Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: lalla124    10/06/2008    1 recensioni
Salve! Mi chiamo Laura e questa è la mia primissima fanfiction che pubblico (oh, che emozione!). Molto probabiilmente non sarà un granché, quindi sarei felice se mi faceste commenti e critiche per capire se è possibile continuare o se è meglio smettere. La storia inizia alla fine di Eclipse e non viene narrata da Bella ma da un personaggio di mia invenzione: una misteriosa ragazza appena trasferita a Forks... Grazie in anticipo! Ciaooooo!
Genere: Avventura, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Volterra

25) Volterra

 

Era sabato mattina. Per la precisione le quattro di sabato mattina. Era da sempre stato un mio vizio quello di agitarmi per niente prima della partenza per un viaggio. Così alle quattro di quel giorno io ero ancora sveglia. Avevo passato il tempo a rigirarmi inutilmente sotto le lenzuola. Mi sarei dovuta alzare tra un ora, ma invece non avevo chiuso occhio.

Mi aveva sorpresa la normalità di quella settimana; tra scuola, Jacob e visitine occasionali di Alice questa era stata una delle poche volte in qui il mio morale si poteva considerare normalmente sereno; l’unico fatto emozionante era stata mia sorella che brontolava perché voleva venire anche lei con me.

Alice mi aveva raccomandato di portare solo un semplice zainetto, più per copertura che per altro. Mi aveva detto che saremmo andati diretti a Volterra, senza fermate. Quello però che mi rendeva più nervosa era l’idea di salutare Jacob. Aveva detto che mi avrebbe salutato questa mattina. Mi dispiaceva tantissimo lasciarlo, anche se per poco.

Degli strani rumori contro il vetro attirarono la mia attenzione. Io ebbi un sussulto ed il sudore freddo. Mi alzai cauta dal letto e andai a scostare le tende della finestra. Un sorriso mi illuminò il viso. Jacob mi stava salutando dall’altra parte del vetro, aggrappato alla grondaia. Non doveva essere una posizione particolarmente comoda la sua. Era venuto a trovarmi di notte un’altra volta. Io aprii la finestra. Un venticello autunnale e freddo mi ghiacciò la pelle, subito compensato dal calore del corpo di Jacob vicino a me.

“Questa allora è la tua idea di saluto” gli dissi.

“Certo, quando mi impegno faccio le cose in grande” disse lui cingendomi i fianchi.

“Mi piace come idea” feci io “E quindi di cosa si tratta questo tuo modo di salutare “in grande”?”

Lui in risposta mi sorrise malizioso. Fu troppo veloce e non mi resi nemmeno conto di quello che fece. Mi ritrovai distesa sul mio letto con lui sopra di me. Solo in quell’occasione divenni conscia del fatto che il corpo di Jacob era quasi il doppio del mio. Anche se rimasi all’inizio un po’ sorpresa non mi sconvolsi particolarmente. Lui, sopra di me, mi continuava a guardare con sguardo particolarmente dolce.

“E quindi?” dissi anch’io maliziosa. Lui si appoggiò sui gomiti, disposti entrambi ai lati del mo viso.

“E quindi, signorina McAnderson, faccia un bel respiro” mi sussurrò lui ad un centimetro dalle mie labbra prima di baciarmi. Sempre quel bacio particolare. Ma sembrava diverso. Jacob non mi aveva mai baciata in quel modo. Ne ero sicura, si trattava di quel bacio. La sua lingua si intrecciava con la mia e sentivo il suo respiro dentro la mia bocca. Perché allora sembrava così diverso? Cominciai ad avere anche il fiatone. Facevo fatica a respirare. Volevo che Jacob si staccasse per riprendere aria, ma al tempo stesso non volevo assolutamente che accadesse. Inoltre, anche se avessi cercato di scostarlo, sarebbe stato davvero difficile; infatti lui non sembrava avere nessuna intenzione di staccarsi da me. Alternava baci dolci e decisi, con baci passionali, per niente violenti, ma che possedevano la stessa intensità. A causa di Jacob stavo cominciando a sudare e a morire dal caldo. Ma volevo lo stesso che non smettesse. Quando dopo pochi minuti si staccò da me sentii l’ossigeno entrarmi pienamente nei polmoni. Era una sensazione rasserenante, ma mai quanto quella provata prima. Sentivo il respiro veloce. Lui invece sembrava impeccabile. Mi guardava con un sorriso.

“Dovrebbe bastare per sopravvivere per due giorni” constatò alla fine con un velo di ironia. Io, perplessa, non riuscivo ancora a capire cosa avesse fatto.

“Ma cos…” non finii la frase che il mio sguardo incrociò l’orologio. Era passata mezz’ora, altro che pochi minuti. Per tutto questo arco di tempo lui mi aveva baciata in quel modo “speciale”. La durata che aveva prolungato l’intensità aveva reso tutto diverso.

“Qualcosa non va?” mi chiese Jacob ancora sopra di me, insospettito dalla mia espressione perplessa.

“No…no…” balbettai io “Sai, credo che dovrei andare via più spesso…” dissi io sarcastica.

“Non ci provare nemmeno” mormorò avvicinandosi a me. Questa volta però non mi baciò sulle labbra, ma bensì cominciò a darmi dei piccoli e lievi baci sul collo. Non l’aveva mai fatto prima. I brividi si erano trasformati in vere e proprie scosse che mi percuotevano tutto il corpo. Lui se ne accorse, ma continuò ininterrottamente con baci sempre più frequenti. Quando smise però le scosse non si fermarono.

“Perché stai tremando? Hai per caso freddo?” Io gli risposi con un sorriso, ma ancora sorpresa.

“No, tremo per colpa tua. Da quando in qua sei diventato così intraprendente?”

“Ovvio, per colpa tua. Tu te ne vai, tu paghi le conseguenze” rispose lui con un sorriso stampato in faccia. Anch’io risposi al suo sorriso. Perché le scosse non erano ancora passate?

“Sei sicura di sentirti bene?” Lui mi guardò preoccupato. Io però annuii in modo non convincente. Da preoccupato si fece sorpreso.

“Non starai mica ancora tremando per quello che ti ho fatto?” 

Non volevo sembrare una che si emozionava per niente, ma anche se avessi negato lui non mi avrebbe creduta. Annuii ancora una volta abbassando lo sguardo.

“Ah…” Lui si sorprese ancora di più. I brividi cessarono solo quando lui decise di abbracciarmi. Le sue braccia coprivano quasi tutta la mia schiena ed era una sensazione meravigliosa quella che provavo appoggiandomi al suo petto. In questo modo i tremori passarono immediatamente. Era davvero una sensazione meravigliosa ed inspiegabile.

“Mi mancherai…” sussurrò prima di darti un piccolo bacio dietro all’orecchio. Io sorrisi

Erano trascorsi solo pochi secondi quando un trillo acuto mi perforò le orecchie. Quella maledetta sveglia aveva cominciato a suonare. Era il segnale che mi avvertiva che dovevo andare, che dovevo lasciare Jacob. Tutto quel caldo mi impediva di pensare lucidamente. In quel momento nessuno poteva essere in grado di farmi staccare da Jacob, soprattutto se si trattava di una maledettissima sveglia.

“Credo sia proprio ora di alzarsi…” mugugnò Jacob.

“Non ne ho la benché minima voglia…” replicai io.

“Allora non andartene. Resta qui.”

Io lo guardai in malo modo, ma solo per un secondo. Avevo avuto la strana impressione che Jacob tentasse ancora un’ultima volta di convincermi a non partire e si era ridotto a questi ruffiani, se non penosi, sotterfugi. La cosa che mi convinse a non badarci, anzi, ad apprezzarlo era che lo stava facendo per me. Anche se controvoglia mi alzai dal letto e mi scostai da lui. Subito una sensazione di gelo mi trafisse la pelle. Anche lui si alzò e si diresse verso la mia finestra.

“Bhe… allora ci vediamo…” Stava cercando di fare l’indifferente, ma si intuiva dai suoi occhi che lo stava facendo per mascherare la sofferenza. Mi diressi verso di lui e cinsi un’ultima volta il collo con le braccia.

“Andrà tutto bene, non ti preoccupare…”

“Promettilo”

“Lo prometto”

“Natasha.”

“Cosa?”

“Ti amo.”

“Ti amo anch’io.”

Ed infine un ultimo bacio. Scavalcò la finestra e se ne andò. Presi un profondo respiro. Sarebbe stato un giorno intenso. Mi convinsi a prepararmi; da lì a poco i Cullen sarebbero arrivati.

 

Quando scesi in cucina per la colazione insieme al mio zaino-copertura mamma era sveglia e pimpante; alle cinque di sabato mattina. Desiderava salutarmi un ultima volta prima di partire. Neanche andassi chissà dove. Beh… andavo in Italia ed effettivamente poteva essere paragonato a questo “chissà dove”, ma lei non lo sapeva. Stavo andando a fare una fantastica gita immersa nella natura con i Cullen, non aveva motivo di essere più agitata di me.

“Buon giorno!” mi disse energica “pronta per la grande scampagnata?” Una grande scampagnata che comprendeva viaggio in auto e volo in aereo. Mi dava un grande fastidio mentire, soprattutto a mia madre, anche se questo rappresentava il “mentire a fin di bene” per eccellenza.

“…sì…” dissi moscia alzando a malapena il braccio in aria. Solo adesso mi stavo rendendo conto del mio sonno. Mamma mi guardò severa.

“Non hai chiuso occhio, vero?” Io annuii ad occhi chiusi. Ora il sonno si sentiva perfettamente. Ero certa che avrei passato tutto il viaggio a dormire; non credo che avrebbe creato problemi. Ebbi solo le forze sufficienti per tenere in mano una tazza bollente che mi diede mia madre. Caffè.

“Mamma, il caffè non mi fa niente!” mormorai io sedendomi su una sedia e sbadigliando. Mamma mia che sonno!

“Lo so, ma non c’è altro. Sei messa proprio bene. Potevi prenderti una camomilla ieri sera, no?”

“Non mi fa niente nemmeno quella…” mormorai sorseggiando il caffè bollente.

“Mi assicuri che non cadrai come una pera matura proprio mentre attraversi un burrone?” Io non riuscii a capire quello che disse, tant’ero assonnata.

“Kathy dorme ancora?”

“Per fortuna” fece mia madre tirando un sospiro di sollievo. Ieri sera non aveva fatto altro che tormentarci dicendoci che si sarebbe svegliata anche alle tre pur di salutare Jasper. Ma stava ancora dormendo; questo vuol dire che le stava cominciando a passare questa sua fissazione.

Sentimmo un lieve rumore di ruote sull’asfalto; erano arrivati. Io mi alzai molto lentamente dal tavolo. Sentii le forti braccia di mia madre abbracciarmi.

“Divertiti, tesoro” mi disse prima di darmi un bacio sulla fronte, scostandomi la frangia.

“Certo” risposi placata mettendomi sulle spalle il mio zaino. Riuscii ad uscire di casa senza problemi per fortuna. L’aria frizzante del mattino presto mi rinvigorì i polmoni ed in parte mi svegliò. Ovvero, mi diede l’energia sufficiente a tenere socchiusi gli occhi. Guardai davanti a me e vidi una Mercedes nera tirata a lucido. Il massimo della discrezione. La portiera anteriore si aprì e ne uscì Alice, sorridente come sempre. Io andai verso di lei.

“Sei pronta?” mi disse con un sorriso. Annuii e cercai di sorriderle anch’io. Lei mi prese lo zaino e lo mise nel bagagliaio, mentre mi invitava a salire in auto. Seguii il suo consiglio e mi sedetti nel posto centrale. Mi accorsi che tutti i sedili disponibili erano occupati. Vicino a me c’era Jasper, che mi impegnai a salutare con un sorriso, ma avevo paura che mi fosse uscita una smorfia.

“Buon giorno Natasha” mi salutò Carlisle, al volante, con la solita voce melodiosa.

“Buon giorno Carlisle” gli risposi, roca.

Alice intanto era rientrata in auto e si era seduta vicino a me. Non appena chiuse lo sportello Carlisle partì immediatamente. Capii che l’espressione “rispettare i limiti di velocità” non era presente nel loro dizionario. 

“Ciao, Natasha…”

Vicino a Carlisle sul sedile davanti c’era un'altra persona, vampiro sicuramente, che in un primo momento, anche a causa del sonno che avevo, non riuscii a capire chi fosse. Poi tutto mi fu chiaro. Davanti a me c’era Edward, ma aveva qualcosa di strano, che, sempre a causa del sonno, non riuscii a capire. Dopo pochi secondi lo capii e rimasi a bocca aperta. Aveva ancora i capelli a porcospino. Fu una vera e propria sorpresa. In tutto questo tempo i suoi capelli erano rimasti in quel modo. Come era possibile? La sorpresa mi diede l’energia sufficiente per intrattenere un discorso logico. A fatica trattenetti un sorriso.

“Ciao Edward!” questa volta la mia voce esprimeva veramente entusiasmo “Mi piace il tuo nuovo taglio di capelli!” Era ritornato a fissarmi con il vecchio sguardo pieno di rabbia, anche se molto più limitata.

“Rimettimeli a posto.”

“E se non ne fossi capace?” feci io con un sorrisetto. Volevo divertirmi a stuzzicarlo un po’. Lo stavo proprio facendo arrabbiare, ma mi stavo divertendo tantissimo. E poi se non lo prendevo io in giro, chi altri era in grado di farlo?

“Possono capitare a tutti degli incidenti” mi disse con tono calmo, ma ostile.

“È forse una minaccia?”

“Se lo desideri intendila pure in questo modo”

“Ehi, datevi una calmata.”

La voce placata di Carlisle riuscì a porre fine alla nostra discussione. Era venuto il momento di finirla di scherzare anche per me. Proprio come l’ultima volta mi concentrai sui capelli di Edward, ed in un secondo ricaddero sulla sua testa.

“Ti potrei anche ringraziare se non fossi stata tu a farli diventare in questo modo” disse distogliendo il suo sguardo dal mio, rimettendosi comodo e cominciando ad appiattirsi i capelli sulla testa. Pazzesco. Non riuscivo a capire. Come hanno potuto i capelli di Edward rimanere in quella posizione, immobili e dritti? Sicuramente aveva fatto qualcosa per farseli tornare come prima, ed essendo un vampiro era veramente strano che non ci fosse riuscito. 

“Ma… sei stato… tutto il tempo così?” chiesi ad Edward allibita.

“Sì” rispose lui secco. Jasper stava veramente fatica a non ridere.

“Non sai che risate quando l’abbiamo visto così!” disse ridendo Alice.

“Ma… sempre a causa mia?”

“Sì, cara…” mi rispose Edward irritato. Caspita. Era sorprendente. Non avevo davvero la minima idea che le mie doti potessero arrivare a tanto. Mi stavo quasi facendo paura. Il mio sguardo si posò sullo specchietto retrovisore dell’auto e vidi l’espressione di Carlisle. Non era serena come quella di Jasper ed Alice e tanto meno come quella arrabbiata di Edward. Ebbi anche un piccolo dejà-vu. Era l’esatta espressione seria ed attenta di quando l’avevo visto la prima volta, in ospedale. Sentii uno strano desiderio di voler conoscere a tutti i costi i suoi pensieri. Lui si accorse del mio sguardo fisso su di lui. Mi sorrise e tornò a guardare la strana con espressione neutra. Non mi piaceva. Anche la scorsa volta si era comportato in modo piuttosto strano. Dovevo parlargli. Avevo diritto di sapere se a farlo comportare in maniera così insolita ero io. Fu allora che mi accorsi di una cosa.

“Perché sei tornato qui a Forks?” chiesi curiosa ad Edward.

“È esattamente la stessa cosa che mi sono domandato io. Perché non se ne poteva stare laggiù?” fece ironico Jasper. Non pensavo fosse anche lui un tipo così alla mano.

“Grazie, Jasper…” rispose asciutto Edward.

“Non è mai un bene fidarsi dei Volturi. Per non correre rischi sono necessarie le doti superflue di Edward, Alice e Jasper.” intervenne Carlisle.

"Quindi anche Bella è venuto qui a Forks.”

“Ovvio.” Questa volta Edward mi aveva risposto con un po’ più di entusiasmo. Bene. Avrei potuto parlare con lei del bacio di Jacob e togliermi di dosso finalmente l’orribile sensazione che provavo solo pensandoci. E che, perciò, stavo provando anche ora, dato che ci stavo pensando. La cosa che mi faceva innervosire e arrabbiare  più di tutte era che non sapevo perché mi faceva così male. Era una faccenda avvenuta prima del mio arrivo. Una faccenda che non mi riguardava, per certi versi, di cui non mi dovevo preoccupare. Perché allora ero sempre così ansiosa?

Il freddo emanato da Jasper e Alice mi permise di destarmi e rimanere sveglia, anche se il gelo non mi era mai piaciuto. Sentii un piccolo brivido dovuto al freddo lungo la schiena che mi fece tremare leggermente e mi diede anche parecchio fastidio. Carlisle lo notò e ben pensò di accendere il riscaldamento. Una piacevole arietta calda e confortevole mi avvolse. In mezzo a tutto quel tepore mi sentivo benissimo, tanto bene da potermi addormentare. Tutto il sonno che avevo provato si fece risentire e le palpebre diventarono pesanti. Mi sarei sicuramente addormentata. Avrei voluto tanto reagire e cercare di contrastare il desiderio di dormire. Senza rendermene conto la mia testa si appoggiò sulla spalla di Alice. Ero però ancora desta e consapevole di quello che mi circondava. Continuavo infatti a sentire le ruote dell’auto che veloci correvano sull’asfalto, producendo per mia sfortuna un dolce tremolio, che mi fece del tutto addormentare.

 

Uno scossone mi risvegliò. Mi guardai intorno un po’ spaesata. L’auto era vuota e per poco non mi venne un colpo.

“Ehi, dormigliona. Siamo arrivati all’aeroporto.” Eravamo arrivati all’aeroporto di Seattle.

Mi girai di scatto. Alice, fuori dall’auto, teneva aperta la portiera e mi stava guardando con un sorriso. O mannaggia. Come si voleva dimostrare mi ero addormentata. Il fatto più grave è che mi sembrava di avere più sonno di prima. Con grande forza di volontà che non sapevo neppure di avere scesi dall’auto. Dovevano essere le sei di mattina, quindi non c’era un sole accecante, ma non appena uscii dovetti subito chiudere gli occhi per la troppa luce; appena alzata ero strasensibile alla luce, ma non volevo far perdere tempo a tutti, quindi mi sbrigai a chiudere alla svelta la portiera della Mercedes, lasciando al suo interno il mio zaino-copertura.

“Così abbiamo fatto la notte in bianco” disse Jasper comparendo al mio fianco, mentre tutti e cinque ci stavamo dirigendo verso l’entrata dell’aeroporto. Aveva uno strano sorrisetto da presa in giro che mi diede parecchio fastidio.

“…ma dai…” risposi io tra la stizza ed il sonno. Avevamo intanto raggiunto l’entrata e tutta la magnificenza dell’aeroporto si mostrava ai miei occhi. Certo, avevo visto aeroporti più grandi, ma nonostante tutto mi sembrò veramente gigantesco.

“Perché c’era lui, non è vero?” mi disse neutro. E no. Questo era troppo. Jasper non si poteva permettere di farmi queste domande. Gli lanciai uno sguardo fiammeggiante.

“E anche se fosse?” bisbigliai acida.

“Ehi, non voglio farti la ramanzina. A quello credo che Alice ci abbia già pensato, vero?” dissi lui pacato guardandomi. Io non riposi, ma lo continuai a fissare. Lo prese come un sì.

“Prima di giudicare quello che ti ha detto, che non dovrebbe essere stato positivo,” continuò questa volta guardandomi in viso “forse è meglio che tu sappia che Alice ha fatto i salti di gioia quando ha capito che tu ti eri innamorata.” Spostò lo sguardo davanti a sé “Bhe… non ha reagito nello stesso modo quando ha scoperto di chi ti eri innamorata…ma questa è un’altra faccenda.” Io lo guardai stupita. Credevo che a causa del sonno avessi capito male. Davvero Alice era stata felice per me? Era strano crederlo; solo le persone che mi volevano bene, come mamma e Kathy, erano felici per me. Che Alice fosse diventata una di quelle?

“Perché me lo hai detto?” chiesi ancora stupita e meno assonnata.

Avevamo attraversato tutto il grande corridoio dell’aeroporto e stavamo facendo la fila al check-in.

“Per farti capire che ci sono un po’ di vampiri a Forks per i quali tu conti più di qualcosa…” mi rispose Jasper guardandomi con mezzo sorriso. Io guardai in basso. Avevo pensato giusto. Non ero più semplicemente un fardello da proteggere.

“Sai… credo anch’io che ci siano un po’ di vampiri a Forks che per me contino più di qualcosa…” gli risposi rivolgendogli lo sguardo “Non pensare che tra questi ci sia anche tu…” dissi ironica con un sorriso. Era quasi arrivato il nostro turno al check-in.

“Non mi ha nemmeno sfiorato il pensiero…” rispose lui con lo stesso tono sarcastico. Io gli sorrisi, e lui contraccambiò. Si era dimostrato davvero un grande amico.

Passato il check-in dovemmo aspettare solo pochi minuti prima di imbarcarci sul nostro aereo. Strano, visto che di solito l’attesa era di ore. L’imbarco invece durò due ore. Ecco la fregatura. Passai queste due esasperanti ore seduta a combattere contro la mia voglia di dormire. Quando mi consegnarono il mio biglietto notai con sorpresa che mi sarei goduta tutto il viaggio di complessive nove ore in prima classe. I Cullen si erano trattai proprio bene. Solamente una volta avevo viaggiato in prima classe. I sedili erano proprio comodi per dormire. Inoltre il volo era diretto, perciò sarebbero state nove ore di assoluto sonno. Già me le pregustavo. Non ero mai stata troppo dormigliona, ma ora desideravo fare solo quello. Arrivò finalmente il momento di salire sull’aereo. La prima classe era, come dire, degna di questo nome. Sedili disposti a due a due, con uno grande schermo in fondo alla sala, cameriere che ogni due ore offrivano cocktail dai nomi impronunciabili e tutto quello che una prima classe poteva avere. A me importava poco di tutto questo. Quello che mi premeva di più era l’imbottitura dei sedili che, a prima vista, sembravano davvero comodi. Mi sedetti subito al posto indicatomi sul biglietto, tra Alice ed il finestrino. Era veramente comodo come sembrava, ottimo per un piccolo sonnellino di nove ore. Con grande forza di volontà mi costrinsi ad ascoltare l’hostess mentre ci indicava le uscite di sicurezza e ci segnalava le solite precauzioni base di sicurezza. Non appena finì mi misi comoda e mi appisolai subito, evitando di sentire Alice vicino a me ridacchiare.

Non feci però sogni tranquilli. Era tutto molto confuso. E buio. C’era tanta, troppa confusione. Mi stava facendo male la testa, seppur stessi dormendo. Tutto attorno a me era sfuocato. E soprattutto buio. Si incominciarono a susseguirsi tante immagine, troppo velocemente da poterle capire. Il mal di testa stava crescendo, insieme alla successione di immagini sempre più veloci. Aprii di scatto gli occhi. Mi ritrovai raggomitolata sul mio sedile. Il mio cuore stava battendo velocemente, troppo velocemente.

“Dormito bene?” mi disse Alice al mio fianco. Io annuii con la testa.

“Vado un attimo al bagno” risposi io. Mi alzai e andai verso la toilette. Ne approfittai così anche per stiracchiarmi un po’. Sentivo tutte le gambe intorpidite. Mi chiusi nel piccolo bagno e mi bagnai il viso con un po’ d’acqua. Il cuore nel frattempo aveva smesso di battere così veloce. Non andava bene, non stava andando per niente bene. Prima quella visione strana, adesso questo. Perché era diventato tutto così diverso? Invece di aiutarmi i sogni e queste “visioni” mi stavano complicando le cose. Decisi di non dirglielo a Carlisle. Almeno, non ora. Tra attacchi di sonnambulismo e strane visioni ero sicura che lo avrei allarmato e basta, anche perché credevo che, esattamente come le altre volte, non avrebbe saputo nemmeno lui cosa fare. Guardai l’orologio. Erano le sette di sera ed il cielo era diventato buio. Tra poco saremmo atterrati a Firenze.

 

Ci volle la bellezza di un ora per atterrare e scendere. Eravamo all’aeroporto di Firenze. Abituata agli aeroporti delle grandi città considerai questo il più piccolo aeroporto che avessi mai visto. Ma non importava. Non mi trovavo qui per giudicare le dimensioni di un aeroporto. Sentii le farfalle nello stomaco. Non avevo mai pensato seriamente all’incontro con questi Volturi. Più volte i Cullen mi avevano detto che erano persone imprevedibili di cui era bene non fidarsi totalmente. Sapevo che non potevano farmi del male, essendo comunque dei comuni vampiri, ma per la prima volta divenni timorosa di incontrarli. Uscimmo finalmente dall’aeroporto.

“Aspettate un attimo” disse Carlisle andandosene chissà dove. Cinque minuti dopo tornò insieme ad un coupé nero a cinque porte che parcheggiò davanti a noi. Salii in silenzio, cercando solo di immaginare dove avesse preso un’auto del genere. Una volta saliti l’auto partì subito spedita alla volta di Volterra. Luci sfrecciavano veloci nel paesaggio buio attraverso il finestrino. In circa un’ora arrivammo presso ai bastioni che circondavano la cittadina di Volterra. Carlisle parcheggiò poco lontano. Gli altri scesero. Stavo per imitarli quando Carlisle mi chiamò.

“Natasha?” Io mi fermai, seduta sul sedile posteriore.

“Sei agitata?” mi chiese lui.

“Un pochino” dissi sincera. Sul suo viso si dipinse una smorfia.

“Lo sai che non possono farti del male.”

“Sì lo so” La sua smorfia si trasformò in un sorrisino per niente allegro.

“Immune o no, hai ragione ad esserlo.” Il suo sorriso scomparve e tornò serio “Da quando il loro esercito è stato distrutto sono diventati molto più cauti. Questi non sono per loro dei bei ricordi. Pertanto alcuni si sono rifiutati di credere alle mie parole riguardo la tua vera natura. Comportamento giustificabile. Quindi potrebbero dimostrarsi… non molto cortesi nei tuoi confronti.” Poi tornò a guardarmi negli occhi “Non ti spaventare di come si potranno comportare all’inizio.” 

Cosa vorrebbe dire “Non ti spaventare di come si potranno comportare all’inizio”?!?! Un piccolo brivido mi percosse la schiena. Carlisle percepì la mia perplessità e abbassò lo sguardo.

“Chiedere aiuto ai Volturi era l’ultima cosa che avrei voluto fare. A questo punto però non c’è altra scelta, data la situazione…” poi tornò a posare lo sguardo su di me.

“Sono pronta” gli dissi io con un sorriso, a cui lui contraccambiò. Scendemmo entrambi dalla decappottabile e raggiungemmo gli altri, ai limiti dei bastioni.

La piccola e antica città brulicava di persone, ignote della presenza dei vampiri in una così tranquilla cittadina. Pensai che almeno avrei visitato una città italiana. Invece non mi condussero attraverso il centro, bensì mi portarono in vie strette e poco illuminate. Tanto era il silenzio che non osai chiedere dove e come con precisione avremmo dovuto incontrare i Volturi. Mi accorsi che mi avevano circondato; Carlisle camminava davanti a me, Jasper ed Alice ai miei fianchi ed Edward dietro di me. Mi sentii un po’ soffocata.

“È da molto che non abbiamo il piacere di una tua visita, Carlisle.”  Era una voce molto profonda. Quella tipica e melodiosa dei vampiri, ma in quella voce c’era anche una nota che stonava, che incuteva una strana paura. A causa di Carlisle davanti a me non riuscii a vedere il proprietario di quella voce, ma distinsi chiaramente l’imponente massa del suo corpo.

“È vero, Felix” si limitò a dire Carlisle, con lo stesso tono. Non avevo mai sentito la voce di Carlisle impressa di quella strana nota di terrore. Per un secondo ebbi quasi paura di lui. 

“È qui?” Sentii chiaramente una goccia di sudore percorrermi la schiena. Stavano parlando di me. Attorno a me gli altri erano rimasti totalmente impassibili, in silenzio, guardando davanti a sé.

“Certo, dubiti forse della mia parola?” gli rispose Carlisle gentilmente, ma allo stesso tempo provocatorio.

“Non mi permetterei mai, Carlisle.” rispose Felix.

“Bene, guidaci allora.” Felix non rispose, in compenso Carlisle davanti a me cominciò a muoversi e io lo seguii. Questo Felix ci stava guidando dai Volturi. Sentii la fredda mano di Alice stringere la mia. Aveva dunque percepito la mia agitazione. Camminammo per dei buoni cinque minuti, finché non ci fermammo in mezzo alla strada.”

“Prego” sentii dire Felix

“Prima tu, Felix” gli rispose Carlisle gentilmente, ma in tono freddo. Non capii cosa stava succedendo. Trascorsero alcuni secondi di silenzio, finché Carlisle si mosse. Fece solo pochi passi che subito scomparve. Io strabuzzai gli occhi per lo stupore. Poi vidi tra il buio del terreno un tombino aperto e intuii che Carlisle fosse saltato giù. Fogne? I Volturi abitavano nelle fogne? Mi ero fatta un’idea diversa dei “vampiri più famosi tra i vampiri”. Credevo fossero più raffinati. Guardai in basso; da laggiù Carlisle stava ricambiando il mio sguardo. Certo che da lì pareva essere profondo. Ed io soffrivo di vertigini. Non era però proprio il momento di lamentarsi. Senza guardare giù saltai. Nei terribili secondi in qui sentii il vuoto sotto i piedi sentii anche il cuore alla gola. Subito dopo però le fredde braccia di Carlisle mi presero al volo. In quell’occasione vidi interamente per la prima volta Felix. Era il più grosso vampiri che io avessi mai visto, anche se di vampiri ne avevo visti piuttosto pochi. Superava persino la stazza di Emmett. I miei occhi si incontrarono con i suoi e vidi una cosa che non mi aspettai: totale stupore. Quando Carlisle mi posò a terra gli altri erano già scesi e subito ripresero la postazione di prima, coprendomi dalla visuale di Felix. Carlisle davanti a me si incamminò ed io feci lo stesso. Perché quel vampiro mi aveva lanciato un’occhiata di stupore? Sapeva del mio arrivo. Forse in realtà era uno di quelli che non avevano creduto a Carlisle? Pensava forse che io fossi solo una comune umana?

Questi erano i pensieri che ronzavano nella mia testa mentre percorrevamo un lungo corridoio buio e freddo, per giunta. Camminammo per un buon quarto d’ora nel buio e nel freddo. A causa dei vampiri che mi circondavano non riuscivo ad orientarmi per niente. La mia sopportazione della temperatura esterna stava per raggiungere il limite, ma nonostante tutto riuscii incredibilmente a trattenere ciascuno dei brividi che minacciavano di percorrermi la schiena, finché entrammo in un ascensore molto ampio. Mi limitai ad immaginare cosa ci faceva un ascensore lì sotto. Senza alcun rumore le porte si chiusero e sempre in silenzio cominciò a salire. Bastarono solo pochi secondi e subito le porte si riaprirono di nuovo. Ora mi trovavo in uno spazio del tutto diverso da quello precedente; anche se il buio persisteva il salotto in cui mi trovavo era arredato in maniera lussuosa e raffinata. Questa era per esattezza la mia idea di vampiri. Non ebbi però tempo per pensare a queste cose, sia perché la mia visuale era ostruita dai quattro vampiri che mi stavano circondando, sia perché Carlisle davanti a me aveva ricominciato a camminare, ora in maniera molto più spedita. Felix davanti a noi aprì numerose porte, che svelavano un lungo corridoio ricoperto da una soffice moquette. All’improvviso tutti si fermarono. Eravamo giunti davanti ad una possente, ma nel contempo anch’essa raffinata, porta intarsiata da numerose decorazioni.

“Vi stanno già tutti aspettando” ci comunicò Felix prima di spalancare come se niente fosse quelle porte apparentemente molto pesanti. In quel momento capii che dietro a quella porta c’erano i Volturi. Alice mi strinse ancora una volta la mano e questa volta risposi stringendola più che potei.

                                                                                                                                                                                          

Quando entrammo Alice e Jasper si portarono dietro insieme a Edward, potendo farmi vedere lo spettacolo che mi si parava davanti. Per un momento mi dimenticai come si respirasse. Non avevo mai visto tanti vampiri in una volta sola. E tutti mi stavano guardando con lo stesso sguardo di stupore di Felix. Non volevano togliermi lo sguardo di dosso e ciò contribuiva a mettermi in tensione più di quanto non lo ero. Cercai di evitare di guardare tutti quei vampiri che mi stavano fissando e mi limitai a tenere lo sguardo fisso sulla schiena di Carlisle. Sfortunatamente anche Carlisle si era spostato accanto a me. Davanti a me si innalzava un imponente vampiro, coperto da un grosso mantello nero. Pur essendo un vampiro la sua pelle diafana era diversa; smbrava fragile carta velina pronta a spezzarsi da un momento all’altro. Mi sembrò strano, visto che i vampiri, a quanto sapevo, erano immortali. Forse quello davanti a me era un vampiro millenario e dopo i millenni era probabile che la pelle finisse per perdere la sua composizione. Una cosa di cui ero più che sicura era che il suo sguardo mi metteva una grande soggezione. 

“È un vero piacere avervi qui con noi” La voce di quel vampiro risuonò per tutta la stanza, diretta ai Cullen, i quali tuttavia non si mossero. Non sembravano per niente tranquilli, anzi, si mostravano all’erta.

“Ed è un vero onore per noi la tua visita, Carlisle” continuò rivolgendosi ora solamente a lui.

“Il piacere è mio, Aro.” Aro. Era questo quindi il nome del vampiro davanti a me. I suoi occhi rossi incontrarono di nuovo i miei.

“E quindi questa sarebbe…”

“Natasha” risposi io. Era stato più forte di me rispondere, anche se la soggezione mi attanagliava.

“Natasha…” sillabò Aro continuando a fissarmi con lo sguardo “Potresti venire più vicino, Natasha? Desidererei vederti meglio.” Non mi piacque per niente il suo tono di voce. Sembrava molto quello del macellaio mentre si rivolgeva all’agnello. Ed in questo caso l’agnello ero io. Accumulai tutta la poca sicurezza rimasta in me e mi avvicinai ad Aro quanto bastava. Lui continuò ad osservarmi e cominciò anche a girarmi attorno. Mi stavo innervosendo molto. Si fermò di nuovo davanti a me.

“Credo che ora tutti siano d’accordo riguardo le parole di Carlisle” Aro aveva un tono di voce leggermente più alto del solito ed esprimeva quasi rimprovero. All’improvviso vidi la sua mano avvicinarsi a me. Io la guardai confusa.

“Potresti toccare la mia mano?” mi disse in tono gentile. Io non capii cosa volesse fare, ma obbedii. Finalmente toccai quella sottile e delicata pelle diafana; era più morbida di quella dei normali vampiri, ma sembrava essere lo stesso altrettanto resistente. Passarono solamente pochi secondi e la sua mano si staccò dalla mia.

“Quindi le nostre capacità non funzionano nemmeno su di te…” affermò lui, continuando a studiarmi. Come aveva fatto a capirlo? Forse l’abilità di Aro si basava appunto nel contatto diretto. Lui notò la mia incredulità.

“Sono in grado di leggere i pensieri attraverso il tatto… Oh!...scusami se non mi sono ancora presentato” continuò, questa volta rivolto a me “io sono Aro e questi sono i miei fratelli Caius e Marcus” ed indicò due vampiri dietro di lui, anch’essi coperti dallo stesso mantello nero e con la medesima pelle diafana. Uno di loro aveva gli stessi capelli lunghi e corvini di Aro, l’altro invece aveva una lunga chioma bianca. Non avevo la minima idea di come rispondere alla presentazione. Mi limitai quindi a chinare goffamente il capo, pensando che comportarsi come alla corte di Francia dell’800 non facesse male.

Fu proprio durante quel impacciato saluto che il mio sguardo si incontrò casualmente con quello di uno dei vampiri che circondavano Aro. Fu proprio quello sguardo che mi colpì; non era rosso, come tutti quelli dei vampiri che si nutrivano di sangue umano, ma bensì di uno blu scuro, che si distingueva benissimo tra quelli degli altri ed era in grande contrasto con i suoi capelli ramati. Non era un vampiro normale. Impossibile. E se… I miei occhi tornarono a fissare quelli di Aro. Avevo la strana sensazione che avesse capito chi stessi osservando. Tornò poi a guardare i Cullen.

“Non credo che voi conosciate Andreas” ed indicò il vampiro dagli occhi blu, il quale fece un passo avanti ed un leggero inchino con la testa. Già, l’aveva capito.

“Un nuovo membro del tuo esercito, suppongo” gli rispose questa volta Edward dietro di me.

“Supponi bene, Edward. Andreas era un vampiro di Marte che ha rinunciato a seguirlo e si è unito a noi.” Ecco! Lo sapevo! Non era un vampiro normale. Qualcosa però non tornava. Carlisle mi aveva detto che i Volturi erano diventati molto più prudenti; non pensavo che fossero ancora disposti ad accettare tra loro un vampiro di Marte, anche se pentito. Qualcosa non andava; speravo tanto che lo avessero notato anche i Cullen. Ma forse mi stavo sbagliando. Probabilmente  ero troppo condizionata dai miei pregiudizi sui Volturi e quel Andreas aveva rinunciato veramente a seguire Marte. Scossi lievemente la testa e tornai a posare lo sguardo su Aro.

“Allora, Natasha…” mi disse sempre con tono gentile “Possiedi qualche…dote fuori dal comune?” Sul momento la mia voce non rispondeva ai comandi inviati dalla mente, quindi mi limitai ad annuire.

“Bene.” continuò Aro “Non voglio sembrare troppo indiscreto, ma potresti darci una piccola dimostrazione?” La sua voce mi piaceva sempre meno. Era tutto tranne che rassicurante. Non mi fidavo per niente di questo vampiro. Carlisle aveva aperto bocca, ma io lo anticipai subito.

“Mi spiace, ma non riesco a controllarne nessuna. Tutte queste… abilità si manifestano involontariamente.” Se c’era qualcuno che doveva parlare di me, la persona che aveva il pieno diritto di farlo ero io. Al momento non mi importava quello che intendeva fare Carlisle. Sapevo che in questo modo avrei mandato all’aria i precisi disegni che Carlisle si era fatto su questo incontro, ma di quel Andreas non mi fidavo più di Aro ed l’ultima cosa al mondo che avrei fatto era svelare ad un vampiro di Marte, pentito o no, le mie strane abilità.

“Davvero? Che peccato” Eh già, davvero un peccato, pensai sarcastica.

“E quali abilità hai dimostrato di possedere?” A parlare ora non era stato Aro, bensì quello che sarebbe dovuto essere Caius.

“Non molte; finora sono riuscita solamente a far lievitare occasionalmente gli oggetti.” Sapevo fare molte più cose ed ero anche in grado di teletrasportarmi secondo la mia volontà, ma non intendevo rivelarlo. Potevo sentire le occhiate di fuoco che Carlisle mi avrebbe lanciato se solo avesse potuto. Quelli davanti a me erano i vampiri che Carlisle intendeva convincere per proteggermi. Avrei dovuto stare zitta e lasciare fare tutto a lui. Ma era più forte di me; di loro non mi fidavo e basta.

“Sembri essere piuttosto stanca, Natasha.” La voce di Aro mi destò dai miei pensieri. Effettivamente tutta quella tensione che avevo provato aveva reso quelle nove ore inutili. Mi sarei seduta più che volentieri. Mi metteva però in imbarazzo l’idea che la mia stanchezza era così visibile.

“Jane, potresti accompagnare Natasha a riposarsi?” Riuscii a notare il messaggio sottinteso di questo messaggio; Aro voleva che io me ne andassi per parlare da solo con i Cullen. Una ragazza che non poteva dimostrare più di tredici anni si diresse verso di me e mi superò spedita. Caspita, che modi. Io arrivai quasi al punto di correrle dietro per seguire il suo passo. Ne approfittai per osservare le espressioni dei Cullen; erano rimaste esattamente come prima, immobili, attente ed impassibili. Ebbi però poco tempo per osservare i loro volti, poiché dovetti tenere il passo di quella piccola vampira. Quando uscii la vampira, Jane, senza nemmeno controllare se io la seguissi o meno, rifece la strada inversa a quella fatta per giungere quella grande sala piena zeppa di vampiri, sbattendo con rabbia le porte che incontrava. Io ormai stavo correndo per tenere il suo passo. Avevo come la netta impressione che io non le stessi molto a genio. Eravamo arrivati presso l’ascensore con cui ero salita poco prima; a causa della confusione non avevo potuto notare la scrivania e i numerosi divanetti che decoravano la sala. Sembrava una sala d’attesa, senza dubbio molto signorile e lussuosa. Jane si fermò di colpo e si girò verso di me; il suo bel visino era rovinato da un’evidente smorfia.

“Vi potete accomodare qui, Miss ” mi disse acida prima di andare via velocemente come aveva fatto prima. No, non dovevo stargli molto simpatica. Non sapevo il perché e sinceramente non mi importava scoprirlo. Mi sedetti su uno di quei comodissimi divanetti. Si stava proprio comodi, ma non era sufficiente per calmarmi; ero in un edificio che non avevo la più pallida idea di dove si trovasse pieno di vampiri. Anche se erano riuniti tutti in quella grande sala non mi sentivo per niente tranquilla. E inoltre morivo dalla voglia di ascoltare quello che i Volturi volevano dire ai Cullen e che io non potevo sentire.

All’improvviso divenne tutto buio. Oh no. Se succedeva senza la mia volontà allora voleva dire che non era un buon segno. Poi lo scenario davanti ai miei occhi si fece man mano più chiaro e meno sfuocato. Mi trovavo nella grande stanza di poco prima. O no. Stava succedendo esattamente quello che era successo con Jack. Ma ora ero nella mente di chi? Dal posto dove mi trovavo potevo vedere benissimo i Cullen. E inoltre mi trovavo vicino ad Aro. Fu proprio la ciocca di capelli ramati che mi spinse a concludere che gli occhi del vampiro con qui in quel momento vedevo erano di Andreas. Cercai di ascoltare la conversazione.

“Perché non l’hai fatto prima, Carlisle, perché non l’hai uccisa quando ancora non aveva manifestato nessun tipo di poteri?” disse Aro “Sai meglio di me che lei è pericolosa.”

“Aro, cerca di capire, questa volta è dalla nostra parte. Non capiterà la stessa cosa successa secoli fa” gli rispose Carlisle

“Carlisle, il nostro esercito è stato completamente distrutto! Lei è troppo pericolosa per rimanere ancora in vita!” Aro si stava sempre più irritando.

“Aro, ma cosa è successo! Non ti comporti più come una volta!” Anche Carlisle si stava irritando.

“No, Carlisle, sei tu quello che è stato cambiato da una creatura come lei!”

“Aro, lascia stare Anastasia”

“Ammettilo, Carlisle, non l’hai uccisa perché ti ricorda Anastasia”

“Anastasia non c’entra niente, Aro, cerca di ragionare” Il tono di Carlisle ora si era abbassato

“Carlisle, quello tra noi due che non capisce sei proprio tu…”

“E come pensi di fare? Come pensi di ucciderla…” chiese Carlisle provocatorio. Sul viso di Aro si dipinse ciò che in teoria doveva essere un sorriso.

“Andreas è un vampiro di Marte, sarà più che sufficiente per Natasha…” Carlisle guardò Aro acido.

“Mi spiace, Aro, ma non posso permetterlo…”

“Carlisle, ti conosco da tanto tempo. Sei uno dei miei più grandi amici. Non intendo far del male a te e alla tua famiglia. D’ora in poi voi non avete più la responsabilità di quella creatura. Ce ne occuperemo noi.” Fece un ampio gesto con la mano e una decina di vampiri circondarono i Cullen. Ci fu un susseguirsi di ringhi, ma a causa del gruppo di vampiri che copriva la visuale non riuscii a capire cosa stesse succedendo con esattezza.

“Vai, Andreas” mi disse la voce di Aro. Io annuii con la testa e mi diressi verso la porta e le immagini ridivennero scure e confuse, fino a scomparire del tutto.

 

Quando tornai in me ero piena zeppa di sudore. Ed ero soprattutto confusa. Mi misi le mani sulla testa e cercai in pochi secondi di fare un piccolo riepilogo della situazione. Carlisle non era riuscito nel suo intento di convincere i Volturi, che anzi, avevano intenzione di uccidermi. Inoltre questo potevano farlo benissimo, dato che dalla loro parte avevano un vampiro di Marte, che, se non sbagliavo, proprio in questo momento stava venendo qui per uccidermi. Sentii in lontananza il rumore delle spesse porte che sbattevano contro la parete. Stava arrivando. Dovevo andarmene. Subito. Cercai quindi di teletrasportarmi. Chiusi gli occhi e mi concentrai sui bastioni di Volterra. Quando gli riaprii mi trovavo esattamente dove avevo desiderato. L’aria della notte mi scompigliava i capelli. Avevo l’adrenalina a mille. Non mi ero mai trovata in una situazione del genere. Altro che film dell’orrore. Mi sedetti su un masso, non molto distante dal coupé nero. Mi misi le mani tra i capelli e cercai di pensare cosa fare. Mi congratulai innanzitutto con me stessa per non aver svelato ai Volturi della mia capacità di teletrasportarmi; adesso non avranno la minima idea di dove possa essere. Inoltre per vampiri io non avevo odore e quindi per loro sarebbe stato difficile trovarmi. Bene. Teletrasportarmi era stata la cosa migliore. Ma i Cullen? Dovevo lasciarli dai Volturi? Si sarebbero cavati? Poi mi venne in mente che anche se fossi tornata là, non sarei comunque servita a niente, primo perché non sapevo usare i miei poteri, secondo perché sarei passata sicuramente all’altro mondo e Carlisle non me l’avrebbe mai perdonato. Sì, quella del teletrasporto era stata un’ottima idea. Il ritmo del mio cuore si calmò per un secondo e riuscii a prendere fiato. Bene, ora cosa avrei fatto? Avevo assolutamente la mente vuota. Lì certo non potevo rimanere; ero comunque troppo esposta ed inoltre stava cominciando ad avere veramente freddo, dato assolutamente trascurabile, vista la situazione. Allora, dove andare? Sicuramente lontano da Volterra, per ora. Quindi con grande cautela decisi di allontanarmi dai bastioni e, senza avere la minima idea di cosa stessi facendo, mi diressi verso i boschi che circondavano la città. Per fortuna c’era la luna piena che illuminava il minimo indispensabile del sentiero che incoscientemente stavo affrontando. Sapevo con esattezza cosa stavo facendo? No, ma in quel momento tutto era meglio che stare là ferma! Più camminavo, più sentivo la mente diventare più lucida. Il cuore aveva ricominciato a battere. Solo ora stavo capendo che avevo fatto una totale sciocchezza. Io non conoscevo affatto quel bosco e mi sarei sicuramente persa. Sentivo le lacrime scendermi sul viso involontariamente. Mi ero persa. Ed avevo fatto solo che peggio. Che stupida ed ingenua che ero stata! Mi asciugai le lacrime con la manica del golfino. No, Natasha, non permetterti di piangere; non serve assolutamente a niente. Alzai la testa ancora e di colpo mi fermai. Davanti a me non si stagliava più il bosco, bensì una piccola pianura spoglia con un lago al centro di medie dimensioni. Avanzai con cautela verso quel lago. Che luogo strano. Emanava una strana tranquillità. Era proprio ciò che nell’antichità si poteva considerare un luogo ameno. Giunsi fino alla riva del lago. Era come se tutta quella serenità e pace fossero emanate da quel lago. Che strana impressione. Mi trovai a contemplare la luna piena riflessa sullo specchio dell’acqua; era un vero spettacolo. Avevo come ritrovato la mia pace interiore.

“E tu cosa ci fai qui?” Una voce sconosciuta mi fece sobbalzare e girare di scatto. Mi ritrovai davanti un ragazzo. Doveva avere più o meno attorno ai diciassette anni, forse un po’ di meno dai lineamenti del viso, ma l’impermeabile nero che indossava e che gli arrivava fino ai piedi lo faceva sembrare più grande. Aveva dei capelli davvero strani, con diverse sfumature arancioni e rosse; sembrava avere il fuoco al posto dei capelli. Inoltre si intonavano con gli occhi, di un profondo oro caldo. E soprattutto era un vampiro; la pelle diafana e la bellezza surreale lo confermavano. Nonostante in quel momento era meglio tenersi più lontano possibile dai vampiri non riuscii ad agitarmi alla vista di quello davanti a me. E non c’entrava l’atmosfera di quel posto. Lo intuivo dal suo sguardo che mi potevo fidare di lui. I suoi occhi mi scrutavano curiosi e sul suo volto si era dipinto un sorriso, probabilmente dovuto dalla mia espressione imbambolata. Nonostante fosse un vampiro si muoveva esattamente come un ragazzino; aveva le mani dentro le tasche del suo impermeabile e stava oscillano da un piede all’altro. Visto così sembrava una persona davvero simpatica e anche un po’ infantile. Ma la cosa che mi convinse totalmente di potermi fidare di lui erano gli occhi; avevano lo stesso colore dei Cullen. Da questo potevo intuire che non si trattava di uno dei Volturi, ma di in vampiro vegetariano. Inoltre sapevo che, in quanto vampiro, non poteva farmi del male. Lui corrugò la fronte e mi sventolò la mano davanti agli occhi. Caspita, chissà per quanto tempo ero restata fissa a guardarlo in quel modo. Scossi la testa.

“Tutto ok?” La sua voce era più dolce del miele stesso.

“Sì…” feci io, ma poco convincente.
”A me non sembra…” fece lui inclinando la testa. Eh già, proprio un ragazzino. Decisi di cambiare argomento presentandomi.

“Io sono Natasha…” e gli porsi con un sorriso la mano ancora fasciata. In quel momento vedevo quel vampiro come la mia ancora di salvezza. Lui estrasse la sua mano fredda dalla tasca dell’impermeabile e me la strinse, sfoderando uno sfavillante sorriso, uno dei più rassicuranti che io avessi mai visto. 

“Piacere, io sono Marte.” Lentamente il mio sorriso svanì, lasciando posto ad un’espressione confusa e perplessa. Marte? No, non poteva essere. Lui si interessò alla mia fasciatura, incominciando a sfiorarla con un lungo e freddo dito.

“Mi spiace che Edwin ti abbia rotto il polso, ti prometto che non capiterà più” mi disse con la stessa voce dolce di prima. Com’era possibile che una persona che esprimeva così tanta sicurezza fosse quella che mi voleva uccidere? Cominciai a scuotere convulsamente la testa.

“Tu… tu non puoi essere Marte…” dissi decisa in un sussurro. Lui alzò la testa dalla mia fasciatura e mi guardò sorpreso.

“Perché ti sorprendi? Forse ti stupisce il fatto che per una volta il cattivo si rivela troppo buono per essere tale?” mi chiese gentile. Scosse il dito della mano a destra e a sinistra e fece dei piccoli schiocchi con la lingua “Questo succede solo nelle fiabe, Natasha. Cresciamo un po’, va bene?”

Io ancora non ci volevo credere. Il vampiro che facevo fatica a chiamare Marte mi stava ancora stringendo il braccio. Io lo ritrassi lentamente indietro e lui lo lasciò senza problemi. Come faceva a sapere che io ero qua? Lentamente stavo prendendo coscienza  che forse quello che avevo davanti era veramente Marte. Non potevo nemmeno dargli torto; io non lo avevo mai visto. Questo allora voleva dire che era finita. Tanta fatica per niente. Ora non avevo scampo, mi avrebbe portato chissà dove e chissà cosa mi avrebbe fatto. Ci sarebbero state persone che avrebbero sofferto ed altre che avevano tanto sacrificato per poi fallire miseramente. No. Non potevo permettere che questo succedesse senza tentare qualcosa. Va bene, ero sola, ma dovevo tentare e salvarmi da questa situazione. Avevo dei poteri, no? Dovevo cominciare ad usarli. Mi maledii per non aver seguito prima il consiglio di Edward.

“Sai Natasha” mi disse Marte sempre con lo stesso tono di voce “le mie intenzioni non sono quelle di farti del male” e mi prese di nuovo il polso “È solo una piccola conseguenza delle mie vere intenzioni, conseguenza che sono pronto ad affrontare…”

Conseguenza delle sue vere intenzioni?! La mia vita una piccola conseguenza delle sue intenzioni?!?!?! Non persi altro tempo ad ascoltare le sue parole e lo guardai con sguardo acido ritirando indietro il braccio. Lui mi guardò offeso.

“Credo di non essere stato convincente.” e sospirò “Peccato; te l’ho detto che non volevo farti del male. Ma così mi costringi ad essere veramente cattivo…” mi disse apparentemente dispiaciuto, ma poi sorrise.

“Per tua fortuna sono abbastanza paziente; quindi te lo voglio far capire con le buone.” Si abbassò e mi guardò dritto negli occhi; per l’ennesima volta rimasi abbagliata da quelle pietre dorate e mi porse la sua mano

“Vieni con me” mi disse. Per un momento, ma solo per un momento fui tentata di prendergli la mano. Come diavolo faceva ad essere così convincete? Non riuscivo a non fidarmi di lui, anche se sapevo che se lo avrei fatto per me era finita. Che fosse questa la sua caratteristica da vampiro modificato? Non ne ero sicura; le loro doti fuori dal comune non dovevano in teoria avere effetto su di me, come per esempio il teletrasporto di Jack. In un improvviso momento di lucidità diedi uno schiaffo con furia alla sua mano e lo guardai con lo sguardo più pieno d’odio che io potessi fare. Lui mi guardò di nuovo offeso.

“Perché mi costringi ad essere cattivo, Natasha? Ho abbastanza pazienza, non infinita. Mi dispiace, ma adesso ti farò del male. E se soffrirai sarà tutta colpa tua.”

Non avevo mai visto nessuno più veloce di lui. La sua mano stringeva il mio collo peggio di una tenaglia. Non riuscivo più a respirare; mi mancava del tutto il respiro. Ma non era quello ciò che faceva più male. La sua mano non era più fredda, ma calda, bollente. Sentivo la pelle del mio collo bruciare e non potei non trattenere un urlò. Chiusi gli occhi nella speranza di sopportare meglio il dolore. Non appena urlai però la mano si strinse ancora di più a me, provocandomi ancora più dolore.

“Più urli più la mano si stringe.” Questa non era più la sua dolce voce, ma un orribile e malvagio sussurro. Aprii lentamente gli occhi. Davanti a me non vidi più quei dolci occhi dorati, bensì due sfavillanti occhi rossi come il fuoco che incutevano un enorme terrore. Nonostante fosse sempre Marte, sembrava un’altra persona. Ecco, questo era il Marte che mi ero sempre immaginata. Strinsi le labbra con i denti per evitare che quella mano si stringesse ancora di più. Quegli occhi infuocati mi continuavano a fissare.

“Yuri, Liona” disse Marte continuando a fissarmi.

“Eccoci Marte” disse la voce di un ragazzo, che non riuscii a vedere a causa di Marte che copriva la mia visuale.

“Chiama Andreas e digli di far saltare la copertura. Ora che abbia la creatura non serve più fingere.”

Lo sapevo! Lo sapevo che non c’era da fidarsi! Quel vampiro dagli occhi blu era una sua spia! A causa del dolore provocato dalla mano non riuscivo a pensare a nient’altro che a non urlare. Ma dovevo farmi forza e fare qualcosa. Ora, prima che fosse davvero troppo tardi. Ma non era per niente facile. Dovevo teletrasportarmi per scampare al pericolo che avevo davanti; ma mi era impossibile. Il dolore non mi permetteva di concentrarmi e anche se non ci fosse stato se lo avrei fatto avrei portato con me anche Marte poiché mi stava toccando. Dovevo quindi togliere quella mano dal mio collo; era però una parola. Il mio limite di sopportazione stava raggiungendo il limite. Doveva staccarsi da me; volevo che si staccasse da me. Ormai non pensavo più a come trattenere il dolore, ma a come fare per staccare quella mano da me. E accadde; inspiegabilmente accadde. Non sentii più niente al collo. Aprii gli occhi e rimasi perplessa; Marte, insieme ai due vampiri, si trovavano a terra a una decina di metri da me. Come diavolo avevo fatto? Non mi piacevano per niente queste improvvise manifestazioni di quello che ero, anche se in questo momento erano più che apprezzate. Bene, avevo raggiunto il mio obbiettivo, non mi restava altro che teletrasportarmi. Chiusi gli occhi e divenne ancora per l’ennesima volta ancora tutto nero.

 

Mi ritrovai ancora una volta davanti ai bastioni di Volterra. Preferivo di gran lunga farmi uccidere dai Volturi, invece di farmi catturare da Marte. Marte, al solo pensiero tremavo ancora. Era stata una perfetta stupida, non c’era che dire. Era stata tutta una trappola. Incominciai a correre per le vie di Volterra, concentrandomi sulla mia destinazione, per evitare così di pensare a quello che mi era successo. In questo modo se Marte e i suoi vampiri avessero pensato di seguirmi, probabilità plausibile, si sarebbero per forza scontrati con l’esercito dei Volturi. Finché sarei rimasta a Volterra sarei rimasta al sicuro da Marte. Rimaneva il piccolo problema che i Volturi mi volevano uccidere. Questo era ciò che pensavo mentre correvo tra le piccole vie ciottolate di Volterra, senza ben sapere con esattezza dove stessi andando. A spingermi c’era solo il mio istinto di allontanarmi il più possibile da quella foresta. Avevo ormai raggiunto la piazza della piccola città, con la sua graziosa fontana ed il suo imponente campanile. Non avrei mai pensato di visitare una città in questo modo. Continuavo a correre quando qualcosa improvvisamente mi fece cadere. Mi era letteralmente saltato sopra e ora stava schiacciando il mio corpo contro il pavimento ciottolato della piazza. Il battito del mio cuore salì a mille e la schiena mi faceva male.

“Pensavi veramente di poter sfuggire?” sentii una voce sconosciuta alle mie spalle, o per meglio specificare sopra alle mie spalle. Dalla voce profonda doveva trattarsi sicuramente di un vampiro, ma non riuscivo a capire chi. L’aria venne squarciata da un ringhio e il peso sopra di me si spostò, dandomi la possibilità di respirare. Lentamente ed un po’ indolenzita mi tirai su. Quando riuscii a vedere ciò che mi stava circondando rimasi quasi a bocca aperta. Edward davanti di me sfoggiava un paio di canini affilati verso il vampiro che mi aveva assalito, Andreas.

“Stai bene?” mi sussurrò lui. Io annuii tremando di paura.

“Allora sei tu che mi stavi pedinando, Cullen” disse Andreas rivolto verso Edward con un ghigno “Intendi quindi proteggerla da me, non è vero? Sei solo un illuso, non riuscirai a battermi…” Questa volta fu Edward a sfoggiare un ghigno

“Ti sbagli, Andreas. So tutto. So che sei un infiltrato agli ordini di Marte e so anche della tua dote di manipolare le menti” Andreas mostrò i canini furioso, reazione che fece sogghignare ancora di più Edward. Io mi limitai confusa a guardare la scena.

“Sei tu quello che non mi può battere. Io sono in grado di leggere nella mente. Posso prevedere tutte le tue mosse. E inoltre…” alzò la mano alzando tre dita “…tra poco…” dopo un secondo ne abbassò una “…i Volturi…” dopo un altro secondo abbassò anche il secondo dito “…arriveranno…” dopo un altro secondo ancora abbassò anche il terzo dito. Ombre veloci cominciarono ad aggirarsi attorno alla piazza. Capii poi che non si trattavano di semplici ombre, ma di sagome, sagome di vampiri che avevano circondato tutta la piazza. Due vampiri spuntati dall’ombra bloccarono Andreas, il quale cercò di liberarsi invano. Così era in grado di manipolare le menti. Tra la folla avanzarono quattro figure; erano Aro, Caius, Marcus e Jane. Aro si diresse deciso verso Andreas e gli toccò la mano. Andreas aveva cercato di divincolarsi ancora di più, affinché Aro non raggiungesse il suo obbiettivo. Stava leggendo i suoi pensieri. Bastarono pochi secondi e subito Aro staccò la propria mano dalla sua ed emise un acuto ringhio, guardando con disprezzo il vampiro davanti a lui.

“Portatelo via… ed uccidetelo” ordinò in un sussurro ai due vampiri che bloccavano Andreas, il quale, sentite quelle parole si dibatté inutilmente. Io mi guardai attorno spaesata e confusa; di familiare c’era soltanto la figura di Edward davanti a me. Aro si girò verso di noi, aveva sul viso un’espressione dispiaciuta, ma nel contempo seria e dignitosa.

“Sono alquanto dispiaciuto per l’inconveniente…” Inconveniente?! Stavo per essere ammazzata ed aveva il coraggio di chiamarlo inconveniente?! Mi stava senza dubbio terribilmente antipatico.

“Questo non credo sia il posto più adatto per concludere la nostra conversazione…” detto questo Aro, seguito da tutto il corteo di vampiri presenti, cominciò ad incamminarsi. Io, ancora un po’ spaesata, non potei fare altro che seguirlo. Durante la strada, un po’ intimorita dai vampiri sconosciuti circostanti, non mi staccai da Edward. C’era una cosa che mi era sembrata estranea nel tono di Aro, uno strano misto di rabbia e preoccupazione. E non era presente solo nella voce di Aro, ma anche nei volti di tutti. Certo, non potevo contraddirli, dopotutto i Volturi erano stati ingannati da Marte per la seconda volta. Sentii la fredda e gelida mano di Edward posato su una spalla.

“Non stai bene.” Non era una domanda, ma un’affermazione; la più esatta affermazione di questo mondo. Non stavo per niente bene, per niente, anche se cercavo di negarlo a me stessa. Io non alzai lo sguardo; non volevo che guardando i miei occhi, fosse ancora più convinto della sua giusta intuizione. Ciononostante non mi staccò la mano dalla spalla per tutto il tragitto. Stavamo ripercorrendo, più o meno, lo stesso percosso che io avevo fatto prima per entrare nel “covo” dei Volturi. Sentii per tutto il viaggio un grande bruciore che colpiva tutta la parte superiore del mio corpo e si faceva più intensa sul collo. Non riuscivo a capire cosa fosse ed ero ancora troppo scioccata per pensare a una cosa in questo momento così poco importante.

Dopo dieci minuti eravamo giunti nella sala piena di divanetti. Proprio in quella sala riuscii a scorgere Carlisle, Alice e Jasper.

“Potete aspettare qui…” disse questa volta Caius rivolto a me e ad Edward mentre gli altri vampiri si dirigevano verso la sala grande. Rimanemmo soli. Non ebbi nemmeno il tempo di voltarmi che sentii un paio di braccia saltarmi al collo.

“Natasha!” urlò Alice quando si staccò da me “Stai bene?! Cosa ti è successo?! Come hai fatto a sapere che…” Volli per un momento bloccare Alice per spiegargli cosa era successo, ma non appena aprii la bocca sentii qualcosa di freddo alzarmi velocemente il mento senza però farmi male. Carlisle mi stava guardando il collo come per studiarmelo. Anche vicino a me Edward mi stava guardando il collo, ma a differenza di Carlisle nei suoi occhi era evidente anche la sorpresa. Avevo qualcosa sul collo, proprio dove si stava concentrando il bruciore che mi tormentava da quando avevo incontrato Marte. Avvicinai la mia mano fasciata per cercare di capire con il tatto di cosa si trattava, ma velocemente Carlisle me la bloccò per non farmela sfiorare. Stava per scostarla quando si immobilizzò. Ora anche nei suoi occhi era presente una traccia di stupore. Lo avvicinò al viso; stava inspirando. Il fatto era veramente strano, visto che per i vampiri io non avevo odore. Il secondo dopo mi stava fissando; non l’avevo mai visto così serio e imperturbabile. Mi infondeva un non so che di timore.

“Hai incontrato Marte?” mormorò. Quattro paia di occhi dorati mi stavano scrutando ed esprimevano la stessa identica emozione. Rimasi un attimo incantata davanti a quegli otto occhi dorati che risplendevano ancora di più nella stanza poco illuminata. Come aveva fatto Carlisle a capirlo? Poi ricordai; giusto, Marte mi aveva toccato il braccio e Carlisle ne aveva percepito l’odore. Non intendevano staccarmi gli occhi di dosso; volevano una risposta. Io annuii impercettibilmente la testa. Carlisle si girò lentamente dall’altra parte tenendosi la testa con una mano e Jasper abbassò lo sguardo. Alice mi ritornò vicina. Potevo quasi rispecchiarmi nei suoi grandissimi occhi d’oro.

“Ma tu stai bene, vero?” mi disse decisa. Io annuii con più forza e vigore di prima, per cercare di essere più sincera possibile. Credetti che Alice avesse creduto alle mie parole, ma non ne ero sicura.

Sentii una mano gelida stringermi la mia. Era quella di Edward. Sapevo che lo faceva per farmi coraggio. Mi sfuggì un mezzo sorriso. Tra tutte le reazioni quella di Edward era stata senza dubbio quella che mi aveva fatto sentire meglio.

“Siediti e raccontaci tutto” sentii Jasper.

“Non ora, non adesso…” lo contraddisse Carlisle. Aveva una voce stanca e un po’ fiacca “Dagli una sciarpa, Alice.” Lei me la diede, prendendola da chissà dove e io me la misi. C’era qualcosa che non andava; Carlisle era agitato. 

“È stata veramente una pessima idea venire. Dobbiamo andarcene, subito. Da quello che è successo anche i Volturi non sono in grado di contrastare Marte” Non l’avevo mai visto così; parlava a voce bassa e muoveva convulsamente un dito. Quasi mi spaventai. Improvvisamente le porte si aprirono.

Era Felix. Senza dire una parola, se ne andò come era venuto, lasciando aperta la grande porta. Velocemente i Cullen l’attraversarono e così feci anch’io; mi stavo cominciando ad abituare agli agili scatti dei vampiri. Ritornammo nella stessa grande sala di prima. Quando entrai non provai tuttavia lo stesso senso di timore e paura. Anzi, sembrava proprio di essere a un funerale. Tutto intorno a me c’erano vampiri dai volti segnati da inquietudine e amarezza. Doveva essere stato un brutto colpo per loro. Davanti a noi c’era sempre Aro, questa volta con una mano sulla fronte; il suo volto era segnato da una grande tristezza.

“Sono veramente desolato per ciò che è successo, Carlisle” Lui non ripose, si limitava a guardarlo inespressivo. Non avevo ancora capito totalmente cosa fosse successo. Quello di cui ero totalmente sicura era che in qualche modo, di cui avrei sicuramente chiesto spiegazioni ai Cullen, i Volturi avevano scoperto che Andreas era un impostore.

“A questo punto, credo sia ovvia per entrambi la risposta alla tua richiesta di appoggio…”

“Molto” rispose Carlisle inespressivo. Aspetta un attimo, quale sarebbe la risposta chiara e cristallina in questione?

“Bene, ti ringrazio per la comprensione, amico mio…non credo ci sia nient’altro da dire se non le nostre più sentite scuse…”

“Le accetto di buon grado, Aro. Spero di ricontrarci presto” rispose Carlisle. Cosa? Come sarebbe?! I Volturi non accettano la nostra richiesta di soccorso ben esplicita e di grande gravità perché hanno trovato tra loro un traditore?! Dovrebbero reagire esattamente l’opposto! Credevo di avere a che fare con delle mummie troppo avvizzite. I Cullen intanto si stavano dirigendo verso l’uscita. E no! Non intendevo andarmene così. Restai immobile là dov’ero.

“Un momento!” urlai io. Tutti gli occhi si posero su di me, non più inquieti, ma sorpresi ed incuriositi. Il bruciore continuava a esserci e non mi ero ancora ripresa del tutto, questo era vero, ma, cavoli, stavo quasi per metterci la pelle e non potevo assolutamente andarmene senza aver fatto nulla; non importava se avrei o no migliorato la situazione. Dovevo tentare. Osservai decisa Aro davanti a me, il quale mi stava guardando con interesse.

“Perché? Perché reagite in questo modo? Avete scoperto che un vampiro di Marte si aggirava tra di voi. Perché allora non fate qualcosa? È vostro giusto il potente esercito di vampiri di cui ho tanto sentito parlare, no? Allora perché non decidete di intervenire? Di fare qualcosa?” ormai avevo trovato tutta la grinta necessaria per esporre quello che pensavo e non mi sarei fermata finché non avrei finito “Perché allora rinunciate nell’aiutarci? Sarebbe vantaggioso per entrambi; riuscireste a sconfiggere il vostro nemico e a non temerlo più.” decisa guardai dritta negli occhi Aro “Se non ci aiutate è molto possibile che Marte riesca a raggiungere il suo obbiettivo, ovvero catturare me, e nessuno a quel punto riuscirà a fermarlo e non avrà problemi a distruggere nuovamente il vostro esercito…”

“Natasha, ora basta” Era la voce di Carlisle, severa. Mi girai verso di lui. Mi stava guardando con aria di rimprovero. Cosa avevo fatto, se non dire la verità?

“Sei uguale a lei.”  La voce di Aro mi fece voltare di scatto un’altre volta verso di lui. Ebbi una stranissima sensazione di dejà-vu. Chi me le aveva già dette queste identiche parole? Poi ricordai: Carlisle. Me le aveva dette Carlisle. Si stava riferendo ad Anastasia.

Aro non aveva mutato espressione; mi guardava curioso, quasi meravigliato. Poi ci congedò.

“Ora se non vi dispiace, vi chiedo di andarvene” Che cosa?! Le mie parole erano rimbalzate sui muri come se niente fosse?! Non potei nemmeno ribattere che Carlisle mi stava già trascinando verso l’uscita.

Uscimmo in questo modo dalla stanza e non tardammo molto ad uscire all’aria aperta. Un venticello freddo mi avvolse. Stava per giungere mattina. Io ero ancora arrabbiata per il silenzio dei Volturi riguardo le mie parole. Si potevano almeno degnare di una parola. Inoltre non capivo perché secondo loro sbagliavo. Osai guardare Edward, Alice e Jasper dietro di me. Ognuno aveva un’espressione diversa; Alice aveva la fronte corrugata dalla preoccupazione, Jasper un grande sorriso, mentre Edward aveva una strana espressione assorta. Mi rivoltai verso Carlisle, il quale mi stava ancora tenendo per un braccio. Quello sano, ovviamente. Lui invece aveva un espressione turbata. E soprattutto c’era silenzio; un orribile silenzio. Le cose da dire erano tantissime, ma però c’era silenzio. Stavamo percorrendo le strade oscure di Volterra, disabitate per l’ora tardiva. All’improvviso Edward comparve al fianco di Carlisle e gli sussurrò all’orecchio parole pronunciate troppo velocemente per essere capite. Questo silenzio cominciava ad irritarmi. Quindi glielo dissi.

“Perché mi hai urlato di smetterla di parlare?” dissi tutto in un fiato rivolta a Carlisle.

“Non ora, ti spiegherò quando saremo a casa” mi liquidò lui su due piedi. La sua risposta non fece altro che irritarmi ancora di più. Impulsivamente presi il braccio di Edward davanti a me e mi fermai di scatto in modo tale da toccare contemporaneamente Jasper ed Alice. Chiusi gli occhi e mi concentrai su casa Cullen. Credevo che avessero proprio l’intenzione di riportarmi a Forks in aereo. Si erano forse dimenticati che io mi sapevo teletrasportare? Infatti quando aprii gli occhi davanti a noi in tutta la sua magnificenza si innalzava casa Cullen. Tutti, chi poco, chi meno, erano rimasti stupiti.

“Allora, ora mi dite quello che è successo?” dissi con un po’ di stizza.

 

 

 

 

Bhé…che dire? Credo che questo capitolo si possa commentare da solo in ogni modo^^ Sono solo curiosissima di sapere cosa ne pensate J

Informazione importante! Domani parta per Londra! Questo vuol dire che per due settimane come minimo non potrò aggiornare. Mi spiace di avermi avvertito con così poco anticipo, ma spero che questo capitolozzo very long possa essere sufficiente per due settimane^^

 

x _sefiri_: grazie ancora tanto per aver commentato! Credo che a questo punto sia diventato inutile continuare a ringraziarti per ciò che ormai tu sai a memoria, tante volte l’ho scritto! J Ahh! Non serve che ringrazi per lo spazio dedicato al mitico Carlisle! Non è stato nient’altro che un piacere (perverso, ma sempre piacere J)

Grazie ancora! Baci Baci!

 

x pazzerella_92: Ma nooooo! Monotona quando?! Al massimo la monotona sono io, visto che ormai ho prosciugato le idee per rispondere ai commenti di tutti e mi riduco a scrivere sempre le stesse cose! E quindi, monotonamente come sempre, ti ringrazio per aver commentato, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto…blablabla e compagnia bella^^ e w la monotonia! Ps: wow! Che storia! A proposito di menare i propri compagni di classe… a pensarci bene anche a me è capitata una cosa del genere, ed in questo caso il genere in questione vuole significare “tirare una sberla al proprio compagno che rompe (non troppo forte, s’intende)” AHHAHAH! Poi mi sono sentita davvero meglio! Bhe… quello che è successo dopo è un’altra storia, che si può riassumere in “me la fatta pagare per tutto l’anno tormentandomi l’anima”! E vecchi tempi, vecchi tempi… cooomunque certo che mi piacerebbe scambiarci i contatti msn, anche perché con tutte queste discussioni non si può proprio andare avanti! Bel coraggio a leggerti 25 capitoli! Non ci riesco nemmeno io (e la cosa p davvero grave, visto che è la mia di ff) Grazie ancora! Kiss!

 

x Ada Wong: Ed ekimi qua! E anch’io ripetitivamente ti ringrazio ancora una volta per tuuuuuuutti i tuoi complimenti! ^^ Jacob in Italia? Naaaahh! È troppo cucculuso Jacob-preoccupato-con-la-lacrimetta-che-gli-scende-da-un-occhio! *Il cervello dell’autrice ha intanto elaborato un piano pressoché infallibile per catturare Carlisle; va a casa Cullen, si dirige verso l’armadio di Esme, lo apre, ruba un po’ di vestiti, se li mette, va da Esme, la rapa a zero (io: MWAHAHAHAH! Esme: nuuu!!!ç_ç i miei capelli nuuuuu!!), dei suoi capelli se ne fa una parrucca e taaa-dannn! Esme! L’autrice ormai andata e travestita da Esme è pronta a liberare Carlisle dal nemico e grazie alla sua mimetizzazione non avrà nessun problema a far cadere la sua preda (ovvero Carlisle^^) tra le sue braccia! MWHAHAHAHAHAAHAH!* Fine? Ahahahah! Che ridere! Finire, questa ff? AHAHAHAHAHAHAH! Credo proprio che non avrà fine, ci sono ancora tante cose da scrivere (e guarda in alto fischiettando facendo finta di nulla). Cooooomunque sono contenta e lusingata che io ti possa “ispirare” (ß attenzione! Parola molto pericolosa se usata dall’autrice!) in qualche modo! Per il capitolo di Carlisle e Anastasia avevo anch’io pensato a una roba del genere, sempre se avrò ancora l’ispirazione per scriverlo, anche perché io scrivo scrivo di sta qua di cui si sa poco e niente, ma in realtà non so nemmeno io cosa per esattezza può essere successo tra i due! Che caso disperato che sono! Concludo con tanti, tanti baci!

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: lalla124