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La mattina dopo
Grantaire si svegliò con il sole negli occhi e, mentre si girava
dall'altra parte strofinandoseli, pensò che il giorno prima fosse
stato un sogno.
Si alzò con
tutta calma senza quasi fare caso all'assenza di Enjolras e andò a
farsi la doccia, pensando solo che i suoi sogni stavano diventando
davvero troppo vividi e che forse aveva bisogno di aiuto.
Si lavò via il
freddo, il sonno e la stanchezza, lasciandosi coccolare a lungo
dall'acqua bollente.
Non pensava a
niente. L'acqua calda amplificava la quieta malinconia in cui amava
crogiolarsi quando era solo e zittiva ogni riflessione, bloccava la
sua testa in una bolla di calore e rilassamento, così che gli fosse
impossibile ragionare, divagare, far girare le rotelle poco oliate
del suo già stanco cervello.
Quando ne ebbe
abbastanza uscì. Si strinse nell'accappatoio. Si asciugò i capelli
con la magia. Rise per la narrazione noiosa che doveva essere la sua
vita.
Poi tornò in
stanza per vestirsi e quasi gli prese un colpo nel vedere Enjolras
seduto sul suo letto.
«Ehi! Avevo
quasi paura fossi entrato in coma. Lo sai che è quasi l'una?» disse
sorridendo e alzandosi e andandogli incontro.
Ci fu un
momento imbarazzante in cui Enjolras rimase in piedi immobile davanti
a lui, in attesa di qualcosa, che Grantaire non capiva.
«Ok, scusami.
Non siamo ancora a quel punto, vero? Non me ne intendo molto di
queste cose. Va be'. Ti aspetto giù.» disse allora dopo un po',
avviandosi verso la porta.
«Di cosa stai
parlando?» chiese Grantaire confuso.
Enjolras si
voltò aggrottando le sopracciglia. «Almeno non prendermi in giro.»
disse.
«Ti giuro che
non ho la più pallida idea di cosa stai parlando.» rispose
Grantaire facendo qualche passo verso di lui.
Una certa idea
stava bussando alla sua mente assonnata ma aveva così poco che senso
che non la prese minimamente in considerazione.
«Ieri,
Grantaire.» disse Enjolras, chiaramente contrariato. «Ti ricordi di
ieri?».
Un momento di
silenzio, quasi si poteva sentire il cervello di Grantaire processare
informazioni.
Poi,
all'improvviso, scoppiò a ridere. Rise fino a piegarsi in due,
inginocchiato sul pavimento. Rise fino a sentire male alla pancia.
Rise fino a seccarsi la gola.
Enjolras lo
osservò perplesso, aspettando che si riprendesse.
«Non l'ho
sognato!» esclamò Grantaire non appena ebbe abbastanza fiato.
Sì alzò dal
pavimento un po' a fatica e andò dall'amico, ancora perplesso.
«Non l'ho
sognato...» ripeté a voce più bassa, sorridendo come un completo
idiota.
Allora Enjolras
capì, e sorrise di rimando. «Sei un idiota.» disse e coprì la
distanza che li separava per baciarlo.
E in quel bacio
Grantaire ricollegò ogni cosa che aveva creduto di essersi
immaginato.
Ogni momento,
ogni parola andò al suo posto in quel puzzle di perfezione che era
stata la giornata precedente.
E quasi si
sentì esplodere il cuore, e aveva voglia di correre e di urlare e di
passare il resto della sua vita così, fra le braccia di Enjolras,
con le mani sui suoi fianchi e le sue labbra contro le proprie.
«Dovresti
vestirti.» mormorò Enjolras quando si staccarono.
«Dici?»
rispose Grantaire, ridendo contro la sua bocca, baciandolo di nuovo.
«Direi, sì.»
e rise, il biondo, abbassando lo sguardo sul punto in cui la spugna
sottile dell'accappatoio di Grantaire lasciava davvero poco
all'immaginazione.
«Ti direi che
mi dispiace, ma mentirei spudoratamente.» rise anche lui senza
neanche arrossire, baciandolo una terza volta.
«In realtà
non dispiace neanche a me.» aggiunse Enjolras, sporgendosi per il
quarto bacio. «Però è ora di pranzo, e ho fame. Quindi muoviti.»
concluse, e il quinto fu l'ultimo prima che Grantaire si separasse da
lui ridendo, scuotendo lievemente la testa, per prendere dei vestiti
puliti dal baule e andare in bagno per metterseli.
Passarono la giornata ad oziare in sala comune, e Grantaire non riusciva a credere alla sua fortuna ogni volta che Enjolras fermava qualsiasi cosa stessero facendo per baciarlo, con una dolcezza che non avrebbe mai creduto possedesse. Non riusciva neanche a capire come fosse possibile che il giovanissimo rivoluzionario fosse cambiato così tanto in così poco tempo. Gli erano bastati così pochi giorni per aprire gli occhi, così pochi che Grantaire non riusciva a non chiedersi quanto tempo avessero perso, quanto dolore si sarebbe risparmiato se Enjolras gli avesse mai prestato ascolto, lo avesse mai guardato davvero.
A vederli
adesso, nessuno avrebbe mai detto che giusto un paio di settimane
prima occupavano la stessa stanza urlandosi addosso e resistendo a
fatica alla voglia di prendersi a pugni.
Eppure,
Grantaire non riusciva a rimpiangere niente.
Era stato tutto così naturale e così perfetto che non riusciva ad immaginare come altro sarebbe potuto essere. Forse, si diceva, prima Enjolras non era pronto. Forse se fosse successo in un altro momento sarebbe andato malissimo, e avrebbero rovinato tutto per sempre.
Non che Grantaire fosse davvero capace di credere che le cose sarebbero andate bene in futuro, che sarebbe mai potuta durare, che Enjolras non si sarebbe stancato di lui, ma per ora era tutto così bello che riusciva quasi a non pensarci. Non costantemente almeno.
La ragazzina
innamorata di Enjolras non faceva altro che lanciargli occhiate
truci, ma gli occhi cerchiati di rosso la rendevano davvero poco
minacciosa.
Enjolras
continuava a non notarla, comunque, e Grantaire non riusciva davvero
a dispiacersi per lei.
Non quando
Enjolras aveva occhi solo per lui e gli sorrideva come se non ci
fosse altro di bello al mondo, non quando non riusciva a tenere le
labbra libere per più di dieci minuti, non quando la conversazione
fra di loro consisteva in confidenze e cazzate, sussurri e risate, ed
era così dolce e leggera e lo rendeva felice come quasi mai prima.
Andava tutto
bene, e, per quanto sembrasse impossibile, per il momento sembrava
bastare.
Quando gli
altri tornarono, nella tarda mattinata del due gennaio, Enjolras e
Grantaire erano ad aspettarli nella sala comune, perché rivedersi
nella folla della Sala Grande non andava mai a nessuno, e stavano
pomiciando.
Il primo ad entrare fu Bossuet, un manico del baule
in mano e un sorriso enorme.
«E bravo Grantaire! Dieci giorni da
soli e fai diventare un essere umano il nostro Enjolras.»
esclamò.
Grantaire ghignò e si alzò per andare ad abbracciarli.
Enjolras aspettò un secondo in più, nel vano tentativo di far
sparire l'imbarazzo.
Tutti batterono pacche sulla loro schiena e
si congratularono.
Combeferre strinse Grantaire in quasi un
minuto di abbraccio soffocante, e gli mormorò all'orecchio che era
davvero l'ora e che si meritava quella felicità e che era davvero
contento per loro. Quando lo lasciò, Grantaire aveva le lacrime agli
occhi, ma diede la colpa al respiro mancante.
Courfeyrac ed
Eponine furono i primi due stronzi ad iniziare a fare domande
inopportune. Jehan cercò di sviare il discorso con altre domande, più
sul lato romantico della cosa, ma era tutto comunque molto
imbarazzante.
Fu Marius, stranamente, a riportare tutti a terra
di colpo, spostando la conversazione sullo studio. Grantaire non
aveva mai apprezzato tanto la sua impossibile severità.
Fu chiaramente ignorato da tutti, ma almeno riuscì a distogliere l'attenzione dalla coppia e spinse tutti ad andare a sistemare i propri bagagli, per poi tornare in sala comune e disporsi attorno al fuoco a raccontarsi le loro vacanze.
Rivederli tutti lì, sorridenti e rumorosi, era per Grantaire allo stesso tempo strano e meraviglioso, dopo tutto quel tempo solo con Enjolras. Non riusciva a smettere di sorridere mentre li ascoltava, stretto in un angolo del divano con Enjolras che teneva le dita intrecciate alle sue e la testa sulla sua spalla. Quando il biondo si permise di alzare la testa per dargli un bacio ci fu un momento di imbarazzo, brevissimo, in cui tutti si zittirono e li fissarono.
Quando scesero per pranzo fu ancora più strano rivedere la Sala Grande piena di gente, i tavoli affollati, le porzioni di cibo triplicate.
«Credo che
potrebbe mancarmi stare da solo con te.» sussurrò Enjolras
all'orecchio di Grantaire mentre prendevano posto su una panca.
Grantaire rise.
«Ti passerà
fra qualche giorno, fidati. A me succede sempre così.» gli disse
con tranquillità.
«Ne sono
certo. Ma ritengo che sarà necessario ritagliarci un po' di tempo,
ogni tanto, per stare da soli.» disse Enjolras, ed entrambi risero e
si baciarono e poi arrossirono quando si ricordarono che i loro amici
li stavano guardando.
«Dai ragazzi,
smettetela di stupirvi.» sbottò Courfeyrac, rivolto alle facce
divertite o lievemente imbarazzate dell'intero gruppo. «Sapevamo
tutti che prima o poi sarebbe successo.»
Grantaire sorrise di gratitudine mentre Enjolras lo guardava storto.
«Cosa vuol
dire che lo sapevate?» domandò, e tutti risero.
«Sappiamo
tutti che Grantaire ti muore dietro da anni. Era solo questione ti
tempo prima che tu aprissi gli occhi e facessi qualcosa al riguardo.»
spiegò Courfeyrac.
«Non hai idea
di quante volte abbiamo dovuto rammendare il povero cuoricino
spezzato del nostro amico qui.» disse Combeferre battendo una pacca
sulla spalla di Grantaire.
«''Come può
essere così cieco?'' ''Possibile che non riesca neanche a guardarmi
negli occhi?'' ''Come faccio a dimenticarmelo, come cazzo faccio?''»
citò Bossuet in tono piagnucolante. Stavolta fu il turno di
Grantaire di arrossire, ma Enjolras non si unì alla risata degli
altri.
«Sono stato
così stupido. Sono felice che tu non abbia mollato, comunque.»
disse invece, con dolcezza, guardando dritto negli occhi.
Qualcuno,
probabilmente Joly, soffocò un gemito intenerito in una mano.
«Io pure.»
rispose Grantaire con una risata sommessa, dandogli un tenerissimo
bacio a labbra chiuse che fece squittire diverse ragazze al tavolo di
Corvonero.
«Okay,
piccioncini, siete naus...ehm, dolcissimi, adesso basta però.»
disse Eponine, mettendogli del cibo nel piatto.
«Grazie,
'Ponine.» disse Grantaire inforcando un broccolo e mangiandolo con
gusto.
L'argomento
cadde lì, e tutti continuarono a mangiare parlando d'altro.
Dopotutto, era
andata abbastanza bene. Grantaire sapeva che nessuno l'avrebbe presa
male, e sapeva anche che sarebbe stato difficile per tutti,
all'inizio. Era giustamente strano per tutti confrontare i
piccioncini che non si erano ancora stancati di essere con i due
quasi amici che non potevano parlare a lungo senza iniziare a
litigare.
Combeferre aveva scherzato spesso sul chiuderli in una stanza e obbligarli a parlare finché non avrebbero chiarito come stavano le cose fra loro, e alla fine era stato davvero quello che li aveva fatti sbloccare.
Éponine aveva sostenuto per così tanto tempo che erano decisamente perfetti l'uno per l'altro, e che sarebbe bastato che Enjolras lo conoscesse giusto un po' meglio perché si innamorasse di lui, e alla fine così era andata.
Prouvaire gli aveva detto milioni di volte che fra loro non poteva andare in modo normale, che doveva succedere qualcosa di assurdamente cinematografico per farli finire insieme, perché nient'altro poteva essere abbastanza efficiente, e alla fine il provvidenziale ramo di vischio era arrivato.
Courfeyrac credeva fermamente che se fosse iniziata, fra loro, non sarebbe mai finita. Grantaire poteva solo sperare che avesse ragione anche lui.
Non posso dire di essere felice, perché MY BABIEEES, ma allo stesso tempo lo sono perché questa è la prima long fic che riesco a portare a termine. Giuro. E in più è venuta anche esattamente come volevo che fosse e non in tempi biblici. Probabilmente non succederà mai più, quindi gioisco adesso.
Ma comunque, non è davvero finita. Potrebbe arrivare un qualche seguito, forse anche abbastanza presto.
Felici, eh? Vabbe'.
Mi sembra doveroso ringraziare tutte le persone che mi hanno seguita in questa fatica, prima fra tutti Valeria, fidata compagna di banco e di plotting e di sclero. Credo sia più felice di me che questa cosa sia finita.
Poi Anna, che ha betato i primi capitoli, e Marta, per la quale questa storia è stata scritta in first place. Aggiungo le altre povere Les Mis dipendenti che so che mi hanno letta e mi hanno resa felice così.
E, ultimi ma non meno importanti, tutti voi che avete anche solo aperto questa storia poco invitante.
Grazie a tutte, mi dispiace per i feels, vi voglio bene. ♥
La smetto, okay. Ci vediamo al sequel (presto?).
Piuma_