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Autore: Miss Dumbledore    30/01/2014    4 recensioni
                        maybe a smile will save us ~
Lily Luna Potter: ecco come si chiamava quella piccola creaturina dai capelli rossi che urlava in mezzo al parco della scuola come un'assatanata. Sembrava ce l'avesse con un ragazzo biondo che la guardava scocciato mentre sfogava la sua furia assassina su di lui per chissà quale motivo.
« Scorpius Hyperion Malfoy, razza di lurida serpe strisciante che cazzo avevi in mente?! »
Urlò infervorata in faccia al biondino che la guardava in un misto di dispetto e stizza.
« Vorrei ricordarti, Potter, che non sono fatti tuoi » rispose calmissimo, anche se gli occhi plumbei brillavano in modo strano, diverso dal solito come se fosse.. impaziente?
« Grande idiota che non sei altro, lei è mia cugina quindi io c'entro eccome. E' una questione di famiglia» alzò la voce infervorata mentre le gote si tingevano dello stesso colore dei capelli.
« Non è colpa mia se voi proliferate come topi, prima o poi è inevitabile andare a sbattere contro un tuo parente pel di carota. »
(Attualmente in revisione.)
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: James Sirius/Dominique, Lily/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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;SEVENTEENTH CHAPTER

La paura si vince non col coraggio ma con una paura più grande. Tutti gli eroi ne fanno esperienza.
Carlo Gragnani



«Notizie?» il viso pallido della ragazza entrò nella sua visuale, mentre si raddrizzava sulla poltrona. Seguendo lo sguardo di lei si ritrovò ad osservare la pergamena per terra.
«Sì, sta bene.» annuì riportando gli occhi su di lei. Persino il dolore e la stanchezza sembravano donarle, cosicchè i capelli spettinati e umidi sembrassero una nuova chiara di morbidezza, profumati di vaniglia e città. Gli occhi azzurri spenti e tristi erano circondati da occhiaie.
«È una ragazza forte, era ovvio che fosse così.» annuì a sua volta tornando al tavolo dove aveva appoggiato la spesa e cominciando a tirar fuori le compere per riporle negli scaffali, avrebbe potuto farlo con la magia -osservò silenziosamente James senza però osare dirlo ad alta voce- sospettava che quei gesti automatici e la manualità la aiutassero a non perdere il controllo. Fare qualsiasi cosa pur di non pensare.
Con un sospirò torno a guardare il soffitto con la testa appoggiata allo schienale. Lui invece non riusciva a fare nulla senza che gli cadesse qualcosa. Quando era nervoso era totalmente inutile.
Si passò una mano fra i capelli neri, ma rimase fermo col braccio alzato quando udì la voce di lei rompere il silenzio.
«Che cosa facciamo adesso?» aveva solo espresso i suoi stessi pensieri, ma questo non gli impedì di sentire un brivido lungo la spina dorsale. Non voleva fare quel discorso, sebbene ce ne fosse bisogno, non si sentiva ancora pronto. Probabilmente non ci si sarebbe mai sentito.
«James?» richiamò la sua attenzione con la voce venata da un leggero nervosismo, palpabile nell'aria tesa. Fuori infuriava il temporale.
Silenzio. Un tuono. Un forte tonfo e un crack, qualcosa che si rompeva nel lavello.
«James.. io-io così non ce la faccio più, non così.» la voce le tremò e quando voltò la testa verso l'angolo cottura la vide con le spalle sottili incurvate appoggiata al lavello. Il collo scoperto mentre la marea di capelli biondi le ricadevano ai lati del viso e le scapole sotto la maglia leggera come ali che spingevano per uscire.
«Cosa possiamo fare ora?» mormorò, guardandola tremare desiderando abbracciarla e dirle che sarebbe andato tutto bene, confortarla, ma non era più possibile. Non ci credeva nemmeno lui e probabilmente lei l'avrebbe respinto.
La amava, lei amava lui, si amavano, ma non era comunque abbastanza.
Non lo sarebbe mai stato e sebbene si fossero illusi fino a quel momento che potesse bastare, non era così.
Si alzò e la raggiunse silenziosamente, avvicinandosi a lei, ma senza toccarla si appoggio al piano cottura, anch'esso con la testa bassa guardandola.
«Nicky—io ti amo.» la vide irrigidirsi, mentre il tremore cessava. Probabilmente era arrivata anche lei alle sue stesse conclusioni, oppure aveva semplicemente intuito tutto dal suo tono di voce sconfitto.
«Jam io—ti amo anch'io.» sembrava che avesse da dire qualcosa, come se fosse fermo sulla punta della lingua pronto a rotolorare fuori e distruggerli. Forse lo erano già, distrutti.
Con un gesto della bacchetta fece andare tutto al suo posto negli scaffali.
Lo sguardo gli cadde sulla mano di lei, aggrappata al lavabo tanto tenacemente che le nocche erano sbiancate. Poggiò la sua grande sulle piccole e sottili di lei e sentì la tensione del polso quando la ragazza si trattenne dall'indietreggiare.
«Tu—tu ci vedi nel futuro? Fra cinque, dieci anni? Ci vedi?» il mormorio fu così sommesso che quasi non riuscì a sentirla. Per un attimo pensò di fingere di non averlo fatto. Perchè no, non li vedeva. Per quando si sforzasse non li vedeva nemmeno fra un anno, c'era solo il buio.
A dire il vero non è che lui avesse mai pensato al futuro -anche prima di lei- era sempre stato un po' infantile e si diceva che vivere alla giornata rendesse fighi. Ora invece gli mancava, voleva vedere, eppure non ne era capace.
«Nemmeno io,» sussurrò sconfitta interpretando correttamente il suo silenzio. «non vedo case, figli, lavoro. Niente, assolutamente niente, c'è solo buio. È come cadere in un baratro senza fine.»
«Beh lo sai che non sono mai stato un gran pensatore..» abbassò la testa guardandosi i piedi, stringendo la mano della ragazza.
«Sei intelligente, anche se tenti di nasconderlo in tutti i modi, lo sai.» lo rimproverò senza forza appoggiando la testa bionda alla sua spalla.
«Andiamo a dormire.» la esortò gentilmente sapendo bene che nessuno dei due avrebbe mangiato nulla quella sera.
Dominique si lasciò trascinare docilmente fino al letto. Una volta raggiunto, sciolse la sua mano dalla quella del ragazzo per prenderlo per la maglietta e attirarlo a sé baciandolo con dolcezza.
Finirono stesi l'uno sopra l'altra, baciandosi e sfiorandosi quasi con paura. Lo sapevano, o sapevano che serebbero stati completi, assieme.
Una volta Dominique gli aveva letto una poesia, oppure una semplice storia, era difficile ricordarsene in quel momento. Parlava di dei e di uomini e di come i secondi all'inizio del mondo avessero due cuori, due teste, quattro braccia e gambe e di come i primi fossero gelosi della loro completezza. Così avevano diviso gli uomini, punendoli per la loro felicità a cercare per tutta la vita la metà combaciante della propria anima perduta. Ma nel loro caso erano stati doppiamente crudeli, pensò mentre baciava una ad una le palpebre chiuse di Dominique, perchè oltre ad averli condannati a cercarsi li avevano messi in posizione di non potersi riunire.
Baciò li zigomi salati di lacrime silenziose mentre intonavano la loro personale preghiera silenziosa di redenzione a dei che non li avrebbero mai ascoltati, baciandosi e sfiorandosi con cautela che non avevano mai avuto.
Ognuno voleva memorizzare ogni dettaglio dell'altro.
I baci erano salati delle lacrime della ragazza, sapevano di mare, lo stesso mare che si stagliava fino all'orizzonte a Villa Conchiglia sulla quale spiaggia nelle notti soffocanti d'estate si erano scambiati tante innocenti speranze, promesse e baci.
Era tutto falso, lo sapevano anche loro, ma speravano di poter far diventare tutto vero.
Pregava, James, di poter ricordare tutto, qualunque dettaglio, parola, insulto, carezza.
Pregava, Dominique, che non fosse possibile farlo, che un giorno potesse far sparire tutto perchè ogni ricordo era come un chiodo conficcato in gola.
Si sentiva bruciare ad pogni tocco del ragazzo steso su di lei che lentamente la spogliava come l'aveva spogliata della corazza protettiva che era solita indossare, del suo orgoglio, della sua stanchezza.
Si sentiva come un guscio che conteneva sentimenti non suoi, troppi, troppi, troppi per un corpo solo e infatti, pensò con sollievo ritrovando le labbra di lui che avevano percorso tutta la curva del collo, erano in due a contenere quell'amore che gli graffiava la pelle e lasciava solo ferite aperte.
Ogni ferita, un ricordo felice.
Rimanevano, le ferite, non sembrava possibile che potessero diventare cicatrici, fare meno male.
Si sentiva nel petto il dolore di ogni osso rotto e le sembrava ancora poco come paragone.
Dolore. Da quando quella parola aveva assunto un suono così dolce? Da quando era sinonimo di amore?
Mentre si spogliavano e rotolavano nel letto sfatto ogni domanda scivolava via assieme ai capi d'abbigliamento che li dividevano.. e si ritrovarono nudi, l'una sopra l'altro. Lei aveva smesso di piangere da tempo ormai e gli sorrideva con la tristezza e la più profonda felicità negli occhi che aveva mai visto.
Erano felici perchè erano assieme, perchè si amavano di un amore così forte che certe persone non l'avevano mai nemmeno immaginato.
Erano felici perchè avevano trovato la parte migliore di loro stessi nell'altro, colmando i vuoi, salvandosi e condannandosi da soli.
Erano tristi perchè faceva male rimanere assieme ricordando chi erano, ma forse faceva più male dirsi addio, consapevoli che non sarebbero mai tornati indietro.
Erano tristi perchè sapevano che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato l'altro e sapevano che sarebbero stati male sia a sapere di essere stati dimenticati sia che entrambi ricordassero -perchè ognuno di loro credeva che non avrebbe mai potuto dimenticare- sarebbe stato troppo doloroso. Sapere che entrambi si volevano, ma che non potevano aversi era più doloroso di un amore non corrisposto.
Dolore. Dolore. Dolore.
Amore. Amore. Amore.
Avevano quasi lo stesso suono.

Le mani di James cercarono quelle di Dominique, intrecciandosi in un incastro perfetto così che perdessero la cognizione di dove iniziava uno e finiva l'altro. Dolorosamente consapevoli che la mattina dopo e per il resto del futuro lo avrebbero saputo con straziante certezza.
Ti rendi conto delle piccole cose che compongono una persona vivendola per l'ultima volta, si disse Dominique inalando il profumo del ragazzo sudato su di lei, attorno a lei, dentro di lei.
Forse funzionava così solo con loro che avevano sempre fatto -creato- l'amore sulle ceneri dei loro mondi che andavano in pezzi nelle fiamme della consapevolezza.
Si erano fatti a pezi e poi ricostruiti, pensò prima di chiudere gli occhi, fuori era quasi l'alba e il cielo stava lentamente mutando in blu più chiaro attraverso le nubi che si diradavano.
Era impossibile tornare a quella di prima, neppure lo voleva, in realtà. Si erano amati e sapeva che quello era un addio, che quando si sarebbe svegliata ogni traccia di lui sarebbe sparita dal suo appartamento a parte il suo profumo. Si schiacciò contro il petto muscoloso e inspirò profondamente, con le labbra che lo sfioravano. Lo sentì rabbrividire.
Avrebbero dovuto dirsi un'ultima volta che si amavano, lo sapeva, ma era inutile perchè ne erano già a conoscenza entrambi e dirlo una volta di troppo li avrebbe uccisi. Sarebbe stato peggio, separarsi.

Ti amo, sei l'unica persona che mi abbia mai vista davvero.” pensò, pregando che, un giorno magari, i suoi pensieri l'avrebbero raggiunto.
Sei tutto ciò che ho.” pensò lui stringendosela addosso e rubando quegli ultimi attimi prima dell'alba. Aspettando. Se di prendere sonno o il coraggio di andarsene non l'avrebbe saputo dire, ma aspettò.

Passare una serata a litigare col proprio cervello perchè ricordasse gli ingredienti di stramaledette Pozioni non era esattamente la distrazione di cui Lily necessitava per dimenticare cosa fosse successo quel pomeriggio. Se contava poi che aveva tentato di studiare con Kim, con Albus che tentava di aiutarle e invece finiva a lanciare occhiate intense alla sua migliore amica con gli occhi a forma di cuore la situazione decisamente non migliorava.
Era riuscita a studiare ben poco, figurarsi capire cosa dicessero quelle ricette che le sembrava nominassero per la prima volta ingredienti esotici e mai sentiti. “Probabilmente è perchè nelle ore di Pozioni dormi sempre, sai?” le aveva risposto da brava voce della coscienza Kimberly quando glielo aveva fatto notare. La odiava quando aveva ragione e odiava i suoi genitori che l'odio per quella stramaledetta materia ce l'avevano nel sangue, solo Al sembrava aver preso il famoso talento di loro nonna (quello di loro padre non era valido, avevano scoperto già da tempo del libro modificato dell'omonimo di Albus dallo zio Ron).
Quando era andata a dormire assieme alla migliore amica -ringraziando il cielo che la serata fosse finita che nella Sala Comune Serpeverde Scorpius non si fosse visto- aveva pregato che almeno un po' di mal di testa se ne andasse per lasciare posto almeno ad una ricetta, ma la mattina dopo fu evidente che era una realtà universalmente conosciuta che lei e Pozioni non sarebbero mai andate d'accordo come il fatto che i suoi capelli rossi la mattina sarebbero sempre sembrati una criniera in cui dei folletti avevano fatto festa.
Si stava ancora guardando tristemente allo specchio mentre si lavava i denti che Kim la raggiunse nel suo solito stato di tranche-post-sveglia borbottando un buongiorno soffocato da uno sbadiglio.
«Gio—no» mugugnò prima di sputare il dentifricio nel lavandino e sciaquarsi la bocca facendo gargarismi che ai primi tempi l'amica non perdeva occasione di definire fastidiosi e a cui dopo anni ci si era abituata.
«Che facciamo oggi?» chiese Kim dopo aver finito di fare pipì tirandosi su i pantaloni del pigiama e avvicinandosi al lavandino per lavarsi le mani.
«Studiamo?» alzò un sopracciglio mentre cominciava a cercare di sistemare il cespuglio che aveva in testa. «Non è che abbiamo molto alternative.»
«Cosa? No, non ho voglia di aprire un libro oggi, è sabato.» la guardò storto mentre si legava i capelli biondi in una crocchia disordinata per lavarsi la faccia. Ormai la loro routine era quasi sincronizzata e sembrava organizzata per come nessuna delle due invadeva troppo lo spazio dell'altra riuscendo a dividersi il bagno piuttosto piccolo.
«Nemmeno io—AHI!» si bloccò a metà frase quando un nodo più resistente le fece quasi strappare via mezza cute.
«Quante volte ti ho detto che basterebbe un incantesimo per districare i nodi?» la voce di Kimberly giunse soffocata dall'asciugamano in cui aveva affondato il viso.
«Lo sai benissimo che non me lo ricordo e che tanto è tutto inutile, tanto fra mezz'ora saremmo punto e a capo.» borbottò la rossa lasciando stare la spazzola e passando le mani fra le ciocche cercando di darvi un ordine.
«In effetti stamattina sono peggio del solito, vestiti che ti faccio una treccia.» la osservò in modo critico la bionda prima di sciogliere con un gesto distratto la chioma biondo grano che le ricadde morbidamente sulle spalle come per ricordarle che lei aveva dei capelli normali e non un nido d'uccello in testa.
«Okay.» borbottò lanciando spostando uno sguardo sull'oblò che mostrava il fondo torbido del lago nero prima di voltarsi e uscire dalla stanza. Anche nel dormitorio, come in quello Corvonero c'erano delle finestre fra i letti, c'erano degli oblò che ogni tanto facevano intravedere le figure di Avvicini piuttosto socievoli o sirene intente a sbrigare chissà quale affare. Nessuna creatura lacustre prestava molta attenzione ai Serpeverde, probabilmente abituati dagli anni di convivenza a farsi i fatti propri. Con uno sbuffò raggiunse il letto di Kimberly, in fondo ad esso c'era appoggiato il baule dell'amica con dentro anche i cambi della rossa. Si sfilò dalla testa la maglia enorme che usava come pigiama e nell'intimo spaiato si mise a cercare qualcosa che si addicesse al suo umore di quel giorno.
«Il tuo culo in faccia ornato di mucche volanti non è esattamente lo spettacolo che vorrei avere di prima mattina, pensavo più ad un altro fondoschiena Potter.» la voce di Kimberly quasi la fece sobbalzare, si voltò di scatto facendosi male al collo.
«Spero che tu non intenda quello di mio padre, sarebbe uno shock per me dovermi abituare ad una nuova mamma.» commentò lanciandole un'occhiataccia prima di ritornare alla ricerca nel baule. Finalmente trovò un maglione largo grigio e morbido cucito all'uncinetto con un motivo di tecce in evidenza e anche se non era sicura che fosse suo decise che era decisamente lo stile che più le si addiceva.
«Perchè ti porti giù la tua roba se finisce quasi sempre che usi la mia?» ignorò il precedente commento dell'amica guardando critica il suo maglione che veniva indossato da qualcuno che non era lei. Kimberly aveva scatti estremamente altruisti a volte, ma sostanzialmente era molto gelosa delle proprie cose. Forse possessiva era la parola giusta.
«Ma se è da una vita che non mi presti niente.» le sorrise mentre si infilava il paio di jeans chiari che aveva anche la sera prima.
«Questo lo dici tu, di questo passo il mio armadio diventerà vuoto.» assunse un tono critico la Malfoy mentre si toglieva la camicia da notte -era forse l'ultima persona al mondo a dormire in camicia da notte, ma lei diceva che era di classe e probabilmente non avrebbe mai cambiato idea- e le si avvicinava prendendo dal baule notevolmente più disordinato dopo l'ispezione della rossa prendendo calzamaglie colorate, una magliettina carina, un golfino e dei pantaloncini. Lily si chiese come facesse a usare tutta quella roba senza perdere qualcosa in giro, mentre lei sopportava a malapena una canottiera.
«Allora, che facciamo oggi?» ripetè la domanda di poco prima mentre saltellava per infilarsi i collant.
«Mhm, non lo so, per prima cosa colazione.» alzò le spalle noncurante la rossa per poi gettarsi sul letto sfatto.
«Quello mi sembra ovvio, anche se deve essere tardi ormai,» la rimbrottò la bionda che ora si stava infilando i pantaloncini. «intendevo dopo.»
«Sono le..» girò la testa sul letto per lanciare uno sguardo alla sveglia sul comodino della bionda. «undici. A questo punto ci conviene chiamare un elfo domestico o andare in cucina, a pancia piena si ragiona meglio.»
«Chiamiamo un elfo, non ho voglia di uscire, fa freddo.» sentenziò la bionda da sotto la maglia prima che spuntasse la testa.
«Come se qui facesse più caldo.» alzò gli occhi al cielo mettendosi seduta sul letto mentre l'altra una volta infilatasi il golfino la raggiunse alle spalle.
«Passami la bacchetta, devo districarti un po' questo disastro prima di farti la treccia.» le diede un leggero colpetto alla schiena incitandola ad allungarsi sul letto a gambe incrociate e recuperando la bacchetta dal comodino, per poi raddrizzare la schiena e porgerla alle sue spalle.
«Ai suoi ordini altezza.»
«A volte sei così fastidiosa.. Azel!» commentò prima di chiamare un'elfa domestica con voce chiara e ferma che ricordò a Lily la sua educazione purosangue.
Un sonoro pop precedette l'apparizione di un esserino dai grandi occhi marroni e le orecchie a punta.
«Sì padroncina?» aveva una voce dolce, anche se un po' troppo stridula e quando sorrideva si notava un canino mancante, sempre che gli elfi domestici avessero gli stessi denti dei maghi.
«Potremmo avere del pane tostato, pancetta, uova, marmellata e un po' di the?» si fermò per un attimo, poi aggiunse, come se se ne fosse dimenticata. «Per favore.»
In ogni caso l'elfa non parve farci caso e con un sorriso ampio sparì dopo aver annunciato che a breve avrebbero avuto tutto.
«A volte mi spaventi.» commentò Lily dopo il pop famigliare.
«In che senso?» domandò distrattamente l'amica mentre passava la bacchetta con movimenti metodici lungo i capelli rossi dell'amica mormorando ogni tanto qualche parola.
«Beh, ti comporti da purosangue spocchiosa. Sembri abituata a dare ordini.» si passò una mano fra i capelli distrattamente.
«Stai ferma.» le intimò l'amica tirandole qualche ciocca. «Comunque sono stata cresciuta così, lo sai.» il tono di voce era neutro, tranquillo e se non l'avesse conosciuta così bene avrebbe detto anche normale.
«Siamo fortunate, non credi? A crescere in famiglie che ci hanno dato tutto.» si raccolse le ginocchia contro il petto mentre Kimberly poggiava la bacchetta e passava una spazzola fra i capelli mossi, ma districati.
«Non me lo sono mai chiesta, ma immagino di sì.»
«Abbiamo avuto tanto, davvero tanti— tanti ricordi felici non trovi?»
«Dove vuoi arrivare Lils?» cominciò a intrecciarle i capelli con abilità.
«Mi chiedevo.. secondo te perchè non ci basta mai quello che abbiamo?» avrebbe voluto passarsi una mano fra i capelli, come faceva ogni volta che era nervosa o imbarazzata, ma si trattenne. Sentì le dita sottili fermarsi fra i suoi capelli, un sospiro.
«Io credo che, anche se siamo in tempi di pace, abbiamo diritto anche noi ad avere paura.» la voce sembrava un po' meno ferma, ma non per questo meno tranquilla.
«Lo credi davvero?» il dubbio nella sua voce era appena udibile.
«Io credo così, ma sai che a noi Serpeverde è permesso più che agli altri di essere egoisti.» quella risposta colpì Lily come un pugno allo stomaco.
«Tu non lo sei, sei gentile. E buona.»
«Essere una Slytherin non vuol dire essere per forza cattiva, lo sai?» riprese a intrecciare le ciocche rosse da dove si era interrotta.
«Sì, lo so, ma—» sembrava proprio che tu intendessi quello. Ma la voce le morì in gola.
«Noi -io e Scorpius- siamo, come dire? Cresciuti con valori diversi dai tuoi. E probabilmente quello che nostro padre ha insegnato a noi è molto più all'avanguardia e vicino ai Grifondoro di quanto qualunque altro Malfoy o addirittura Serpeverde possa dire.» il suo tono era calmo, controllato, quello che usava quando cercava di aprirsi sebbene avesse paura di farsi male.
«In che senso?» domandò, rilassata dal movimento ritmico dell'amica dietro la sua schiena.
«Ci è stato insegnato che a volte vale la pena rinunciare ai propri ideali per salvarsi la pelle, non che ci volesse proprio una spinta in quel senso, credo che sia nei geni Malfoy scappare quando le cose si mettono troppo male. È questo che mi ha fatto paura di te, anche di Al, ma soprattutto di te all'inizio.» si prese una breve pausa, ma non la interruppe aspettando che raccimolasse le parole giuste. «La vostra passione per le cause perse, la testardaggine che molto spesso sfocia in autolesionismo inconsapevole. Siete assurdi, anzi lo sei tu, immagino che Al sia finito in Slytherin perchè sa dove fermarsi, ma tu continui. Più le cose vanno male più ti ci butti a capofitto, sembra quasi che ti piaccia. E ho paura che tu abbia attaccato un po' di questo vizio anche a me e mio fratello.» Ci fu un breve momento di pausa in cui Lily soppesò le parole appena dette dall'amica mentre sentiva che era arrivata ormai a più di metà schiena e stava allacciandole i capelli. «Fatto, ora tocca a me, voglio una treccia a lisca di pesce.»
Le diede un leggero colpetto sulla spalla e lei si voltò con un mezzo sorriso, pensierosa.
«Grazie.» incrociarono per un attimo lo sguardo, poi anche la bionda si voltò porgendole oltre la spalla spazzola e laccio che ovviamente si intonava con le calze. A volte era così maniacale.
Cominciò a pettinarle i capelli un po' pensierosa, in realtà c'era un incantesimo con cui avrebbe potuto intrecciarsi da sola i capelli, ma quello era uno dei piccoli contatti umani, uno dei primi, che Kimberly si concedeva nella loro amicizia. Era sempre stata chiusa, un po' restia. La prima volta che l'aveva abbracciata aveva dichiarato che se l'avesse rifatto le avrebbe tranciato via le braccia, lei odiava gli abbracci. In realtà aveva bisogno di contatto umano più di quanto non volesse dare a vedere e così aveva iniziato dalle piccole cose, come intrecciarsi i capelli a vicenda, lasciare far fare a Kim esperimenti col trucco sul suo viso. Pian piano aveva cercato di spogliarla dalle sue barriere, con lentezza, passando a prenderla per mano ogni tanto -spesso per correre a perdifiato verso una lezione a cui erano irrimediabilmente in ritardo- per poi abbracciarla negli scatti di gioia. Pian piano si era abituata a far entrare qualcuno che non fosse Scorpius nella sua sfera personale, non che i due fratelli avessero chissà quali contatti.
La colazione arrivò con l'elfa che faceva lievitare un sacco di piatti e facendo apparire un tavolo li posò sopra. Dopo un breve ringraziamento sparì.
«In che senso la vostra educazione è più vicina a quella dei Grifondoro degli altri Serpeverde?» interruppe il silenzio ovattato fatto solo dei fruscii della spazzola fra i capelli biondi e già ordinati dell'amica.
«Nostro padre durante la Seconda Guerra Magica ha imparato tanto, soprattutto da nonna Narcissa, sai, con quello che li ha fatto per tuo padre.» Lily annuì anche se sapeva che l'amica non poteva vederla, ricordando i racconti del padre su come la nonna dei fratelli Malfoy l'avesse dichiarato morto mentendo a Voldemort solo per poter tornare da suo figlio, dicendo addio a tutti gli ideali di una vita per il signor Malfoy. Aveva sempre pensato che fosse uno dei gesti che spiegava meglio l'amore di una madre, come il sacrificio della sua omonima nonna. «Lui ha cercato di non farci compiere i suoi stessi errori, in qualche modo. Una volta mi disse che voleva fossimo migliori di lui, che noi saremmo stati la sua ammenda per gli errori passati, ma ero piccola, potrei anche sognarmelo. In ogni caso io e Scorpius non siamo poi così intolleranti per i nati Babbani e quest'estate papà mi ha comprato un feletono, ricordi? Certo, ha storto il naso, ma un'altra famiglia purosangue mi avrebbe diseredata probabilmente. Papà si sbaglia, è sempre stato buono, ma dopo Voldemort.. è come se alla parola Slytherin corrispondesse ancora solo oscurità.»
Anche dopo anni Kim aveva paura delle persone, delle ferite che potevano aprire con le sole parole. Era sempre stata fragile, sotto la maschera di acido sarcasmo che indossava e aveva sempre suscitato in Lily un istinto di protezione, come se fosse suo dovere frapporsi fra lei e le altre persone. Anche se in quell'ultimo periodo era stata così presa dai suoi problemi da non riuscire a fare un discorso serio nemmeno sulla sua recente relazione con Al.
Era davvero una pessima amica.
«Certi errori rimangono anche nei figli, però.. tu lo sai che per me sei non sei altro che la mia migliore amica vero?» si sentì in dovere di dire mentre incominciava a intrecciarle i capelli setosi, sottili come quelli del fratello. Quel pensiero le diede un brivido, ricordando come aveva affondato le mani nei suoi capelli appena il giorno prima.
«Non c'è bisogno che tu lo dica, tutto il tempo che passi qui parla da solo.» ridacchiò Kimberly. Già, dire che ormai viveva nella tana dei serpenti era un eufemismo. «Alla fine tutto il disprezzo che dici di avere per noi Slytherin lo sanno anche i muri che è solo una sceneggiata.»
«Ecco, bene.» sorrise a sua volta la rossa.
«Vedi di farmi la treccia come ti ho insegnato, eh.»
«Dopo tutti questo tempo non ti fidi ancora?» si finse offesa.
«No, decisamente.» ebbe la tentazione di strozzarla con i suoi stessi capelli.
«Senti Kim..» iniziò con voce titubante.
«Mhm.» rispose tranquilla. Una cosa che avevano in comune era il fatto che piacesse a entrambe sentire delle mani nei capelli.
«Sei felice, vero? Con Al e il resto..» ci fu un momento di silenzio in cui sapeva che le guance dell'amica si erano arrossate anche senza guardarla.
«Cosa--?» cercò di dissimulare la voce che era diventata ad un tratto più acuta. Vide le spalle sottili alzarsi mentre faceva un respiro prondo. «Beh, sì.»
«Bene, ne sono felice.» sorrise tranquilla Lily mentre ormai era più della metà della treccia.
«E tu.. con mio fratello, cosa sta succedendo?» il sorriso le sparì dalle labbra e s'irrigidì fermando le dita per un attimo.
«Come fai a saperlo?»
«La domanda giusta è come fa Albus a non essersene ancora accorto, ormai anche Lumacorno sa che c'è qualcosa di strano.» il tono tranquillo della bionda la rilassò. Come all'inizio Lily non si era intromessa chiedendole di Albus anche lei accettava serenamente che avesse i propri segreti.
«Sinceramente non lo so ancora. Ti farò sapere.» fece un'alzata di spalle, ricominciando a intrecciarle i capelli con un movimento ritmico.
«Dovresti parlargli, sai.»
«A Lumacorno?» domandò disorientata.
«No cretina, a Scorpius.» sbuffò scocciata mentre giocherellava con una mano col bordo del lenzuolo.
«Di cosa?»
«Di quello che ti confonde, mio fratello, per quanto sia diverso da mio padre è pur sempre un Serpeverde e scapperà sempre.»
«Perchè dovrebbe farlo?» Da cosa poi? Ma quell'ultima domanda le rimase intrappolata fra le labbra.
«Ti ricordi che all'inizio mi facevi paura? Io e lui siamo uguali, anche se a volte non sembra.»
«Me ne ricorderò.» disse solo mentre legava i capelli. «Fatto, ora mangiamo.»
«Va bene, ho pensato che dopo potremmo giocare un po' a scacchi, è da una vita che non lo facciamo.» sorrise Kim scendendo da letto e recuperando dal baule il barattolo di Nutella da spalmare sui toast.
«Va bene, basta che Zab non si intrometta, si mette sempre a dare consigli e mi innervosisce.»
«Se ci prova lo eviro, l'ultima volta mi hai battuta per colpa sua.» arricciò il naso.
«No, tu perdi perchè sono più brava di te, è diverso.» cominciò a spalmarsi un po' di marmellata sul pane tiepido che si era raffreddato nel frattempo.
«E questo in quale universo parallelo scusa? Io sono una Malfoy, sono migliore in tutto.»

Dopo qualche ora passata con Kim e due perdite disastrose perchè era continuamente persa a pensare all'altro Malfoy, con una scusa a metà pomeriggio si era alzata e aveva deciso che bastava così. Doveva parlargli.
Voleva, voleva, vol— lo voleva. Basta, era inutile fingere, scappare. Aveva così tanta paura da sentirsi la gola chiusa e il petto in fiamme, ma continuava a cercarlo, in biblioteca, per i corridoi, ovunque vedesse una testa bionda sobbalzava, solo un istante, prima di vedere come quella non fosse nemmeno vicina alla sua tonalità di biondo.

L'avrebbe persa, avrebbe potuta per perderla e questo lo tormentava ancora di più dell'ignoto in cui si sarebbe buttato andandole incontro. Lei era come una fiamma ardente che ti prendeva e ti bruciava dal profondo, mutandoti in cenere da cui rinasceva una fenice, ogni volta più forte. Era capace di illuminare il mondo, di appassionarsi alle cose, di amare senza remore un libro, un cibo, una parola, una persona e senza remore urlarlo al mondo, senza paura. Lei non aveva paura di amare.
Era piena di difetti, di piccole incertezze che nascondeva sotto quella fede cieca che i Potter ostentavano nel mondo, cambiava umore per un nonnulla, la colpivano le piccole cose e potevi coglierla, se facevi abbastanza silenzio, a guardare con occhi sognanti il vuoto, persa in un mondo che non avrebbe mai potuto raggiungere. Lei era un essere speciale, una delle poche persone che aveva desiderato proteggere ancora e ancora, fino a distruggersi se avesse dovuto.
Forse era un dono dei Potter, quello di scavarti dentro trovando il calore anche in un iceberg, tirando fuori la parte più umana di te.
Albus l'aveva cambiato, Lily senza nemmeno accorgersene, giorno dopo giorno, l'aveva plasmato. Era qualcosa di profondo, come se mano a mano che le stava vicino le depositasse addosso pezzi di sé rimanendo incompleto e ora, come un uomo assetato nel deserto, reclamava l'unica cosa che poteva farlo sentire completamente vivo. A costo di attraversare un miraggio, avrebbe provato a raggiungerla, toccarla e per la prima volta farsi vedere.

Merlino, com'era possibile che ogni volta che voleva stare da sola lui spuntava dal nulla e ora che lo cercava prima che il coraggio scemasse fosse semplicemente sparito, com'era possibile che la scuola sembrasse cento volte più grande del normale?
Si era fermata nella Sala d'Ingresso, indecisa se andare a vedere al Campo da Quidditch o aspettare nel corridoio che portava alla Sala Comune Serpeverde tendendogli un agguato, sempre che non avesse ceduto prima all'istinto di scappare a gambe levate.
Era sempre stata sconsiderata, avventata, impulsiva magari chiedendosi subito dopo chi diavolo le avesse gettato un Imperius addosso per farle fare quell'immane stupidaggine, ma si conosceva e se avesse lasciato bruciare il fuoco che aveva nelle vene senza farlo uscire presto si sarebbe estinto come una candela sotto un bicchiere che finiva l'ossigeno. E sarebbe scappata, ancora e ancora. Poi lui se ne sarebbe andato da Hogwarts e che scusa avrebbe avuto per rivederlo? Andare a casa di Kim per le vacanze, per andarla a trovare o riportarle anche solo una piuma che le aveva prestato. Ma le sarebbe bastato? Guardarlo dall'esterno mentre ognuno viveva la propria vita e sapere quello che aveva provato per lui, senza poterci fare nulla?
Doveva affrontarlo, farsi ridere in faccia, farsi dire che aveva solo giocato con lei, che l'aveva stuzzicata in quel modo perchè i soliti litigi lo avevano annoiato. Doveva farsi fare a pezzi il cuore per poterlo ricostruire, una volta svuotato da Lui.
Dal portone aperto entrava l'aria fresca, c'era buio, il buio che sapeva fare solo in Scozia quando pioveva a dirotto come in quel momento. Un lampo rischiarò il cielo buio, e poco dopo si sentì un tuono fragoroso. Giù, nella Sala Comune, ci sarebbe stata un'umidità da far paura e molto probabilmente avrebbe trovato Kim rannicchiata davanti al fuoco stretta ad Al, insofferente per il temporale. Non le erano mai piaciuti, cos'è che le aveva detto una volta? “Sembra che cada giù il cielo, ogni tuono è come una crepa. E i lampi bagliori di luce che escono dalle crepe.” Allora lei l'aveva guardata per un attimo dubbiosa. “Ma se dietro c'è luce non dovrebbe essere una cosa bella?” “Non se ci abitano i morti.”
Diventava sempre un po' lugubre, durante i temporali. A volte era successo che durante l'estate, una delle tante notti che dormiva a Malfoy Manor, scoppiasse un temporale estivo e si ritrovasse da sola nel letto la mattina dopo. La prima volta si era preoccupata, ma quando aveva scoperto che si era infilata nel letto del fratello come faceva da quando dormiva da sola era stata la prima volta che aveva visto un essere umano più complesso in lui, dietro la faccia da sbruffone inacidito. Col tempo Kimberly si era abituata a stringersi all'amica, svegliarla con scuse stupide per parlare sotto le coperte mentre fuori si sentivano tremare le finestre ogni tanto, ma era sicura che quando era da sola tornasse lo stesso da lui e che nonostante l'età lui l'accogliesse sotto le coperte borbottando qualcosa sulla pubertà fingendosi contrariato. In realtà gli faceva piacere, essere il suo cavaliere bianco. Il suo punto di riferimento.
Dimostravano l'affetto in modo strano, i Malfoy. Esprimevano affetto a forza di mezze parole, frasi non dette e sguardi che sembravano trapassarti da parte a parte. I Malfoy, aveva imparato da Kim, guardandola con Scorpius, avevano una lingua loro, fatta di piccoli gesti fatti nel buio, per non essere visti, erano animi nobili nascosti dietro la paura di ciò che l'amore poteva farti. Lei e suo fratello erano cresciuti in modo diverso, l'amore era l'unico comandamento che dovevano seguire, suo padre era vivo grazie a ciò che l'Amore poteva fare; per questo quando avevano cominciato a rapportarsi con i fratelli Malfoy erano rimasti titubanti. Avevano vissuto credendo che l'amore fosse l'unica cosa che contava, ma forse ne sapevano molto più loro, che se lo tenevano dentro e lo nascondevano come un difetto. Una debolezza.
Albus si era abituato in fretta, era di natura riservata e accomodante e non gli era stato difficile avvicinarsi aprendosi pian piano spingendo Scorpius a farlo spontaneamente a sua volta, con lui, solo con lui. Lily tendeva più a travolgere le persone e se all'inizio si era subito affezionata alla Kim sarcastica che lanciava occhiatacce raggelanti quando qualcosa la infastidiva aveva capito che avrebbe potuto scavare tutta la vita e avrebbe trovato sempre una nuova Kim. Tutte vere e finte allo stesso tempo, tutte parte di lei, come un caleidoscopio. Le veniva naturale, modellarsi attorno all'amica, lei che era sempre stata un libro aperto, un lago limpido di cui vedevi il fondo di pietre lisce. E mentre le si adattava allo stesso tempo la obbligava ad avvicinarsi, creando quello strano legame che le avrebbe tolto la parte più importante di lei perderlo. Non erano la stessa anima in due corpi, per quanto fossero profondamente simili e diverse allo stesso tempo erano due anime ben definite che avevano trovato una musica, un accordo nell'altra. Entrambe potevano risuonare della propria musica senza sovrastare l'altra, senza coprirla o rovinarla, ma esaltando le parti migliori delle note dell'altra.
Stava iniziando a piovere dentro e decise che il custode non si fosse deciso a farlo lui avrebbe chiuso lei stessa la porta. Stava quasi tirando fuori la bacchetta quando notò la sagoma che avanzava sotto la pioggia. Un lungo mantello svolazzante, una figura nera e alta, il freddo.. spalanco gli occhi mentre la paura le dilata le pupille facendo diventare le iridi dei semplici anelli sottili blu attorno al nero. Si ficcò le unghie nei palmi, imponendosi di rimanere calma, di respirare invece che martoriare il labbro inferiore con i denti.
Pensa Lily. Pensa.
Il sorriso di Scorpius le guizzo dietro gli occhi per un istante, ricordandole che aveva il suo ricordo felice e rallentando un po' la corsa impazzita del suo cuore.
Ora che la figura si avvicinava si diede della sciocca, perchè il freddo era semplice freddo e quell'ombra era decisamente umana, sebbene non capisse quale essere umano avesse voglia di uscire con quel tempo nel Parco fangoso dove in alcuni punti si affondava con quasi tutte le scarpe.
Aspettò sulla porta, non sapendo bene cosa fare, mentre cercava di respirare con tranquillità e far passare i brividi che non avevano niente a che fare con il freddo. L'unico rumore oltre alla pioggia era il suo respiro, era tardi, forse di lì a poco sarebbe scattato il coprifuoco e la gente preferiva le scorciatoie dietro gli arazzi piuttosto che passare in piena vista col rischio di beccarsi una punizione.
Finalmente la figura che l'aveva tanto allarmata arrivò agli scalini, salendoli in fretta, evidentemente pensava anche lei che non fosse stata un'idea esattamente geniale uscire con quel tempaccio. Si fermò sulla porta, come impetrita e alla luce delle torce tremolanti riconobbe il biondo, l'esatta sfumatura scurita dalla pioggia, che aveva cercato ovunque. Gli occhi grigi la fissavano sorpresi, mentre rimaneva lì immobile a fissarla.
Lily, ormai quasi del tutto calma avrebbe voluto avvicinarglisi, scostargli la ciocca bagnata nonostante il mantello appiccicata sulla fronte da cui colavano piccole goccioline. Avrebbe voluto sfiorargli le ciglia umide con le labbra, avrebbe voluto sentirgli l'odore di pioggia che ormai si doveva essere infiltrato sotto la pelle, avrebbe voluto—
Un tuono la risvegliò dalle sue fantasticherie, facendoli sobbalzare leggermente entrambi.
«Malfoy, entra che chiudiamo la porta o domani nei sotterranei potremo farci una piscina coperta.» le parole le uscirono dalle labbra senza una particolare intonazione, come se non fossero sue. Lui si limito a fare qualche passo avanti lasciandosi dietro impronte fangose. Con un piccolo gesto della bacchetta e un incantesimo appena mormorate il portone cigolò e si richiuse, lasciando che la pioggia rimanesse solo un rumore lontano, di sottofondo e immergendo nel silenzio la Sala dal Soffitto alto.

Si era rigirata dopo avergli dato le spalle, e ora lo guardava come se fosse tutto normale, come se non fosse cambiato nulla e lui invece scoppiava.
«Che ci facevi lì fuori con questo tempaccio?» la voce morbida era come una carezza, si sentiva il gelo nelle ossa e il fuoco nelle vene. Era quello l'effetto dell'amore? O era solo il risultato della consapevolezza che lei avrebbe potuto non volerlo? Che aveva tutte le ragioni per farlo?
Stavo cercando te -avrebbe voluto dire- per dirti che ti amo.
«Quando sono uscito non pioveva così tanto e avevo dimenticato qualcosa negli spogliatoi al Campo.» improvvisò.
«Piove da stamattina, hai giocato a solitario nel frattempo?» si accigliò, come se le desse fastidio quello che aveva detto, ma non capiva cosa potesse esserci di poco plausibile nella sua scusa.
«Ormai ero uscito.» fece un'alzata di spalle, il mantello gli pesava sulle spalle fradicio e si sentiva i vestiti e i capelli appiccicati alla pelle. Con una mano si riavviò le ciocche bionde troppò lunghe che gli gocciolavano sugli occhi.
«Dovresti asciugarti, sai? Fra poco ci sono i M.A.G.O. e non sarebbe il massimo farli con il raffreddore.»
«Non mi ammalerò.»
«È lo stesso.» lo fissò intensamente per qualche istante e notò che aveva le pupille dilatate e il labbro spaccato da cui spuntava il rosso del sangue. «Andiamo, stavo andando da Kim io.»
Avrebbe voluto baciarla, morderle quel labbro, farle male, essere l'unico a farle male. Ma forse lo era già.
«Andiamo.»

Stupida. Idiota. Cogliona. Testa di Troll. Imbecille.
Porca Rowena, dove si era andato a nascondere il suo cervello?
Era lui, l'aveva cercato come una dannata per tutta la scuola e poi quando se lo era ritrovata davanti non era riuscita a dirgli niente. Beh, il fatto che venisse da fuori, dopo essere sparito per un pomeriggio non poteva che averla innervosita, magari era stato a rotolare negli spogliatoi scopando come un riccio. Era probabile, ma questo cosa cambiava? Cosa si aspettava davvero? Non era forse andata a farsi spaccare il cuore, per guarire?
«Non ho cenato, devo passare un attimo dalle cucine.» la voce di lui, la tirò fuori dalla sua seduta di autocommiserazione solo per darle altro materiale per torturarsi.
«Vengo anche io, devo prendere lo spuntino per la seduta di studio notturno con Kim.»
Lui annuì solamente, stranamente taciturno -più del solito- e proseguì al suo fianco, entrambi silenziosi. Sicuramente lui si chiedeva cosa avesse fatto di male per ritrovarsela fra i piedi.
Quando si fermò di colpo fece qualche passo prima di accorgersi che Scorpius, col cappuccio abbassato si era fermato. Lo guardò per un istante accigliata.
«Malfoy?» provò a richiarlo, mentre lui la fissava con un'intensità che faceva quasi paura, come se la tempesta che imperversava fuori dalle mura provenisse da dentro di lui e premesse per uscire. Gli occhi dello stesso colore delle nuvole, acquosi, scuriti dalla poca luce che illuminava l'umido corridoio di pietra. Era uno spettacolo bellissimo e terrificante allo stesso tempo, bello da togliere il fiato.
«Dobbiamo parlare, vieni.» e scattò, afferandola delicatamente per il polso con le mani fredde, gettandosi nella prima classe vuota e -a giudicare dal numero di ragnatele- inutilizzata da molto tempo che trovò.
«Dimmi.» sfilò dalla presa leggera di lui il polso quando la porta si richiuse alle loro spalle. Non aveva protestato o si era dibattuta quando l'aveva afferrata, ma aveva bisogno di spazio fra loro due per ragionare lucidamente.
La punta della bacchetta di Scorpius si illuminò, rilasciando nell'aria piccole sfere luccicanti che si andarono a depositare sulle torce spente da anni. Era il fuoco magico che aveva visto fare anche a sua zia Hermione.
Si appoggiò ad un banco aspettando che lui rompesse il silenzio, troppo impaurita per farlo lei stessa.
«Qual'era il tuo pensiero felice?» domandò infine, quasi con casualità ostentata, come se si fossero incrociati in un corridoio per caso e non l'avesse trascinata lì lui stesso.
«Perchè?» ebbe un brivido lungo tutta la schiena, irrigidendosi immediatamente. L'aveva forse capito? Era arrabbiato? Poi per cosa, mica l'aveva molestato, era solo un ricordo, non poteva infastirlo, Porco Salazar! Che razza di diva era?
«Vorrei saperlo.» con un movimento fluido si tolse il mantello gocciolante che ormai doveva pesare una tonnellata per com'era zuppo, poggiandolo noncurante su un banco impolverato.
«E io vorrei tenermelo per me.» finì irrimedibialmente sulla difensiva. Aveva progettato di non dirglielo, di evitare di esporsi così tanto, ma solo accennare ai sentimentimenti che la stavano scuotendo come un arbusto.
Le si avvicinò facendo cigolare le scarpe da ginnastica bagnate per terra, era vestito alla babbana, la camicia zuppa e semitrasparente appiccicata addosso, i jeans tanto scuri da sembrare neri e la pelle che sembrava ancora un più chiara sotto le luci dei fuochi freddi che guizzavano dalle lanterne. Era così vicino che Lily avrebbe potuto intuire la forma dei muscoli appena accennati sotto la camicia, tanto da sentire il suo profumo invaderle le narici. Sapeva di pioggia, di bagnoschiuma o shampoo alla menta, fumo e Lui. Era come una droga e allo stesso tempo tornare a casa. Come faceva a farla stare così bene -a farla sentire così tranquilla quando non era per niente al sicuro- qualcuno che di lì a pochi minuti le avrebbe stretto il cuore fra le mani sbriciolandolo.
«Perfavore.» la voce morbida la acarezzo facendole quasi trattenere il respiro. Da quando chiedeva perfavore? A lei per giunta? Forse, realizzò con una fitta al cuore che di poco non la fece ritrarre di scatto contro al banco dov'era già aggrappata, si comportava così con le ragazze che voleva affascinare.
«Da quando conosci le buone maniere?» sbattè gli occhi per schiarire la vista offuscata e rimanere lucida, leccandosi le labbra secche e screpolate sentendo chiaramente il sapore metallico del sangue.
«Rispondimi, è solo una domanda di cui devo sapere la risposta.»
«Parli troppo, fai troppe domande, ma il peggio e che dici cose sbagliate, fai tutte le domande sbagliate.»
Faceva sempre cose incomprensibili, gesti assurdi che andavano al di fuori di ogni logica e si accorse con una fitta al cuore, che più la faceva arrabbiare e sconcertare più la rendeva sua.
«Forse per certe domande non c'è una risposta.» riuscì solo a sussurrare, col cuore che le batteva all'impazzata e le parole che si accartocciavano una contro l'altra nella testa. Voleva dirglielo, dirgli ciò che provava. Doveva farlo e allo stesso tempo ne era terrorizzata.
«Impossibile, ogni domanda ha una risposta.» affermò con tale sicurezza da sconcertarla.
«No, il problema è che fai le domande sbagliate, devi farmi le domande giuste, diamine Potter, lo saprai te, sei una Corvonero!»
No, non lo sapeva, non sapeva quale domanda fosse quella che voleva davvero sentirsi porre. Forse, per quanto agghiacciante quella che ancora aleggiava nell'aria polverosa era davvero quella giusta.
«Qual'era il tuo pensiero felice?»
Il sorriso di Scorpius era..

Ma la risposta faceva troppa paura per accettarlo.
Ci speravo davvero, sai Lily, che tu avessi la domanda giusta.
«Un sorriso.» disse infine lapidaria, sentendo la scure che si abbassava sul suo collo. Si sentiva leggera, come priva di peso, profondamente cosciente della presenza di Scorpius, ma non della propria. Il suo sguardo grigio indagò sul suo viso e si chiese se glielo si potesse leggere in faccia quel sentimento che le rodeva l'anima e le toglieva il sonno. Che l'aveva cambiata, troppo per tornare indietro, per tornare alla Lily prima di Scorpius.
«Un sorriso..?» una luce scura gli attraverso il viso, evidentemente la risposta non gli era piaciuta. «E qual-»
«Il tuo.» buttò fuori la risposta tutto d'un fiato, senza il coraggio di aggiungere le giustificazioni o le battutine acide che le vorticavano in testa, per migliorare la situazione disastrosa in cui si era cacciata con quelle quattro parole.
Un sorriso.
Studiò i suoi lineamenti come non avrebbe più potuto fare, la mascella squadrata tesa dal nervosismo che si rilassava improvvisamente dalla sorpresa, le pupille che si dilatavano nascondendo il grigio che conosceva così bene da sapere che col sole diventava quasi azzurro. Quasi.
Sembrava pietrificato in uno stato di muta sorpresa, o forse era lei che sentiva i secondi passare come se fossero infiniti. I capelli biondi ancora umidi, ma un po' più asciutti, scompigliati e assolutamente lisci emanavano quasi luce tanto erano chiari.
Il tuo.
Le spalle larghe leggermente incurvate, il profilo alto teso come pronto a scattarle alla gola, leggermente piegato verso di lei, forse inconsciamente. Le mani dalle dita lunghe come aveva sempre immaginato quelle di un pianista o un violinista, leggermente più grosse sulle nocche, nascoste nelle tasche.
«Il..?» sembrò non avere il coraggio di finire la frase, Lily si limitò ad annuire completamente ammutolita. Pronta a cadere.
Il sorriso di Scorpius era il suo pensiero felice.
Le prese il viso fra le mani, passandole delicatamente col pollice sulle lentiggini che le coprivano le guance , così come le spalle, le gambe, le braccia pallide, tutto il corpo. Come lui erano ovunque sulla sua pelle.
Sembrava a metà fra il tormentato e un uomo a cui era stato tolto il peso del mondo dalle spalle, non sapeva come potessero coesistere le due cose, ma era così che appariva. La sua vita era un eterno controsenso, come poteva non esserlo anche quella parte di lui che ne faceva parte da così tanto tempo?
«Lily..» il suo nome soffiato fra le sue labbra suonava quasi come una preghiera, le crepe nella maschera che aveva creduto di vedere il giorno prima ora erano voragini che mostravano un volto che non credeva di conoscere, quello del vero Scorpius, dei suoi pensieri e che invece scoprì le era famigliare come il palmo della sua mano. Perchè lui era sempre stato vero, dietro a quella maschera di cui nessuno dei due si era mai accorto di quanto in realtà fosse trasparente. Perchè quando stava con lui era la vera Lily, quella un po' sgorbutica e stizzosa, quella che poteva permettersi di non sorridere sempre quando era felice. Perchè con lei lui era sempre stato solo Scorpius, quello che l'aveva vista crescere prendendola in giro, litigandoci fino allo sfinimento solo per finire a fare assurde lotte lanciandosi cibo, palle di neve o semplici frecciatine stanche.
Perchè assieme, per quanto sembrasse surreale non avevano mai mentito che a loro stessi.
Lily non sapeva se lui l'avrebbe semplicemente presa in giro o se quella intuizione era vera, ma sapeva per certo che quelle mani fredde, il suo nome sulle sue labbra avevano il potere di farla sentire a casa.
«Sì?» sussurrò tremante alzando le mani lentamente e dopo una breve esitazione le posò sul suo petto, sentendo sotto la camicia fradicia il cuore palpitargli allo stesso ritmo precipitoso del proprio.
«Resta.» Sentì il proprio respiro tremare a quella semplice parola.
«Perchè?»
«Perchè stavi scappando, lo fai ogni volta.»

Annuì senza aggiungere altro, mentre le pareva quasi sentire il rumore della maschera che cadeva a terra con un leggero tonfo. Davanti a lei rimaneva solo Scorpius e lei voleva credergli con tutte le sue forze, perchè averlo vicino aveva fatto andare a puttane tutti i suoi buoni propositi sul non farsi spezzare il cuore, semplicemente perchè voleva correre il rischio. Per i momenti come quello.
«Ah, Malfoy, eccoti qui.»
«Mi stavi aspettando?»
«Mah, non so.. forse incosciamente.»
«Capisco.»
«Che c'è ora?»
«Niente, solo che non riesco a vederti.»
«Non mi sembra che ci sia così buio, io ti vedo benissimo.»
«Non intendo in quel senso, solo non riesco a vedere Scorpius, mi fermo sempre a Malfoy.»
«E questo è un problema?»
«Beh, come dire.. prima non lo era, mi bastava, ma ora hai complicato tutto, ora voglio capire.»

La spaventava, la spaventava da morire, perchè oltre a non vedere lui, non aveva mai visto nemmeno davvero dentro sé stessa. Si era fermata troppe volte a pensare a loro come Potter e Malfoy, invece non lo erano, non lo erano mai stati anche se si erano sempre ostinati a convincersi. Loro erano Lily e Scorpius, e basta.
Era spaventata perchè ora capiva.
«Hai una così cattiva opinione di me?»
«Me lo stai chiedendo davvero? Tu, a me?»
«Perchè no? In fondo siamo qui e non so se l'hai notato, ma ultimante riusciamo a stare nella stanza senza lanciarci nessun oggetto contundente.»

Troppe maschere, troppe convinzioni sbagliate, troppe paure che aveva soppresso tutto ciò che era essenziale. Ciò che la faceva respirare.
«In fondo non mi stupisce nemmeno, si vede che ci tiene a te.»
«E da cosa? Dagli insulti e gli scherzi di pessimo gusto?»
«No, da come ti guarda.»
«Ti sbagli, io e lui ci destestiamo cordialmente dal primo anno.»
«No, non mi sbaglio, sei tu che sei distratta. Quando non pranzi al tavolo Serpeverde capita spesso che ti lanci occhiate strane, ti fissa, ti fissa e basta. Tu non te ne accorgi perchè sei convinta che ti detesti e questo ti basta, ma davvero. Ti guarda in continuazione, con uno sguardo strano.»
«A volte.. ci chiudiamo troppo nelle nostre convinzioni e rischiamo di commettere terribili sbagli, solo perchè ci ostianiamo a non voler vedere come stanno davvero le cose.»

In quanti l'avevano capito prima che la sua cocciutaggine si facesse da parte per lasciare spazio al cuore? Si chiese distrattamente mentre contemplava il viso del ragazzo davanti a lei perfettamente immobile, come sospeso ad aspettare una risposta. Sorrise lieve afferrando la camicia con le mani piccole e tirandolo leggermente verso il basso, verso di sé.
«Ma non posso rispondere ad una domanda senza senso come questa, insomma Zab, Malfoy, fai sul serio?»
«E perchè no?»
E se potevano crederci gli altri, perchè non poteva farlo anche lei? Perchè non poteva semplicemente credere che anche lui provasse qualcosa per lei, che anche lui fosse confuso quanto lei e che tutto sarebbe potuto andare bene? In fondo un “perchè no?” era sempre meglio di un “mai”. Lasciava spazio ad almeno un milione di possibilità.
Scorpius si lasciò trascinare verso di lei, sentiva il cuore esplodergli nel petto che si alzava e abbassava sotto le sue mani piccole e leggermente tremanti. Sentiva le sue mani fredde sul viso ustionarla, non avrebbe mai pensato che un tocco così semplice potesse dare scosse elettriche così intense in tutto il corpo. O forse erano solo i ricordi, i ricordi che sapevano di un vecchio libro consunto che non ti stanchi mai di rileggere a darle quella sensazione di pienezza.
«Ultimamente ci incontriamo un po' troppo spesso Malfoy, per caso sei uno stalker?»
«Potrebbe essere Potter, a questo punto tutto e possibile.»

Si alzò un po' sulle punte raggiungendo il ragazzo a metà strada, sfiorandogli le labbra con le proprie su cui era ancora impresso un piccolo sorriso. Più che un bacio era uno sfioramento quasi casuale, ad occhi chiusi si beò sentendo il respiro caldo di Scorpius uscire tutto d'un fiato e andarle sul viso. Sentirsi avvolta da lui, dal suo profumo, dal suo calore, la sua sola presenza era come essere di un passo più vicina al paradiso e due all'inferno, ma non le importava.
Stava bene, finalmente stava bene.
Finalmente era Lily.


Note. Sono un'autrice piuttosto volubile, ne sono consapevole. Passano mesi fra alcuni capitoli e nemmeno un giorno fra altri, ma sono così. Ecco qua, non so cosa commentare se non che il precedente era in preparazione a questo e che amo scrivere di Lily e Kim. E Scor e Lils mi fanno fangirlare. Okay, la smetto.
Probabilmente terminerà tutto con il prossimo capitolo, ormai tutti nodi sono venuti al pettine. Ci sarà un epilogo abbastanza lungo e forse qualche storiella riguardande il post-fine anno. Lil e Scor ed eventi significativi o meno della loro vita.
Bene vi lascio e spero di trovare tante recensioni, perchè i miei bimbi sono stati bravi e coraggiosi.
(Se non si notasse le citazioni del capitolo precedente e questo sono state scelte apposta in sequenza.)
With love. :)

   
 
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