbe andato con la prima che gli capitava a tiro o con Marcy. Aveva ufficialmente invitato Janis con un gesto galante, si era presentato a casa sua con un mazzo di cinque rose rosse e le aveva proposto di essere il suo cavaliere per la serata che si sarebbe tenuta di lì a due giorni. Ormai a scuola non faceva più scalpore vederli insieme nei corridoi o nel cortile, mentre si scambiavano veloci baci e sguardi dolci; nessuno rimaneva più sorpreso da quella strana coppia venuta fuori dal nulla e che aveva cambiato entrambi: Zayn non era più il coglione montato, quello che si ubriacava ogni fine settimana e che fumava come un turco, quello da una ragazza a notte, quello che aveva il permesso di trattare male tutti; Janis, d’altro canto, non era più la ragazzina acqua e sapone, la figlia di papà sempre vestita ordinata e senza un briciolo di personalità. Si erano completati vicendevolmente, aggiungendo all’altro una parte di sé e aiutandolo a smussare gli angoli del carattere che potevano sembrare ostici ad una relazione serena. Zayn era sempre attento alle reazioni della sua ragazza, non la mollava un attimo, la invitava spesso a cena a casa sua, ma non la forzava e non si offendeva se rifiutava. Era a conoscenza delle sempre meno frequenti crisi di panico di Janis, era sempre corso da lei anche nel mezzo della notte e l’aveva tenuta fra le braccia fino al mattino, coccolandola e sussurrandole parole dolci finché non prendeva sonno. Si sentiva in dovere di farlo, perché quello che stava succedendo era tutta colpa sua, nessun altro aveva partecipato a quell’orrore e, anzi, in molti gli aveva sconsigliato di portare avanti la sua storia con Janis, perché il momento della verità sarebbe arrivato e le conseguenze sarebbero potute essere devastanti sia per la ragazza che per lui.
Zayn era certo che prima o poi sarebbe successo, solo non pensava così presto.
 
Quella mattina Janis entrò a scuola con un anticipo notevole rispetto ai soliti cinque minuti, ma non si fermò sotto al portico per aspettare Zayn, perché sapeva che quel giorno non sarebbe andato a causa di una lieve febbre. Sorrise a Melory e Carol e si avviò insieme a loro verso gli armadietti, felice di essere ancora con le sue amiche, ma un po’ triste di non poter vedere Zayn per l’intera mattinata. Aveva già deciso di andarlo a trovare finite le lezioni, anche solo per sentire la sua voce e guardare i suoi occhi limpidi e tranquilli. Era incredibile come si innamorasse sempre di più di lui, come si sentisse completa, amata, rispettata, protetta da un semplice ragazzo di diciotto anni. Eppure con lui era così, bastava una semplice parola a farle battere il cuore all’impazzata, una carezza per farla andare a fuoco, uno sguardo per farla sentire coraggiosa. Zayn era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento, anche se ancora non capiva perché fosse comparso solo dopo che era rimasta sola. Perché non l’aveva mai cercata prima? Perché non si erano nemmeno mai incrociati nei corridoi? Prima di allora, Janis non sapeva nemmeno che Zayn l’avesse individuata tra le varie ragazze carine della scuola, era convinta di essere solo una delle tante non degne di nota.
Aprì l’anta del suo armadietto per prendere il libro di storia, ma sfilando il volume fece cadere un fogliettino piegato, che scivolò sul metallo liscio e si arrestò ai suoi piedi.
“Ti è caduto qualcosa” disse Melory distrattamente, armeggiando con la sua borsa per farci entrare il quaderno degli appunti. Janis guardò prima l’amica, poi per terra, si chinò e raccolse il biglietto, per poi aprirlo e leggere in silenzio quelle parole scritte con una calligrafia ordinata, decisamente di pugno femminile.
“So tutta la verità sull’incidente di tua madre, ti va di conoscerla? Vediamoci la sera del ballo fuori dalla porta secondaria della palestra. Fino a quel momento, non fidarti di chi ti sta più vicino, è un consiglio.”
Annaspò in cerca di aria e richiuse il biglietto, infilandolo in tasca e scrollando forte il capo. Doveva essere sicuramente uno scherzo di cattivo gusto. Perché proprio in quel momento era venuto fuori un testimone? Perché non prima? Perché aveva deciso di farsi avanti proprio nel momento in cui lei stava bene, era serena e aveva ritrovato la sua stabilità?
Avvertì una strana sensazione all’imboccatura dello stomaco, come se avesse appena ricevuto un colpo e per un attimo avesse smesso di respirare, una strana oppressione sconosciuta ed immotivata; il peso si spostò verso le gambe, lo sentiva chiaramente strisciare via dalle sue membra e gravare sulle ginocchia. Non fece in tempo a dire niente, che si ritrovò carponi, il fiato corto ed un velo di sudore sulla nuca, si prese il volto tra le mani e respirò a fondo, cercando di controllare le reazione del suo corpo, sperando di non scoppiare a piangere come le succedeva ogni volta che aveva una crisi di panico. Le sembrava quasi di avere le mani intorno al collo, di essere vicina a quella lenta e dolorosa morte per soffocamento, provava quella sensazione fisica della gola che si chiude e non permette nemmeno ad un filo di aria di entrare nei polmoni.
Melory e Carol notarono l’assenza della loro amica al proprio fianco e tornarono sui loro passi, chiamandola a gran voce e cercando di attirare la sua attenzione, ma niente: Janis sembrava entrata in una galassia parallela, aveva gli occhi fissi, la fronte imperlata di sudore, tremava tutta, respirava velocemente ed era paurosamente pallida. Un bidello accorse e si caricò Janis in braccio, togliendosi velocemente dal corridoio, per evitare che altri studenti notassero la scena e per portarla in infermeria il più in fretta possibile. Le due ragazze seguivano l’uomo in silenzio, tenendosi a braccetto e provando a capire che cosa avesse scatenato la crisi, già consapevoli che la mossa migliore sarebbe stata chiamare Zayn, anche se quel giorno sarebbe rimasto a casa. Non fu permesso loro di entrare nell’infermeria con la loro amica, così si appoggiarono al muro di fronte alla porta e sospirarono all’unisono.
“Dovremo chiamare Zayn…” mormorò Melory, incapace di mantenere il silenzio in una situazione così tesa ed incerta. Carol annuì e prese fuori il cellulare, selezionando dalla rubrica il numero del ragazzo.
Janis non sapeva che le sue più care amiche avessero il numero di Zayn, perché non avevano un rapporto tale da sentirsi al telefono, anche se spesso si erano ritrovati insieme o erano usciti tutti e quattro per fare merenda in pasticceria. Era stata proprio un’idea di Zayn, che voleva poter essere avvisato in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo, se per caso fosse capitato qualcosa alla sua ragazza. E così Carol ascoltò in silenzio il telefono squillare a vuoto e proprio mentre stava per riattaccare, un assonnato Zayn le chiese cosa fosse successo. Le fece una gran tenerezza udire la preoccupazione nella sua voce, anche se ben celata dal suo tentativo di non allarmarsi subito.
“Janis ha avuto un’altra crisi di panico” disse solo, sbirciando Melory e interrogandola con lo sguardo.
“Arrivo immediatamente” rispose il ragazzo con fermezza, ma Carol lo fermò.
“No, non ce n’è bisogno. Hai la febbre e se venissi a scuola poi ti toccherebbe rimanerci tutta la mattina. Appena esce dall’infermeria la portiamo a casa, puoi trovarla lì”, le sembrava una bella idea, ma non aveva fatto i conti con la determinazione di Malik e con la sua insana voglia di essere al fianco di Janis in ogni momento di difficoltà.
“Ha bisogno di me. Arrivo a scuola e vi aspetto nel parcheggio, così la porto a casa io”, non aspettò la replica e riattaccò.
Melory guardò Carol ed inarcò le sopracciglia, richiedendo spiegazioni, che subito le furono date in un sospiro rassegnato.
Nel giro di una mezz’ora erano entrati ed usciti dall’infermeria un paio di professori, che avevano saputo cos’era successo ed erano accorsi a sincerarsi delle condizioni di Janis. Alcuni provarono a convincere le due ragazze ad andare in classe, ma entrambe risposero con fermezza che avrebbero aspettato che la zia di Janis venisse a prenderla, per non lasciarla sola nel caso si fosse ripresa prima. Uno squillo al cellulare di Carol annunciò loro che Zayn era arrivato e aspettava nel parcheggio della scuola. Le due amiche sospirarono al’unisono, nel momento stesso in cui la porta di fronte a loro si apriva ed una traballante ed emaciata Janis usciva, sorretta dall’infermiera della scuola. Subito si alzarono e si avvicinarono, prendendola a braccetto da entrambe le parti e rassicurando la donna che l’avrebbero portata fuori dalla scuola, dove la zia la stava aspettando. Janis le guardò confusa e quando furono da sole Melory le disse che Zayn l’era venuta a prendere per portarla a casa a riposare. Annuì lievemente e si morse forte il labbro inferiore, provando vergogna per la sua incapacità di cavarsela da sola. Se non ci fossero state Melory e Carol, se Zayn non l’avesse presa così a cuore, Janis sapeva che non sarebbe stata in grado nemmeno di alzarsi dal letto per la disperazione di essere rimasta sola.
Dopo essersi fermate all’armadietto per recuperare la borsa, che Carol insistette per portare, le tre ragazze uscirono nel parcheggio a passo lento, per non sforzare troppo Janis, che ancora faticava a reggersi in piedi. Ai piedi delle scale c’era una macchina nera, dalla quale scese Zayn, che corse verso la sua ragazza e le passò un braccio intorno ai fianchi, stringendola delicatamente al petto. Ringraziò Melory e Carol, che gli diede le cose dell’amica, e le guardò rientrare a scuola, mentre Janis si faceva piccola contro di lui, nascondendo il viso nella giacca di pelle e respirando lentamente. Sentirla così fragile e inerme lo rese vulnerabile, fece riaffiorare quella miriade di sensi di colpa che cercava continuamente di soffocare convincendosi che con le sue azioni non faceva altro che farla stare bene, rivivendo in continuazione quei momenti in cui lei, ancora nuda e tra le sue braccia, lo ringraziava per aver fatto l’amore, per essere così dolce e presente per lei.
Scrollò forte la testa e accompagnò la ragazza alla macchina, le aprì lo sportello e prima di lasciarla andare le posò un bacio tra i capelli.
Il tragitto verso casa Ryan fu silenzioso, Janis non aveva aperto bocca e Zayn nemmeno, troppo timoroso di farle rivivere quello che le aveva scatenato la crisi. Aveva bisogno di sentire la sua voce e di sfiorare la sua pelle, ma aveva una paura folle di ferirla, di graffiarla con quella verità spinosa che premeva per uscire dal suo nascondiglio, quella alquanto friabile costruzione di sabbia dentro cui lui l’aveva rinchiusa. Fermò l’auto nel vialetto e guardò la sua ragazza, che teneva le mani in grembo e le fissava ostinatamente, come se stesse cercando le parole giuste, come se si sentisse in imbarazzo ad essere lì con lui. Aggrottò le sopracciglia e andò ad accarezzarle una guancia, riscuotendola dai suoi pensieri e facendo sì che i loro occhi si incontrassero. Le sorrise dolcemente e si sporse verso di lei, baciandola delicatamente sulle labbra più rosa del solito.
“Ti fermi?” gli chiese lei con un flebile sussurro, al quale Zayn rispose con un altro bacio, questa volta più deciso. Dio, cosa avrebbe dato per non perdere quelle labbra per il resto della vita. Scese dalla macchina prima lui e corse ad aiutarla, sorreggendola per i fianchi e conducendola alla porta d’ingresso; lei si chinò sulla borsa e frugò in cerca delle chiavi, mentre lottava con il desiderio di catturare le labbra di Zayn e baciarlo meglio di quanto lui non avesse fatto prima. Si sentiva in colpa per essere rimasta praticamente impassibile, per non aver ricambiato con l’intensità e la passione che in quel momento le ardevano dentro. Aprì la porta e si voltò verso di lui, circondandogli la vita con le braccia e alzandosi in punta di piedi. Zayn accolse di buon grado l’intenzione della sua ragazza, abbassò il viso verso il suo e la baciò lentamente, facendo scontrare i loro respiri e le loro lingue. Le era mancata da morire, anche se non era passato tanto tempo da quando si erano visti l’ultima volta.
Sempre e costantemente in silenzio, Janis arretrò verso le scale, appoggiò la schiena alla ringhiera e lasciò che lui la prendesse in braccio, portandola al primo piano, senza sottrarsi a quel bacio così caldo e bramato.
 
Zayn si sporse verso il comodino e controllò l’orario sul display: le tre e quaranta. Janis dormiva su di lui, la guancia appoggiata al suo petto nudo, l’espressione rilassata e felice. Sorrise tra sé e cominciò a giocare con i capelli della sua ragazza, accarezzandoli, attorcigliandoseli intorno alle dita, scompigliandoli e subito dopo lisciandoli. Il telefono di Janis prese a squillare nella tasca dei jeans mollemente abbandonati per terra, così Zayn fece scivolare la ragazza accanto a lui e si sporse per arrivare a prendere l’apparecchio. Spostando i pantaloni, però, uscì dalla tasca un bigliettino giallo, simile ad un post-it, che catturò la sua attenzione. Aggrottò le sopracciglia e cercò di ricordare quand’era stata l’ultima volta che aveva lasciato un messaggio nell’armadietto della sua ragazza, mentre raccoglieva il pezzo di carta e lasciava perdere la suoneria, che piano a piano si spense.
“So tutta la verità sull’incidente di tua madre, ti va di conoscerla? Vediamoci la sera del ballo fuori dalla porta secondaria della palestra. Fino a quel momento, non fidarti di chi ti sta più vicino, è un consiglio.”
Il cuore prese a martellargli nel petto, mentre la fronte si imperlava di sudore freddo e spostava lo sguardo sul viso rilassato di Janis, addormentata al suo fianco. Che fosse quello il motivo del suo attacco di panico? Che intendesse davvero andarci a quell’appuntamento? Per un attimo pensò anche se non fosse il caso di far sparire il biglietto, nell’eventualità che lei non lo avesse ancora letto. Certo sarebbe stata una mossa deplorevole e disgustosa, ma che altre alternative aveva per salvarsi le penne? Nessuna. Doveva a tutti i costi far sparire quell’inutile pezzo di carta. Nessuno sapeva cos’era successo, se non Niall, Liam, Louis e Harry, ma di loro si poteva fidare ciecamente, ne era certo.
Accanto a lui Janis si mosse leggermente, riappropriandosi della sua posizione sul suo petto e continuando a dormire beatamente, stretta al suo corpo, pelle contro pelle. Accartocciò il foglietto e lo lanciò a caso sul comodino, con l’intenzione di gettarlo nella spazzatura una volta arrivata l’ora di tornare a casa. Improvvisamente sentì come se tutto quello che aveva costruito gli stesse sfuggendo dalle mani, come se il muro di bugie dietro cui si era nascosto si stesse sgretolando sotto i colpi di una realtà troppo crudele e spietata. Guardò la sua ragazza dormire placidamente sul suo torace, le sue spalle si sollevavano lentamente al ritmo del suo respiro, i capelli gli solleticavano la pelle nuda e gli ricordavano di quello che erano, di quello che avevano fatto e dell’amore che lui aveva inquinato con una serie di menzogne sempre più grandi e dolorose.
“Zay?” mugugnò la ragazza, sollevando la testa e cercando lo sguardo del suo fidanzato, che la salutò con un ampio sorriso, dietro il quale nascose ancora una volta ogni emozione.
“Buongiorno, principessa” mormorò, accarezzandole i capelli e fissandola negli occhi. La vide arrossire e mordicchiarsi il labbro inferiore, mentre si accoccolava meglio sul suo petto e si avvicinava a lui per ricevere uno di quei baci infiniti che le riempivano il cuore di gioia e serenità. Le sue labbra sottili si modellarono sulla base di quelle di Zayn, che le strinse i fianchi con le braccia e la tirò un po’ più su, mentre lei, ora sdraiata completamente sopra di lui, prendeva a giocare con i suoi capelli e si divertiva con quel bacio, allontanandosi un poco e beandosi dell’espressione disorientata di lui, che subito si apprestava a raggiungere la sua bocca e a catturarla di nuovo per continuare quello che era stato interrotto.
La verità era che Zayn sapeva benissimo quanto tutto quello fosse sbagliato, quanto stesse affondando il coltello nel cuore di Janis, ma allo stesso tempo non riusciva ad immaginare un finale diverso, un letto senza di lei, una tazza di cioccolata senza la sua risata, un film horror senza i suoi piedi freddi contro le sue gambe. Senza di lei era una persona nulla, incompleta, inutile, perché lei era riuscito ad amarlo e a cambiarlo e lui, d’altro canto, era riuscito a plasmare la sua vita seguendo il modello di quella della sua ragazza, perché era così che voleva vivere: come e con lei.
 
Il giorno del ballo, le lezioni erano sospese per permettere l’allestimento della palestra e per concedere agli studenti il tempo necessario per prepararsi.
Come da tradizione, Janis, Melory e Carol si erano trovate tutte a casa di quest’ultima, così da poter passare una piacevole mattinata fra chiacchiere, maschere idratanti, impacchi per capelli più luminosi e tante tazze di tè caldo.
Era da tempo che le tre ragazze non passavano del tempo così, spensierate e felici, a scambiarsi consigli e racconti, aneddoti divertenti e pareri su cosa fare o non fare con i loro cavalieri per il ballo. Melory e Carol erano state invitate da due ragazzi della squadra di basket della scuola ed entrambe erano su di giri per la novità, mentre si facevano acconciare i bigodini da Janis, intenerita dai gridolini che le due emettevano ogni volta che ripensavano ai loro accompagnatori. Inevitabilmente pensò a Zayn, a cosa stesse facendo in quel momento. Forse era ancora a letto, oppure stava cercando di placare i litigi fra le sue sorelle, o ancora stava ascoltando i mille racconti della piccola Safaa. Sorrise sovrappensiero ed arrossì quando Melory tossicchiò e notò che la stava fissando attraverso lo specchio a cui erano di fronte.
“Smettila di pensare a Zayn o finirai per fare un casino con i miei capelli!” la riprese, trattenendo la risata a denti stretti. Quando Janis si perdeva tra le nuvole, ci si poteva scommettere che stesse pensando a Zayn o a quello che stava per fare con Zayn o a quello che avrebbe voluto dire a Zayn o a cosa starebbe facendo se fosse con Zayn o Zayn, Zayn, Zayn e ancora Zayn. Non lo mollava un secondo, almeno mentalmente, perché quando erano fisicamente lontani, Melory lo sapeva che si pensavano a vicenda, perché quei due erano fatti così: completamente persi, innamorati fino al midollo. Inevitabilmente uniti.
Fasciate nei loro bei vestiti, le tre amiche salirono sul taxi che le avrebbe portate alla festa. Era stata dura decidere con cosa recarsi a scuola, ma alla fine tutte avevano convenuto che prendere la macchina sarebbe stato scomodo e che, ovviamente, i loro cavalieri avrebbero potuto riaccompagnarle a casa personalmente.
Janis si lisciò il vestito verde acqua e si fermò con le dita a sfiorare la fantasia a fiori che decorava elegantemente la stoffa: non si era mai sentita a proprio agio con la gonna e tantomeno con i tacchi, motivo per cui era riuscita a convincere le sue amiche a lasciarle indossare un paio di scarpe Oxford color bronzo. Chissà cosa ne avrebbe pensato Zayn, se avrebbe preferito uno di quei succinti vestitini in stile Marcy Coleman abbinati ai vertiginosi trampoli che anche Mel e Carol avevano nei piedi. Prese un respiro profondo e guardò fuori dal finestrino, giusto in tempo per vedere un ragazzo scendere da un fuoristrada nero. Il suo sorriso si aprì, si voltò verso le altre ragazze e diede loro un bacio sulla guancia, per poi fiondarsi fuori dalla vettura. Non aveva calcolato l’emozione, non si era resa conto di indossare un vestito che le arrivava più o meno a metà coscia, non aveva badato al galateo fino a quando non avvertì lo sguardo di Zayn sulla sua pelle. Si guardarono per un brevissimo istante, poi lui fece un passo verso di lei e le sorrise sinceramente.
“Sei bellissima” farfugliò, piacevolmente sorpreso di vederla conciata così, i capelli sciolti e leggermente spettinati, la borsa color fucsia stretta tra le mani. Era la più bella e dolce creatura che avesse mai visto e come sempre la sua semplicità l lasciò senza fiato.
“Anche tu lo sei”, la sentì balbettare e per poco non scoppiò a ridere. La prese per i fianchi e l’attirò a sé per baciarla con trasporto e farle intendere che un’intera giornata senza sentirsi era decisamente troppo per i suoi deboli nervi di uomo innamorato.
Avvicinandosi alla palestra, Zayn sentì una scossa partirgli dalla base del cranio e correre giù lungo la spina dorsale, fino a diramarsi in una serie di brividi violenti all’altezza dei reni. Quella era la sera in cui tutto avrebbe avuto fine. Lui, Janis, la loro storia, la sua vita, la sua tranquillità, tutto sarebbe cessato in un soffio. Si ripeté mentalmente le parole che aveva letto nel biglietto ed involontariamente strinse la mano della sua ragazza, che si voltò a guardarlo incuriosita.
“Tutto bene?” domandò, fermandosi a lato dell’ingresso e fronteggiando il ragazzo, che sospirò e si passò una mano tra i capelli, guardandosi intorno.
“Dobbiamo andarci per forza?” chiese, tornò a fissarla negli occhi e le rivolse un sorriso tirato, al quale lei rispose con uno decisamente più ampio. Fece un passo verso di lui e gli accarezzò la guancia coperta di barba, poi si alzò in punta di piedi e lo baciò delicatamente.
“Non mi sono mai persa un ballo di primavera, Zee. Non vorrai portarmi via dall’unico a cui mi presento accompagnata, spero” scherzò, strofinando la punta del naso contro il collo teso del ragazzo, che sospirò e le fasciò i fianchi con entrambe le braccia.
“Solo perché sei tu” borbottò, per poi baciarla ancora, come se non riuscisse a staccarsi da quelle labbra per più di due minuti.
Come se sapesse che quelli sarebbero stati gli ultimi baci.
 Il ballo stava proseguendo regolarmente, ma Zayn non riusciva a non pensare a quel biglietto, all’incontro che lo sconosciuto aveva dato a Janis per svelarle tutta la verità. Dentro di lui cresceva l’angoscia, la paura di doversi trovare di fronte una ragazza ferita, umiliata, delusa, distrutta da un dolore che lui stesso le aveva provocato. Nel suo cuore si alternavano sensi di colpa e terrore, consapevole che era solo colpa sua se erano giunti a quel punto, perché lui aveva deciso di avvicinarsi a lei, lui le aveva chiesto di stare insieme, lui le aveva rovinato la vita prima e dopo. Era tutta colpa sua e non sapeva assolutamente come rimediare, perché lei non vedeva l’ora di conoscere la verità, spinta da un nuovo desiderio di rivincita, di vendetta e di riscatto. E Zayn lo sapeva, sapeva come sarebbe andata a finire: lui avrebbe cercato di spiegarle la verità e di chiederle umilmente perdono e lei, in lacrime e con il cuore lacerato, se ne sarebbe andata per sempre.
Per rassicurarsi continuava a ripetersi che non era possibile che qualcuno conoscesse la verità, non c’era nessuno sul luogo dell’incidente, suo padre era stato molto chiaro con i giornalisti e le autorità giunte sul posto per i soccorsi. Nessuno conosceva davvero la vera versione dei fatti, nessuno all’interno della scuola era a conoscenza dell’orribile crimine con cui si era macchiato le mani e di come l’avesse scampata grazie ai soldi di papà.
Scrollò il capo con forza ed ingoiò un altro sorso di punch, espirando poi tutta l’aria che aveva nei polmoni, mentre l’alcol gli riscaldava la gola e gli scioglieva un poco i muscoli tesi.
“A cosa pensi?” domandò Janis, avvicinandosi al suo ragazzo e appoggiandogli una mano sull’avambraccio. Era stranamente silenzioso, in macchina non aveva aperto bocca e nemmeno alla festa era sembrato divertirsi. Aveva intuito che qualcosa non andava, perché appena arrivati lui si era diretto al tavolo delle bevande e aveva trangugiato tre coppe di punch alcolico, sotto lo sguardo incuriosito di Liam e quello severo della professoressa di educazione fisica. Non gli aveva chiesto cosa fosse successo, convinta che fosse solo la tensione.
“Oh, niente. Che ore sono?” rispose lui, guadagnandosi un’occhiata sorpresa da parte della sua ragazza. Era combattuto fra la voglia che tutto finisse e il desiderio che per qualche motivo Janis non incontrasse chi le aveva promesso verità. Doveva essere lui ad impedirle di scoprirlo, per questo le fasciò i fianchi e la attirò a sé. Quella sera era davvero bellissima, elegante nel suo vestito verde acqua, che metteva in risalto il suo corpo esile e nascondeva per bene le ossa troppo sporgenti per i suoi gusti, altro segno di quella tragedia che l’aveva investita in pieno.
“Andiamo a casa?” soffiò a pochi millimetri dalle sue labbra, sperando di ricevere un assenso da parte della rossa, che tuttavia reclinò la testa ridendo.
“Ho una cosa da fare, prima” mormorò, rabbuiandosi un poco e tornando a fissare negli occhi il suo ragazzo, troppo strano quella sera.
“Che cosa?” balbettò, improvvisamente pallido. Un forte ed oscuro presentimento gli si annidò nel petto, infossando profondamente le fredde radici.
“Qualcuno sa la verità, Zayn” disse lei, abbassando il capo e mordendosi il labbro inferiore, “Lo incontrerò stasera e mi dirà chi è stato a causare l’incidente” spiegò con un filo di voce.
Zayn sbuffò e la spinse via, passandosi una mano nei capelli e guardandola infuriato.
“Perché? Perché vuoi a tutti i costi saperlo?” domandò con tono freddo ed ostile. Janis sobbalzò e sentì una stretta alla bocca dello stomaco.
“Pensavo mi avresti sostenuta” farfugliò, preda della confusione e della delusione. Zayn a quel punto rise amaramente.
“Ti farai solo del male. Io lo dico per te”, nella sua voce risuonava qualcosa di aspro, come se non credesse a nessuna delle parole che aveva appena pronunciato, come se stesse ammettendo apertamente che il suo unico scopo era quello di proteggere se stesso.
“Non mi aiuterai?” chiese Janis, facendo un passo indietro, le mani presero a tremarle ed era sicura che da un momento all’altro anche le gambe avrebbero smesso di sorreggerla.
Lui inarcò le sopracciglia e si avvicinò a lei, cercando le parole giuste per salvarsi, per evitare di combinare ulteriori casini, come se quello che stava per succedere non fosse già un enorme casino.
“Dico solo che non mi sembra una buona idea, tutto qui”
Janis aggrottò le sopracciglia ed assottigliò gli occhi, scrutando attentamente il volto di Zayn, che all’apparenza sembrava così tranquillo, ma che nascondeva una profonda angoscia e covava un segreto terribile. Seguì con lo sguardo il corpo del ragazzo, mentre si avvicinava a lei e le passava le braccia intorno alla vita, le baciava il collo e tornava a fissarla.
“Andiamo a casa” cantilenò, gli occhi cupi ed irrequieti. Janis scrollò il capo e si ripeté la scena di poco prima: Zayn la spinse via e mostrò tutto il suo disappunto con un malcelato ringhio.
“Perché sei così dannatamente testarda?! Non ti servirà a niente scoprire la verità! Non puoi cambiare le cose” disse freddo e con tono seccato. La ragazza si avvicinò a lui e gli sferrò un pugno sul petto, mentre le lacrime cominciavano a rigarle le guance. D’istinto Zayn l’abbracciò e la strinse al suo corpo, accarezzandole la schiena per placare il pianto, come tutte le altre volte. Quella volta, però, nel suo gesto non c’era l’intento di tranquillizzarla, ma quello di provare a convincerla a non proseguire in quella battaglia.
“Dillo, Zayn! Dimmelo che stavi con me solo perché sono una povera orfana! Dimmelo che non mi ami veramente, che era tutta pena! Dimmelo che non mi aiuterai mai a trovare chi ha ucciso mia madre e mio fratello!”, gli rifilò un altro colpo e lo allontanò bruscamente, sciogliendo quell’abbraccio che pensava l’avrebbe salvata, ma che in quel momento le bruciava la pelle come gocce di limone. Lo sfidò con lo sguardo, ogni muscolo del suo esile corpo tremava, ogni nervo era pronto a scaricare una serie di impulsi contrastanti che l’avrebbero paralizzata.
“Sono stato io”
Quelle tre parole rimbombarono nella testa della ragazza, che avvertì una forte nausea e credette di essere sul punto di vomitare sul pavimento della palestra. Sbatté un paio di volte le palpebre e aprì la bocca per chiedere spiegazioni, ma quando vide l’espressione sincera e dispiaciuta di Zayn, non ebbe alcun dubbio. Quella era la verità. Era stato lui a distruggere la sua famiglia e il suo obbiettivo era di distruggere anche lei, strapparle il cuore dalla cavità toracica e guardarlo battere le ultime volte, per poi spegnersi definitivamente. E lei aveva lottato per scoprire cos’era realmente successo, nella speranza di poter andare oltre e superare definitivamente il lutto. Arrancò di qualche passo ed appoggiò la schiena alla fredda parete della stanza, mentre tutto intorno a lei cominciava a danzare in un vortice confuso di colori e suoni e la nausea si faceva più intensa. Poteva vedere chiaramente solo colui che le stava di fronte, colui che l’aveva tirata fuori dalle sabbie mobili e poi l’aveva spinta giù, guardandola affogare lentamente ed ignorando le sue grida di aiuto. Le faceva dannatamente male il cuore come se fosse trafitto da tante lame, il respiro era doloroso a tal punto che si trovò a credere di avere miliardi di infinitesimali cocci di vetro, sentiva scariche di freddo e di caldo alternarsi su tutto il suo corpo, mentre nella sua testa riviveva i mesi passati accanto a quel ragazzo, la prima volta in cui si erano rivolti la parola, il primo appuntamento, il primo bacio, la prima volta, tutte le notti in cui lui era piombato a casa sua per tranquillizzarla, i giorni in cui avevano saltato la scuola perché lei era ancora turbata dall’incubo avuto la notte precedente. Rivide ogni singolo sorriso che lui le aveva strappato, quel sentimento che le aveva bruciato ogni residuo di tristezza, quella mano tesa ad aspettare la sua. Lo amava follemente e non poteva ancora credere che il suo cuore si fosse sbagliato e avesse scelto proprio lui. Si sentiva come se avesse tradito la sua famiglia, come se avesse venduto la sua anima al diavolo e avesse voltato le spalle a sua madre e a suo fratello, vittime innocenti di un uomo spietato, che non aveva esitato un istante ad aggiungere un altro nome alla lista delle persone che aveva ucciso.
Scrollò il capo e singhiozzò a voce troppo alta, si tappò la bocca con entrambe le mani e fissò Zayn, la paura di rimanere per sempre da sola le bloccava le gambe e le impediva di scappare da lì, da lui, da quella vita. Era combattuta tra l’impulso di correre da lui, implorarlo di non lasciarla sola, di non abbandonarla come avevano fatto tutti, e quella strana cosa chiamata “istinto di sopravvivenza” che le urlava nelle orecchie di correre via, di nascondersi per sempre in un luogo dove nessuno avrebbe più potuto farle del male, in attesa della sua ora per lasciare quel posto crudele che le aveva portato via tutto.
“Jan, ascoltami” cominciò lui, facendo un passo verso di lei e alzando le mani in segno di resa di fronte alla triste verità, a quello strano destino che li aveva messi così vicini, legati da un unico incidente, eppure così lontani, separati dall’innocenza e dalla colpa.
“Stai lontano da me” soffiò lei, la voce ridotta ad un sussurro gelido, “Non ti avvicinare mai più”
Gli voltò le spalle ed appoggiò la fronte alla parete, inspirando lentamente e chiudendo gli occhi per non vedere quell’orribile realtà in cui stava affondando.
Lui, Zayn Malik, colui che non aveva esitato a correre in suo soccorso, colui che le aveva fatto pronunciare quel primo “ti amo”. Lui era stato mosso solo dal senso di colpa, dalla pietà, dalla pena di vederla così ferita, aveva approfittato della sua fragilità per illuderla che non ci fosse niente di più bello della vita. Liberò un urlo rabbioso e sferrò un pugno al muro, piegandosi sulle ginocchia e lasciandosi andare sdraiata a terra, le ginocchia rannicchiate contro il corpo e la testa nascosta tra le braccia. Avrebbe preferito sparire, avrebbe preferito essere inghiottita dalla terra, finire chissà dove per il resto della sua inutile vita.
Avrebbe preferito morire piuttosto che trovarsi lì.


Aries' corner

Questo enorme ed imbarazzante ritardo ha prodotto un capitolo troppo lungo ed angosciante, lo so. Possiamo anche dire che questo sia IL capitolo, il fulcro di tutta la storia, il cardine, quello da cui in realtà è iniziato tutto, perché devo confessarvi che ancora prima di aver scritto il secondo capitolo, avevo già plottato questo e già scritto il momento in cui Zayn le diceva che era stato lui. 
Sono stata incasinata con gli esami, per questo ci ho messo due secoli a pubblicare! In realtà il capitolo lo avevo iniziato subito dopo aver pubblicato quello precedente, ma poi non ho avuto un secondo libero (ho i testimoni che possono assicurarvi che studiavo dalle 8 di mattina alle 3 di notte) e quindi eccomi qua, più di un mese dopo! :D

Avrei davvero piacere che mi lasciaste una recensione, anche stupida, breve, sconclusionata, quello che volete. Recensisce sempre e solo la mia cara Yvaine e sto continuando a scrivere questa storia seguendo le sue impressioni, ma ogni tanto mi piacerebbe ricevere pareri esterni. Non vi chiedo molto, solo un paio di parole, perché davvero, io continuo a scrivere questa storia solo per Yvaine e perché piace a me, ma ho pensato più volte di cancellarla e non concluderla. Quindi vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate!! Non ci crederete, ma è davvero importante per chi scrive, sapere cosa ne pensa chi legge! :)

Qui sotto vi lascio la foto della bellissima Georgie Hanley, la prestavolto di Janis, che indossa il vestito del ballo (so che non è esattamente "da ballo", ma me ne sono innamorata!).

Con la speranza di aggiornare più spesso e di leggere qualche recensione, vi mando un bacione a tutte!!
Horan Hugs
AP

 

 
 
   
 
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