Il
viaggio di ritorno a Soghdya fu più lungo di quello
di andata, senza più la minaccia di un imminente pericolo, i giovani stancarono
meno i cavalli, si concedevano di cacciare i pasti e avevano organizzato le
tappe di viaggio in maniera tale da fermarsi a dormire sempre nei villaggi dove
si abbandonavano a festeggiamenti (piccoli, visto che non c’era quasi nulla da
quelle parti) e raccontavano con orgoglio come avevano appena sbarazzato di Shamash lo Yagnobi, per la
precisione solo la prima sera lo raccontarono, poi diedero l’incarico a Vör di comporre un poemetto e già dalla tappa successiva
glielo fecero recitare, mentre si accompagnava con l’arpa, lasciando tutti gli
uditori ammirati nei confronti dei valorosi giovani. Questa stima guadagnata e
la riconoscenza, permisero ai ragazzi di infilarsi ogni sera ciascuno nel letto
di una qualche diversa fanciulla. Tale atteggiamento faceva imbestialire Sif che passava il resto del tempo delle serate a
lamentarsi, esprimendo a Vör tutto il proprio
malumore che per lo più indicava come quella situazione la facesse sentire
svalutata, diceva di essere bella e dunque di meritare l’attenzione degli
amici, ma poi ammetteva che lei non li avrebbe assecondati e, quindi, sarebbero
andati comunque con altre donne ... e poi diceva mille altre cose, spesso
contraddicendosi, quasi manifestando invidia per come gli uomini riuscissero a
prendere alla leggera quelle questioni. Sif,
soprattutto, era arrabbiata con Thor, era furiosa! Anche se non lo disse
chiaramente in quelle confidenze, fu chiaro che lei era innamorata del principe
e che si sentiva quasi come una bambolina nelle sue mani. Sif
non aveva occhi che per Thor, ammirava tutto ciò che faceva e, pur mantenendo
il proprio tipico atteggiamento sicuro e duro, finiva sempre per assecondarlo,
dargli ragione e accontentarlo. La guerriera sapeva che Thor aveva intuito la
sua attrazione per lui, ma non era affatto certa che avesse capito anche quale
sentimento essa nutriva, anzi sperava proprio che il principe non lo
sospettasse. Già, solo il pensiero che Thor non sapesse di quanto lei era
innamorata di lui, confortava Sif in quei momenti.
Ella confidò di avere trascorso molte notti nel letto di Thor, ma non avevano
mai parlato di sentimenti o relazioni; a volte lei si era vergognata di sé,
altre si era confortata, dicendosi di non pentirsi, che non era un errore,
perché per lei c’era solo lui e dunque non aveva di che rimproverarsi. Era
questo a farle male quando Thor si concedeva delle avventure: lei era
innamorata di lui, non avrebbe potuto concedersi ad altri, lui invece non
provava un affetto speciale per lei, probabilmente la considerava una delle
tante o, peggio, quella che era sempre a sua disposizione all’occorrenza.
Questo faceva soffrire tremendamente Sif, non era
quello che voleva essere, si era detta tante volte di smettere o di dover
parlare con Thor, spiegargli quel che sentiva, ma aveva paura! Temeva di
perdere quel poco che aveva, quel poco che la faceva soffrire, ma al quale non
era disposta a rinunciare e quindi taceva. Non gli aveva mai detto quanto per
lei lui fosse speciale, non gli aveva mai detto che lei avrebbe voluto rimanere
al suo fianco per sempre; fingeva che non le importasse, fingeva di essere
felice così, fingeva e temeva il giorno in cui lui si fosse innamorato di una
donna.
Ecco,
la rabbia, la delusione e il dolore di quelle sere avevano spinto Sif a fare tutte queste confidenze a Vör,
una persona che quasi non conosceva.
L’altra
ragazza ascoltava, spesso annuiva o scuoteva la testa, al massimo sospirava, ma
non diceva quasi nulla. Quelle erano tutte cose piuttosto nuove per lei, i suoi
amici ogni tanto parlavano di quel genere di questioni, ma lei non prestava
molto orecchio, anzi, cercava di evitare e quando le capitava di sentire
qualcosa arrossiva. Non si era ancora mai innamorata e questo un po’ la
preoccupava, le sembrava di perdersi delle esperienze importanti, ma non voleva
neppure, per la fretta e la curiosità, sminuire quello che per lei era qualcosa
di sacro. Per un certo periodo aveva provato ad assecondare il desiderio del
padre e si era sforzata di provare a nutrire qualche sentimento per Heimdall, ma erano risultate situazioni molto imbarazzanti
ed inconcludenti.
“Tu
non sei gelosa … o arrabbiata?” domandò una sera Sif,
dopo l’ennesimo sfogo, sperando che anche l’altra avesse bile da buttar fuori,
così da distrarsi per qualche minuto.
Vör strabuzzò gli occhi e farfugliò:
“No … perché?”
“Di
giorno sei sempre in compagnia di Loki, credevo …”
“Oh,
no!” la interruppe l’altra, diventando rossa “… e poi non sono sempre in sua
compagnia …”
Sif non poté trattenere una risata,
prima di dire: “Sì, effettivamente ti stacchi da lui, quando Fandral si intromette e ti sequestra. Ma che vi
raccontate?”
“Con
Loki o Fandral?” Vör era un po’ smarrita, tanto più che non le piaceva
affatto che la gente mal interpretasse i suoi rapporti con gli amici.
“Con
tutti e due, no anzi, direi con Loki. Fandral posso capire, ha il suo fascino (non dire che l’ho
detto, mi piace prenderlo in giro), è carismatico e sa come trattare le donne e
la conversazione con lui è piacevolissima.”
Vör, tra sé e sé, dovette
riconoscerlo, contrariamente alla propria prima impressione, aveva dovuto
ammettere che il giovane spadaccino era davvero di buona compagnia, era
gentile, galante, un po’ frivolo, ma sicuramente di buon cuore, le ricordava il
padre.
“Non
riesco invece proprio a capire come fai a parlare per ore e ore con Loki.” continuava Sif “Si
interessa solo di cose noiose o strane e poi fa il saccente e si da un sacco di
arie, pur non potendo permetterselo. È nostro amico, ma a volte è davvero
capriccioso e pesante da sopportare, senza poi considerare com’è permaloso e il
suo vendicarsi anche solo per sciocchezze, oppure il suo invidiare Thor.
Insomma, come fai a stare accanto a lui praticamente giorni interi?”
Vör scosse le spalle e si limitò a
rispondere: “A me sta simpatico così … e trovo molto interessanti le cose che
ha da dire.”
“Buon
per lui che ha trovato chi lo ascolta.” disse allora la guerriera “Forse
tornerà ad essere gentile. Sai, Loki è sempre stato
strano, ma una volta era più tranquillo, più disponibile e stava con noi
volentieri, ormai sarà un secolo, invece, che si è chiuso in sé stesso e ci
tratta quasi con sufficienza e Thor si ostina a non volergli chiedere quale sia
il problema. Bah, son poi problemi suoi.”
In
questo modo le due ragazze trascorsero le serate del viaggio, ma a Soghdya si godettero pienamente i festeggiamenti che il
governatore organizzò nel proprio palazzo in onore della buona riuscita della
missione. Una cerimonia con conferimento di onorificenze, un lauto banchetto,
danze per tutta la notte. Questo fu organizzato per celebrare i vincitori di Shamash e gli Asgardiani non
permisero che una sola goccia di quel divertimento andasse sprecata, sapendo
che ad Asgard non sarebbe stata organizzata una festa di tal genere: per gli lioalfar avevano compiuto qualcosa di grandioso, per gli Asgardiani avevano semplicemente portato a termine una
missione come altre, che sarebbero presto state all’ordine del giorno nelle
loro vite di nobili combattenti asgardiani.
Quella
sera, dunque, i giovani si stavano divertendo. Thor aveva deciso che voleva
ubriacarsi e, dopo il terzo barilotto di birra, iniziava a dare qualche segno
di ebbrezza. Loki scuoteva la testa davanti al
proposito del fratello e cercò di dirgli: “Non esagerare e non ubriacarti
stasera, tutt’al più fallo domani! Siamo in un altro Regno, sono presenti delle
autorità, dovremmo mostrare un certo contegno, stiamo rappresentando il nostro
popolo, non dovremmo fare brutte figure.”
“Oh,
fratello” disse Thor, che riusciva ancora a parlare bene, l’alcol gli aveva
inibito solo un poco l’equilibrio “Quando mai dimostrare di poter vuotare una
cantina è un cattivo comportamento?”
“Non
è tanto il bere in sé il problema, ma come potresti comportarti da ubriaco, per
favore, limitati ad essere brillo. Già questo è eccessivo per gli liosalfar che hanno un atteggiamento morigerato in tutte le
cose.”
“Ma
come faccio a festeggiare senza birra?” si lamentò Thor.
“Quando
capiteremo su Jotunheimr potrai bere a volontà, anzi
potrai sfidare il loro re a una gara di bevute, ma non qui ad Alfheimr.”
“Loki, lascia in pace Thor!” lo rimproverò Fandral che si era avvicinato al tavolo del buffet, dove si
trovavano i due principi “Solo perché tu ti annoi, non devi pretendere che lo
facciano anche gli altri.”
“Giusto!”
esclamò Thor e vuotò il boccale che aveva in mano, poi lo gettò a terra e ne
chiese un altro.
“Non
mi sto annoiando.” ribatté Loki “Mi comporto
adeguatamente al mio rango in una situazione sociale di alto livello. È un
evento pubblico, dobbiamo dare un’immagine impeccabile di noi.”
“Siamo
gli eroi!” esclamò lo spadaccino “Qualsiasi cosa facciamo andrà bene! E tutt’al
più sarà l’ambasciatore a spiegare che queste sono le nostre usanze.” poi si
fece provocatorio: “E comunque io non ci credo che tu non ti stia annoiando, io
ho decisamente di meglio da fare che stare qui a rimbrottare con Thor.” poi
insinuò: “Ti fai tanto vanto di aver Vör tutta per
te, ma non le hai fatto fare neppure un giro di ballo, probabilmente le cose
non vanno così bene come vorresti farci credere. In effetti non mi è mai
sembrata dispiaciuta, quando l’allontanavo da te.”
Loki si era scordato
della scommessa, se ne sovvenne solo allora; sebbene irritato, ostentò calma
nel dire: “Ho visto che avete parlato varie volte, ma nulla di più; non mi
risulta che ti abbia massaggiato, cosa che con me ha fatto.” gli ricordò.
“Ho
avuto di meglio a cui pensare in queste sere!”
“Non
sei stato l’unico.” precisò Loki “Ad ogni modo
neppure tu hai danzato con lei oggi e, in generale, mi sembri lontano anni luce
dal riuscire a vincere la nostra scommessa.”
Fandral si accarezzò i
baffi, si guardò intorno e osservò le invitate, poi scrollò le spalle e disse:
“Va bene, penso di non avere nulla da perdere, se questa sera mi dedico a
conseguire la vittoria. Loki, tieniti pronto a pagar
pegno.”
Detto
ciò lo spadaccino si staccò un bottone dalla casacca che indossava e si diresse
verso Vör.
La
ragazza era seduta vicino all’orchestra e ascoltava con piacere la tipica
musica di Alfheimr, eseguita con strumenti di legno
di vario tipo: salteri, clavicordi, citole, ribeche, flauti
di vario genere. Le musiche erano piuttosto pimpanti, allegre e adatte al
ballo, tuttavia mantenevano una certa raffinatezza ed eleganza.
Fandral le si avvicinò,
ma fingendo di non essere lì per lei, le passò davanti, si appoggiò al muro con
la schiena e iniziò ad armeggiare col bottone, cercando di farsi notare. Vi
riuscì. Vör si accorse che il giovane aveva qualche
difficoltà, per cui si alzò in piedi e, accostatasi a lui, gli domandò quale
fosse il problema.
“Oh,
nulla di ché, mi si è solo scucito un bottone e non so come rimediare.” Fandral sbuffò a metà tra il deluso e il seccato.
“Se è solo questo non è un problema.” lo
rassicurò la ragazza sorridendo, grazie alle conversazioni dei giorni
precedenti, ella era riuscita a vincere la propria naturale timidezza e a
parlare con tranquillità allo spadaccino “Porto sempre ago e filo con me, te lo
ricucio in un attimo.”
“Davvero? Oh, grazie!” si illuminò il
viso di Fandral “Meglio, però, andare in una stanza a
lato, non voglio che tutti guardino.”
L’altra acconsentì e andarono
nell’atrio, vicino a una scalinata in marmo, coperta da un tappeto rosso.
“Grazie, non sai come mi sentirei in
imbarazzo con un bottone di meno.” disse il giovane, tentando di fare
conversazione.
Vör non sapeva cosa
dire, quindi tacque e prese ago e filo, li teneva nella piccola borsetta di
cuoio; prese il bottone (era uno di quelli a fungo e di color oro) e fece per
iniziare a cucire, mormorando: “Se per caso ti pungo, dimmelo …”
Fandral ebbe un’idea e
velocemente disse: “Mi tolgo la casacca, così non avrai problemi.” e, detto
fatto, senza lasciare tempo di replica, si era sfilato l’indumento, restando a
torso nudo.
Vör, prendendo la
casacca, non poté impedire al proprio sguardo di cadere sulla muscolatura
perfettamente delineata e abbastanza sviluppata.
“Perché arrossisci?” le chiese Fandral con divertita dolcezza “Ti sarà capitato altre
volte di vedere uomini a petto nudo.”
“Sì.” ammise l’altra, concentrandosi sul
bottone “Mio padre … Heimdall …”
“Non dire così che mi fai vergognare.”
scherzò Fandral “Loro hanno fisici migliori del mio.”
attese qualche attimo, ma dal momento che l’altra non replicava, disse con tono
gentile: “Lo sai che il tuo pudore fa tenerezza? È una virtù che molte
fanciulle ostentano, ma che in realtà non vogliono affatto, il tuo invece è
genuino, per questo è bello.” non sapeva cosa inventarsi per cercare di
accattivarsi quella ragazza.
Vör intanto aveva
finito di ricucire il bottone.
“Mi aiuteresti a rinfilarmi la casacca?”
chiese lui con disinvoltura.
Erano soli in quell’atrio illuminato
dalla luce calda delle lanterne appese a quattro a quattro attorno alle
colonne; dal salone lì accanto si sentiva provenire la musica gioiosa e loro
erano così vicini da poter percepire l’uno il calore dell’altra.
Vör accontentò il
giovane e mentre lei lo stava riabbottonando, lui le prese le mani e
guardandola intensamente coi suoi occhi azzurri le sussurrò: “Grazie.” e poi le
fece il baciamano.
Fandral aveva sperato
che quel contatto, quella gentilezza e il suo famigerato sguardo ammaliante
servissero a sciogliere un poco la rigidità della ragazza, ma non ottenendo il
risultato sperato, tra sé e sé maledì il pudore che prima aveva elogiato. Se
voleva vincere la scommessa quella sera, doveva impegnarsi di più e non
permetterle di allontanarsi, per cui, mentre rientravano nel salone, si
affrettò a chiedere: “Ti farebbe piacere ballare con me?” e le porse la mano
come per invitarla a danzare.
“Oh, certamente.” questa volta Vör non arrossì, l’impaccio che aveva avuto prima era dovuto
alla seminudità del giovane, ora che lui era vestito, lei riusciva ad essere
disinvolta.
Fandral sorrise
soddisfatto, la strinse fra le proprie braccia e iniziarono a volteggiare nel
salone assieme ad altre coppie.
“Sei molto brava!” si congratulò sinceramente
il giovane, dopo i primi due balli “Raramente ho danzato con fanciulle
altrettanto capaci. Senza offesa, ma sei molto più aggraziata di quel che
sembri.”
Effettivamente la corporatura abbondante
di Vör non la faceva certo apparire una leggiadra fanciulla,
ma nella sua educazione era stata inclusa anche la danza e lo spiegò allo
spadaccino.
“Il ballo è annoverato nei
sessantaquattro divertimenti midgardiani che ho
appreso.”
“Sessantaquattro? Che numero strano, non
so se dire che i Midgardiani si divertono troppo o
troppo poco. Che cosa comprendono?” a Fandral
risultava nuovo quell’argomento e provò un certo interesse.
“Di tutto! Danzare, cantare, suonare,
declamare, recitare, poetare, letteratura, disegnare, dipingere, modellare la
creta, ricamare, pettinarsi, agghindarsi, truccarsi, giochi di società,
spruzzarsi nei laghetti, massaggiare, cucinare, bere le tisane, coltivare e
raccogliere e sistemare i fiori, conoscere i minerali, insegnare agli uccelli a
parlare … e molte altre ancora!”
“Spruzzare l’acqua nei laghetti?” ripeté
un po’ perplesso il giovane “Questa la vorrei proprio vedere. Ma tu sai fare
davvero tutte queste cose?”
“Certo, alcune più, alcune meno. Mia
madre diceva che una formazione poliedrica è essenziale e che permette di avere
tutte le porte aperte, mio padre invece sostiene che essere capace un po’ in
tutte queste cose mi faciliterà nel trovare marito.”
“Non sei troppo giovane per sposarti?”
“Sì, ma a mio padre piace mettere le
mani avanti.” sospirò malinconicamente “Non capisce, o non ricorda, che una
buona cultura o essere pieni di qualità, non contano nulla se non sono
accompagnate da un bel viso e un corpo sottile.”
Fandral si dispiacque
della tristezza che aveva preso la ragazza e avrebbe voluto consolarla, ma non
sapeva che cosa dire: anche lui considerava la bellezza e il fisico come prima
cosa nelle fanciulle e sicuramente non avrebbe mai dedicato così tanto tempo a Vör, se non ci fosse stata la scommessa. Pensò di
approfittare di quel frangente per conquistare la vittoria, ma subito si
vergognò della meschinità che gli era venuta in mente, anzi per qualche istante
si sentì un idiota a preferire la bellezza ad altre qualità, ma lo pensò per un
solo istante.
“Oh, non dire così, non è vero. Ognuno è
attratto da caratteristiche diverse, pensa che c’è anche chi è attratto da ogni
tipo di donna!” fu il suo modo di consolare.
Vör rise, divertita
da quel tentativo, e osservò: “Sì, in effetti c’era un poeta midgardiano che sosteneva di adorare ogni genere di donna.”
“Ah sì? E chi era?”
“Ovidio, nella sua quarta elegia nel
secondo libro degli Amores.”
“E come fa questa poesia? La sai a
memoria?”
“Sì, ma preferisco non ripeterla, ci
sono versi un po’ troppo … Comunque inizia così: non esiste una forma di bellezza
definita che stimoli il mio amore: cento sono le cause per cui sono sempre
innamorato.”
“Eh, sembrano quasi parole mie!” scherzò
Fandral, intanto stavano continuando a danzare.
“Ad ogni modo non fa cenno nemmeno lui a
donne grasse.”
“Puoi sempre dimagrire, se lo desideri”
le fece notare lui “In ogni caso, quando cercano piacere e divertimento, gli
uomini seguono l’attrazione fisica, ma per l’amore è diverso. Non è
l’attrazione che genera amore, ma è l’amore che genera attrazione. Non è
necessario essere belli per essere amati.”
“Anche questo diceva Ovidio: La
bellezza è un fragile bene, col passar degli anni diminuisce e si consuma lungo
il suo stesso corso: né le viole, né i gigli sbocciati sono sempre in fiore, e,
persa la rosa, rimane solo la rigida spina. Anche per te, che sei bello,
verranno i capelli bianchi, presto verranno le rughe a solcarti il corpo.
Costruisci un animo che resista al tempo, e aggiungilo alla bellezza; esso solo
dura fino all’estremo rogo. Impegnati a coltivare la mente con le arti liberali
e a imparare a fondo entrambe le lingue.”
“Tutto qui?”
“No, è molto più lunga, ma non la so
tutta. Comunque ribadisce più volte di sviluppare non solo doti fisiche ma
anche intellettuali, che il tempo non potrà sottrarre.”
“Mi è piaciuta molto la cosa coi fiori.”
“Sì, è una bella metafora.” si percepiva
un certo sforzo e disagio nella sua voce.
“Sembri triste …” constatò Fandral.
“È l’argomento a farmi questo effetto.”
“Allora non parliamone più.”
Danzarono ancora per un quarto d’ora
poi, stanchi, si fermarono e separarono. Fandral
prese congedo dalla giovane guardandola con occhi completamente diversi da
quelli con cui l’aveva vista quando le aveva chiesto di ballare; quella
conversazione aveva suscitato nello spadaccino un grande rispetto per Vör, non sapeva di preciso quali parole o quale
atteggiamento avessero provocato quel cambiamento, o forse esso era il frutto
delle varie conversazioni avute quella settimana ma di cui si era reso conto
solo in quel momento; ad ogni modo adesso non la considerava più come una
ragazza qualunque, ma come un’amica.
Fandral se ne andò
vicino al tavolo del buffet a bere qualcosa; vi trovò Thor che, però, aveva
rinunciato al suo obbiettivo di ubriacarsi.
“Amico, com’è che hai ballato quasi
un’ora con Vör? C’entra il battibecco che hai avuto
con mio fratello prima?” domandò il principe.
“Più o meno … speravo di far innervosire
Loki.”
“Allora forse ci sei riuscito, poco fa
l’ho visto che stava borbottando qualcosa contro di te.”
“Ah, dunque avevo ragione!” esclamò
l’altro, con voce trionfante.
“Su cosa?”
“Si ostina a non voler ammettere di
avere un debole per Vör, quindi volevo provocarlo,
finché non si decidesse a confessarlo.”
“Fandral!” lo
rimproverò Thor “Non lo irritare; solo perché parla spesso con una donna non
vuol dire che ne sia innamorato. Prendi per esempio noi e Sif,
lei è una donna ed è semplicemente nostra amica.”
“Mmm, sarà …”
lo spadaccino non era affatto convinto “Comunque avere una donna farebbe bene a
tuo fratello, sono sicuro che sarebbe più rilassato e affabile. Ad ogni modo,
dov’è? Gli devo dire una cosa.”
“Boh, sarà qui da qualche parte.” e con
la mano accennò al salone colmo di gente, poi si raccomandò: “Se lo trovi, non
farlo arrabbiare come al solito!”
“Io? Quando mai!” ridacchiò l’altro,
voltandosi e mettendosi in cerca del principe. Lo trovò poco dopo, mentre stava
parlando col governatore; attese che avesse finito e, dopo parecchi minuti, gli
si poté finalmente avvicinare e, messagli una mano sulla spalla, esclamò:
“Allora, Loki, anziché divertirti, fai diplomazia?
Troppo zelo! Senti, sono venuto a dirti che annullo la nostra scommessa.”
Loki si accigliò
qualche istante e lo guardò perplesso, per poi dire: “Ti sei reso conto di non
avere speranze o che la questione era ridicola?”
“Che non era giusta.” rispose molto
seriamente Fandral.
“Va bene, per una volta sono d’accordo
con te.” il suo tono flemmatico celò il sollievo che aveva invece colto il suo
animo.
“Ti consiglio di invitarla a ballare.”
lo spadaccino era stato gentile nel dir ciò.
“Non ho bisogno dei tuoi consigli.”
replicò invece acidamente Loki.
Fandral si trattenne
dal rispondergli male e disse: “Fa come vuoi, ma ti assicuro che merita davvero
almeno un giro di ballo con lei, è molto brava.”
“Sì, ho visto.” fu molto duro.
Lo spadaccino capì e, persa un po’ di
pazienza, ribatté: “Ti dà fastidio ch’io abbia ballato con lei? Io gliel’ho
chiesto! Se le domandassi di danzare accetterebbe senza dubbio. Anzi, detesto
ammetterlo, ma è probabile che ballerebbe più volentieri con te che con me, per
cui non tenere il broncio né a me, né a lei, solo perché tu sei troppo
orgoglioso per invitarla a danzare.” detto ciò, voltò le spalle e se ne andò.
Loki rimase
interdetto per qualche istante, decisamente stupito per la reazione dell’amico;
pensò: Ma che diamine gli prende? Che cosa gli frulla per la testa? Bah, è
un imbecille, non dovrei interrogarmi su cosa pensi … evidentemente quei pochi
neuroni che aveva si sono licenziati. Come se a me importasse con chi balla
quella! Temevo solo che mi facesse perdere la mia presa autoritaria su di lei …
ma adesso che la scommessa è chiusa, lui non si avvicinerà più a lei, che
continuerà ad essermi leale e non verrà influenzata dagli altri.
La preoccupazione di perdere Vör era costante in Loki e lui la
giustificava dicendo che era solo il timore che anche quell’unica persona che
comprendeva la sua grandezza, fosse traviata dalla pessima opinione comune.
Continuava a vedere in lei solo una persona obbediente, con cui divertirsi a
fare il buono e il cattivo tempo, in un certo da poter sfruttare per
raggiungere il proprio compiacimento. Forse, sebbene quelli fossero i suoi
pensieri, in realtà il suo animo suggeriva sentimenti diversi, ma lui era troppo
orgoglioso e spaventato per permettere alla parola amicizia di affiorare nella
propria mente.
Fu così che non seguì il consiglio di Fandral e non ballò con Vör
quella sera.
Il giorno dopo, i due principi e i loro
amici erano tornati ad Asgard, infatti il governatore di Soghdya
era piuttosto certo che le sue truppe avrebbero facilmente eliminato gli
scagnozzi di Shamash, ora che il loro capo era morto.
A corte molti furono stupiti di vederli tornare così presto, dopo appena una
decina di giorni, molti si domandavano se i giovani erano molto più abili di
quanto ci si aspettasse, oppure se la missione era stata più semplice di come
ne aveva parlato l’ambasciatore. Stupito parimenti agli altri, quando se li
trovò dinnanzi nella sala delle udienze, Odino domandò: “Come mai siete tornati
così presto?”
“Beh, dovevamo solo fermare un brigante
e lo abbiamo fatto.” rispose Thor con una certa noncuranza.
“Ma non era a capo di numerose bande?”
ribatté il Padre degli dei.
“Le circostanze ci hanno favorito,
padre.” intervenne Loki.
“Ma che!” protestò il fratello “Non
siamo affatto stati fortunati, abbiamo combattuto con impegno e coraggio.” era
fiero e risoluto.
“Intendevo dire che le circostanze ci
hanno favorito nel trovare rapidamente il capo dei briganti e dunque abbiamo
potuto liberarci di lui in poco tempo.”
“Mi racconterete nel dettaglio questa
sera, farò organizzare un banchetto per festeggiare e mi riferirete tutto per
filo e per segno.”
I giovani stavano ringraziando e stavano
facendo l’inchino di congedo, quando Bragi, il
Bibliotecario Reale, notò il martello che Thor stringeva nella mano destra.
“Principe Thor” disse il saggio e colto Asgardiano “Che arma è quella che recate con voi? Non ve
l’ho mai vista prima.”
“Oh, è un martello. Il mio martello.”
annuì tutto soddisfatto il principe “L’ho trovato dentro un vulcano.”
Bragi spalancò gli
occhi e, esterrefatto, domandò ancora: “Sì tratta forse del leggendario Mijolmir?”
“Aveva un nome simile, forse era quello,
non so.”
“Sì, è Mijolmir.”
confermò Loki, quasi imbarazzato per il fratello.
“Il mistico martello del mio bisnonno?!”
esclamò parimenti stupito Odino.
“Sì, o così ci ha detto Hamadan, membro della famiglia che lo custodiva.” spiegò
sempre Loki.
“Thor, figlio mio!” esultò il sovrano
“Conosco bene il Mijolmir, mio padre e mio nonno me
ne parlavano spesso, ma lo consideravano come un’arma ormai perduta ed
irrecuperabile. È magnifico che tu l’abbia ritrovato, questo restituisce alla
nostra casa orgoglio e potenza ed è straordinario che, pur così giovane, sei
stato ritenuto degno dal martello di impugnarlo. Sono fiero di te. Fammelo
osservare meglio.”
Il principe si avvicinò al padre, salì
gli scalini che portavano al trono e gli porse il maglio. Odino lo prese in
mano e riuscì a sollevarlo e lo girò e rigirò, studiandolo con attenzione, poi
sentenziò con fare solenne: “Sì, è un’ottima arma e un fedele amico. Percepisco
chiaramente che è come se mi appartenesse da sempre, è profondamente legato a
noi e alla nostra famiglia. Thor, essendo io il sovrano avrei maggiore diritto
di te di impugnare Mijolmir, ma sono certo che ne
farai buon uso e quindi lo lascio a te.”
“Grazie, padre.” disse il giovane,
riprendendo il martello.
“Bene, andate, avrete bisogno di lavarvi
e riposarvi, immagino. Vi aspetto tutti quanti, questa sera al banchetto.”
I giovani presero congedo e si
dispersero per il grande salone. Loki si sentì
invadere da un moto di rabbia: quel dannato martello aveva catturato
l’attenzione di tutti e Thor non si era neppure preso il disturbo di spiegare
com’era stato essenziale il suo intervento. Vide, poi, moltissime persone
attorniare il fratello e riempirlo di domande e complimenti, questo lo
innervosì ancor di più. Aveva bisogno di allontanarsi un poco, per cui si
diresse verso l’uscita e, passando vicino a Vör, le
disse piuttosto seccamente: “Sto andando nel mio boschetto privato. NON
seguirmi.”
La ragazza fece un vago cenno, in ogni
caso non sarebbe andata con lui, desiderava infatti rivedere lo zio Hirmund, chiedergli se ci fossero novità circa la guerra
con Nidavellir, se ci fossero notizie del padre e,
comunque, passare in sua compagnia quelle ore.
Loki di gran passo
andò nel proprio rifugio e lì sfogò la sua rabbia per lo più artigliando
alberi. La luce verde della magia gli circondava le mani, deformandole, gli
allungava le dita che andavano terminando come con dei grossi artigli e con
essi graffiava le piante e urlava con rabbia. Quando tutta quell’energia d’ira
iniziò a scemare e lui si calmò un poco, depose quell’aggressività e, mentre
passeggiava avanti e indietro lanciando invettive a destra e a manca, gli venne
in mente il manoscritto che aveva acquistato su Alfheimr;
senza pensarci un attimo, lo prese e vi entrò misticamente in contatto e si
ritrovò nella medesima sala della visione precedente, ma questa volta era buia,
polverosa, le tende stracciate, ragnatele ovunque. Loki
si guardò attorno e si accigliò, non capendo bene che cosa fosse successo lì e,
soprattutto, chiedendosi perché razza di motivo aveva deciso di andarci. Era
tornato decisamente lucido e si era pentito di quella decisione. Si guardò
attorno e non trovò nessuno; vide che c’era una sorta di tabernacolo, ne aprì
la porticina e si trovò d’innanzi il viso mostruoso di Kairos
che lo fisso con gli occhi bianchi e sorrise sotto le zanne, poi il tabernacolo
sparì e sotto al collo comparve il resto del corpo, come una cascata.
“Ben tornato, principe.” ghignò
l’orribile essere, con una certa soddisfazione “Hai ripensato alla mia
offerta?”
Loki rispose
alteramente: “No. Sono ancora fermo nel mio proposito di agire da solo.”
“E allora perché sei tornato qua?” era
un tono sinuoso.
“Non lo so. Per sbaglio.” Loki si girò “Come si esce da qui?!”
“Non è che sei venuto a farmi visita,
perché per l’ennesima volta ad Asgard il tuo perfetto fratello ti ha
eclissato?”
Loki si irrigidì e
non rispose.
“Ti sei fatto in quattro, hai aiutato in
ogni modo possibile, sei stato più di una volta essenziale eppure nessuno ti ha
fatto uno straccio di complimento. Nessuno ti ha detto Bravo, dandoti una pacca sulla
spalla. Ma perché avrebbero dovuto? Cosa sei tu, in fondo? L’inutile ed inetto
fratello minore, che non merita l’onore o la gloria, ma deve limitarsi ad
accrescere quella del maggiore.”
“Smettila!”
intimò Loki, profondamente ferito da quelle parole che,
in realtà, già si annidavano nel suo stesso animo.
“Perché? Hai
paura della verità? È così che stanno le cose, tu non sei nessuno, non hai
diritto di pretendere una tua vita, tu devi vivere in funzione di Thor, sarai
sempre e soltanto un servitore.”
“Non è vero!”
urlò Loki, furente, dolente per sentirsi dire ciò che
già sentiva dentro di sé, ma non voleva dirsi.
“Le cose
stanno così e tu lo sai bene.” lo ammonì severamente Kairos
“Thor è il centro di tutto e tu non sei altro che uno dei tanti anonimi che gli
stanno attorno, nessuno si ricorderà di te … a meno ché tu non accetti il mio
aiuto. Ti garantirò la notorietà.” iniziò a svitarsi una zanna “Dammi qualche
goccia del tuo sangue e comincerò a scrivere qualche opportunità per te.”
Era tutto
molto allettante. La sua rabbia, la visione della volta prima, la paura
dell’anonimato … erano tutte cose che gli suggerivano di accettare quella
proposta, ma mettersi nelle mani di quell’orrendo essere di cui non sapeva
nulla, cedergli la sua anima, continuava a sembrargli una pessima idea. Guardò
la propria mano, guardò la punta della zanna, poi arretrò di un passo e disse
fermamente: “No!”
“Come?” si
meravigliò Kairos, ormai certo di avere in pugno il
giovane.
“In fondo non
ho ancora avuto modo di raccontare come siano andate le cose, quando mio padre
e gli altri sapranno quello che ho fatto, elogeranno anche me.”
“Non lo
faranno e tu lo sai bene. Non illuderti, soffrirai solo di più quando ti
scontrerai con la realtà.”
“Non è vero!”
ribadì a denti stretti Loki, per poi aggiungere con
un bagliore d’orgoglio negli occhi: “E se ancora non si accorgeranno di me,
allora mi perderanno. Se anche stasera non mi concederanno il giusto
riconoscimento, allora me ne andrò altrove a dimostrare quanto valgo e lo farò
senza bisogno di te.”
A quelle
parole l’immagine si infranse e il giovane si ritrovò alla normalità, ma mentre
la figura di Kairos si dissolveva, lui lo vide
sogghignare divertito.
Loki si scosse e si affrettò a tornare a palazzo per
prepararsi per il banchetto, determinato a far risplendere la propria persona.
“Assaliti da
più di dieci briganti appena arrivati?” domandò con vivo interesse Odino,
mentre si faceva riempire il corno di idromele.
Erano a
banchetto le personalità di maggior rilievo a corte e della guarnigione. Era
stata allestita una grande tavolata a ferro di cavallo e c’erano circa una
cinquantina di persone, pochi intimi, e la cena prevedeva solo cinque portate,
in compenso birra e idromele erano messi a disposizione illimitatamente.
“Esattamente,
padre” confermò Thor “Io ne ho uccisi tre o quattro, ora non ricordo.”
“Bravo,
figliolo!” Odino era alquanto orgoglioso.
“Aspetta,
aspetta!” esclamò Fandral “Non mi tornano i conti:
quattro tu, tre io, due a testa Volstagg, Sif e Hogun, fanno tredici
briganti, credevo fossero meno.”
“Eh, saranno
stati di più.” scosse la spalle il principe.
“E tu, Loki? Cos’hai fatto?” domandò Frigga.
“Io ho
evitato che mio fratello si ritrovasse una spada nello stomaco e ho protetto
l’ambasciatore e Vör con un cerchio di fuoco.
Comunque anche il mio pugnale si è bagnato nel sangue.”
“I tuoi
soliti trucchetti …” borbottò il padre, scuotendo la
testa, senza nascondere il disappunto.
“Li ha usati
anche dopo.” riprese Thor “Io, lui e Sif abbiamo
colto sul fatto dei tizi mentre facevano un sacrificio umano, e Loki, invece di affrontarli, li ha messi in fuga!”
“Erano più di
trenta!” protestò il fratello.
“Figlio mio,
quante volte ti ho ripetuto che tanti nemici sono molto onore?” lo rimproverò
Odino.
Il principe provò
a giustificarsi, ma Thor ricominciò a raccontare di come aveva facilmente
recuperato le reliquie rubate e di come Fandral era
stato abile nel prendere il possesso della carrozza, ovviamente omettendo chi
avesse elaborato il piano; poi passò a descrivere la battaglia coi guerrieri
alle pendici del vulcano. I suoi amici lo interruppero alcune volte, per citare
le proprie gesta e parlarono di lame, di frecce, di gente massacrata e non si
degnarono nemmeno di fare cenno agli stratagemmi di Loki
che tentava di inserirsi nel discorso, ma veniva puntualmente tagliato fuori.
Il giovane pazientò, finché non sentì come Thor si stava vantando di avere
sconfitto il draghetto, a quel punto non poté
trattenersi e con vivo risentimento esclamò: “Io ti ho dato l’unica arma che
poteva ferirlo e io gli ho impedito di attaccarti, visto che il combattimento a
distanza ravvicinata non è il tuo forte!”
“Eh va beh,
mi hai prestato il pugnale, cosa vuoi che sia?” minimizzò Thor.
Loki si sentì molto ferito aveva sperato che il fratello
gli riconoscesse il giusto merito, così come gli aveva fatto intendere quando
gli aveva chiesto aiuto. Il principe digrignò i denti e ribadì: “Se non avessi
voluto accontentarti e mi fossi tenuto il pugnale, ora sarei io a raccontare
dell’uccisione del drago.”
“Beh, pensaci
prima la prossima volta!” lo schernì Fandral.
“Non essere
sciocco, fratello, se ti avessi permesso di affrontare quel mostro, saresti
rimasto ferito e gravemente e comunque sarei poi dovuto intervenire io.”
“Come ti
permetti?! Che ne sai tu di cosa sono capace? Probabilmente lo avrei potuto
sconfiggere anche disarmato!”
“Smettila! I
tuoi trucchetti non possono salvarti la vita!”
intervenne Odino, per sedare gli animi.
“Scommetto
che non ti diranno nemmeno che sono stato io a reincantare
Mijolmir, in modo tale che non potesse più essere
maneggiato da chiunque, come era quando lo ha trovato Shamash.
Non ti spiegheranno quanto potente sia stato il mio incantesimo, visto che ha
pareggiato quello di Bhiscma.”
“Ma di che
parli?” borbottò il sovrano.
“Ma nulla di
ché!” saltò su Volstagg “Tanto non era neppure
necessario, visto che Shamash era già morto.”
“Già, Loki ce lo ha fatto uccidere a tradimento, in maniera molto
poco leale.” aggiunse Fandral.
“Figliolo,
non si agisce in questa maniera!”
“Va bene, va
bene, la prossima volta lascerò che questo branco di ingrati venga massacrato!”
urlò, esasperato Loki.
“Modera il
linguaggio!” ordinò Odino severamente.
Vör, allora, timidamente cercò di dire: “Ma veramente,
maestà, Loki ha ragione, il suo intervento è stato
più volte fondamentale …”
“Ma cosa ne
vuoi sapere tu!” esclamò allora Sif “La guerra è ben
altro che qualche trucchetto per avere la vita
comoda.”
“Sono certo
che sono più le volte in cui noi abbiamo salvato lui!” biascicò Volstagg, con la bocca piena di cibo.
“Dubito di
avere motivo di ringraziare questo codardo.” ribadì spietatamente Fandral.
“Che vada in
un circo se vuole essere applaudito per le sue illusioni.” aggiunse Sif.
“Come puoi
parlare in questa maniera, donna?!” ringhiò Loki “Tu
che saresti morta s’io non avessi trovato l’antidoto per il veleno che ti era
entrato in corpo! Ti credi tanto migliore degli altri perché pur essendo donna
hai scelto di intraprendere la carriera militare e poi piagnucoli perché mio
fratello non riesce a cogliere la tua femminilità che tu stessa hai buttato via
secoli fa! Se ti comporti da uomo è chiaro che verrai trattata come tale!” non
diede il tempo di ribattere, balzò in piedi, ormai aveva perso le staffe e
aveva bile da sputare in faccia a chiunque “Vi credete grandi eroi, valorosi
guerrieri … ahahahahah. Certo, tu Fandral
sei il più bravo ad espugnare … le cosce delle donne. E ammetto che Volstagg è sempre il primo a dare l’assalto … alle tavole
imbandite. Mentre nessuno è più abile di Hogun
nell’ornare panche, dovreste dargli qualche missione di spionaggio, dato che è
così bravo a confondersi con l’arredamento! E tu, fratello, ricorda che il
martello non deve essere affilato.”
Non aveva
ancora finito, si voltò verso Vör, ma, guardandola,
non se la sentì di dire qualcosa contro di lei, per cui si rivolse ad
Odino: “Padre, la prossima volta che ci
sarà un’alluvione, manda pure questi imbecilli a picchiare fiumi e nuvole: sono
certo che l’acqua si arrenderà subito. Adesso che ci penso, se tanti nemici, tanto onore, perché non richiami le truppe da Nidavellir e
non mandi loro cinque, soli, a combattere? Così avranno finalmente la loro
gloriosa morte in battaglia, perché sicuramente è più utile ad Asgard un eroe
morto che un combattente vivo.”
Loki si voltò e velocemente uscì dalla stanza. Quello
sfogo era giunto tanto improvviso da lasciare tutti basiti e incapaci di
replicare o reagire: non lo avevano mai visto arrabbiarsi così tanto, non aveva
mai reagito così malamente alle loro frecciate. Dopo oltre un minuto di
silenzio, il primo a dire qualcosa, fu Thor che, molto mestamente, osservò:
“Dovremmo scusarci con lui.”
“Cosa?!”
meravigliò Volstagg che quasi si soffocò con un pezzo
di pollo.
“Abbiamo
detto cose un po’ troppo cattive.” spiegò il principe.
Odino taceva,
assorto in cupi pensieri.
Fandral gettò con violenza il tovagliolo sulla tavola e
replicò: “Dopo quello che lui ha detto a noi, possiamo essere tutt’al più
pari.”
“Già”
confermò Sif “Abbiamo detto la pura e semplice verità,
se poi tuo fratello ha l’animo sensibile e si offende, è un suo problema!”
“Giusto, non
è colpa nostra!” si accodò Fandral.
Non si erano
accorti che anche un altro posto era vuoto a tavola, quello di Vör. Infatti, vedendo l’amico uscire così adirato, la
ragazza aveva esitato qualche istante, ma poi lo aveva seguito o, meglio, aveva
cercato di stargli dietro, ma il principe aveva camminato troppo in fretta; era
uscito da palazzo, era disceso per alcuni vicoli della città, fino ad arrivare
presso un piccolo spiazzo verde al centro del quale c’erano dei ruderi. Vör tentò di seguirlo in mezzo a quelle rovine, ad un certo
punto si trovò in un vicolo cieco; era sicura di aver visto Loki
andare lì, ma lì non c’era e non c’erano altre strade che vi portavano: erano
tre mura e poi c’era un pozzo, il principe non poteva essere andato da alcuna
parte da lì.
Vör provò a cercarlo da altre parti là in mezzo, ma
non lo trovò, per cui se ne tornò a palazzo sconsolata.