Tornare finalmente a casa, dopo quella
giornata assurda, fu un sollievo. Mi sentivo malissimo e
l’unica cosa che
volevo fare era stendermi a letto e non pensare più a
niente. Non appena aprii
la porta di casa fui contento di scoprire che non c’era
nessuno ad attendermi.
Mi chiusi in camera e mi rannicchiai sul letto, nascondendo il viso nel
cuscino. La testa mi stava facendo impazzire, ma l’azione di
alzarmi per
prendere un’aspirina mi sembrava troppo faticosa persino da
pensare.
Probabilmente mi addormentai, perché mi
svegliai di soprassalto quando mio padre bussò alla porta.
“Will? Ci sei?”
Mi guardai attorno confuso, l’orologio
segnava le sette e dalla finestra non proveniva nessuna luce se non
quella del
lampione serale.
“Hey, tutto bene?”.
L’uomo era entrato
nella stanza e mi osservava preoccupato.
Non appena accese la luce dovetti chiudere
gli occhi e voltare la testa bruscamente. Mi sentivo ancora peggio di
quando
ero tornato e le immagini della visione cominciavano a riaffiorare.
Sentii una
mano poggiarmisi sul viso e poi un sospiro. Per qualche minuto non
sentii più
nulla, poi mio padre tornò e l’ultima cosa che
sentii fu il bip del termometro.
Essere ammalati porta sempre una serie di
vantaggi. Mezzo stordito per la febbre avevo passato tre giorni di
assoluto
riposo in compagnia della televisione. Inutile dire che Sulpicia non si
era fatta
vedere, procurandomi un sentimento di ansia mista a rabbia;
un’assoluta novità
insomma.
La prima volta che uscii fu alle sei di
pomeriggio del giovedì, per andare a comprare qualche
stupidaggine al supermercato.
Visto che mio padre mi aveva nutrito a brodini e verdurine per tutto il
tempo,
sentivo l’assoluto bisogno di qualcosa di dolce e insano.
Naturalmente nell’ultimo
periodo non potevo neppure andare a fare la spesa senza che mi
succedesse
qualcosa di terribilmente catastrofico. Stavo attraversando il parco
deserto
quando sentii dei rumori dietro di me. Mi voltai di scatto, pensando di
vivere
una delle solite scene da film in cui lo sfigato di turno si gira e non
c’è
nessuno. Ma non fu così, purtroppo, perché vidi
un uomo a pochi passi da me. I suoi
occhi rossi non erano certo rassicuranti e in un lampo raggiunsi la
consapevolezza di essere in pericolo. Per la seconda volta nel giro di
una
settimana mi ritrovavo nella stessa spiacevole situazione.
Era buio ma potevo chiaramente vedere la pelle
diafana e la anormale bellezza di quel ragazzo immortale. Indossava dei
jeans e
una giacca di pelle simile alla mia. Disordinati riccioli biondi gli
incorniciavano il viso.
“Chi sei?”. Formulai la prima
domanda che
mi saltò in mente, indietreggiando il più
possibile nel frattempo.
“Dov’è
lei?”. Senza che me ne rendessi
conto mi ritrovai nella sua morsa, con le sue braccia che bloccavano le
mie
dietro la schiena. Lo sconosciuto mi annusò il collo,
sospirando esasperato. Cosa
voleva quel vampiro da Sulpicia?
“Non so di cosa stai
parlando…”. Mentire era
l’unica cosa che non avrei dovuto fare. Mi resi conto di
stare volando solo quando
sbattei con violenza contro il tronco duro di un albero. Crollai a
terra
gemendo e portandomi una mano alla schiena, che bruciava in modo
insopportabile. Davanti al mio raggio visivo offuscato apparve di nuovo
il nemico,
che mi prese per il bavero della giacca e mi sollevò.
“Sai bene cosa posso
farti!” disse furibondo, con gli occhi che parevano ardere.
“Non ti conviene
giocare con me! La vita che ti è stata donata per me non
vale niente! E ci
vorrebbe un niente anche per togliertela!”
Aveva ragione, ma se anche avessi saputo
qualcosa non avrei tradito la donna che amavo. “Non so di
cosa parli!” esclamai
con una convinzione che non credevo di possedere.
La sua mano sul mio collo mi tolse il
respiro in pochi secondi. Chiusi gli occhi aspettando la mia miserabile
fine.
L’aria che mi solleticava i polmoni fu
del
tutto inaspettata, come l’urlo che mi giunse alle orecchie e
la sensazione del
mio corpo appoggiato di nuovo al tronco dell’albero. Trovai
il coraggio di
guardare e ciò che riuscii a distinguere furono due
offuscate figure immerse in
una lotta selvaggia. Ma tutto era troppo veloce e avvertivo la
sensazione di
qualcosa di liquido che mi impregnava la maglietta. Ero ferito e quando
mi
passai di nuovo una mano sulla schiena la ritirai coperta di sangue.
Crollai a
terra e rimasi cosciente fino a che le urla non si tramutarono in
silenzio.
Poi mi sentii sollevare e distinsi il
volto di Tiziano che mi sovrastava. Va
proprio di male in peggio, pensai prima di perdere i sensi.