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Autore: Clairy93    31/01/2014    10 recensioni
[Seguito di “Mi avevano portato via anche la luna”]
Trieste. 1950.
La guerra è terminata ma quella di Vera Bernardis è una battaglia ben più difficile da superare. E’ sopravvissuta all’abominio dei campi di concentramento, è divenuta un’acclamata scrittrice e ora ha una famiglia a cui badare.
Ma in certi momenti quel numero inciso sulla sua carne sembra pulsare ancora e i demoni del suo passato tornano a darle il tormento.
Situazioni inaspettate sconvolgeranno il fragile mondo di Vera ponendo in discussione ogni cosa, anche se stessa.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Olocausto, Dopoguerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mi avevano portato via anche la luna'
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Il delicato profumo delle lenzuola mi sveglia dolcemente, mentre in casa ancora regna un profondo silenzio.
Sfrego i piedi per scaldarli e mi raggomitolo tra le coperte. Di fronte a me, osservo assonnata i giochi di luce proiettati sulla parete da alcuni timidi raggi di sole.
Mi giro sull’altro fianco e scorgo Filippo intento a guardarmi.
“Buongiorno.” sbadiglio con poca grazia.  
“Buongiorno splendore.” Filippo mi sorride e appoggia il gomito sul cuscino, reggendosi il capo con la mano.
“Perché continui a fissarmi?” chiedo imbarazzata, mentre affondo il viso nel cuscino “Non sono proprio uno spettacolo appena sveglia.”
“E invece sei meravigliosa.”
Filippo sposta una ciocca dei miei capelli scoccando un sonoro bacio sulla guancia, mentre i suoi ricci ribelli mi solleticano il viso. Agguanto con energia il lembo delle coperte e le tiro fin sopra il capo.
Ma Filippo è molto più rapido. Mi afferra per i fianchi attirandomi a sé e scoppio in una sonora risata.
Filippo mi fa cenno di abbassare la voce ed io porto istantaneamente una mano alla bocca, temendo che il trambusto possa aver svegliato Tommaso. Tuttavia risulta complicato trattenermi mentre la mano di Filippo si insinua sotto la mia camicia da notte.
Con una rapida spinta sono sopra di lui e riesco a bloccargli le braccia. Entrambi ridiamo, sereni, come due ragazzini.
“Adoro svegliarmi ogni mattina accanto a te.” sussurra Filippo, incatenando il suo sguardo al mio e inarcando le labbra in un sorriso sensuale.
Sento il mio cuore compiere una doppia capriola prima di rendermi conto dell’espressione imbambolata che devo aver assunto.
“Mi hai conquistato dal primo giorno che ti ho incontrata. Vera Bernardis, tu hai completamente sconvolto la mia vita.”
Mi avvicino a Filippo, intrecciando le dita tra i suoi capelli, e mi perdo nei suoi bellissimi occhi, di quel verde incantevole nei quali adoro abbandonarmi ogni volta.
Le labbra di Filippo trovano le mie, affamate, quasi volesse possederle e farle sue per sempre. Le sento scivolare lungo il collo, per poi raggiungere il mio orecchio.
“Sposami Vera…”
Un macinio sembra precipitare nel mio stomaco.
Non respiro. Provo a deglutire, faticosamente.
 Coraggio Vera, dì qualcosa. Qualsiasi cosa!
Nel momento in cui temo che fingere un mancamento sia l’unica, folle, soluzione, la porta della camera si spalanca e scorgo il piccolo Tommaso irrompere allegro nella stanza.
Mi allontano rapidamente da Filippo, scorgendo la sua espressione comprensibilmente delusa.
Tuttavia ogni mia inquietudine sembra svanire non appena incrocio il dolce sguardo del mio Tommaso, adorabile mentre giocherella divertito con la maglia del suo pigiama.
“Forza Tommy, vieni nel letto insieme a noi!”
Alla mia allettante proposta il suo viso pare illuminarsi e ci raggiunge in un istante, cercando di darsi la spinta giusta per riuscire a salire.
Filippo osserva divertito il piccolo Tommaso quando decide di porre fine alle sue fatiche, sollevandolo in aria per poi sprofondare tra le coperte. Gli occhi di Tommaso sprizzano pura vivacità e non posso che unirmi alla sua contagiosa risata.
Ma il mio sorriso muore lentamente sulle labbra non appena sono colta da un’ondata di malessere. Capita sempre allo stesso modo, nei momenti allegri un tremendo senso di colpa e d’inadeguatezza sembra impossessarsi di me. Sono viva, e allora perché sento che questo non sia il mio posto? A volte mi chiedo se non fosse stato meglio seguire la mia famiglia, porre la parola fine e smettere di lottare. Sono sopravvissuta, ma a quale prezzo se non potrò condividere le gioie e i dolori della mia esistenza con i miei genitori? Come riuscirò a spiegare a mio figlio cosa è accaduto ai nonni, o giustificare quei numeri marchiati sul mio avambraccio…
“La mamma si è di nuovo incantata. Proviamo a farle una linguaccia Tommy, vediamo se si accorge di qualcosa.”
Il velo di nebbia che copre i miei occhi svanisce insieme ai pensieri che affollano la mia mente. Vedo Filippo e Tommaso osservarmi divertiti, dopo essermi ripresa dal mio stato d’incantamento.
Scuoto la testa e accenno un sorriso.
“Andiamo a fare colazione, la tata sarà qui a momenti.”
I miei piedi sfiorano il freddo pavimento e indosso la vestaglia.
Non voglio apparire debole, non davanti a mio figlio.
Abbasso le palpebre per un istante, prendo un bel respiro e riapro gli occhi. Sono pronta.
Sto per uscire dalla camera quando vedo sfrecciare Tommaso sulle spalle di suo padre fuori dalla stanza.
“Non correte sulle scale, è pericoloso!” raccomando, mentre li raggiungo al piano di sotto.
Come ogni mattina, il profumo del caffè comincia a diffondersi piacevolmente per la casa mentre apparecchio la tavola. Ripongo disordinatamente le fette di pane caldo su un piatto evitando di scottarmi ma, s’intende, senza grande successo.
“Vieni Tommy, a tavola!”
Ma lui pare troppo indaffarato in uno dei suoi giochi preferiti, saltellare sul pavimento cercando di evitare le mattonelle bianche e calpestando solo quelle nere.
“Se continui così, finirai per farti venire il torcicollo Tommaso.” dichiara Filippo entrando in cucina con il quotidiano in mano. Arruffa i capelli di Tommaso riuscendo finalmente a distrarlo dal suo bizzarro passatempo.
“Vai in redazione oggi?” mi chiede Filippo, intento a sfogliare il giornale.
“Forse in mattinata, credo lavorerò qui.” rispondo mentre gli porgo una tazza colma di caffè “Ho un articolo da scrivere e devo consegnarlo entro domani pomeriggio.”
E’ da qualche mese che collaboro con il signor Vittorio Tranquilli, direttore del rinomato quotidiano triestino “Il Piccolo”, pubblicando alcuni articoli di storia e attualità. Dopo il successo editoriale del mio libro ed essendo stato “Il Piccolo” molto critico verso l’antisemitismo durante la guerra, il signor Tranquilli mi ha proposto una collaborazione che si sta rivelando sempre più coinvolgente.
Offro una fetta di pane colma di marmellata alla ciliegia a Tommaso che la addenta con voracità, sporcandosi le dita e i lati della bocca. Lo osservo divertita mentre sorseggio il mio tè, bollente ed estremamente zuccherato, perfetto per scacciare la stanchezza.  
“Forse oggi potrei rimanere a casa anch’io…” bisbiglia Filippo, reclinando il capo verso di me.
Mi volto confusa e per poco la tazza di tè non sfugge dalla mia presa quando avverto la sua mano risalire lunga la mia coscia.
Forse potevo presumere che la domanda di Filippo non mostrasse alcun effettivo interesse verso i miei programmi per la giornata…
Fortunata coincidenza, suona il campanello e mi alzo dalla sedia con tanta rapidità da produrre un fastidioso stridio.
Appena varcata la soglia della cucina, esalo un lungo, alleviante, sospiro mentre mi dirigo alla porta.
Ad attendermi c’è Dorina, la tata di Tommaso, una donna robusta e amante degli abiti a stampa floreale. E’ emigrata dall’Albania con la sua famiglia un anno fa, ha ancora qualche difficoltà con la lingua ma è una donna dolce e affidabile. Quasi ogni giorno accompagna Tommaso all’asilo e lo riporta a casa.
Accolgo Dorina con un sorriso e la faccio accomodare.
“Ciao Tata!” il piccolo Tommaso corre dalla sua Dorina la quale lo accoglie raggiante, in un energico abbraccio.
“Corri a prendere il tuo zaino Tommy.” dico indicando lo schienale della sedia in cucina.
Lui annuisce e saltella fino all’altra stanza, niente affatto intenzionato a lasciare la mano di Dorina.
“Buongiorno signor Bassani.” saluta educatamente la tata, chinando un poco il capo.
Filippo accenna un rapido saluto con la mano, senza distogliere nemmeno per un secondo l’attenzione dal suo quotidiano.
Incrocio lo sguardo di Dorina e abbozzo un sorriso impacciato.
“Noi usciamo, signora Vera.” dichiara la tata, non appena Tommaso ha infilato il suo zaino sulle spalle “Riporto il bambino a casa per le quattro.”
“Se potete aspettare un minuto, Filippo stava giusto per andare in caserma. Non è vero tesoro?”
Lui alza gli occhi dalla tazza fumante, corruga le sopracciglia e mi squadra deluso.
I suoi piani erano ben altri, questo è certo.
“Potreste uscire insieme oggi.” gli propongo e, abbassando il tono di voce, aggiungo “A Tommaso farebbe piacere.”
Tommy osserva di sottecchi Filippo desiderando, è comprensibile, che il padre accetti la proposta. Dopotutto le occasioni in cui Filippo trascorre del tempo con suo figlio fuori casa, sono alquanto rare. Temo purtroppo che Filippo non abbia del tutto affinato il suo senso paterno, ancora non comprende quanto sia importante per Tommaso ottenere le sue attenzioni.
Tuttavia riesco a persuadere Filippo il quale, terminata velocemente la sua colazione, corre di sopra a prendere il necessario per il lavoro.
E devo ammetterlo, ciò mi tranquillizza. Se Filippo non fosse uscito, sono certa avrebbe fatto di tutto per ritornare sul famigerato argomento del “matrimonio”. E preferisco non discuterne, finché potrò evitarlo.
Nel frattempo raggiungiamo la porta di casa.
“Ehi, sei contento che papà ti accompagni a scuola oggi?” m'inginocchio di fronte a Tommaso e gli allaccio un bottone del maglione.
Lui annuisce e quando poso l’indice sulla mia guancia, Tommaso mi dà un bacio leggero.
“Buona giornata tesoro, divertiti e fai il bravo.”
Filippo scende le scale due gradini alla volta e con un balzo mi raggiunge.
Poso le labbra sull’angolo della sua bocca ma lui m’imprigiona tra le sue forti braccia e mi bacia con tanto ardore da rubarmi il fiato.
“Filippo! Non davanti a tutti!” lo rimprovero non appena scorgo l’espressione di Dorina, la quale distoglie imbarazzata lo sguardo. Per tutta risposta, Filippo scoppia in una profonda risata e bisbiglia un “ci vediamo questa sera” al mio orecchio.
Quando Filippo stringe la mano di Tommaso, scorgo i suoi occhioni brillare di gioia prima che la porta si accosti dietro di loro.
Adoro vederli insieme, penso mentre torno in cucina a lavare le stoviglie.
Mi accorgo tuttavia di strofinare un piatto con troppo vigore, mentre rammento il bacio di Filippo e l’imbarazzo in cui a volte mi pone. Io lo amo, ovviamente, eppure si presentano occasioni in cui lo trovo eccessivo. Dopotutto, per manifestare affetto non è necessario essere tanto esuberanti. L’amore si può dimostrare in altri modi, con gesti semplici e quotidiani. Ricordo quella volta in cui Massimo…
Nell’istante in cui mi rendo conto della piega che i miei pensieri hanno assunto, mi scopro completamente paralizzata.  
Perché. Perché con tutti gli esempi possibili, proprio Massimo? E’ stato un pensiero involontario, a dir poco fulmineo! E questo mi spaventa. Gli ho permesso di entrare nella mia testa, ancora.
Quando ho compreso che non avrei più rivisto Massimo, mi sono obbligata a dimenticare. Relegare in un angolo buio i ricordi, questa mi sembrava la soluzione migliore per impedire che essi mi perseguitassero.
Ripenso al periodo in cui ogni, singolo giorno confidavo segretamente che Filippo portasse qualche aggiornamento su Massimo. Meno frequenti erano le informazioni dalle autorità, più deboli divenivano le mie speranze con il trascorrere delle settimane. Così giunsi ad una conclusione: se Filippo avesse avuto notizie, qualsiasi segnalazione utile, me lo avrebbe riferito. A cosa sarebbe valso continuare ad angosciarlo? Dopotutto Massimo era quasi un fratello per lui, non deve essere stato facile accettare la perdita del suo migliore amico.
Ed io nel frattempo dovevo provvedere alla mia vita. E se avessi allontanato tutto ciò che mi ricordava Massimo, sarebbe stato più facile. Eppure ci sono momenti in cui i pensieri sembrano sottrarsi dal mio controllo, riaffiorano uno dopo l’altro in una catena continua e senza fine. Mi appoggio al bordo del lavabo, provando a porre fine a quel flusso insistente di ricordi e allontanarli dalla mia mente.
Poi il mio sguardo cade sulla radio. La osservo per pochi secondi quando al fine, mi decido ad accenderla.
“No signora Consuelo, la risposta è la B, il grano saraceno! Ma non facciamoci prendere dal panico e proseguiamo con la prossima domanda!”
Ascoltare Corrado Mantoni e i suoi quiz, si rivela sempre piuttosto terapeutico per scacciare le preoccupazioni.


Ho trascorso il pomeriggio davanti alla mia adorata macchina da scrivere, una Olivetti M-80, un regalo di Filippo. Ho quasi ultimato il mio articolo sull’ultimo libro di Francesco Jovine, “Le terre del Sacramento”. Domani lo consegnerò in redazione, prima però
vorrei effettuare qualche ricerca nella libreria del mio amico Carlo Cerne.
Alle quattro è arrivato Tommaso, e poco fa è rincasato anche Filippo.
“Com’è andata oggi al lavoro?” gli domando, mentre infilzo con la forchetta una patata arrosto.
“Bene.” risponde Filippo, lapidario.
“Ti hanno affidato molti incarichi?”
Filippo mi rivolge un’occhiata infastidita e piuttosto eloquente.
“Sì, lo so! In caserma è tutto molto complicato e probabilmente non susciteresti la mia curiosità. Lo ripeti ogni volta…”
“Sono certo ti annoieresti nel sapere i dettagli.” sostiene lui.
“Non si tratta di dettagli Filippo, tu non racconti mai niente. Mi piacerebbe sapere cosa fai durante la giornata, quali compiti ti affidano. Tutto qui.”
“Perché Vera? Non ti fidi?” incalza Filippo, con tono sprezzante.
“Non essere sciocco, certo che mi fido!”
“Allora smettila una buona volta di farmi sempre la stessa domanda!”
Cade il silenzio. Io resto immobile. Mi limito a fissare Filippo, incredula. Lui sembra ignorarmi, agguanta la forchetta e infilza nervosamente le verdure sparse sul piatto.
“Fate pace?” propone Tommaso in fin di voce.
“Tesoro mio, non preoccuparti.” lo rassicuro “Senti, perché non vai di sopra e fai vedere a papà il bellissimo disegno che hai fatto a scuola?”
Non appena Tommaso, un poco titubante, esce dalla cucina correndo su per le scale, mi alzo e raccolgo fulminea le stoviglie, quasi gettandole nel lavabo. Un bicchiere si scheggia e vorrei urlare dalla rabbia finché la tensione sembra abbandonarmi quando avverto le braccia di Filippo stringermi da dietro, il suo petto aderire alla mia schiena.
“Mi dispiace.” Filippo mi dà un bacio sul collo e sono percorsa da un brivido.
Tuttavia mi divincolo dalla sua presa e lo osservo seria.
“Non era necessario reagire in quel modo.”
“Hai ragione Vera, sono stato un cretino.” Filippo poggia la sua fronte sulla mia “E’ un periodo difficile. Ci sono i rimborsi di guerra da consegnare ma non si trovano fondi a sufficienza e la preoccupazione che si respira in caserma è soffocante. Quando torno a casa vorrei solo lasciarmi tutto alle spalle, capisci? Voglio godermi questi momenti con la mia famiglia senza pensare al lavoro.”
“Avresti dovuto dirmelo Filippo, non avrei insistito. E poi scattare in quel modo di fronte al bambino! Sei stato davvero inopportuno.”
“Vera dai, non esagerare! Tommy è grande, può sopportare qualche discussione ogni tanto.”
“Lui è tuo figlio, Filippo! Ed è un bambino. Ancora non ti rendi conto di quanta stima Tommaso abbia per te. Lui ha bisogno di punti di riferimento. E mi dispiace, ma tu non lo sei.”
Filippo mi guarda sbigottito, come se avesse ricevuto un potente schiaffo.
Intanto Tommaso corre in cucina e porge il disegno al padre il quale, destandosi dal suo stato confusionale, afferra il foglio.
S’inginocchia accanto a Tommy che gli indica con il dito le figure presenti nel disegno.
“Questo sei tu papà. E questo sono io. E la mamma è questa qui.”
Siamo tre manichini colorati, sorridenti, che si tengono per mano, accanto ad una casetta con il giardino e qualche nuvola nel cielo.
Filippo si volta verso suo figlio, baciandogli il palmo della mano.
“E’ bellissimo Tommy.”


Angolino dell'autrice: Se qualcuno se lo stesse chiedendo, "Mi dispiace signora Consuelo, la risposta è la B, il grano saraceno!", è la risposta alla domanda qual'è l'ingrediente principale dei pizzoccheri. Forse avevo fame mentre ho scritto quella parte... :P
Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che leggono, recensiscono e mi supportano (e mi sopportano!!!).
Grazie di cuore! Un abbraccio fortissimo a tutti!
   
 
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