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Autore: piuma_rosaEbianca    01/02/2014    2 recensioni
Grantaire ed Enjolras sono gli unici Grifondoro del loro anno a rimanere ad Hogwarts durante le vacanze natalizie. Si ritroveranno a passare fin troppo tempo insieme, ma forse non andrà poi così male.
Ambientato in era moderna, non troppo sporadici riferimenti all'universo di Harry Potter (bookverse, ovviamente, you mudbloods.)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Fine

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La mattina dopo Grantaire si svegliò con il sole negli occhi e, mentre si girava dall'altra parte strofinandoseli, pensò che il giorno prima fosse stato un sogno.
Si alzò con tutta calma senza quasi fare caso all'assenza di Enjolras e andò a farsi la doccia, pensando solo che i suoi sogni stavano diventando davvero troppo vividi e che forse aveva bisogno di aiuto.
Si lavò via il freddo, il sonno e la stanchezza, lasciandosi coccolare a lungo dall'acqua bollente.

Non pensava a niente. L'acqua calda amplificava la quieta malinconia in cui amava crogiolarsi quando era solo e zittiva ogni riflessione, bloccava la sua testa in una bolla di calore e rilassamento, così che gli fosse impossibile ragionare, divagare, far girare le rotelle poco oliate del suo già stanco cervello.
Quando ne ebbe abbastanza uscì. Si strinse nell'accappatoio. Si asciugò i capelli con la magia. Rise per la narrazione noiosa che doveva essere la sua vita.

Poi tornò in stanza per vestirsi e quasi gli prese un colpo nel vedere Enjolras seduto sul suo letto.
«Ehi! Avevo quasi paura fossi entrato in coma. Lo sai che è quasi l'una?» disse sorridendo e alzandosi e andandogli incontro.
Ci fu un momento imbarazzante in cui Enjolras rimase in piedi immobile davanti a lui, in attesa di qualcosa, che Grantaire non capiva.

«Ok, scusami. Non siamo ancora a quel punto, vero? Non me ne intendo molto di queste cose. Va be'. Ti aspetto giù.» disse allora dopo un po', avviandosi verso la porta.
«Di cosa stai parlando?» chiese Grantaire confuso.
Enjolras si voltò aggrottando le sopracciglia. «Almeno non prendermi in giro.» disse.

«Ti giuro che non ho la più pallida idea di cosa stai parlando.» rispose Grantaire facendo qualche passo verso di lui.
Una certa idea stava bussando alla sua mente assonnata ma aveva così poco che senso che non la prese minimamente in considerazione.
«Ieri, Grantaire.» disse Enjolras, chiaramente contrariato. «Ti ricordi di ieri?».

Un momento di silenzio, quasi si poteva sentire il cervello di Grantaire processare informazioni.
Poi, all'improvviso, scoppiò a ridere. Rise fino a piegarsi in due, inginocchiato sul pavimento. Rise fino a sentire male alla pancia. Rise fino a seccarsi la gola.
Enjolras lo osservò perplesso, aspettando che si riprendesse.

«Non l'ho sognato!» esclamò Grantaire non appena ebbe abbastanza fiato.
Sì alzò dal pavimento un po' a fatica e andò dall'amico, ancora perplesso.
«Non l'ho sognato...» ripeté a voce più bassa, sorridendo come un completo idiota.
Allora Enjolras capì, e sorrise di rimando. «Sei un idiota.» disse e coprì la distanza che li separava per baciarlo.

E in quel bacio Grantaire ricollegò ogni cosa che aveva creduto di essersi immaginato.
Ogni momento, ogni parola andò al suo posto in quel puzzle di perfezione che era stata la giornata precedente.
E quasi si sentì esplodere il cuore, e aveva voglia di correre e di urlare e di passare il resto della sua vita così, fra le braccia di Enjolras, con le mani sui suoi fianchi e le sue labbra contro le proprie.

«Dovresti vestirti.» mormorò Enjolras quando si staccarono.
«Dici?» rispose Grantaire, ridendo contro la sua bocca, baciandolo di nuovo.
«Direi, sì.» e rise, il biondo, abbassando lo sguardo sul punto in cui la spugna sottile dell'accappatoio di Grantaire lasciava davvero poco all'immaginazione.
«Ti direi che mi dispiace, ma mentirei spudoratamente.» rise anche lui senza neanche arrossire, baciandolo una terza volta.
«In realtà non dispiace neanche a me.» aggiunse Enjolras, sporgendosi per il quarto bacio. «Però è ora di pranzo, e ho fame. Quindi muoviti.» concluse, e il quinto fu l'ultimo prima che Grantaire si separasse da lui ridendo, scuotendo lievemente la testa, per prendere dei vestiti puliti dal baule e andare in bagno per metterseli.

Passarono la giornata ad oziare in sala comune, e Grantaire non riusciva a credere alla sua fortuna ogni volta che Enjolras fermava qualsiasi cosa stessero facendo per baciarlo, con una dolcezza che non avrebbe mai creduto possedesse. Non riusciva neanche a capire come fosse possibile che il giovanissimo rivoluzionario fosse cambiato così tanto in così poco tempo. Gli erano bastati così pochi giorni per aprire gli occhi, così pochi che Grantaire non riusciva a non chiedersi quanto tempo avessero perso, quanto dolore si sarebbe risparmiato se Enjolras gli avesse mai prestato ascolto, lo avesse mai guardato davvero.

A vederli adesso, nessuno avrebbe mai detto che giusto un paio di settimane prima occupavano la stessa stanza urlandosi addosso e resistendo a fatica alla voglia di prendersi a pugni.
Eppure, Grantaire non riusciva a rimpiangere niente.

Era stato tutto così naturale e così perfetto che non riusciva ad immaginare come altro sarebbe potuto essere. Forse, si diceva, prima Enjolras non era pronto. Forse se fosse successo in un altro momento sarebbe andato malissimo, e avrebbero rovinato tutto per sempre.

Non che Grantaire fosse davvero capace di credere che le cose sarebbero andate bene in futuro, che sarebbe mai potuta durare, che Enjolras non si sarebbe stancato di lui, ma per ora era tutto così bello che riusciva quasi a non pensarci. Non costantemente almeno.

La ragazzina innamorata di Enjolras non faceva altro che lanciargli occhiate truci, ma gli occhi cerchiati di rosso la rendevano davvero poco minacciosa.
Enjolras continuava a non notarla, comunque, e Grantaire non riusciva davvero a dispiacersi per lei.

Non quando Enjolras aveva occhi solo per lui e gli sorrideva come se non ci fosse altro di bello al mondo, non quando non riusciva a tenere le labbra libere per più di dieci minuti, non quando la conversazione fra di loro consisteva in confidenze e cazzate, sussurri e risate, ed era così dolce e leggera e lo rendeva felice come quasi mai prima.
Andava tutto bene, e, per quanto sembrasse impossibile, per il momento sembrava bastare.


Quando gli altri tornarono, nella tarda mattinata del due gennaio, Enjolras e Grantaire erano ad aspettarli nella sala comune, perché rivedersi nella folla della Sala Grande non andava mai a nessuno, e stavano pomiciando.
Il primo ad entrare fu Bossuet, un manico del baule in mano e un sorriso enorme.
«E bravo Grantaire! Dieci giorni da soli e fai diventare un essere umano il nostro Enjolras.» esclamò.

Grantaire ghignò e si alzò per andare ad abbracciarli. Enjolras aspettò un secondo in più, nel vano tentativo di far sparire l'imbarazzo.
Tutti batterono pacche sulla loro schiena e si congratularono.
Combeferre strinse Grantaire in quasi un minuto di abbraccio soffocante, e gli mormorò all'orecchio che era davvero l'ora e che si meritava quella felicità e che era davvero contento per loro. Quando lo lasciò, Grantaire aveva le lacrime agli occhi, ma diede la colpa al respiro mancante.

Courfeyrac ed Eponine furono i primi due stronzi ad iniziare a fare domande inopportune. Jehan cercò di sviare il discorso con altre domande, più sul lato romantico della cosa, ma era tutto comunque molto imbarazzante.
Fu Marius, stranamente, a riportare tutti a terra di colpo, spostando la conversazione sullo studio. Grantaire non aveva mai apprezzato tanto la sua impossibile severità.

Fu chiaramente ignorato da tutti, ma almeno riuscì a distogliere l'attenzione dalla coppia e spinse tutti ad andare a sistemare i propri bagagli, per poi tornare in sala comune e disporsi attorno al fuoco a raccontarsi le loro vacanze.

Rivederli tutti lì, sorridenti e rumorosi, era per Grantaire allo stesso tempo strano e meraviglioso, dopo tutto quel tempo solo con Enjolras. Non riusciva a smettere di sorridere mentre li ascoltava, stretto in un angolo del divano con Enjolras che teneva le dita intrecciate alle sue e la testa sulla sua spalla. Quando il biondo si permise di alzare la testa per dargli un bacio ci fu un momento di imbarazzo, brevissimo, in cui tutti si zittirono e li fissarono.

Quando scesero per pranzo fu ancora più strano rivedere la Sala Grande piena di gente, i tavoli affollati, le porzioni di cibo triplicate.

«Credo che potrebbe mancarmi stare da solo con te.» sussurrò Enjolras all'orecchio di Grantaire mentre prendevano posto su una panca. Grantaire rise.
«Ti passerà fra qualche giorno, fidati. A me succede sempre così.» gli disse con tranquillità.
«Ne sono certo. Ma ritengo che sarà necessario ritagliarci un po' di tempo, ogni tanto, per stare da soli.» disse Enjolras, ed entrambi risero e si baciarono e poi arrossirono quando si ricordarono che i loro amici li stavano guardando.
«Dai ragazzi, smettetela di stupirvi.» sbottò Courfeyrac, rivolto alle facce divertite o lievemente imbarazzate dell'intero gruppo. «Sapevamo tutti che prima o poi sarebbe successo.»

Grantaire sorrise di gratitudine mentre Enjolras lo guardava storto.

«Cosa vuol dire che lo sapevate?» domandò, e tutti risero.
«Sappiamo tutti che Grantaire ti muore dietro da anni. Era solo questione ti tempo prima che tu aprissi gli occhi e facessi qualcosa al riguardo.» spiegò Courfeyrac.
«Non hai idea di quante volte abbiamo dovuto rammendare il povero cuoricino spezzato del nostro amico qui.» disse Combeferre battendo una pacca sulla spalla di Grantaire.
«''Come può essere così cieco?'' ''Possibile che non riesca neanche a guardarmi negli occhi?'' ''Come faccio a dimenticarmelo, come cazzo faccio?''» citò Bossuet in tono piagnucolante. Stavolta fu il turno di Grantaire di arrossire, ma Enjolras non si unì alla risata degli altri.

«Sono stato così stupido. Sono felice che tu non abbia mollato, comunque.» disse invece, con dolcezza, guardando dritto negli occhi.
Qualcuno, probabilmente Joly, soffocò un gemito intenerito in una mano.
«Io pure.» rispose Grantaire con una risata sommessa, dandogli un tenerissimo bacio a labbra chiuse che fece squittire diverse ragazze al tavolo di Corvonero.

«Okay, piccioncini, siete naus...ehm, dolcissimi, adesso basta però.» disse Eponine, mettendogli del cibo nel piatto.
«Grazie, 'Ponine.» disse Grantaire inforcando un broccolo e mangiandolo con gusto.

L'argomento cadde lì, e tutti continuarono a mangiare parlando d'altro.
Dopotutto, era andata abbastanza bene. Grantaire sapeva che nessuno l'avrebbe presa male, e sapeva anche che sarebbe stato difficile per tutti, all'inizio. Era giustamente strano per tutti confrontare i piccioncini che non si erano ancora stancati di essere con i due quasi amici che non potevano parlare a lungo senza iniziare a litigare.

Combeferre aveva scherzato spesso sul chiuderli in una stanza e obbligarli a parlare finché non avrebbero chiarito come stavano le cose fra loro, e alla fine era stato davvero quello che li aveva fatti sbloccare.

Éponine aveva sostenuto per così tanto tempo che erano decisamente perfetti l'uno per l'altro, e che sarebbe bastato che Enjolras lo conoscesse giusto un po' meglio perché si innamorasse di lui, e alla fine così era andata.

Prouvaire gli aveva detto milioni di volte che fra loro non poteva andare in modo normale, che doveva succedere qualcosa di assurdamente cinematografico per farli finire insieme, perché nient'altro poteva essere abbastanza efficiente, e alla fine il provvidenziale ramo di vischio era arrivato.

Courfeyrac credeva fermamente che se fosse iniziata, fra loro, non sarebbe mai finita. Grantaire poteva solo sperare che avesse ragione anche lui.


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Ebbene, è finita. In terribile ritardo sulla tabella di marcia, ma a chi interessa davvero? (shh, shh, lo so, scusatemi)
Non posso dire di essere felice, perché MY BABIEEES, ma allo stesso tempo lo sono perché questa è la prima long fic che riesco a portare a termine. Giuro. E in più è venuta anche esattamente come volevo che fosse e non in tempi biblici. Probabilmente non succederà mai più, quindi gioisco adesso.
Ma comunque, non è davvero finita. Potrebbe arrivare un qualche seguito, forse anche abbastanza presto.
Felici, eh? Vabbe'.
Mi sembra doveroso ringraziare tutte le persone che mi hanno seguita in questa fatica, prima fra tutti Valeria, fidata compagna di banco e di plotting e di sclero. Credo sia più felice di me che questa cosa sia finita.
Poi Anna, che ha betato i primi capitoli, e Marta, per la quale questa storia è stata scritta in first place. Aggiungo le altre povere Les Mis dipendenti che so che mi hanno letta e mi hanno resa felice così.
E, ultimi ma non meno importanti, tutti voi che avete anche solo aperto questa storia poco invitante.
Grazie a tutte, mi dispiace per i feels, vi voglio bene. ♥

La smetto, okay. Ci vediamo al sequel (presto?).
Piuma_
   
 
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