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Autore: hislaugh    30/01/2014    4 recensioni
«Tu sei come l’oceano.» la vidi alzare per la seconda volta gli occhi dal suo libro e notai una certa nota di irritazione in essi ma decisi di non darci tanto peso. La sua espressione si fece curiosa.
«Chi si ferma a guardarti rimane ammaliato dalla tua bellezza, ma si ferma solo all’apparenza. Dentro di te invece abita la tempesta.» vidi la sua espressione completamente indifferente e per un attimo mi lascia ingannare il tempo necessario per vedere le sue labbra tremare e il suo sguardo abbassarsi sulle sue dita che non si davano tregua.
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Lui saprebbe inventarla una strada, qui, in mezzo a questo silenzio, 
in questa terra che non vuole parlare."



 
Non sono mai stato un tipo chiacchierone. Non mi sono mai piaciute tutte quelle parole dette tanto per sprecare fiato e basta. Non mi sono mai piaciute le parole. Le parole ingannano, illudono. A me piacciono i fatti. Con quelli non si scappa: con quelli si è sinceri, veri, reali, si è se stessi. Io sono più un tipo che sta dietro le quinte e osserva i protagonisti recitare sul palco. Io osservo. Osservo i comportamenti delle persone, osservo i loro gesti, le loro espressioni e capisco. Capisco quello che tutti gli altri ignorano. Perché la gente crede alle parole, crede a quei sto bene mentre magari dentro si cade in un baratro sempre più profondo e oscuro. Si crede a quei sorrisi così finti da sembrare delle maschere mentre se si facesse più attenzione si noterebbe che gli occhi sono spenti, vuoti, assenti. Si crede a tutto quello che si vede. Nessuno si ferma mai ad osservare. Perché vedere e osservare non sono la stessa cosa. E io osservo. Mi piace. Mi piace scoprire le persone per quello che sono davvero e non per quello che vogliono apparire.
Ogni mattina, prima di entrare a scuola, mi appoggio al muro del cancello e osservo. Osservo quelli che iniziano il loro primo anno che si strofinano le mani sui jeans, troppo nervosi per spiccicare anche mezza parola. Troppo impauriti per alzare lo sguardo su chi, magari, è li da più tempo. Osservo chi già in quella scuola ci sta da più anni, e osservo come camminano sicuri di loro, con le mani in tasca, gli occhiali da sole sul naso e un sorriso sicuro sul volto. Osservo lo sguardo severo degli insegnanti vagare tra tutti quegli adolescenti, sognando di ritornare giovani e non dover stare li a ripetere cose e a dover urlare per ottenere un po’ di silenzio in classe. E poi c’è lei.
Lei che manda a quel paese ogni mia razionalità. Lei che mi fa venire voglia di parlare e parlare fino a non avere più fiato. Lei che difenderei da tutto e tutti.
Ma più di tutto, lei che ha bisogno di essere salvata.
La vedo camminare tranquilla, all’apparenza sicura di se, con un sorriso sereno sul volto che stona con la tristezza che emanano i suoi occhi. La vedo ridere, salutare tutti con così tanta vivacità che non si direbbe che quella ragazza stia male. Probabilmente tutti quelli che la conoscono non si sono neanche mai posti il problema perché alla fine basta poco per ingannare. Basta un semplice sorriso e per tutti gli altri va tutto bene. Ma non è così e io lo vedo. Vedo quella ragazza torturarsi le dita, la vedo abbassare lo sguardo quando i professori la rimproverano perché il suo sguardo si perde fuori dalla finestra, volando chissà dove. Vedo i suoi occhi perdersi nel vuoto e la sento distante, come se fosse lontana anni luce. La vedo parlare con i suoi amici ma i suoi occhi non incrociano mai quelli della persona con cui parla. La vedo scappare. Scappare dagli sguardi, scappare dalle domande, la vedo scappare dalle persone. Probabilmente non c’è niente di più spaventoso nelle persone che scappano. Chi scappa, scappa per paura. E cosa c’è di peggio della paura? Quella paura di essere scoperti per come si è realmente, quella paura di non piacere, quella paura che ti costringe a scappare da ogni cosa e ogni persona. E io quella paura la vedo in lei. In lei che si è dovuta costruire un muro per non far vedere quanto in realtà questa paura la renda fragile. Quel muro che probabilmente nessuno nota, che nessuno si è mai preoccupato di abbattere. La vedo scappare e rifugiarsi nella libreria vicino casa mia. Forse quello è l’unico posto in cui l’ho vista più a suo agio. A volte mi incanto ad osservarla. La seguo o semplicemente mi reco li quando mi lasciano un po’ di tempo libero oppure si esce prima da scuola e la trovo li. La trovo seduta sempre nello stesso posto, sempre nella stessa vecchia poltrona rossa con le gambe portate al petto e il libro sopra di esse. La vedo buttare degli sguardi allo schermo del telefono quando si illumina per poi ritornare al suo libro, fregandosene di chi la stesse cercando perché in quel momento il resto del mondo non esiste. Sono solo lei e il suo libro. L’ho vista sorridere come mai l’ho vista sorridere con qualcuno. Ho visto le sue labbra curvarsi in un vero sorriso, tutto per opera di un libro. L’ho vista piangere. Ho visto i suoi meravigliosi occhi blu riempirsi di lacrime che sistematicamente venivano sciugate con la manica del suo maglioncino, come se avesse paura che qualcuno potesse vederla così fragile. L’ho vista arrabbiata. Ho visto la sua fronte corrucciarsi fino a far spuntare le classiche lineette, magari per una scelta del protagonista che non approvava. L’ho vista legarsi i capelli castani con tanta cura intrecciandoli gli uni con gli altri, fino a formare una treccia disordinata, come da copione. Dentro quel posto pieno di libri ho visto la vera lei e mi sono ripromesso che questo pomeriggio sarei tornato li e le avrei finalmente parlato. Non importa cosa le avrei detto, anche un insignificante ‘ciao’ ma ho giurato a me stesso che avrei sentito il suono della sua voce, proprio come fino ad allora ho solo immaginato. E come quasi ogni pomeriggio mi sono recato li, in quel posto pieno di parole, di pagine, di pensieri e poesie e l’ho trovata li, seduta sempre nella sua poltrona, con una piccola luce accesa e il libro posato sul tavolinetto la vicino. E’ così bella, da togliere il fiato.
Vai, parlale.
E’ incredibile come sembrino facili le cose nella nostra mente quando poi farle nella realtà è come scalare una grossa montagna. E tu pensi non ce la farò mai. E alla fine, prima che tu possa pensarci davvero, ti butti.
«Ciao.» la vidi alzare distrattamente gli occhi dal suo libro per posarli su di me. Mi scrutò con curiosità chiedendosi che ci facesse uno come me in un posto del genere. Me lo domandavo pure io. I suoi occhi erano di quel blu che avevo sempre ammirato da lontano e se possibile erano ancora più belli da quella distanza. Le labbra rosee erano dischiuse per lo stupore. Stava cercando le parole migliori da dire.
«Ciao.» e fu proprio come me l’ero immaginata: dolce. La sua voce era dolce. Di quella dolcezza che ti riempie il cuore, facendoti sentire quel calore interno che solo poche cose riescono a farti provare. Mi sedetti nella poltrona dall’altro lato del tavolinetto, potendola guardare meglio. Cercai di leggere il titolo del libro e se la vista non m’ingannava c’era scritto oceano mare.
«Tu sei come l’oceano.» la vidi alzare per la seconda volta gli occhi dal suo libro e notai una certa nota di irritazione in essi ma decisi di non darci tanto peso. La sua espressione si fece curiosa.
«Chi si ferma a guardarti rimane ammaliato dalla tua bellezza, ma si ferma solo all’apparenza. Dentro di te invece abita la tempesta.» vidi la sua espressione completamente indifferente e per un attimo mi lascia ingannare il tempo necessario per vedere le sue labbra tremare e il suo sguardo abbassarsi sulle sue dita che non si davano tregua. Quella ragazza era così fragile e non potei fare a meno di pensare che tra tutte le cose e persone che avevo osservato in tutto quel tempo lei era la più bella. Con quei suoi occhioni azzurri e la fragilità che possiedono solo le persone in grado di sentire e percepire ogni cosa così intensamente da lasciarsi abbattere per un nonnulla. E lei era tutto quello: tristezza, fragilità, bellezza, fascino e ingenuità concentrato in un corpo così piccolo da poter contenere tutto quello. Troppo distrutto per essere lasciato in balia delle onde. E magari io potevo salvarla. Potevo salvarla da quel vuoto nero come la pece. Potevo essere la sua ancora, se solo lei me lo avesse permesso. Perché ero disposto anche a quello: ero disposto a conoscere i suoi demoni interiori e a combatterli, insieme.
Ero disposto a rompere quel muro, ad abbatterlo e far vivere di nuovo quella ragazza come mai nessuno aveva mai provato a fare. 




 


 


Spazio Autrice: c'è nessuno? ahah. Si, sono le 00:25 e io scrivo, ma vabbè. Dettagli. Comunque, questa one shot è uscità così, dal nulla. Avevo bisogno di scrivere e questo è quello che è venuto fuori e spero vi piaccia. A me convince a metà non so perchè. Vabbè, in ogni caso, fatemi sapere quello che pensate. Sia complimenti che critiche, mi interessano entrambi :)
  
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