AllynChannel
trasmette
strano, trasmette ROSSO, NC 17,
Lemon in certi
dovuti punti della narrazione e tanti cuoricini...ma? Questa volta i
personaggi
non saranno solo Sasuke e Naruto, li avremo un po’ tutti,
come avevo promesso
nel capitolo 20 questo capitolo 21 sarà una raccolta di
tanti spin off, tutti
rossi, tutti con coppiette che avete voluto e sperato e
chiesto...perchè?
Perché mi avete fatta felice, ve lo meritavate, per la
pazienza, per le
recensioni, per tutto <3 Grazie, questo è il mio
“stupido” grazie!
E
ora: che la
trasmissione abbia inzio, buon divertimento (si spera di non annoiarvi)
e mi
raccomando VOGLIO SAPERE COSA NE PENSATE! PERCIò VI ASPETTO!
<3
Allyn
Ps:
attenzione, argomenti non adatti ai troppo giovani, qualche parolaccia,
sesso
presente, rosso rosso rossissimo!!
VENTUNESIMA
REGOLA: La
notte porta consiglio, a volte a qualcuno porta solo incubi, ad altri
sani
intrattenimenti...se ti chiami Sasuke Uchiha è probabile che
tu cada in
paranoia.
Sasuke non
riusciva a dormire, Suigetsu ormai russava da
qualche ora, steso a pancia in su sul letto, con la bocca aperta, la
maglietta
alzata sulla pancia.
“Idiota”
Sbottò contro il cuscino, ricordando che lo aveva
asciugato manco fosse stato un bambino.
Prese il
cellulare tra le mani e riguardò l’ultimo numero
tra
le chiamate perse: Naruto Idiota Uzumaki.
Tum Tum Tum
Il suo cuore,
insistente, non aveva mai smesso di battergli
troppo forte nel petto.
“Guarda
come mi sono ridotto” Pensò. Si faceva pena, poi
ribrezzo, poi una certa tenerezza, poi schifo, poi ancora pena, poi
pensava a
sé come al degrado dell’umanità.
Aveva quasi
scopato con Suigetsu, per provare a scordarsi
Naruto.
Poi aveva
scopato con Naruto, anzi non era stato
scopare...era stato...no, non doveva, si era imposto che...proprio no,
certe
parole non dovevano essere accostate ai loro nomi.
Poi Naruto
l’aveva praticamente mollato lì, con il culo a
pezzi, e il cuore a fargli compagnia. Perché sì,
un cuore ce l’aveva anche
l’Uchiha, ormai era inutile negarlo.
Poi Naruto era
quasi sparito dalla sua vita, quasi, perché
ogni tanto, la notte gli era tornato a mente, ed era stato doloroso,
troppo.
Ma Orochimaru
gli aveva mostrato una nuova via. Lavoro,
impegno, lavoro, studio, lavoro, progetti, lavoro...
Aveva fatto un
pompino al suo capo, poi si era fatto quasi
scopare, come una degna prostituta, dal suo capo, per cosa? Per
superare
Itachi? Per cancellare Naruto, di nuovo? O per farsi schifo, per
degradarsi
ancora di più, per punirs?
Sasuke Uchiha
stava realmente impazzendo, e la cosa peggiore
era che se ne era accorto.
Quella chiamata lo aveva salvato, anzi, aveva deciso di
farsi salvare, perché avrebbe potuto ignorarla e tornare
dalla lunga lingua di
Orochimaru, dalle sue mani.
Gli vennero i
brividi.
Cosa fare?
Poteva spedire un messaggio all’idiota.
“Ciao,
come stai?
Perché mi hai chiamato con tale urgenza dopo avermi scopato
e abbandonato?”
No, non gli
sembrava il giusto messaggio.
“Ciao,
ti am..”
Col cavolo!
“Naruto, sparisci,
brutto stro...”
No, non andava
bene.
“Mi
ha fatto male il
culo per una settimana, stro...”
Neppure.
Non andava bene
niente, componeva sulla tastiera touch del
cellulare e cancellava subito dopo.
“Ti
odio”
Inviò
il messaggio.
Ecco, quelle due
parole racchiudevano tutto, ogni sfumatura
dei suoi sentimenti, delle sue emozioni, poteva essere riassunta in un
estremo,
enorme, immenso ti odio.
Sorrise
soddisfatto, poi si pentì.
La risposta gli
arrivò pochissimi minuti dopo. Ma
quell’idiota non dormiva? Stava sveglio per lui? Ancora il
battito, troppo
accelerato, l’avrebbero ricoverato, imbottito di
betabloccanti.
Da:
Naruto Idiota
Uzumaki
...
Tre miseri
puntini? Realmente? Sasuke si alzò dal letto,
passeggiò per la stanza un paio di volte, poi spense il
cellulare e si ributtò
sulle lenzuola, stava sudando.
Di quel passo la
strada verso la riappacificazione era
davvero lunga, troppo...
[Naruto]
Stringeva forte
il cellulare, il suo numero, la
vibrazione...quel ti odio, tipico di Sasuke.
“Ti
amo” Scrisse, poi cancellò.
“Mi
dispiace tanto, troppo, non capisci, lasciami spiegare io
e Hinata, io non l’ho mai...” No,
cancellò ancora.
“Sei
la persona più...” Ancora.
Tre puntini, gli
inviò tre puntini, lui, Uzumaki Naruto, non
sapeva cosa fare per riprendersi Sasuke Uchiha.
EXTRA
Di
sesso nei bagni
pubblici ed incubi notturni: Suigestsu e Sasuke
I capelli erano
chiarissimi, così tanto da sembrare bianchi,
illuminati dalla luce fredda del neon di quel bagno pubblico.
Sasuke
guardò lo sconosciuto con cui aveva bevuto tutta la
sera, dal quale si era fatto schernire, ribattendo a tono e ridendo
della
sagacia delle risposte che gli arrivavano a raffica.
“Hai
fegato a rispondermi con quell’insolenza”
Sentenziò, guardando
il viso del ragazzo attraverso lo specchio, spostandosi una ciocca
più lunga di
capelli dietro l’orecchio.
Suigetsu,
così aveva detto di chiamarsi, ghignò divertito.
“Certo
che ho fegato...fegato e voglia di scopare”
Allargò
ancor più le labbra in un sorriso da cacciatore, che Sasuke
non si lasciò
sfuggire.
“Fatti
una sega” Sputò lì l’Uchiha,
poggiando le mani sul
lavandino.
“Ho
chiuso la porta a chiave”
“E con
ciò?”
“Non
entrerà nessuno” Suigetsu si avvicinò
all’Uchiha, posò
una mano sulla sua, strinse forte quelle dita ossute, come per
avvisarlo, poi
portò le labbra alla nuca, infilando il naso tra i capelli
neri, scivolando sul
collo, leccando piano, mordendo. “Dimmi che non sei
eccitato” Sussurrò in un
soffio all’orecchio del giovane.
“Neanche
un po’” Mentì Sasuke.
“Ah
no?” Protestò Suigetsu, posandogli la mano sul
cavallo
dei jeans.
La musica
arrivava ovattata, oltre la porta doveva essersi
formata un po’ di fila, perché si sentivano parole
sconnesse, incomprensibili,
qualcuno ogni tanto bussava.
“Abbiamo
poco tempo. Niente giochetti” Borbottò Sasuke,
spazientito, sganciandosi i pantaloni e permettendo al ragazzo di
infilare le dita
sotto i suoi boxer, di masturbarlo piano.
“Menomale
non eri eccitato” Lo derise mordendogli il lobo
dell’orecchio, e ghignando in un modo che a Sasuke mandava il
sangue al
cervello, facendogli venire voglia di spaccargli tutti i denti. Fortuna
che ora
la maggior parte dei suoi liquidi ematici confluiva verso altre parti,
sicuramente più in basso del cervello.
Suigetsu si
portò la bustina del profilattico tra i denti,
aprendola, Sasuke ascoltò il rumore della carta argentata,
poi quello umido del
lattice srotolato, poi sentì le dita bagnate di Suigetsu,
cercare un’entrata
nel suo corpo, trovarla, farsi spazio. Gli abbassò i
pantaloni, quel tanto che
bastava. Sasuke si piegò in avanti, guardò
l’altro attraverso lo specchio,
controllò ogni suo movimento, ogni sguardo lascivo che gli
mandava con quegli
occhi insoliti, carichi di desiderio, eppure divertiti; a momenti
sembrava lo
stesse prendendo per il culo, e un po’ era quello che si
stava accingendo a
fare, fisicamente parlando, in altri momenti invece pareva perso in un
mare di
lussuria e voglia.
Per quanto fosse
lui, quello piegato sul lavandino, con le
mani strette alla ceramica bianca, Sasuke sapeva di comandare, sapeva
di essere
stato lui a lanciargli chiari messaggi, a invitarlo in bagno con una
strizzata
d’occhi, a invitarlo a toccarlo con tutte quelle battute, con
tutti i loto
giochi di parole, con quello sfidarsi.
Tra lui e
Suigetsu era stata alchimia, alchimia di corpi e di
pelle. Era stata voglia di scopare, in modo sporco, nel bagno pubblico
di quel
locale, come estranei.
Sporco il posto,
sporchi loro. Non esisteva candore, per
certi istinti. Sorrise alla sua immagine riflessa, e attese.
Sentì
il calore ingombrante di Suigetsu farsi spazio tra le
sue viscere, trattenne un gemito e incontrò i propri occhi
nello specchio,
lucidi, vivi.
“Sopporta,
poi mi ringrazierai” Rise Suigetsu, mordendogli
piano la spalla e guardandolo.
“Finiscila
e muoviti, prima che mi addormenti, sei lento” Si
pentì di averlo detto, di aver ostentato spavalderia,
perché l’altro gli si
piantò dentro con un colpo di reni, lasciandolo senza fiato,
a bocca aperta.
“Oh,
non hai più niente da dire, Sasuke? Allora trattieni le
grida, mi raccomando” Suigetsu smise di sorridere e prese a
muoversi
velocemente, con precisione, affondando e riemergendo, toccandolo
davanti, con
quelle mani pallide.
E Sasuke si
guardò in diretta, perdere il controllo, e...sì,
trattenersi dal gridare, perché lo sconosciuto non sapeva
farci solo a parole,
scopava anche bene.
“Allora?
Non hai niente da dire? Ti senti troppo pieno, per
dire qualcosa?” Volgare, parlava troppo.
“Hai
un culo pazzesco” Commentò Suigetsu, stringendogli
la
pelle candida delle natiche, spingendosi ancora più dentro
di lui.
Sasuke gli
afferrò i capelli, lo tirò verso di
sé, oltre la
sua spalla.
“Parli
troppo, scopami e stai zitto” Ansimò, per poi
baciarlo, mordergli le labbra, sentire l’orgasmo travolgerlo,
sporcare lo
specchio, la loro immagine riflessa.
Mentre Suigetsu
usciva dal suo corpo, la fronte sudata e un
ghigno soddisfatto in viso, Sasuke capì che non era stata
solo una scopata, che
voleva che quel ragazzo lo infastidisse ancora, così si
riagganciò i pantaloni
e disse: “Dammi il tuo numero, cretino!”.
Itachi si
svegliò di soprassalto. Aveva bagnato le lenzuola
di sudore, sudore da terrore. Perché quel sogno assurdo,
perché un sogno tanto
orrendo?
Il suo caro,
piccolo, puro, adorato fratellino, scopato
allegramente in un sudicio bagno di un locale di terza categoria.
Perché?
Accese la luce, si raccolse i capelli in una coda e
guardò la foto che teneva sul comodino vicino al letto.
Un bambino con
gli occhi neri e la faccia rotonda d’infanzia
lo abbracciava forte, guardando verso la macchina fotografica.
“Oh,
Sasuke, perdonami, non so perché io abbia fatto un sogno
del genere” Sorrise, tenendo stretta la cornice, per poi
posare nuovamente la
foto al suo posto.
Colpa delle
insinuazioni di Madara, che quando era venuto il
giorno prima a trovare suo padre si era lasciato andare a discorsi
sull’omosessualità latente di certi ragazzi, di
come tendessero a reprimersi.
Fugaku aveva
scosso la testa esasperato, poi l’aveva cacciato
di casa, urlandogli di salutare quel beota di Hashirama.
Ah, dannato,
pazzo zio!
Spense la luce e
si sistemò sotto le coperte, ancora turbato,
con la paura di sognare qualcos’altro di strano.
(N.d.Allyn---era
un sogno XD POVERO ITACHI <3)
Di
coppie etero e di
passate esperienze omosessuali: Iruka e Kakashi
Rin aveva
bevuto, troppo per i suoi standard. Accasciata
sulle gambe nude di Kakashi rise, senza motivo, portando il bicchiere
in alto,
versando un po’ di vino sulla pelle del compagno, che rise a
sua volta. Si
voltò, leccò via il rosso con la lingua, avida,
più della pelle dell’uomo che
del vino.
Hatake
sospirò, brillo anche lui, una mano tra i capelli di
Rin, che aveva preso a leccare altrove, riemergendo ogni tanto per
ridacchiare.
Avevano
festeggiato l’arrivo dei nuovi mobili con cui avevano
arredato il salotto di quel grande casolare, Kakashi lo stava
trasformando pian
piano in una casa vera e propria. Aveva ricavato un’intera
zona dedicata alla
sua attività di allevatore di cani, con tanto di recinti,
casette per gli
animali, box. Il sogno di una vita, e per giunta vicino a quella donna
che non
sarebbe dovuta esser sua, ma che inevitabilmente lo era diventata.
Erano felici,
anche se Rin starnutiva molto e si lamentava
dei peli, e lui controllava troppo spesso la posta per paura di trovare
altre
minacce di Obito.
Avevano
brindato, con troppo vino, aprendo tutte le bottiglie
che un contadino della zona gli aveva regalato, dopo
l’acquisto di un pastore
tedesco.
Avevano bevuto,
poi avevano fatto l’amore sul divano nuovo, e
Rin aveva urlato, facendo ululare tutti i cani.
Kakashi aveva
riso, poi si erano accoccolati tra i cuscini,
finendo l’ultima bottiglia.
“Ehi,
mi chiedevo” Iniziò lei, tornando a sdraiarsi
sulle sue
gambe.
Hatake la
guardò, spostandole i capelli dal viso e dandole un
bacio veloce.
“Tu,
sei mai stato con un uomo?” Finì lei.
“Perché
io, sai, all’università...ho baciato una ragazza,
qualche palpatina, niente di più”
Scoppiò di nuovo a ridere, sì, era ubriaca.
Kakashi la
guardò dapprima perplesso, poi divertito.
“Iruka”
Disse.
“Eh?”
Fece lei.
“Un
ragazzo del mio corso di veterinaria” Ghignò,
senza
malizia.
“Eravamo
entrambi ubriachi, come me e te adesso” E allora
rise, ricordandosi una notte lontanissima, le pareti gialle della sua
camera
universitaria, e le spalle ossute di Iruka, la sua coda castana che
aveva
stretto tra le dita, mentre cercava di farsi spazio dentro di lui,
impattando
alla cieca, facendogli male, ridendo per il troppo alcool, e poi
riempiendosi
le orecchie dei gemiti sconnessi dell’altro.
Era successo
senza che lo programmasse, per gioco, per
scommessa, per curiosità, e per quantità
industriali di birra e altro.
Iruka
l’aveva baciato, gli aveva infilato la lingua in bocca,
e per poco non l’aveva soffocato, poi era arrossito, e
Kakashi l’aveva
afferrato per il polso, gli aveva urlato un “che cazzo stai
facendo?” Poi lo
aveva ribaciato e spogliato.
Iruka gli aveva
detto che aveva voglia, che gli era “comparso”
qualcosa di duro nelle mutande, e Kakashi per poco non si era pisciato
sotto
dal ridere, l’aveva toccato, e allora aveva riso anche Iruka,
solo che tra una
risata e un'altra si era poi chinato tra le gambe di Hatake, e allora
anche a
lui era “comparso” qualcosa di duro nei boxer
L’avevano
fatto un po’ sul letto, un po’ sulla scrivania,
alla rinfusa, come gli animali che curavano in facoltà,
cercando di incastrarsi
alla meglio, tirandosi ogni tanto i capelli. Si erano baciati
un’altra volta e
basta, così, per scacciare l’imbarazzo dei loro
corpi stranamente allacciati.
Rin lo
guardò perplessa, poi scoppiò a ridere, anche se
per
un attimo aveva ripensato a Obito, il suo buon vecchio, e a tutti gli
effetti
eterosessuale, Obito.
“Ehi,
non sono gay!” Aveva protestato Kakashi baciandola con
passione. “Sono stato sincero”.
“Come
no?” L’aveva schernito lei, prima di ritrovarsi le
labbra occupate, prima di sentire le mani di lui sul seno, prima di
ritrovarsi,
pochi minuti dopo ad ansimare di piacere.
Se Kakashi era
gay, pensò Rin, allora era il gay più
eterosessuale che avesse mai conosciuto.
A chilometri di
distanza, chiuso in un ambulatorio
veterinario, intento a controllare una pila di scartoffie, a Iruka
fischiarono
le orecchie.
Di
arte, pennarelli, lingue
e...gusto: Sasori e Deidara
“No”
Deidara incrociò le braccia e lo guardò dritto
negli
occhi scuri, caldissimi.
“E’
per un progetto dell’accademia” Sasori lo
atterrò sul
letto, brandendo un
pennarello tra le
mani.
“Usa
un'altra cavia” Deidara strinse ancor di più le
braccia
contro il petto, aveva i brividi sulla pelle, l’altro gli
aveva tolto a forza
la maglietta, insistendo per disegnargli addosso e poi fotografarlo.
“Io mi
sono fatto ricoprire d’argilla, l’altra settimana,
per
quel tuo lavoro sull’effimera natura degli uomini e della
terra, ora tu mi
restituirai il favore!” E ghignò divertito.
“No,
Sasori, smettila!” Prese a lagnarsi, mentre il rosso, lo
mordeva, o gli faceva il solletico per costringerlo a lasciargli libero
il
petto, manco fosse stato la sua nuova tela su cui dipingere.
Quando
riuscì nel suo intento lo baciò.
“Hai
freddo, faccio in fretta, è solo una bozza, non fare il
ragazzino” Gli disse sottovoce, stappando il pennarello e
cominciando a
disegnare sulla pelle liscia, increspata ogni tanto da qualche brivido.
Il
biondo lo guardò sconfitto.
Sasori era bello
quando creava, quelli erano i momenti in cui
Deidara si ricredeva sui quei discorsi
sull’eternità, Sasori lo faceva sentire
eternamente innamorato come una ragazzina delle superiori.
“Fatto”
Esclamò sopo avergli schioccato un bacio sul collo.
Deidara si
alzò e corse allo specchio affisso al muro di
camera sua.
Si
voltò verso Sasori, inorridito.
“Che
cazzo sarebbe? Una lingua gigantesca?”
“Sì,
è il mio nuovo progetto, metamorfosi, deformazione
umana, i cinque sensi, tu saresti il gusto per me” Sorrise
soddisfatto.
“Tu
sei uno sciroccato” Mormorò Deidara tornando ad
osservare
il disegno del compagno, la cicatrice che aveva tratteggiato ai lati di
quell’immensa lingua che gli “sbucava”
dal petto.
“Io
sarei il gusto?” Chiese poi.
“Sì”
“E
perché mai?” Si avvicinò al rosso,
sedendosi sul letto al
suo fianco.
“Perché
sei avido in modo positivo, perché assapori tutto,
sempre...” Gli spiegò Sasori, sciogliendogli i
capelli biondi e baciandogli
l’angolo della bocca.
“Mi
lecchi sempre con una lentezza tale che non ho potuto non
pensare alla tua lingua, a come assapori ogni volta...”
Continuò lascivo.
“Spogliati,
Sasori” Soffiò Deidara, che non aveva
più freddo,
ma che fremeva, eccitato, estasiato dalla voce, dalle labbra, dalle
mani
d’artista dell’altro, che ora lo toccava lentamente
sul cavallo dei pantaloni.
Atterrarono sul
letto con un tonfo sordo, si toccarono, si
sfiorarono, lentamente, come quando dipingevano, come se le dita
fossero state
le punte dei loro pennelli preferiti.
Deidara
baciò il petto magro del ragazzo, scese in basso,
dove sotto l’ombelico cominciavano i radi peli rossi, fino a
trovarlo più giù,
qualcosa da assaporare, qualcosa di cui compiacersi.
“Sì,
decisamente, tu sei il gusto, Deidara” Ansimò
Sasori,
vittima della sua lingua vorace, delle sue dita.
Venne, senza
rendersene neppure conto, e l’altro non fiatò,
assaporò anche quel sapore salato e amaro, poi riemerse
dalle sue gambe, si
leccò le labbra e lo baciò.
“Ti
divorerei, Sasori” Mormorò.
“Oh,
anche io, non sai quanto” Boccheggiò il rosso,
portando
le dita sul petto del biondo, macchiandosi le dita
dell’inchiostro nero ormai
colato per il sudore dei loro corpi.
Fu sesso, fu
amore, furono lingue fatte per cercarsi, per
incontrarsi, gemiti, sospiri, fu voglia di sentirsi, di assaporarsi.
Alla fine
risero, Deidara steso a pancia sotto sul letto, i
lunghi capelli tutti scompigliati sparsi ovunque, sulla schiena liscia,
sulle
lenzuola. Sasori seduto contro la spalliera del letto, la testa gettata
all’indietro, il pennarello tra le dita, sorrideva,
ricordandosi che quel
giorno non gli era servito solo a disegnare.
“Ti
è piaciuto?” Chiese, facendo scorrere il tappo su
una
gamba del biondo, poi sulla coscia, infine sul sedere, per affondare
pianissimo
tra le natiche chiare.
“Lo
metterai nel tuo progetto?” Scherzò Deidara,
voltandosi
per incrociare i suoi occhi e scoprirli ancora carichi di desiderio.
“Abbiamo
rovinato il mio disegno, dovrò rifarlo”
Sbuffò il
rosso.
“Direi
proprio di sì, ma perché ora non lasci provare
me?”
Chiese il ragazzo, tirandosi a sedere, ravvivandosi il lunghi capelli
biondi e
sfilando il pennarello dalle dita di Sasori.
“Oh”
Esclamò semplicemente l’altro, lasciando che un
sorriso
nuovo gli illuminasse il viso.
Due
genitori moderni:
Minato e Kushina
Qualche
tempo prima,
poco dopo il diploma di scuola superiore di Naruto.
“Lo
voglio” Sussurrò Sasuke, gli occhi neri erano
lucidi,
emozionati.
“Lo
voglio, ora, per sempre, ti amerò per sempre”
Disse a sua
volta Naruto, stringendogli le mani, guardandolo come se non ci fosse
stato
altro nel mondo di più bello.
***
Kushina
aprì gli occhi di scatto, i capelli rossi tutti in
disordine, un po’ sul cuscino, un po’ sul petto di
Minato, che dormiva beato
con la bocca aperta, pareva suo figlio.
“Svegliati”
Lo scosse senza grazia.
“Eh,
che? Cosa? La casa va a fuoco?” Borbottò il
coniuge,
tramortito.
“No,
no, niente di tutto ciò” Rispose lei, accendendo
la luce
e guardandolo in viso.
Minato
strizzò gli occhi, poi li strusciò con il dorso
delle
mani, poi sbadigliò, cercando di resistere al fastidio della
luce e assecondare
le manie notturne di sua moglie.
“Kushina,
che c’è, ti prego, ho sonno” Sorrise
dolcemente,
prendendole la mano e baciandola piano.
“Naruto
sta bene, ok? Non vive più in questa casa, è
vero, va
all’università da poco, si è diplomato
solo quattro mesi fa, ma sta bene, ok?
Perciò smettila con questo panico notturno!” La
rassicurò, pensando al figlio,
che da pochissimo non dormiva più sotto il loro tempo,
fortuna volesse, che a
prendersi cura di lui ci fosse il figlio del loro vicino di casa,
l’Uchiha.
“No,
non è questo”
“Allora
cos’è, amore?”
“Ascolta”
Iniziò lei, afferrando le dita del marito e
stringendole troppo forte per avere la sua attenzione.
Lui si
drizzò sull’attenti, un po’
perché sua moglie gli
metteva paura, un po’ per gioco, un po’
perché gli stava spezzando le dita.
“Nostro
figlio...” Continuò.
Minato sorrise
amabilmente, pensando al suo unico ragazzo,
diplomato di fresco, ora studente universitario.
“E’
gay” Sussurrò lei, in un sibilo.
Minato smise di
sorridere e si svegliò del tutto.
“Kushina?
Stai bene? Naru sbava dietro a quella ragazza dai
capelli rosa dalle medie!” Borbottò.
“Non gli piacciono i ragazzi” Concluse.
“No,
no, infatti mi sono espressa male” Rifletté lei.
“Naru
non è gay, Naruto è innamorato di
Sas’kè, il figlio di Fugaku,
l’Uchiha!” E le
brillarono gli occhi, quasi avesse aperto il vaso di Pandora o svelato
chissà
quale arcano mistero.
“Oh”
Rispose semplicemente il marito, ora stringendo la mano
della moglie.
“Oh”
Continuò guardando in basso.
“Ooh”
Disse ancora, portandosi le dita tra i capelli
biondissimi.
“La
smetti?” Lo riprese lei, isterica, facendo oscillare la
chioma color fuoco.
“Torna
tutto” Disse allora lui.
Lei sorrise, e
prese a spiegare. “Il tema che ci fece vedere
la maestra alle elementari, i pianti isterici quando Sasuke partiva per
le
vacanze estive con i parenti, l’ammirazione, tutte le loro
foto, la rivalità,
e...la stanza insieme all’università...e poi ho
sognato che si sposavano”
Terminò, battendo un pugno sulle lenzuola.
“Che?
Cosa hai sognato?” Rise Minato. Spanciandosi nel letto
e dibattendo le braccia come uno scemo.
“Tu
sei arrivata a questa conclusione per un sogno?”
Lei gli
piantò un morso sul collo e lo guardò seriamente.
“Hai
visto come a Naru brillano gli occhi, quando parla di
lui? Nel mio sogno aveva quell’espressione...Minato, il cuore
di una madre non
mente, fidati”
“Bene”
Anche lui si fece serio.
“Amo
mio figlio più di ogni altra cosa, voglio che sia
felice, lo sai” Disse stringendole la mano con dolcezza.
“Lo
so, è per questo, che quando arriverà il momento
lo
aiuteremo, lo sosterremo” Mormorò lei.
“Sei
la madre migliore del mondo” E la baciò piano,
sulle
labbra.
“Non
ho più sonno, sai?” Ridacchiò piano lui.
“Minato,
come puoi, dopo aver scoperto che tuo figlio ama il
suo migliore amico, aver voglia di fare...” Fu interrotta
dalle mani di lui,
veloce come un lampo aveva raggiunto gli slip sotto la camicia da notte.
“Sono
un padre aperto e moderno, io” E si intrufolò
sotto le
coperte baciandole l’interno coscia, lascivo.
Lei sorrise e si
rilassò, infilando le dita tra i capelli
color grano del marito.
Di
molti anni prima, di
quando Madara e Hashirama scoprirono che scopare era molto meglio che
prendersi
a pugni: Madara e Hashirama.
“Vorrei
ucciderti” Sibilò l’Uchiha, guardando il
coinquilino
in cagnesco. Come erano finiti a condividere
quell’appartamento neanche loro lo
sapevano.
Un po’
per mancanza di denaro, un po’ perché gli era
capitato, un po’ perché...boh, no, proprio non lo
sapevano, forse perché
Hashirama sognava di poter studiare botanica in santa pace, senza il
giudizio
di una famiglia che lo riteneva uno smidollato, ed un fratello che
continuava
ad insistere che no, coltivare piantine non era un lavoro degno di un
Senju;
forse perché Madara era fuggito di casa e non si fidava di
nessuno, solo di
Hashirama, almeno un pochino, intendiamoci.
Rimaneva il
fatto che quella convivenza li avrebbe portati al
massacro.
“Hai
le mestruazioni?” Lo schernì il Senju, poggiando
un
vasetto di basilico sul ripiano della cucina, carezzando con le dita
brunite,
tanto forti quanto delicate, le piccole foglioline verdi.
“Sono
incazzato” Sbottò Madara, strappando le foglie che
poco
prima l’altro aveva premurosamente coccolato.
Ecco, Hashirama
Senju era una specie di pacifista, un hippie
moderno, un beota con il sorriso cucito sulla faccia, in grado di
sopportare
tutto, anche il carattere iroso di Madara, ma no, nessuno poteva
trattar male
le sue piante, quello no, lo mandava in bestia.
“Non
azzardarti a rifarlo, mai più” Sibilò
minaccioso.
“Cosa?”
Ghignò Madara, cattivo, afferrando il vasetto di
basilico. Ecco, non era realmente incazzato, diciamo che quel giorno,
l’Uchiha
si era svegliato con il piede sbagliato, capitava più o meno
sei giorni la
settimana, doveva rifarsela con qualcuno, con il primo che capitava, e
di
solito, quel disgraziato era Hashirama, che non si arrabbiava mai, che
non
reagiva mai, e chissà, magari era proprio questo suo non
reagire che aveva
fatto sbroccare una volta per tutte Madara.
“Non
farlo, ti avverto” Lo minacciò il Senju,
avvicinandosi
lentamente.
“Su,
piano, consegnami Basy, piano, e nessuno si farà
male”
Sussurrò con lo sguardo gentile.
“Hai
dato” Rise Madara “Un nome alla pianta?”
Continuò senza
riuscire a credere alle sue orecchie.
“Basy
Basy, oggi non è il tuo giorno fortunato”
Canticchiò
fissando le fogliette verdi con un cipiglio bastardo.
“Madara,
io non voglio ucciderti...” Lo avvertì Hashirama.
“Io
voglio che tu ci provi, non ti lascerò vincere” E
fece
cadere il vaso a terra.
Accadde in un
secondo, un grido “Basy, oh no!” Poi il pungo
di Hashirama toccò la guancia pallida dell’Uchiha.
“Sei
un bastardo!” Insulti riempirono il salotto.
“Sporco
Senju” Si tiravano i capelli come due ragazze
isteriche.
“Basy
era innocente” Mugolò Hashirama, mentre
l’altro aveva
ripreso a ridere, premendogli forte un ginocchio
sull’inguine, cercando di
fargli male.
“Sei
una checca innamorata delle piantine” Lo
sbeffeggiò,
dandogli un morso.
“Sei
un represso, un isterico” L’altro gli
afferrò le dita
con troppa forza, piegandole.
“Che
problemi hai, eh? Madara? Cosa cazzo vivi con me, se mi
odi?” Hashirama si era fermato, la rabbia era svanita
lasciando il posto al
dispiacere.
Anche
l’Uchiha aveva smesso di combattere, steso a terra, con
Hashirama sopra di sé, a cavalcioni.
“Mi
assecondi, non ti arrabbi mai” Sussurrò, acido.
“Cosa
dovrei fare? Picchiarti come fai tu con me? Per ogni
singola cazzata?” Gli rispose il Senju.
“No lo
so, ok? Merda!” Urlò il moro.
“Cosa
vuoi, Madara?”
“Non
lo so, non lo so...” Prese a ripetere.
“Me ne
vado” Disse Hashirama, facendo per alzarsi. “Butto
tutta la mia roba nello zaino, le piante le vengo a prendere domani, me
ne
vado” Sussurrò, ma Madara lo trattenne per un
polso.
“No”
Il Senju
provò a divincolarsi dalla presa ossuta delle sue
dita, senza riuscirci, o senza volerlo realmente.
“Cosa
c’è?” Madara si alzò verso di
lui e lo baciò
velocemente, sulle labbra. Hashirama lo guardò stranito,
colto di sorpresa.
Un pugno sul
viso, era ancora Madara.
“Tu
sei malato!” Gli urlò contro il Senju.
Così ripresero a
combattere sul pavimento, tra la terra sparpagliata sulle mattonelle e
i
rimasugli delle foglie di Basy.
Stanchi,
Hashirama dolorante da capo a piedi, Madara con la
mano premuta forte su un labbro sanguinante.
Ansimavano
guardando il soffitto.
“Vivere
con te è impossibile, sei pazzo”
Realizzò il Senju,
ruotando il capo verso il coinquilino, che aveva chiuso gli occhi e
respirava
forte con il naso.
Indugiò
sul viso pallido, il rossore sulla guancia magra che
aveva colpito con forza, il naso dritto e sottile, i lineamenti
bellissimi.
“Perché
devi rendere tutto così difficile?” Gli
domandò.
Madara non
rispose, scoppiò a ridere amaramente.
“Sono
stanco di fare a botte con te Hashirama, mi sono rotto”
Sputò un po’ di sangue sul pavimento, poi si
voltò verso di lui e sospirò.
“Scopiamo”
Disse.
Hashirama
sgranò gli occhi castani, incredulo.
Aveva sentito
bene? Lui, Uchiha Madara gli aveva appena
proposto di farlo? Ma erano due ragazzi, dopotutto potevano definirsi
amici,
certo, un’amicizia piena di strane sfumature, di equivoci, di
troppe risse, di
troppi...
“Va
bene” Mormorò, incrociando i suoi occhi neri.
Si sporse verso
di lui e lo baciò, assaporò il sangue dalle
sue labbra sottili, la sua lingua, assecondò il modo
aggressivo che aveva di
farsi spazio nella sua bocca, Madara baciava come combatteva.
“Piano”
Brontolò Hashirama, allontanandosi con il respiro
corto e il cuore a mille. Aveva sempre sognato quel ragazzo, aveva
sempre
sognato di baciarlo, sentirlo, toccarlo e non con i pugni, non in una
battaglia.
“Non
tirarti indietro ora, Senju” Lo ammonì il moro.
Hashirama allora
se lo tirò addosso, afferrandogli i capelli
spingendogli la lingua in bocca.
Ecco, stavano
nuovamente facendo la guerra, ma era una guerra
diversa, si spogliavano anziché tirarsi calci e insulti, si
baciavano, anziché
litigare.
“Cavolo”
Esclamò il Senju, quando l’Uchiha riemerse dalle
sue
gambe, le labbra sporche di saliva, i capelli ancora intrappolati nelle
sue
mani brunite.
“Io
oserei anche un: cazzo!” Ghignò il moro,
salendogli sopra
e baciandolo.
Hashirama
lasciò la presa sui suoi capelli corvini, che scivolarono
morbidi sulle spalle candide.
Era
lì, sdraiato su un pavimento scomodo e freddo, con
l’Uchiha sopra, nudo, disponibile, si mosse un poco, cercando
di farsi spazio
dentro di lui come poteva, guardandolo in viso dopo ogni piccolo
centimetro
conquistato.
“Sei
bellissimo” Gli scappò, mentre Madara si portava
le sue
dita addosso, permettendogli di toccarlo dove voleva, di scavargli dove
voleva,
prima con le mani, poi con altro.
“Non
dire cose imbarazzanti, Senju”
“Sto
per scoparti e trovi le mie parole imbarazzanti?”
Ribatté
l’altro.
Madara
corrugò le sopracciglia infastidito.
“Io,
sto per scopare te” Disse serio.
“Non
mi sembra” Ribadì Hashirama, muovendo un poco il
bacino,
facendogli notare che sì, gli era dentro per un pezzo.
Per la prima
volta Madara rimase in silenzio, poi
inaspettatamente, mordendosi le labbra per sopportare il dolore, scese
d’un
botto, impalandosi.
“Io,
scopo te!” Ringhiò, testardo fino al masochismo.
E Hashirama lo
lasciò fare, si trattenne dal ridere per la
sua espressione, ma lo lasciò fare, lo lasciò
muoversi prima lentamente, e poi
in modo anomalo, istintivo, ripiegandosi su di lui e baciandolo,
perdendo ogni
inibizione, ogni logica.
Hashirama gli
carezzò i capelli neri, lo baciò ovunque, gli
baciò le spalle, le mani, le guance.
“Ti
volevo così tanto” Gli sussurrò
sottovoce.
Madara
venne subito
dopo quelle parole, senza volerlo, con un brivido che lo scosse da capo
a
piedi, disorientandolo.
Hashirama ne
approfittò, portandolo sotto di sé, prendendo a
muoversi dentro di lui con una certa
foga. E Madara scoppiò a ridere, dal niente,
poi lo baciò forte, gli
tirò i capelli.
“Muoviti,
Senju” E la sua voce era inaspettatamente dolce,
serena, roca, mentre cingeva la sua schiena con le gambe, mentre lo
accoglieva
senza esitazione.
Avevano la terra
tra i capelli, il sudore sulla pelle, le
foglie della pianta di basilico attaccate alla schiena.
Hashirama
crollò esausto sul corpo pallido di Madara, che gli
portò le dita tra i capelli per poi cercare le sue labbra
con le proprie,
baciarlo, ancora.
“Anche
io ti volevo” Ammise poco dopo.
“C’era
bisogno di sacrificare Basy?” Lo brontolò
Hashirama,
mordendolo piano su una spalla, poi seguendo con il naso un percorso
immaginario fino alla clavicola ossuta.
“Ora
profumi di basilico” Si giustificò, togliendogli
una
foglia dai capelli.
E Hashirama
allargò le sue labbra in un sorriso rassegnato e
complice.
Era cambiato
tutto, o meglio...alla fine era successo, la
bomba era esplosa, erano venuti allo scoperto dopo anni di pugni, di
insulti,
di litigi, di risate, di un’amicizia che non aveva mai avuto
l’odore dell’amicizia,
ma di un amore represso, troppo forte per essere affrontato, ora quello
del
basilico.
Fino ad allora
avevano conosciuto solo lo scontro, era giunto
il momento dell’unione, che lo volessero o no, che avessero
cercato di
reprimerlo o meno, entrambi ne erano consapevoli, si amavano.
Di
pigrizia, donne
intraprendenti e film polacchi: Shikamaru e Temari
Shikamaru era un
tipo tranquillo, pigro, incline all’ozio
sfrenato.
Temari era
iperattiva, forte, determinata e intraprendente.
A letto
comandava, sempre, o meglio, Shikamaru la lasciava
fare, si lasciava sdraiare sulle lenzuola, sul divano, dove capitava,
si
lasciava toccare, ogni tanto muoveva una mano, la carezzava, un dito
là, un
bacio qua, un morso sulla spalla, e gli era dentro, avvolto da un
calore
insostituibile, con lei sopra, abbandonata, nuda, bellissima.
Da quella
posizione, la stessa in cui lo si poteva trovare
disteso su una collina ad ammirare le nuvole, lui ammirava Temari. I
capelli
color miele sciolti, mossi in fondo, le lambivano le spalle mentre
oscillava
avanti e indietro sul suo corpo, mentre accoglieva le sue spinte,
minime,
movimenti d’inerzia, movimenti che non riusciva a frenare,
perché sì, era
pigro, ma godeva anche lui, e che diamine!
Poi Temari si
chinava e lo baciava, e lui rispondeva, la
teneva stretta a sé ed ondeggiava con lei, fino a quando non
la sentiva
respirare più forte contro la sua bocca, venire con un
gemito trattenuto,
allora lui la seguiva, non per inerzia, perché gli piaceva,
gli piaceva troppo
sentirla così, sua.
Poi accadde.
Temari decise di
farla finita.
“Non
prendi mai l’iniziativa” Aveva sentenziato in
macchina,
uscendo e chiudendo la portiera troppo forte.
“Le
donne, valle a capire” Si era detto Shikamaru rientrando
a casa, mollato così.
Un mese dopo, un
lungo mese durante il quale aveva lei
praticato una ferrea astinenza da qualsiasi pratica che coinvolgesse le
loro
parti intime, lo aveva invitato a cena a casa sua. Si era truccata,
aveva
cucinato, indossato un vestito scollato, le gambe lasciate scoperte, le
scarpe
con il tacco. Insomma, era bellissima.
“Cosa
festeggiamo?” Aveva chiesto lui, curioso.
“Niente
di che, è solo una cena” Aveva risposto lei.
Avevano discusso
del più e del meno, della scenata tra Sasuke
e Naruto alla festa di qualche giorno prima, poi Temari aveva proposto
di
guardare un film.
Si era alzata,
senza sparecchiare, aveva raggiunto lo
scaffale basso, quello dove teneva i DVD, si era chinata, e il vestito
le si
era alzato un poco per lasciar scoprire a Shikamaru, ancora seduto a
tavola, che...no,
non aveva l’intimo.
Aveva sgranato
gli occhi, ma era rimasto in silenzio,
osservando la sua ragazza indugiare.
“Cosa
guardiamo?” Aveva chiesto, ticchettando con le dita
sulle copertine dei vari film.
“Ehm”
Aveva esitato lui, che vinceva una partita di scacchi
in tre mosse ma non riusciva a spiccicare parola di fronte a quel...lo
definì belvedere.
“Scegli
tu,Temari” Disse poi, calmo, anche se avevano preso a
sudargli le mani.
“Oh,
un porno?” Scherzò lei, afferrando un film a caso
e
alzandosi.
Ecco ora poteva
anche respirare e risponderle: “Molto
divertente, dai, cos’hai scelto?” Le
domandò.
“Un
film impegnato” Proferì, crollando sul divano e
facendogli cenno di raggiungerlo.
La
seguì, sprofondando sui cuscini.
Il film era
polacco, sottotitolato. Perché Temari aveva un
film polacco in casa?
“Kankuro
ama il cinema straniero” Gli venne in soccorso lei,
mentre altre domande frullavano nella mente di Shikamaru.
“Quanto
dura?” Chiese.
“Tre
ore e mezza” Sorrise lei, e lui capì, tramava
qualcosa.
Passò
la prima mezz’ora ad accavallare le gambe, con il
pensiero di ciò che lei aveva, o meglio non aveva sotto la
gonna.
“E se
cercassimo qualcosa con una trama più avvincente?”
Propose lui.
“Shh,
mi ha preso” Lo ammutolì lei.
“Anzi,
vado ad accendere l’impianto stereo...L’ha montato
Gaara pochi giorni fa”
Shikamaru
pregò che si trovasse in alto, ma no, era in basso
quel dannato pulsante.
Ancora le sue
gambe, ancora la gonna alzata, ancora...
Capì,
lo faceva di proposito, ma perché? Poteva benissimo
atterrarlo sul divano e fare quello che faceva sempre no? Spogliarlo,
baciarlo...
Ma no, si
sedette con un cipiglio soddisfatto, portando una
mano sulla sua coscia e disegnando strani ghirigori, vicina, troppo
vicina, al
cavallo dei suoi pantaloni, senza mai toccarlo.
“Oh,
il personaggio principale si è schierato con i
cattivi”
Asserì, guardando lo schermo, con la mano sempre
lì.
Shikamaru stava
odiando il suo scarso autocontrollo, stava
odiando quella situazione, stava odiando il gonfiore sotto i suoi
jeans, e
soprattutto la imminente e prevista perdita di controllo. Addio serata
rilassante, addio pigro oziare coccolati dalla propria ragazza.
Resse per
un’altra ora buona, poi, durante una sparatoria
atterrò Temari sul divano.
“Tu,
lo hai fatto di proposito” Esclamò. Portando una
mano
sotto la sua gonna e sfiorandola tra le gambe, pianissimo.
Lei
sussultò, poi sorrise.
“Io?”
Disse innocentemente, allargando un poco le gambe.
Lui
deglutì, affondando un primo dito, guardando
l’espressione di lei mutare, gli occhi farsi quasi liquidi di
desiderio.
“Mi
vuoi?” Chiese poi Temari, l’espressione del suo
viso si
era fatta seria.
Shikamaru la
osservò attentamente.
“Tu
pensi che io non ti desideri?” Aveva capito il
perché di
tutta quella messa in scena.
“Perché
faccio fare tutto a te?” Alzò un sopracciglio e si
chinò su di lei baciandola.
“Sono
solo pigro, pensavo ti piacesse prenderti cosa volevi”
Lei gli
tirò i capelli, poi gli sciolse la coda, era
arrabbiata.
Shikamaru
sorrise.
“Ogni
tanto potresti fare qualcosa anche tu” Lo brontolò.
E lui la
baciò di nuovo, muovendo piano le dita in basso,
sentendola sospirare.
“Cosi?”
Le soffiò all’orecchio.
Lei
cercò di protestare, poi abbandonò
l’idea e lo tirò a sé
per baciarlo, mentre in polacco un tizio urlava qualcosa di
assolutamente
incomprensibile.
“Che
film di merda, mi dispiace per Kankuro, ma ha gusti
orribili” Rise lui, alzandole l’abito e baciando la
pelle liscia delle coscie,
poi in mezzo, ascoltando i respiri profondi di Temari.
“Hai
ragione, sono troppo pigro, mi perdo tante cose...interessanti...a
far fare sempre tutto a te” Riemerse dalle sue gambe e si
sfilò la maglia.
“Sì,
ti perdi tante belle cose” Sorrise lei, tirandoselo
sopra, e sganciandogli i pantaloni.
Lui le
sfilò il vestito, lui portò le mani sul suo seno,
lui baciò
l’incavo tra le clavicole, la piccola depressione
dell’ombelico tondo, poi le
afferrò i fianchi, lui la invitò ad aprire le
gambe e si fece spazio dentro di
lei, che lo accolse con un gemito, che impazzì letteralmente
per le sue spinte
lente, calibrate, fino a quando non si ritrovò ad
afferrargli le spalle, i
capelli scuri, mentre i suoi movimenti si facevano svelti privi di
quella calma
tipica di Shikamaru.
Era stato lui,
di libera iniziativa, sprecando le proprie
preziose energie.
“Sei
sprecato come pigro” Riuscì a dire Temari, mentre
le
afferrava una gamba, spingendosi ancor più dentro di lei.
“Oh,
dannatamente sprecato” Lo ammonì, cercando le sue
labbra
e baciandolo.
Lui rise, rise
perché la amava, perché tirava fuori lati del
suo carattere che neanche conosceva, perché lo spingeva
sempre a vivere.
“Temari”
La chiamò, chinandosi sul suo corpo sudato,
baciandole la mano, prendendo ad ondeggiare con il bacino.
“Non
smettere di essere così intraprendente con me” E
riprese
a muoversi.
Crollarono
esausti, e Shikamaru sospirò soddisfatto.
“Vedi,
ne vale la pena, smettere di affogare nella pigrizia”
Disse lei schioccandogli un bacio sulla guancia.
Lui
guardò il televisore ed annuì. I titoli di coda
in
polacco scorrevano da minuti.
“Un
film di merda, comunque. La prossima volta scelgo io”
Sentenziò tornando a fissare il corpo nudo di Temari, con la
voglia di “non
fare il pigro” un’altra volta.
IMPORTANTISSIME NOTE DI ALLYN
Allora,
spero starete
leggendo, mi dispiace di aver ritardato così tanto, ma
l’uni distrugge...sono
qui per dirvi che la parte del capitolo vero è stata breve
di proposito per
lasciar spazio agli spin off, un po’ perché ve lo
meritavate, un po’ perché il
capitolo tutto insieme sarebbe stato troppo lungo...quindi alla
prossima, spero
prestissimo, voi continuate a sognare NaruSasuNaru <3 e beh,
fatemi sapere
1)cosa
ne pensate della
storia, e di questi spin off (lancio dei pomodori)
2)Sì,
lo so Kankuro ama
i film polacchi XD
3)Volete
altri pg in
altri spin off, se avete coppiette PROPONETE
4)quale
pg vi piace di
più in questa storia?
5)GRAZIE
PER CONTINUARE
A SEGUIRMI, PER RECENSIRE, PER LEGGERE, e grazie anche ai silenziosi,
che
leggono...se volete farmi sapere scrivete pure, fa sempre piacere!
Allyn
che vi manda
baci, baci enormi, ancora felice che questa storia vi piaccia, spero di
non
deludervi! <3