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Autore: DirceMichelaRivetti    01/02/2014    0 recensioni
Premessa: fanfic connessa a "Il Regno di Loki" per via della presenza del personaggio da me inventato Lady Vor e perché mi ispiro alla stessa visione dell'ambiente e dei personaggi. Entrambe fanno parte della serie "Il mondo di Loki e Vor" (il titolo è orribile, lo so!) nella descrizione della serie c'è qualche spiegazione in più.
1515, è dunque un prequel ai film.
Avventura, sentimenti e un po' di introspezione.
Thor, Loki, Lady Sif e i tre Guerrieri (che non hanno ancora questo titolo), dovranno affrontare dapprima i problemi causati da un predone si Aflheimr e poi prenderanno parte per la prima volta ad una guerra su Nidavellir. I combattenti daranno sfoggio del loro coraggio e della loro abilità nell'impugnare le armi, Loki cercherà di dimostrare come le sue arti possano essere utili e vantaggiose, purtroppo senza riuscire a convincere gli altri, ma per fortuna conoscerà e pian, piano farà amicizia con Vor.
Come al solito non sono capace di fare belle introduzioni, spero almeno che chi ha gradito la mia precedente fanfic voglia dare un'occhiata anche a questa.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fandral, Loki, Nuovo personaggio, Sif, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mondo di Loki e Vor'
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Il viaggio di ritorno a Soghdya fu più lungo di quello di andata, senza più la minaccia di un imminente pericolo, i giovani stancarono meno i cavalli, si concedevano di cacciare i pasti e avevano organizzato le tappe di viaggio in maniera tale da fermarsi a dormire sempre nei villaggi dove si abbandonavano a festeggiamenti (piccoli, visto che non c’era quasi nulla da quelle parti) e raccontavano con orgoglio come avevano appena sbarazzato di Shamash lo Yagnobi, per la precisione solo la prima sera lo raccontarono, poi diedero l’incarico a Vör di comporre un poemetto e già dalla tappa successiva glielo fecero recitare, mentre si accompagnava con l’arpa, lasciando tutti gli uditori ammirati nei confronti dei valorosi giovani. Questa stima guadagnata e la riconoscenza, permisero ai ragazzi di infilarsi ogni sera ciascuno nel letto di una qualche diversa fanciulla. Tale atteggiamento faceva imbestialire Sif che passava il resto del tempo delle serate a lamentarsi, esprimendo a Vör tutto il proprio malumore che per lo più indicava come quella situazione la facesse sentire svalutata, diceva di essere bella e dunque di meritare l’attenzione degli amici, ma poi ammetteva che lei non li avrebbe assecondati e, quindi, sarebbero andati comunque con altre donne ... e poi diceva mille altre cose, spesso contraddicendosi, quasi manifestando invidia per come gli uomini riuscissero a prendere alla leggera quelle questioni. Sif, soprattutto, era arrabbiata con Thor, era furiosa! Anche se non lo disse chiaramente in quelle confidenze, fu chiaro che lei era innamorata del principe e che si sentiva quasi come una bambolina nelle sue mani. Sif non aveva occhi che per Thor, ammirava tutto ciò che faceva e, pur mantenendo il proprio tipico atteggiamento sicuro e duro, finiva sempre per assecondarlo, dargli ragione e accontentarlo. La guerriera sapeva che Thor aveva intuito la sua attrazione per lui, ma non era affatto certa che avesse capito anche quale sentimento essa nutriva, anzi sperava proprio che il principe non lo sospettasse. Già, solo il pensiero che Thor non sapesse di quanto lei era innamorata di lui, confortava Sif in quei momenti. Ella confidò di avere trascorso molte notti nel letto di Thor, ma non avevano mai parlato di sentimenti o relazioni; a volte lei si era vergognata di sé, altre si era confortata, dicendosi di non pentirsi, che non era un errore, perché per lei c’era solo lui e dunque non aveva di che rimproverarsi. Era questo a farle male quando Thor si concedeva delle avventure: lei era innamorata di lui, non avrebbe potuto concedersi ad altri, lui invece non provava un affetto speciale per lei, probabilmente la considerava una delle tante o, peggio, quella che era sempre a sua disposizione all’occorrenza. Questo faceva soffrire tremendamente Sif, non era quello che voleva essere, si era detta tante volte di smettere o di dover parlare con Thor, spiegargli quel che sentiva, ma aveva paura! Temeva di perdere quel poco che aveva, quel poco che la faceva soffrire, ma al quale non era disposta a rinunciare e quindi taceva. Non gli aveva mai detto quanto per lei lui fosse speciale, non gli aveva mai detto che lei avrebbe voluto rimanere al suo fianco per sempre; fingeva che non le importasse, fingeva di essere felice così, fingeva e temeva il giorno in cui lui si fosse innamorato di una donna.

Ecco, la rabbia, la delusione e il dolore di quelle sere avevano spinto Sif a fare tutte queste confidenze a Vör, una persona che quasi non conosceva.

L’altra ragazza ascoltava, spesso annuiva o scuoteva la testa, al massimo sospirava, ma non diceva quasi nulla. Quelle erano tutte cose piuttosto nuove per lei, i suoi amici ogni tanto parlavano di quel genere di questioni, ma lei non prestava molto orecchio, anzi, cercava di evitare e quando le capitava di sentire qualcosa arrossiva. Non si era ancora mai innamorata e questo un po’ la preoccupava, le sembrava di perdersi delle esperienze importanti, ma non voleva neppure, per la fretta e la curiosità, sminuire quello che per lei era qualcosa di sacro. Per un certo periodo aveva provato ad assecondare il desiderio del padre e si era sforzata di provare a nutrire qualche sentimento per Heimdall, ma erano risultate situazioni molto imbarazzanti ed inconcludenti.

“Tu non sei gelosa … o arrabbiata?” domandò una sera Sif, dopo l’ennesimo sfogo, sperando che anche l’altra avesse bile da buttar fuori, così da distrarsi per qualche minuto.

Vör strabuzzò gli occhi e farfugliò: “No … perché?”

“Di giorno sei sempre in compagnia di Loki, credevo …”

“Oh, no!” la interruppe l’altra, diventando rossa “… e poi non sono sempre in sua compagnia …”

Sif non poté trattenere una risata, prima di dire: “Sì, effettivamente ti stacchi da lui, quando Fandral si intromette e ti sequestra. Ma che vi raccontate?”

“Con Loki o Fandral?” Vör era un po’ smarrita, tanto più che non le piaceva affatto che la gente mal interpretasse i suoi rapporti con gli amici.

“Con tutti e due, no anzi, direi con Loki. Fandral posso capire, ha il suo fascino (non dire che l’ho detto, mi piace prenderlo in giro), è carismatico e sa come trattare le donne e la conversazione con lui è piacevolissima.”

Vör, tra sé e sé, dovette riconoscerlo, contrariamente alla propria prima impressione, aveva dovuto ammettere che il giovane spadaccino era davvero di buona compagnia, era gentile, galante, un po’ frivolo, ma sicuramente di buon cuore, le ricordava il padre.

“Non riesco invece proprio a capire come fai a parlare per ore e ore con Loki.” continuava Sif “Si interessa solo di cose noiose o strane e poi fa il saccente e si da un sacco di arie, pur non potendo permetterselo. È nostro amico, ma a volte è davvero capriccioso e pesante da sopportare, senza poi considerare com’è permaloso e il suo vendicarsi anche solo per sciocchezze, oppure il suo invidiare Thor. Insomma, come fai a stare accanto a lui praticamente giorni interi?”

Vör scosse le spalle e si limitò a rispondere: “A me sta simpatico così … e trovo molto interessanti le cose che ha da dire.”

“Buon per lui che ha trovato chi lo ascolta.” disse allora la guerriera “Forse tornerà ad essere gentile. Sai, Loki è sempre stato strano, ma una volta era più tranquillo, più disponibile e stava con noi volentieri, ormai sarà un secolo, invece, che si è chiuso in sé stesso e ci tratta quasi con sufficienza e Thor si ostina a non volergli chiedere quale sia il problema. Bah, son poi problemi suoi.”

In questo modo le due ragazze trascorsero le serate del viaggio, ma a Soghdya si godettero pienamente i festeggiamenti che il governatore organizzò nel proprio palazzo in onore della buona riuscita della missione. Una cerimonia con conferimento di onorificenze, un lauto banchetto, danze per tutta la notte. Questo fu organizzato per celebrare i vincitori di Shamash e gli Asgardiani non permisero che una sola goccia di quel divertimento andasse sprecata, sapendo che ad Asgard non sarebbe stata organizzata una festa di tal genere: per gli lioalfar avevano compiuto qualcosa di grandioso, per gli Asgardiani avevano semplicemente portato a termine una missione come altre, che sarebbero presto state all’ordine del giorno nelle loro vite di nobili combattenti asgardiani.

Quella sera, dunque, i giovani si stavano divertendo. Thor aveva deciso che voleva ubriacarsi e, dopo il terzo barilotto di birra, iniziava a dare qualche segno di ebbrezza. Loki scuoteva la testa davanti al proposito del fratello e cercò di dirgli: “Non esagerare e non ubriacarti stasera, tutt’al più fallo domani! Siamo in un altro Regno, sono presenti delle autorità, dovremmo mostrare un certo contegno, stiamo rappresentando il nostro popolo, non dovremmo fare brutte figure.”

“Oh, fratello” disse Thor, che riusciva ancora a parlare bene, l’alcol gli aveva inibito solo un poco l’equilibrio “Quando mai dimostrare di poter vuotare una cantina è un cattivo comportamento?”

“Non è tanto il bere in sé il problema, ma come potresti comportarti da ubriaco, per favore, limitati ad essere brillo. Già questo è eccessivo per gli liosalfar che hanno un atteggiamento morigerato in tutte le cose.”

“Ma come faccio a festeggiare senza birra?” si lamentò Thor.

“Quando capiteremo su Jotunheimr potrai bere a volontà, anzi potrai sfidare il loro re a una gara di bevute, ma non qui ad Alfheimr.”

Loki, lascia in pace Thor!” lo rimproverò Fandral che si era avvicinato al tavolo del buffet, dove si trovavano i due principi “Solo perché tu ti annoi, non devi pretendere che lo facciano anche gli altri.”

“Giusto!” esclamò Thor e vuotò il boccale che aveva in mano, poi lo gettò a terra e ne chiese un altro.

“Non mi sto annoiando.” ribatté Loki “Mi comporto adeguatamente al mio rango in una situazione sociale di alto livello. È un evento pubblico, dobbiamo dare un’immagine impeccabile di noi.”

“Siamo gli eroi!” esclamò lo spadaccino “Qualsiasi cosa facciamo andrà bene! E tutt’al più sarà l’ambasciatore a spiegare che queste sono le nostre usanze.” poi si fece provocatorio: “E comunque io non ci credo che tu non ti stia annoiando, io ho decisamente di meglio da fare che stare qui a rimbrottare con Thor.” poi insinuò: “Ti fai tanto vanto di aver Vör tutta per te, ma non le hai fatto fare neppure un giro di ballo, probabilmente le cose non vanno così bene come vorresti farci credere. In effetti non mi è mai sembrata dispiaciuta, quando l’allontanavo da te.”

Loki si era scordato della scommessa, se ne sovvenne solo allora; sebbene irritato, ostentò calma nel dire: “Ho visto che avete parlato varie volte, ma nulla di più; non mi risulta che ti abbia massaggiato, cosa che con me ha fatto.” gli ricordò.

“Ho avuto di meglio a cui pensare in queste sere!”

“Non sei stato l’unico.” precisò Loki “Ad ogni modo neppure tu hai danzato con lei oggi e, in generale, mi sembri lontano anni luce dal riuscire a vincere la nostra scommessa.”

Fandral si accarezzò i baffi, si guardò intorno e osservò le invitate, poi scrollò le spalle e disse: “Va bene, penso di non avere nulla da perdere, se questa sera mi dedico a conseguire la vittoria. Loki, tieniti pronto a pagar pegno.”

Detto ciò lo spadaccino si staccò un bottone dalla casacca che indossava e si diresse verso Vör.

La ragazza era seduta vicino all’orchestra e ascoltava con piacere la tipica musica di Alfheimr, eseguita con strumenti di legno di vario tipo: salteri, clavicordi, citole, ribeche, flauti di vario genere. Le musiche erano piuttosto pimpanti, allegre e adatte al ballo, tuttavia mantenevano una certa raffinatezza ed eleganza.

Fandral le si avvicinò, ma fingendo di non essere lì per lei, le passò davanti, si appoggiò al muro con la schiena e iniziò ad armeggiare col bottone, cercando di farsi notare. Vi riuscì. Vör si accorse che il giovane aveva qualche difficoltà, per cui si alzò in piedi e, accostatasi a lui, gli domandò quale fosse il problema.

“Oh, nulla di ché, mi si è solo scucito un bottone e non so come rimediare.” Fandral sbuffò a metà tra il deluso e il seccato.

“Se è solo questo non è un problema.” lo rassicurò la ragazza sorridendo, grazie alle conversazioni dei giorni precedenti, ella era riuscita a vincere la propria naturale timidezza e a parlare con tranquillità allo spadaccino “Porto sempre ago e filo con me, te lo ricucio in un attimo.”

“Davvero? Oh, grazie!” si illuminò il viso di Fandral “Meglio, però, andare in una stanza a lato, non voglio che tutti guardino.”

L’altra acconsentì e andarono nell’atrio, vicino a una scalinata in marmo, coperta da un tappeto rosso.

“Grazie, non sai come mi sentirei in imbarazzo con un bottone di meno.” disse il giovane, tentando di fare conversazione.

Vör non sapeva cosa dire, quindi tacque e prese ago e filo, li teneva nella piccola borsetta di cuoio; prese il bottone (era uno di quelli a fungo e di color oro) e fece per iniziare a cucire, mormorando: “Se per caso ti pungo, dimmelo …”

Fandral ebbe un’idea e velocemente disse: “Mi tolgo la casacca, così non avrai problemi.” e, detto fatto, senza lasciare tempo di replica, si era sfilato l’indumento, restando a torso nudo.

Vör, prendendo la casacca, non poté impedire al proprio sguardo di cadere sulla muscolatura perfettamente delineata e abbastanza sviluppata.

“Perché arrossisci?” le chiese Fandral con divertita dolcezza “Ti sarà capitato altre volte di vedere uomini a petto nudo.”

“Sì.” ammise l’altra, concentrandosi sul bottone “Mio padre … Heimdall …”

“Non dire così che mi fai vergognare.” scherzò Fandral “Loro hanno fisici migliori del mio.” attese qualche attimo, ma dal momento che l’altra non replicava, disse con tono gentile: “Lo sai che il tuo pudore fa tenerezza? È una virtù che molte fanciulle ostentano, ma che in realtà non vogliono affatto, il tuo invece è genuino, per questo è bello.” non sapeva cosa inventarsi per cercare di accattivarsi quella ragazza.

Vör intanto aveva finito di ricucire il bottone.

“Mi aiuteresti a rinfilarmi la casacca?” chiese lui con disinvoltura.

Erano soli in quell’atrio illuminato dalla luce calda delle lanterne appese a quattro a quattro attorno alle colonne; dal salone lì accanto si sentiva provenire la musica gioiosa e loro erano così vicini da poter percepire l’uno il calore dell’altra.

Vör accontentò il giovane e mentre lei lo stava riabbottonando, lui le prese le mani e guardandola intensamente coi suoi occhi azzurri le sussurrò: “Grazie.” e poi le fece il baciamano.

Fandral aveva sperato che quel contatto, quella gentilezza e il suo famigerato sguardo ammaliante servissero a sciogliere un poco la rigidità della ragazza, ma non ottenendo il risultato sperato, tra sé e sé maledì il pudore che prima aveva elogiato. Se voleva vincere la scommessa quella sera, doveva impegnarsi di più e non permetterle di allontanarsi, per cui, mentre rientravano nel salone, si affrettò a chiedere: “Ti farebbe piacere ballare con me?” e le porse la mano come per invitarla a danzare.

“Oh, certamente.” questa volta Vör non arrossì, l’impaccio che aveva avuto prima era dovuto alla seminudità del giovane, ora che lui era vestito, lei riusciva ad essere disinvolta.

Fandral sorrise soddisfatto, la strinse fra le proprie braccia e iniziarono a volteggiare nel salone assieme ad altre coppie.

“Sei molto brava!” si congratulò sinceramente il giovane, dopo i primi due balli “Raramente ho danzato con fanciulle altrettanto capaci. Senza offesa, ma sei molto più aggraziata di quel che sembri.”

Effettivamente la corporatura abbondante di Vör non la faceva certo apparire una leggiadra fanciulla, ma nella sua educazione era stata inclusa anche la danza e lo spiegò allo spadaccino.

“Il ballo è annoverato nei sessantaquattro divertimenti midgardiani che ho appreso.”

“Sessantaquattro? Che numero strano, non so se dire che i Midgardiani si divertono troppo o troppo poco. Che cosa comprendono?” a Fandral risultava nuovo quell’argomento e provò un certo interesse.

“Di tutto! Danzare, cantare, suonare, declamare, recitare, poetare, letteratura, disegnare, dipingere, modellare la creta, ricamare, pettinarsi, agghindarsi, truccarsi, giochi di società, spruzzarsi nei laghetti, massaggiare, cucinare, bere le tisane, coltivare e raccogliere e sistemare i fiori, conoscere i minerali, insegnare agli uccelli a parlare … e molte altre ancora!”

“Spruzzare l’acqua nei laghetti?” ripeté un po’ perplesso il giovane “Questa la vorrei proprio vedere. Ma tu sai fare davvero tutte queste cose?”

“Certo, alcune più, alcune meno. Mia madre diceva che una formazione poliedrica è essenziale e che permette di avere tutte le porte aperte, mio padre invece sostiene che essere capace un po’ in tutte queste cose mi faciliterà nel trovare marito.”

“Non sei troppo giovane per sposarti?”

“Sì, ma a mio padre piace mettere le mani avanti.” sospirò malinconicamente “Non capisce, o non ricorda, che una buona cultura o essere pieni di qualità, non contano nulla se non sono accompagnate da un bel viso e un corpo sottile.”

Fandral si dispiacque della tristezza che aveva preso la ragazza e avrebbe voluto consolarla, ma non sapeva che cosa dire: anche lui considerava la bellezza e il fisico come prima cosa nelle fanciulle e sicuramente non avrebbe mai dedicato così tanto tempo a Vör, se non ci fosse stata la scommessa. Pensò di approfittare di quel frangente per conquistare la vittoria, ma subito si vergognò della meschinità che gli era venuta in mente, anzi per qualche istante si sentì un idiota a preferire la bellezza ad altre qualità, ma lo pensò per un solo istante.

“Oh, non dire così, non è vero. Ognuno è attratto da caratteristiche diverse, pensa che c’è anche chi è attratto da ogni tipo di donna!” fu il suo modo di consolare.

Vör rise, divertita da quel tentativo, e osservò: “Sì, in effetti c’era un poeta midgardiano che sosteneva di adorare ogni genere di donna.”

“Ah sì? E chi era?”

“Ovidio, nella sua quarta elegia nel secondo libro degli Amores.

“E come fa questa poesia? La sai a memoria?”

“Sì, ma preferisco non ripeterla, ci sono versi un po’ troppo … Comunque inizia così: non esiste una forma di bellezza definita che stimoli il mio amore: cento sono le cause per cui sono sempre innamorato.

“Eh, sembrano quasi parole mie!” scherzò Fandral, intanto stavano continuando a danzare.

“Ad ogni modo non fa cenno nemmeno lui a donne grasse.”

“Puoi sempre dimagrire, se lo desideri” le fece notare lui “In ogni caso, quando cercano piacere e divertimento, gli uomini seguono l’attrazione fisica, ma per l’amore è diverso. Non è l’attrazione che genera amore, ma è l’amore che genera attrazione. Non è necessario essere belli per essere amati.”

“Anche questo diceva Ovidio: La bellezza è un fragile bene, col passar degli anni diminuisce e si consuma lungo il suo stesso corso: né le viole, né i gigli sbocciati sono sempre in fiore, e, persa la rosa, rimane solo la rigida spina. Anche per te, che sei bello, verranno i capelli bianchi, presto verranno le rughe a solcarti il corpo. Costruisci un animo che resista al tempo, e aggiungilo alla bellezza; esso solo dura fino all’estremo rogo. Impegnati a coltivare la mente con le arti liberali e a imparare a fondo entrambe le lingue.

“Tutto qui?”

“No, è molto più lunga, ma non la so tutta. Comunque ribadisce più volte di sviluppare non solo doti fisiche ma anche intellettuali, che il tempo non potrà sottrarre.”

“Mi è piaciuta molto la cosa coi fiori.”

“Sì, è una bella metafora.” si percepiva un certo sforzo e disagio nella sua voce.

“Sembri triste …” constatò Fandral.

“È l’argomento a farmi questo effetto.”

“Allora non parliamone più.”

Danzarono ancora per un quarto d’ora poi, stanchi, si fermarono e separarono. Fandral prese congedo dalla giovane guardandola con occhi completamente diversi da quelli con cui l’aveva vista quando le aveva chiesto di ballare; quella conversazione aveva suscitato nello spadaccino un grande rispetto per Vör, non sapeva di preciso quali parole o quale atteggiamento avessero provocato quel cambiamento, o forse esso era il frutto delle varie conversazioni avute quella settimana ma di cui si era reso conto solo in quel momento; ad ogni modo adesso non la considerava più come una ragazza qualunque, ma come un’amica.

Fandral se ne andò vicino al tavolo del buffet a bere qualcosa; vi trovò Thor che, però, aveva rinunciato al suo obbiettivo di ubriacarsi.

“Amico, com’è che hai ballato quasi un’ora con Vör? C’entra il battibecco che hai avuto con mio fratello prima?” domandò il principe.

“Più o meno … speravo di far innervosire Loki.”

“Allora forse ci sei riuscito, poco fa l’ho visto che stava borbottando qualcosa contro di te.”

“Ah, dunque avevo ragione!” esclamò l’altro, con voce trionfante.

“Su cosa?”

“Si ostina a non voler ammettere di avere un debole per Vör, quindi volevo provocarlo, finché non si decidesse a confessarlo.”

Fandral!” lo rimproverò Thor “Non lo irritare; solo perché parla spesso con una donna non vuol dire che ne sia innamorato. Prendi per esempio noi e Sif, lei è una donna ed è semplicemente nostra amica.”

Mmm, sarà …” lo spadaccino non era affatto convinto “Comunque avere una donna farebbe bene a tuo fratello, sono sicuro che sarebbe più rilassato e affabile. Ad ogni modo, dov’è? Gli devo dire una cosa.”

“Boh, sarà qui da qualche parte.” e con la mano accennò al salone colmo di gente, poi si raccomandò: “Se lo trovi, non farlo arrabbiare come al solito!”

“Io? Quando mai!” ridacchiò l’altro, voltandosi e mettendosi in cerca del principe. Lo trovò poco dopo, mentre stava parlando col governatore; attese che avesse finito e, dopo parecchi minuti, gli si poté finalmente avvicinare e, messagli una mano sulla spalla, esclamò: “Allora, Loki, anziché divertirti, fai diplomazia? Troppo zelo! Senti, sono venuto a dirti che annullo la nostra scommessa.”

Loki si accigliò qualche istante e lo guardò perplesso, per poi dire: “Ti sei reso conto di non avere speranze o che la questione era ridicola?”

“Che non era giusta.” rispose molto seriamente Fandral.

“Va bene, per una volta sono d’accordo con te.” il suo tono flemmatico celò il sollievo che aveva invece colto il suo animo.

“Ti consiglio di invitarla a ballare.” lo spadaccino era stato gentile nel dir ciò.

“Non ho bisogno dei tuoi consigli.” replicò invece acidamente Loki.

Fandral si trattenne dal rispondergli male e disse: “Fa come vuoi, ma ti assicuro che merita davvero almeno un giro di ballo con lei, è molto brava.”

“Sì, ho visto.” fu molto duro.

Lo spadaccino capì e, persa un po’ di pazienza, ribatté: “Ti dà fastidio ch’io abbia ballato con lei? Io gliel’ho chiesto! Se le domandassi di danzare accetterebbe senza dubbio. Anzi, detesto ammetterlo, ma è probabile che ballerebbe più volentieri con te che con me, per cui non tenere il broncio né a me, né a lei, solo perché tu sei troppo orgoglioso per invitarla a danzare.” detto ciò, voltò le spalle e se ne andò.

Loki rimase interdetto per qualche istante, decisamente stupito per la reazione dell’amico; pensò: Ma che diamine gli prende? Che cosa gli frulla per la testa? Bah, è un imbecille, non dovrei interrogarmi su cosa pensi … evidentemente quei pochi neuroni che aveva si sono licenziati. Come se a me importasse con chi balla quella! Temevo solo che mi facesse perdere la mia presa autoritaria su di lei … ma adesso che la scommessa è chiusa, lui non si avvicinerà più a lei, che continuerà ad essermi leale e non verrà influenzata dagli altri.

La preoccupazione di perdere Vör era costante in Loki e lui la giustificava dicendo che era solo il timore che anche quell’unica persona che comprendeva la sua grandezza, fosse traviata dalla pessima opinione comune. Continuava a vedere in lei solo una persona obbediente, con cui divertirsi a fare il buono e il cattivo tempo, in un certo da poter sfruttare per raggiungere il proprio compiacimento. Forse, sebbene quelli fossero i suoi pensieri, in realtà il suo animo suggeriva sentimenti diversi, ma lui era troppo orgoglioso e spaventato per permettere alla parola amicizia di affiorare nella propria mente.

Fu così che non seguì il consiglio di Fandral e non ballò con Vör quella sera.

 

Il giorno dopo, i due principi e i loro amici erano tornati ad Asgard, infatti il governatore di Soghdya era piuttosto certo che le sue truppe avrebbero facilmente eliminato gli scagnozzi di Shamash, ora che il loro capo era morto. A corte molti furono stupiti di vederli tornare così presto, dopo appena una decina di giorni, molti si domandavano se i giovani erano molto più abili di quanto ci si aspettasse, oppure se la missione era stata più semplice di come ne aveva parlato l’ambasciatore. Stupito parimenti agli altri, quando se li trovò dinnanzi nella sala delle udienze, Odino domandò: “Come mai siete tornati così presto?”

“Beh, dovevamo solo fermare un brigante e lo abbiamo fatto.” rispose Thor con una certa noncuranza.

“Ma non era a capo di numerose bande?” ribatté il Padre degli dei.

“Le circostanze ci hanno favorito, padre.” intervenne Loki.

“Ma che!” protestò il fratello “Non siamo affatto stati fortunati, abbiamo combattuto con impegno e coraggio.” era fiero e risoluto.

“Intendevo dire che le circostanze ci hanno favorito nel trovare rapidamente il capo dei briganti e dunque abbiamo potuto liberarci di lui in poco tempo.”

“Mi racconterete nel dettaglio questa sera, farò organizzare un banchetto per festeggiare e mi riferirete tutto per filo e per segno.”

I giovani stavano ringraziando e stavano facendo l’inchino di congedo, quando Bragi, il Bibliotecario Reale, notò il martello che Thor stringeva nella mano destra.

“Principe Thor” disse il saggio e colto Asgardiano “Che arma è quella che recate con voi? Non ve l’ho mai vista prima.”

“Oh, è un martello. Il mio martello.” annuì tutto soddisfatto il principe “L’ho trovato dentro un vulcano.”

Bragi spalancò gli occhi e, esterrefatto, domandò ancora: “Sì tratta forse del leggendario Mijolmir?”

“Aveva un nome simile, forse era quello, non so.”

“Sì, è Mijolmir.” confermò Loki, quasi imbarazzato per il fratello.

“Il mistico martello del mio bisnonno?!” esclamò parimenti stupito Odino.

“Sì, o così ci ha detto Hamadan, membro della famiglia che lo custodiva.” spiegò sempre Loki.

“Thor, figlio mio!” esultò il sovrano “Conosco bene il Mijolmir, mio padre e mio nonno me ne parlavano spesso, ma lo consideravano come un’arma ormai perduta ed irrecuperabile. È magnifico che tu l’abbia ritrovato, questo restituisce alla nostra casa orgoglio e potenza ed è straordinario che, pur così giovane, sei stato ritenuto degno dal martello di impugnarlo. Sono fiero di te. Fammelo osservare meglio.”

Il principe si avvicinò al padre, salì gli scalini che portavano al trono e gli porse il maglio. Odino lo prese in mano e riuscì a sollevarlo e lo girò e rigirò, studiandolo con attenzione, poi sentenziò con fare solenne: “Sì, è un’ottima arma e un fedele amico. Percepisco chiaramente che è come se mi appartenesse da sempre, è profondamente legato a noi e alla nostra famiglia. Thor, essendo io il sovrano avrei maggiore diritto di te di impugnare Mijolmir, ma sono certo che ne farai buon uso e quindi lo lascio a te.”

“Grazie, padre.” disse il giovane, riprendendo il martello.

“Bene, andate, avrete bisogno di lavarvi e riposarvi, immagino. Vi aspetto tutti quanti, questa sera al banchetto.”

I giovani presero congedo e si dispersero per il grande salone. Loki si sentì invadere da un moto di rabbia: quel dannato martello aveva catturato l’attenzione di tutti e Thor non si era neppure preso il disturbo di spiegare com’era stato essenziale il suo intervento. Vide, poi, moltissime persone attorniare il fratello e riempirlo di domande e complimenti, questo lo innervosì ancor di più. Aveva bisogno di allontanarsi un poco, per cui si diresse verso l’uscita e, passando vicino a Vör, le disse piuttosto seccamente: “Sto andando nel mio boschetto privato. NON seguirmi.”

La ragazza fece un vago cenno, in ogni caso non sarebbe andata con lui, desiderava infatti rivedere lo zio Hirmund, chiedergli se ci fossero novità circa la guerra con Nidavellir, se ci fossero notizie del padre e, comunque, passare in sua compagnia quelle ore.

Loki di gran passo andò nel proprio rifugio e lì sfogò la sua rabbia per lo più artigliando alberi. La luce verde della magia gli circondava le mani, deformandole, gli allungava le dita che andavano terminando come con dei grossi artigli e con essi graffiava le piante e urlava con rabbia. Quando tutta quell’energia d’ira iniziò a scemare e lui si calmò un poco, depose quell’aggressività e, mentre passeggiava avanti e indietro lanciando invettive a destra e a manca, gli venne in mente il manoscritto che aveva acquistato su Alfheimr; senza pensarci un attimo, lo prese e vi entrò misticamente in contatto e si ritrovò nella medesima sala della visione precedente, ma questa volta era buia, polverosa, le tende stracciate, ragnatele ovunque. Loki si guardò attorno e si accigliò, non capendo bene che cosa fosse successo lì e, soprattutto, chiedendosi perché razza di motivo aveva deciso di andarci. Era tornato decisamente lucido e si era pentito di quella decisione. Si guardò attorno e non trovò nessuno; vide che c’era una sorta di tabernacolo, ne aprì la porticina e si trovò d’innanzi il viso mostruoso di Kairos che lo fisso con gli occhi bianchi e sorrise sotto le zanne, poi il tabernacolo sparì e sotto al collo comparve il resto del corpo, come una cascata.

“Ben tornato, principe.” ghignò l’orribile essere, con una certa soddisfazione “Hai ripensato alla mia offerta?”

Loki rispose alteramente: “No. Sono ancora fermo nel mio proposito di agire da solo.”

“E allora perché sei tornato qua?” era un tono sinuoso.

“Non lo so. Per sbaglio.” Loki si girò “Come si esce da qui?!”

“Non è che sei venuto a farmi visita, perché per l’ennesima volta ad Asgard il tuo perfetto fratello ti ha eclissato?”

Loki si irrigidì e non rispose.

“Ti sei fatto in quattro, hai aiutato in ogni modo possibile, sei stato più di una volta essenziale eppure nessuno ti ha fatto uno straccio di complimento. Nessuno ti ha detto Bravo, dandoti una pacca sulla spalla. Ma perché avrebbero dovuto? Cosa sei tu, in fondo? L’inutile ed inetto fratello minore, che non merita l’onore o la gloria, ma deve limitarsi ad accrescere quella del maggiore.”

“Smettila!” intimò Loki, profondamente ferito da quelle parole che, in realtà, già si annidavano nel suo stesso animo.

“Perché? Hai paura della verità? È così che stanno le cose, tu non sei nessuno, non hai diritto di pretendere una tua vita, tu devi vivere in funzione di Thor, sarai sempre e soltanto un servitore.”

“Non è vero!” urlò Loki, furente, dolente per sentirsi dire ciò che già sentiva dentro di sé, ma non voleva dirsi.

“Le cose stanno così e tu lo sai bene.” lo ammonì severamente Kairos “Thor è il centro di tutto e tu non sei altro che uno dei tanti anonimi che gli stanno attorno, nessuno si ricorderà di te … a meno ché tu non accetti il mio aiuto. Ti garantirò la notorietà.” iniziò a svitarsi una zanna “Dammi qualche goccia del tuo sangue e comincerò a scrivere qualche opportunità per te.”

Era tutto molto allettante. La sua rabbia, la visione della volta prima, la paura dell’anonimato … erano tutte cose che gli suggerivano di accettare quella proposta, ma mettersi nelle mani di quell’orrendo essere di cui non sapeva nulla, cedergli la sua anima, continuava a sembrargli una pessima idea. Guardò la propria mano, guardò la punta della zanna, poi arretrò di un passo e disse fermamente: “No!”

“Come?” si meravigliò Kairos, ormai certo di avere in pugno il giovane.

“In fondo non ho ancora avuto modo di raccontare come siano andate le cose, quando mio padre e gli altri sapranno quello che ho fatto, elogeranno anche me.”

“Non lo faranno e tu lo sai bene. Non illuderti, soffrirai solo di più quando ti scontrerai con la realtà.”

“Non è vero!” ribadì a denti stretti Loki, per poi aggiungere con un bagliore d’orgoglio negli occhi: “E se ancora non si accorgeranno di me, allora mi perderanno. Se anche stasera non mi concederanno il giusto riconoscimento, allora me ne andrò altrove a dimostrare quanto valgo e lo farò senza bisogno di te.”

A quelle parole l’immagine si infranse e il giovane si ritrovò alla normalità, ma mentre la figura di Kairos si dissolveva, lui lo vide sogghignare divertito.

Loki si scosse e si affrettò a tornare a palazzo per prepararsi per il banchetto, determinato a far risplendere la propria persona.

 

“Assaliti da più di dieci briganti appena arrivati?” domandò con vivo interesse Odino, mentre si faceva riempire il corno di idromele.

Erano a banchetto le personalità di maggior rilievo a corte e della guarnigione. Era stata allestita una grande tavolata a ferro di cavallo e c’erano circa una cinquantina di persone, pochi intimi, e la cena prevedeva solo cinque portate, in compenso birra e idromele erano messi a disposizione illimitatamente.

“Esattamente, padre” confermò Thor “Io ne ho uccisi tre o quattro, ora non ricordo.”

“Bravo, figliolo!” Odino era alquanto orgoglioso.

“Aspetta, aspetta!” esclamò Fandral “Non mi tornano i conti: quattro tu, tre io, due a testa Volstagg, Sif e Hogun, fanno tredici briganti, credevo fossero meno.”

“Eh, saranno stati di più.” scosse la spalle il principe.

“E tu, Loki? Cos’hai fatto?” domandò Frigga.

“Io ho evitato che mio fratello si ritrovasse una spada nello stomaco e ho protetto l’ambasciatore e Vör con un cerchio di fuoco. Comunque anche il mio pugnale si è bagnato nel sangue.”

“I tuoi soliti trucchetti …” borbottò il padre, scuotendo la testa, senza nascondere il disappunto.

“Li ha usati anche dopo.” riprese Thor “Io, lui e Sif abbiamo colto sul fatto dei tizi mentre facevano un sacrificio umano, e Loki, invece di affrontarli, li ha messi in fuga!”

“Erano più di trenta!” protestò il fratello.

“Figlio mio, quante volte ti ho ripetuto che tanti nemici sono molto onore?” lo rimproverò Odino.

Il principe provò a giustificarsi, ma Thor ricominciò a raccontare di come aveva facilmente recuperato le reliquie rubate e di come Fandral era stato abile nel prendere il possesso della carrozza, ovviamente omettendo chi avesse elaborato il piano; poi passò a descrivere la battaglia coi guerrieri alle pendici del vulcano. I suoi amici lo interruppero alcune volte, per citare le proprie gesta e parlarono di lame, di frecce, di gente massacrata e non si degnarono nemmeno di fare cenno agli stratagemmi di Loki che tentava di inserirsi nel discorso, ma veniva puntualmente tagliato fuori. Il giovane pazientò, finché non sentì come Thor si stava vantando di avere sconfitto il draghetto, a quel punto non poté trattenersi e con vivo risentimento esclamò: “Io ti ho dato l’unica arma che poteva ferirlo e io gli ho impedito di attaccarti, visto che il combattimento a distanza ravvicinata non è il tuo forte!”

“Eh va beh, mi hai prestato il pugnale, cosa vuoi che sia?” minimizzò Thor.

Loki si sentì molto ferito aveva sperato che il fratello gli riconoscesse il giusto merito, così come gli aveva fatto intendere quando gli aveva chiesto aiuto. Il principe digrignò i denti e ribadì: “Se non avessi voluto accontentarti e mi fossi tenuto il pugnale, ora sarei io a raccontare dell’uccisione del drago.”

“Beh, pensaci prima la prossima volta!” lo schernì Fandral.

“Non essere sciocco, fratello, se ti avessi permesso di affrontare quel mostro, saresti rimasto ferito e gravemente e comunque sarei poi dovuto intervenire io.”

“Come ti permetti?! Che ne sai tu di cosa sono capace? Probabilmente lo avrei potuto sconfiggere anche disarmato!”

“Smettila! I tuoi trucchetti non possono salvarti la vita!” intervenne Odino, per sedare gli animi.

“Scommetto che non ti diranno nemmeno che sono stato io a reincantare Mijolmir, in modo tale che non potesse più essere maneggiato da chiunque, come era quando lo ha trovato Shamash. Non ti spiegheranno quanto potente sia stato il mio incantesimo, visto che ha pareggiato quello di Bhiscma.”

“Ma di che parli?” borbottò il sovrano.

“Ma nulla di ché!” saltò su Volstagg “Tanto non era neppure necessario, visto che Shamash era già morto.”

“Già, Loki ce lo ha fatto uccidere a tradimento, in maniera molto poco leale.” aggiunse Fandral.

“Figliolo, non si agisce in questa maniera!”

“Va bene, va bene, la prossima volta lascerò che questo branco di ingrati venga massacrato!” urlò, esasperato Loki.

“Modera il linguaggio!” ordinò Odino severamente.

Vör, allora, timidamente cercò di dire: “Ma veramente, maestà, Loki ha ragione, il suo intervento è stato più volte fondamentale …”

“Ma cosa ne vuoi sapere tu!” esclamò allora Sif “La guerra è ben altro che qualche trucchetto per avere la vita comoda.”

“Sono certo che sono più le volte in cui noi abbiamo salvato lui!” biascicò Volstagg, con la bocca piena di cibo.

“Dubito di avere motivo di ringraziare questo codardo.” ribadì spietatamente Fandral.

“Che vada in un circo se vuole essere applaudito per le sue illusioni.” aggiunse Sif.

“Come puoi parlare in questa maniera, donna?!” ringhiò Loki “Tu che saresti morta s’io non avessi trovato l’antidoto per il veleno che ti era entrato in corpo! Ti credi tanto migliore degli altri perché pur essendo donna hai scelto di intraprendere la carriera militare e poi piagnucoli perché mio fratello non riesce a cogliere la tua femminilità che tu stessa hai buttato via secoli fa! Se ti comporti da uomo è chiaro che verrai trattata come tale!” non diede il tempo di ribattere, balzò in piedi, ormai aveva perso le staffe e aveva bile da sputare in faccia a chiunque “Vi credete grandi eroi, valorosi guerrieri … ahahahahah. Certo, tu Fandral sei il più bravo ad espugnare … le cosce delle donne. E ammetto che Volstagg è sempre il primo a dare l’assalto … alle tavole imbandite. Mentre nessuno è più abile di Hogun nell’ornare panche, dovreste dargli qualche missione di spionaggio, dato che è così bravo a confondersi con l’arredamento! E tu, fratello, ricorda che il martello non deve essere affilato.”

Non aveva ancora finito, si voltò verso Vör, ma, guardandola, non se la sentì di dire qualcosa contro di lei, per cui si rivolse ad Odino:  “Padre, la prossima volta che ci sarà un’alluvione, manda pure questi imbecilli a picchiare fiumi e nuvole: sono certo che l’acqua si arrenderà subito. Adesso che ci penso, se tanti nemici, tanto onore, perché non richiami le truppe da Nidavellir e non mandi loro cinque, soli, a combattere? Così avranno finalmente la loro gloriosa morte in battaglia, perché sicuramente è più utile ad Asgard un eroe morto che un combattente vivo.”

Loki si voltò e velocemente uscì dalla stanza. Quello sfogo era giunto tanto improvviso da lasciare tutti basiti e incapaci di replicare o reagire: non lo avevano mai visto arrabbiarsi così tanto, non aveva mai reagito così malamente alle loro frecciate. Dopo oltre un minuto di silenzio, il primo a dire qualcosa, fu Thor che, molto mestamente, osservò: “Dovremmo scusarci con lui.”

“Cosa?!” meravigliò Volstagg che quasi si soffocò con un pezzo di pollo.

“Abbiamo detto cose un po’ troppo cattive.” spiegò il principe.

Odino taceva, assorto in cupi pensieri.

Fandral gettò con violenza il tovagliolo sulla tavola e replicò: “Dopo quello che lui ha detto a noi, possiamo essere tutt’al più pari.”

“Già” confermò Sif “Abbiamo detto la pura e semplice verità, se poi tuo fratello ha l’animo sensibile e si offende, è un suo problema!”

“Giusto, non è colpa nostra!” si accodò Fandral.

Non si erano accorti che anche un altro posto era vuoto a tavola, quello di Vör. Infatti, vedendo l’amico uscire così adirato, la ragazza aveva esitato qualche istante, ma poi lo aveva seguito o, meglio, aveva cercato di stargli dietro, ma il principe aveva camminato troppo in fretta; era uscito da palazzo, era disceso per alcuni vicoli della città, fino ad arrivare presso un piccolo spiazzo verde al centro del quale c’erano dei ruderi. Vör tentò di seguirlo in mezzo a quelle rovine, ad un certo punto si trovò in un vicolo cieco; era sicura di aver visto Loki andare lì, ma lì non c’era e non c’erano altre strade che vi portavano: erano tre mura e poi c’era un pozzo, il principe non poteva essere andato da alcuna parte da lì.

Vör provò a cercarlo da altre parti là in mezzo, ma non lo trovò, per cui se ne tornò a palazzo sconsolata.

   
 
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