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Autore: Pineapple__    31/01/2014    5 recensioni
"Fino a che punto si è disposti a sacrificarsi per proteggere ciò che più si ama?"
La storia si svolge su un'isola fredda e deserta, dove il capitano Law viene esiliato dalla Marina in cambio della salvezza della sua ciurma. Ma, un giorno, mentre è impegnato a contemplare il mare in tempesta, la sua attenzione viene attratta da una cesta bruciacchiata. Il canestrino nasconde una piccola neonata, arrivata da chissadove, come per uno scherzo del destino sull'isola di Law. Il chirurgo è scettico a riguardo, ma decide di crescere come la piccola come fosse sua figlia. Comincia così una conversione per il nostro spietato capitano, il quale scoprirà quanto sia meraviglioso, e a volte pericoloso, voler bene a qualcuno.
Genere: Azione, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Pirati Heart, Trafalgar Law
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Che cosa hai fatto?
E' questo che volevi?
Cosa sei diventato?
Ora la tua anima è abbandonata
Camminerai da solo
Dal cielo fin dentro all'inferno.

-Within Temptation, A Demon’s Fate-
 
 
 
 
La piccola deglutì sonoramente, temendo di venire schiacciata dall’insostenibile silenzio che era calato nella stanza. Il peso dell’inquietante sorriso dell’uomo sembrava penetrarle la carne, sempre più a fondo, fino alle ossa. Avrebbe voluto scappare da quel luogo, da quell’individuo che poteva essere di tutto tranne che uno stimato professore di storia. Ma doveva restare, doveva sapere chi in realtà fosse lei.
 
“Allora, piccola Yuki, entrambi sappiamo perche siamo qui. Ti dirò quello che vuoi sapere.” affermò appoggiando con maleducazione le gambe sulla scrivania.
 
La bimba respirò profondamente; era finalmente ora. L’ora nella quale tutto sarebbe venuto a galla, nel bene o nel male. Il cuore le martellava furiosamente nel petto, mentre osservava preoccupata il sorriso dell’uomo ampliarsi ancora di più. Strinse le manine profusamente sudate e annuì con convinzione.
 
“Da dove vuole che inizi… principessa?” sghignazzò, soddisfatto dell’espressione incredula che la bambina aveva assunto.
 
“Io… una principessa?” domandò grattandosi confusa la nuca.
 
Era una principessa. Chissà, forse una di quelle figlie di un re e una regina ricchissimi dallo sfarzoso castello, dalle corone laccate di oro e pietre preziose e da quei meravigliosi abiti pomposi che lei aveva sempre sognato di indossare. Figlia di un re a comando di numerosi e coraggiosissimi cavalieri e della donna più bella del reame, la quale di solito diventa regina. Una principessa.
 
“Oi, ti sei incantata? Non ho mica finito qui. Tu sei l’unica erede al trono di un piccolo ma potente clan, il Clan della Stalattite, completamente e misteriosamente scomparso il quattro dicembre sette anni fa, mentre tutti erano riuniti su una nave.” continuò intrecciando tra loro le affusolate dita.
 
“Il quattro dicembre? Ma è…”
 
“In quella data cade il tuo compleanno, esatto. Era una notte fredda e la regina ebbe le doglie proprio mentre l’intero clan stava tornando da una riunione diplomatica. Fu così che nacqui tu, Yuki, anche se il tuo nome dovrebbe essere stato Sonoko. Ma i tuoi genitori non ebbero nemmeno tempo di darti un nome. La nave venne attaccata da una banda di pirati, ma questa è un'altra storia. Comunque sia, misero a ferro e fuoco la nave e sterminarono tutti, dal primo all’ultimo. L’unica cosa che il re e la regina riuscirono a fare per salvare almeno te fu metterti in una cesta e lasciarla al mare, nella speranza che qualcuno ti trovasse.” riferì senza inutili pause, mutando completamente espressione.
 
Yuki sgranò i luminosi occhi smeraldo, coprendosi la bocca con le manine tremanti. Slittò nervosamente lo sguardo da una parte all’altra della stanza. Non riusciva a credere alle parole di quell’uomo così ambiguo. Era una bambina, ma non era così stupida e ingenua.
 
Quella storia era troppo inverosimile. Si morse il labbro. Tutto coincideva perfettamente, tra tempo, luoghi e date, ogni cosa era al posto giusto. E se, per una volta, la persona che aveva davanti le stesse dicendo il vero? Un destino infelice aveva atteso subdolamente i suoi genitori naturali, ma lei si era miracolosamente salvata. Qualcun altro si era offerto di prendersi cura di lei. Non era una storia così inverosimile, in fondo.
 
“Lei come fa a sapere tutte queste cose?” chiese sporgendosi lievemente in avanti.
 
Improvvisamente Doflamingo ritrasse le gambe da sopra lo scrittoio e spiccò un agile balzo, riatterrando proprio davanti alla piccola. La castana indietreggiò, impaurita dal bizzarro comportamento del professore. Avanzò con passo lento verso di lei, mentre quel maledetto sorriso sghembo si faceva di nuovo strada sul suo viso, corrugandolo. Si passò la lingua sulle labbra e tese la mano.
 
Dalla punta delle dita fuoriuscirono vari fili che si scagliarono come naturalmente contro la bambina, avviluppandola nelle loro strette spire. Yuki represse un grido spaventato, cercando di essere coraggiosa, proprio come il suo papà. Ma il terrore la attanagliava, gli occhi le si erano spalancati a dismisura e dalla sua gola non uscivano che strozzati gorgheggi gutturali. Tremava, come un agnello al cospetto del macellaio. Aveva paura. Per la prima volta nella sua vita, percepiva la vera paura percorrerle il corpo da capo a piedi.
 
“Non ti ho ancora raccontato la parte più interessante del racconto. Prima di lasciarti andare, i tuoi carissimi genitori ti hanno fatto un dono. Un dono maledetto, tesoro mio, ma che per me potrebbe rivelarsi importantissimo, lo sai?” sogghignò malefico al suo orecchio.
 
“C-Cosa vuole farmi?” pigolò mentre grandi stille salate le colarono dagli occhi.
 
“Non piangere, suvvia. Una principessa deve sempre mostrare un certo autocontrollo. O forse dovrei dire… Principessa Demone?” ghignò sadico, assestando un preciso e violento colpo al centro del capo della piccola.
 
Dopo essere rimasta per qualche colpo intontita, tutto si fece buio intorno a lei. Un’oscurità malvagia e penetrante l’avvolse, trascinandola nell’oblio più impenetrabile. Invocò un’unica, disperata richiesta d’aiuto.
 
”PAPAAAAAA’!”
 
Si accasciò a terra e svenne. Tuttavia, riusciva ancora a sentire una voce. Una voce nuova, di una bambina. Cantilenante, diventava ogni secondo più forte. Una nenia demoniaca.
 
”Ko… o… ri…”
 
**
 
L’urlo gli perforò bruscamente i timpani, facendolo scattare repentinamente in piedi. Strinse tra le mani lunga e snella spada. Il suo cuore cominciò a battere sempre più celere, rischiando la tachicardia.
 
“YUKI!” gridò disperato.
 
Lo sapeva. Lui lo sapeva. Non avrebbe dovuto lasciarla andare da sola. Avrebbe dovuto dare ascolto a quel suo pessimistico sesto senso. Cominciò a camminare ansiosamente avanti e indietro per il lato corto del molo, come un povero cane mentre attende di essere fatto entrare in casa. Una sensazione di pericolo imminente gli invadeva le membra, facendole tremare lievemente.
 
“YUKI! RISPONDI!” chiamò, con una punta di terrore nella voce.
 
Prontamente, come fosse una risposta al suo richiamo, una grande vetrata semicircolare si frantumò sotto la forza di un colpo apparentemente devastante, spargendo in aria luccicanti scaglie del materiale trasparente. Sferzò una glaciale folata di vento, dal freddo molto più intenso di quelle che solitamente spazzavano l’isola, che congelò in pochi istanti l’increspata superficie del mare.
Il Chirurgo fissò stupito i flutti cristallizzarsi durante il loro moto ondulatorio, creando piccoli ed incompleti archi. Il ghiaccio avanzava inesorabile, veloce, fino a ricoprire di scivolosa brina il molo dal quale il corsaro assisteva a quel bizzarro spettacolo. Solo un suono, una voce, raccapricciante, accompagna lo staffilare inclemente del vento.
 
”Ko… o… ri…”
 
Socchiuse gli occhi e si riparò il viso con la manica dello scuro cappello, intravedendo due figure farsi avanti in mezzo al turbinio di neve che la folata aveva spazzato fino al mare. La prima era alta e voluminosa e avanzava con una camminata alquanto bizzarra. La seconda era della stessa statura della sua bambina e incedeva ciondolante davanti alla prima sagoma. Una risatina sadica e maledettamente familiare invase l’aria circostante, facendo sbarrare completamente gli occhi di Law. Non riusciva a credere di aver lasciato la sua piccola nelle mani di quel mostro.
 
Sfoderò frettolosamente la Nodachi e schizzò verso di lui, contraendo i muscoli facciali in un’espressione infuriata. Un’altra volta, ancora un’altra, fottuta volta aveva reagito senza pensare, lanciandosi sul nemico per proteggere Yuki. Ma questa volta, sfortunatamente, non si trattava di Marine o di ceffoni ben assestati. No. Un unico errore poteva costargli la vita. O peggio, poteva costare quella della bimba.
 
“Vai, Koori.” pronunciò Doflamingo con fare quasi annoiato.
 
La piccina alzò il viso e per Law fu come una fucilate al cuore. Era completamente paralizzato. I tratti somatici della bambina erano rimasti immutati. I capelli si erano allungati a dismisura, fino quasi a sfiorarle le caviglie, e avevano assunto un’inquietante colorazione corvina. La pelle era inimmaginabilmente pallida, quasi cerulea, come se la piccola fosse sotto un avanzato stato di ipotermia. Ma l’aspetto più terrificante era quello degli occhi. Si erano ingigantiti, il triplo di quelli che aveva di solito. Il nero lo faceva da padrone, avendo coperto anche la pupilla. Due buchi neri. Due enormi, terribili buchi neri. E quella voce. Oh, quella voce…
 
”Ko… o… ri…”
 
La piccola alzò la manina e la chiuse a becco, proiettandola avanti grazie alla spinta del braccio. Un appuntito cono di ghiaccio si materializzò dal nulla e fu lanciato verso Law con sorprendente velocità per poi conficcarsi atrocemente nella sua spalla, bucandola da parte a parte. Il Capitano trattenne a stento un grido di dolore, sentendo lo spuntone penetrare nella carne e perforare l’osso. Quella cosa non era la sua tenera e dolce Yuki. Era qualcosa di completamente diverso. Un mostro.
 
“Doflamingo! Cosa le hai fatto?! Cosa hai fatto alla mia Yuki?!” esclamò mentre dalla ferita cominciava a gocciolare copioso sangue.
 
“La tua Yuki?” ridacchiò “Guarda che non passi per la figura del papà amorevole e protettivo dicendo così.”
 
“Dimmi cosa le hai fatto!” incalzò stringendo rabbiosamente i pugni.
 
“Ho solo riportato alla luce ciò che aveva nascosto dentro di sé. Ovvero Koori, il Demone del Ghiaccio, la piaga che ogni erede al trono ha il dovere di conservare.” spiegò il fenicottero allacciando dei fili ai polsi e alle caviglie della bambina.
 
“Demone del Ghiaccio? Erede al trono? Ma cosa diavolo stai farneticando, maledetto?!” ringhiò Law puntando pericolosamente la spada davanti a se.
 
Appena mosse le labbra per richiamare Room, un secondo spuntone ghiacciato sfrecciò nella sua direzione, colpendolo questa volta al fianco. Si inginocchiò a terra, ansimante, scorgendo il denso liquido vermiglio macchiare il mare congelato sotto i suoi piedi. Digrignò i denti e alzò lo sguardo, la vista era offuscata. L’unica cosa che riusciva a vedere era la sua piccina usata come marionetta da quello sporco bastardo.
 
Tentò di rialzarsi in piedi, senza evidenti risultati. Qualcosa, oltre il lancinante dolore delle ferite, lo ancorava a terra e lo rendeva incapace di muoversi. Timore, ecco cosa lo fermava dall’attaccare quel fenicottero ossigenato. Aveva il timore che se lo avesse attaccato, il biondo non si sarebbe fatto alcuno scrupolo a farsi da scudo con il corpo della castana. Strabuzzò gli occhi, accecato dall’ira, e strinse tanto i pugni da far sbiancare le nocche.
 
“Cosa vuoi farle?” domandò stringendosi la spalla nel tentativo di fermare l’emorragia.
 
“Questi anni sono stati davvero noiosi, niente che fosse neanche lontanamente divertente. Poi ho ricevuto la notizia, da fonti certe, che il Demone del Clan della Stallatite era ancora in libertà. Diciamo che sto operando in collaborazione con una nota organizzazione per impadronirci del potere della bambina.” attestò sistemandosi i buffi occhiali sul naso.
 
“Non te lo lascerò fare…” ansò il corvino, stremato dal copioso sangue perso.
 
“Sei sempre il solito cane, non cambi mai. Anche se stai per morire pensi al bene della tua piccola e dolce Yuki. Questa scenetta mi ha stufato; forza, Koori, uccidilo.” intimò facendola procedere verso Law
 
L’uomo venne scosso da un lieve tremito, non appena vide il Demone dagli atri occhi avanzare oscillante verso di lui, mentre le unghie delle mani diventavano sempre più lunghe ed appuntite, simili ad acuminate sommità di un pugnale. Sentì la gola seccarsi aspramente. La guardò con occhi velati di tristezza, pensando a come si sarebbe sentita Yuki quando si sarebbe svegliata e avrebbe scoperto l’atrocità che era stata costretta a compiere.
 
Non aveva paura per sé, era stato abituato all’idea che la morte sarebbe arrivata più presto del solito per lui, bensì per la sua piccola. Come avrebbe fatto? Il Chirurgo era l’unico legame che la bimba aveva e reciderlo sarebbe significato la fine del suo contagioso sorriso. Non sarebbe morto. Non lì, non in quella maniera. Si decise che doveva sopravvivere. Era il ruolo di padre che si era impegnato a prendere sette anni prima che glielo impediva.
 
La bambina si fermò a pochi centimetri dal pirata, fissandolo persa. Portò la manina al suo collo, puntandoci contro gli affilati artigli. Lui le appoggiò le mani sulle spalle, tremando per le insopportabili stilettate delle ferite.
 
”Yuki… So che sei lì dentro…”
 
Il Demone cominciò a imprimere una leggera forza sulla giugulare, dalla quale cominciarono a gocciolare varie stille di sangue. Non demorse.
 
”Sono io, sono il tuo papà… Io…”
 
Si morse la lingua, non appena sentì anche solo qualche millimetro delle unghie di Koori conficcarsi nella carne. Non aveva più tempo. Per quanto fosse difficile, doveva dirglielo.
 
“Io ti voglio bene, Yuki.”
 
La creatura strappò la mano dal collo dell’uomo, come non riuscisse più a sopportare il contatto diretto con la sua pelle. Gridò un'unica volta. Un grido immondo e perforante, che ridondò nel cervello di Law per una manciata di secondi. Si lasciò poi cadere tra le braccia dell’uomo, il quale la prese prontamente in braccio, assistendo sollevato alla trasformazione; i capelli tornarono quella media lunghezza color cioccolato. Riuscì fugacemente a notare che gli occhi della piccola erano nuovamente di quel luccicante verde smeraldo, prima che Yuki perdesse i sensi.
 
“No!” latrò Doflamingo, imponendo le mani come per strattonare a se il corpo della bambina.
 
Fortunatamente Law riprese con rinnovata energia la sua Nodachi e tranciò prontamente i fili che legavano i polsi e le caviglie della castana. Rinfoderò l’arma, assottigliando gli occhi in un’espressione omicida.
 
“E va bene. Per ora mi ritiro. Ma se non sarò io a ucciderti lo farà il mare. Il ghiaccio tra un paio di minuti sarà completamente sciolto. Ti consiglio di iniziare a correre, o meglio, a zoppicare.” asserì issandosi sulla sua nave grazie ad un ennesimo filamento.
Il corvino spostò lo sguardo all’orizzonte e constatò che, evidentemente, il ghiaccio stava perdendo la sua egemonia e il mare ricominciava a spaziare sotto la spessa lastra. Scattò in piedi e cominciò a correre verso il molo, tentando di non crollare sotto le atroci fitte che le ferite gli inviavano. L’acqua incedeva sempre più celere alle sue spalle, guizzando e gorgogliando cupa. Era consapevole che, se fosse caduto in mare, sarebbe stata la fine per entrambi.
 
Spiccò un agile balzo e atterrò di schiena sul molo, appena in tempo che il ghiaccio si sciogliesse del tutto. Ansava stremato, generando con il suo alito dense nuvolette lattee. Strinse al suo petto il corpicino freddo ed inerme della bambina, accarezzandole dolcemente la chioma castana. Sentire il flebile respiro della piccina contro la pelle era fonte di conforto. Lui era mezzo maciullato, ma poco gli importava. Il dolore che avrebbe provato a perdere Yuki non sarebbe stato nemmeno lontanamente paragonabile a quello che le ferite gli provocava.
 
“Tranquilla, ci sono io qui con te.” la rassicurò, posandole un lieve bacio sulla fronte.
  
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