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Autore: suni    10/06/2008    4 recensioni
Raccolta di shot sui Marauders, accomunate dal semplice fatto di essere lunghe mille parole.
I: La risata (pubblicata prima con questo titolo) (slash)
II: Non può essere vero. Sirius Black, Halloween 1981
III: Lascia che piova. Remus e l'idea del matrimonio (slash).
IV: Occhi. James Potter, Halloween 1981.
V: Mani, braccia. Ricongiungimento alla Stamberga Strillante, 1994. (slash)
Slash e non.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: I Malandrini, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Era stato un momento troppo confuso e dapprincipio non si rese nemmeno veramente conto che fosse arrivato proprio lui

Ehm… Attacco di Wolfstar in piena notte. Maledetta dipendenza… Ne è conseguita questa shot un po’ melassosa e non del tutto soddisfacente su un momento pregnante. Me l’ha ispirata uno dei disegni della bravissima Marta, che pubblicizzo intanto perché davvero meritevoli. E’ questo qui, che in teoria è perfettamente canon ma io ci vedo un filo di altre cosette. Tra l’altro, il suo Sirius adolescente è preciso spiccicato a quello che immagino io. Non so come fa.

Tra l'altro, ringrazio sentitamente FRA', che ha sopportato per più di quaranta minuti di stare a rileggermi via msn POA che io non avevo a portata di mano, per ricostruire esattamente la cronologia della scena. Tessoro, grazie di esserti prestato alle mie perversioni.
Buona lettura.




Mani, braccia



Era un momento troppo confuso e dapprincipio non si rese nemmeno veramente conto che fosse arrivato proprio lui. Sì, l’aveva visto e riconosciuto ma per qualche istante la precarietà e la frenesia della situazione gli avevano impedito di soffermarsi sulle implicazioni, o forse vederlo era uno shock tale che per assimilarlo gli erano occorsi alcuni attimi, intorpidito com’era dal contesto: c’era Harry che lo guardava con quell’odio, quella rabbia che rendeva i suoi occhi così verdi, così diversi da quelli di James, in un modo benefico e doloroso insieme; il ragazzino coi capelli rossi che si stringeva la gamba e la bambina che sembrava terrorizzata ma anche l’unica a mantenere il controllo di sé. E naturalmente c’era il ratto, era difficile pensare a qualunque altra cosa.

Dopo mesi di nascondini inutili e sfibranti la situazione era esplosa d’un colpo, tanto che lui stesso aveva quasi faticato a credere in quell’occasione che gli veniva fornita inaspettatamente, quando aveva visto il figlio di Molly con quell’animale immondo nelle mani. E adesso gli eventi avevano preso quella piega frenetica. Era arrivato il gatto e c’era stata quella mezza zuffa, Harry l’aveva steso e si era ripreso la bacchetta, puntandogliela contro ma senza risolversi ad usarla, e in quell’attimo di catarsi in cui il ragazzino cominciava a credergli lui non aveva badato ai passi in avvicinamento.

E poi lui era lì. La bacchetta di Harry che gli schizzava nelle mani, il viso tirato, deciso, controllo totale della situazione: Remus Lupin.

Forse era perché sembrava talmente incredibile dopo tutto quel tempo averlo di nuovo davanti per davvero, come un frutto dell’immaginazione, forse perché non se l’era aspettato, o perché era troppo concentrato su tutto il resto e troppo disorientato, in ogni caso quel che il suo cervello del resto sconvolto era stato capace di mettere insieme suonava più o meno come: toh, c’è Remus. Bene, dove eravamo rimasti?

Tant’è che era tornato a guardare Harry, dimenticandosi quasi dell’intruso come se la sua mente si fosse rifiutata di affrontare quello sconvolgimento ulteriore. Non adesso, abbiamo cose più urgenti a cui pensare, sembrava essere stato l’ordine perentorio che aveva percorso tutti i suoi nervi per evitare che il sistema centrale, già sovraccarico di sensazioni, andasse in cortocircuito definitivamente. Remus si era messo a parlare, dov’è Sirius?, chiedeva, e poi aggiungeva qualcosa sullo scambio. Senza dirmelo, aveva sentito ancora a lui, e aveva annuito mentre qualcosa di vergognoso gli bruciava dentro. E guardarlo era diventato ancora più impossibile, così era tornato a voltarsi verso il figlioccio, anche se gli era sembrato per qualche secondo di galleggiare in un’atmosfera rarefatta che pure pochi secondi prima non percepiva,

Il problema primario era che invece Harry non stava guardando lui, ma seguiva con trepidazione i movimenti di quell’altro che si spostava nella stanza lercia; nel frattempo quel miserabile ratto aveva lanciato uno squittio che aveva colpito i suoi timpani come una lama gelida e gli aveva fatto digrignare i denti con un’ odio viscerale, mefitico. Aveva fatto saettare gli occhi verso il materasso, sul punto di espellere un ringhio minaccioso, ma qualcosa era andato storto perché sulla traiettoria del suo sguardo feroce diretto al miserabile traditore era comparsa una mano.

La conosceva bene, quella mano, era chiara e abbastanza esile, più rovinata di quanto ricordasse ma – curioso sobbalzo delle interiora – macchiata d’inchiostro sulle dita esattamente come l’ultima volta che l’aveva vista, milioni di anni prima. L’aveva afferrata più che altro per impulso e mentre faceva forza per sollevarsi si era reso conto che distingueva benissimo anche la sensazione al tatto: una morbidezza un po’ ruvida, ma con quella delicatezza innata che non possedeva nessun’altra mano che lui avesse mai toccato.

Fu solo a quel punto, sentendo la consistenza delle dita di Remus e della sua pelle, di quella mano che stringeva la sua mentre si rimetteva dritto sulle gambe, che realizzò chi gli stesse esattamente di fronte. I suoi occhi si mossero da sé, febbrili, a cercare quelli ambrati dell’altro per tuffarcisi dentro ma non ne ebbero il tempo, poté solo intravedere la piega delle sue labbra arcuate in un sorriso – e sorrise di rimando, senza che niente intorno a lui lo motivasse, ma aveva la mano in quella di Moony e lui stava sorridendo – e la linea dei suoi zigomi, segnati dalla cicatrice, poi il volto di Remus sparì dal suo campo visivo e avvertì la sua tempia contro la propria, la sua guancia che gli si sfregava contro il collo, il torace che planava contro il suo. Le gambe gli cedettero per una frazione di secondo, il tempo necessario perché le sue braccia si muovessero automaticamente a cercare un appiglio nel corpo dell’altro. Ebbe un moto di dispiacere quando la sua mano e quella di Remus si lasciarono, ma fu spazzato via dalla sensazione delle braccia che gli si stringevano intorno.

E respirò. Per la prima volta da quasi tredici anni sentì l’aria penetrare nei polmoni e portare freschezza, ossigeno e refrigerio, insieme a un calore che non si ricordava e che Azkaban aveva coperto sotto una coltre di gelo, ma che esisteva ancora e proveniva da dentro Remus, da sempre. Avrebbe voluto scoppiare a piangere, gridare o mettersi a ridere, qualunque cosa tranne muoversi da lì, e soprattutto non staccarsi più da quelle braccia: il pensiero più assurdo che avrebbe potuto formulare ma anche il più spontaneo, il più vero. Era esattamente nel posto in cui gli sembrava più naturale essere, addosso a Remus.

Si era quasi dimenticato dove fosse e perché, ma Remus si mosse e lui rivide distintamente intorno a sé. Non erano passati più di tre secondi ma parevano ore. Si allontanò da lui nello stesso momento ma le loro braccia rimasero aggrappate ancora per qualche secondo, come se dopo essersi finalmente ritrovate non potessero più allontanarsi. Mentre l’altro socchiudeva le labbra per parlare ritrovò finalmente i suoi occhi e dentro c’era tutto quel di cui aveva bisogno. Poteva andare avanti e finire quel che aspettava di fare da tredici anni.

Di fianco a Remus.











jomarch: …l’obiettivo era commuovere quandi posso ritenermi soddisfatta ^__^-

Vale Lovegood: mi fa piacere che ti catturino, direi che è per questo che li scrivo e fare centro mi dà una gioia indescrivibile. Alla prossima, grazie mille.

Mixky: sì , l’allegria si spreca, come sempre. Però dai, con l’Epica Tenzone mi sto rifacendo su tutto l’angst accumulato. ^__^ Che altro, grazie per il consueto apprezzamento e la fedeltà, mi fa piacere che anche James sia stato credibile e che sia parso delicato. E Sis, lui È un raggio di sole che tutto illumina, Hihi.

puccalove90: non c’è bisogno che ti sforzi, il tuo sbigottimento vale mille spiegazioni. È bellissimo riuscire casualmente a trasmettere sensazioni forti a chi legge e non mi spiegherò mai perché mi riesca in questi casi fortuiti, ma ne sono grata. Grazie mille, quindi, a presto.

squizzz: te voilà. Oh, come mi allieti. Nemmeno io mi spiego perché mai mi si legga, ma finché succede gioisco. Non so se ne vale la pena davvero, ma se per te la mia storia è tutte quelle cose lì forse forse mi commuovo. E le tue recensioni non sono orrende! Tsk. Hehe, a presto.

   
 
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