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Autore: Dream69    01/02/2014    1 recensioni
E la felicità sono in pochi a conoscerla. A volte dura poco, il tempo di rendercene conto e subito sparisce. Non riusciamo a viverla mai di persona, la felicità. E’ solo quando va via, quando ci vola via dalle mani come una lucciola notturna, che ci rendiamo conto di averla avuta.
E’ solo quando attraversiamo un periodo più duro del precedente, che ce ne rendiamo conto.
Come le lucciole che teniamo tra le mani chiuse, dove riusciamo a scorgerne la luce. La felicità è un po’ così: una lucciola che ci illumina le mani per un po’, perché poi dobbiamo aprirle e, se non lo facciamo, la lucciola morirà per mancanza d’aria.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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                                                                                              I Brividi Nelle Ossa



-Lewis, sto uscendo.-  Un rumore di chiavi che tintinnano.
-Dove vai?- Le parole volano in aria, rimangono sospese finché non trovano un appoggio. Un po’ come le piume scosse dal vento. Nel caso delle parole, invece, l’appoggio è sempre una persona. La sua pelle, il più delle volte. E sulla stessa pelle ne puoi sentire il peso e l’intensità.
Riusciva a sentirle, Lewis, le sue stesse parole sulla pelle.
-Esco con Jason!- Cloe sorride, felice e spensierata. L’opposto di Lewis in quel momento, probabilmente.
Le sente ancora, le parole. Le sente bruciare ancora di più, se possibile.
-Ci esci spesso, ultimamente. Sono felice.- Un sorriso forzato, una bugia.
Non è vero, non ne sarò mai felice.
Le giornate di Lewis di basano sulla menzogna, sul suo incessante mentire in ogni momento della giornata. Mente per Cloe, lui.
-Sii, anche io!- Ride, allegra. Si avvicina e stringe tra le dita morbide una guancia del ragazzo dagli occhi blu, in modo dolce. –Ora scappo, altrimenti arrivo in ritardo e lo sai che non mi piace far aspettare le persone.- Ammicca, ancora ridendo.
-Quando torni?- E’ serio, il ragazzo, questa volta. Non sorride e non finge di farlo.
Siamo pieni di fobie, ogni persona di questo mondo conta infinite fobie. Paura dell’acqua, paura degli insetti, paura di cadere, paura dell’altezza, paura del buio, paura dei temporali.
Paura è la parola che regna in ogni essere umano. Sempre e solo la paura.
Anche lui ha paura e ha paura della solitudine. Forse non di tutta, forse solo la solitudine che lascia in casa  Cloe quando esce di casa.
-Mmh, non penso di tornare tardi ma non lo so.- Sorride. –Non avrai mica paura dei temporali?-
-No, certo che no! Non mi chiamo Cloe.-
E ridono. Le risate si mischiano e rimbombano per la casa, per poi trasformarsi in anidride carbonica e volare fuori dalla finestra aperta. E non ne rimane niente.
-Ora corro!- Un bacio sulla guancia e una porta che si chiude con un tonfo.
Il ragazzo si avvicina al divano e ci si siede con le ginocchia al petto. Si stringe in un abbraccio solitario, perché non ha nessuno, in quel momento, al di fuori di lui.
O forse non solo in quel momento.
Potrebbe andare in qualche pub, trovarsi una compagnia e passare la serata tra bicchieri di vodka e risate. Ma spesso, stando tra la gente, ci si rende conto di quando soli siamo in realtà.
E’ un meccanismo inverso, un po’ come l’orologio che continua a segnare i minuti. Il ragazzo lo fissa, e ci si perde dentro. Tra i meccanismi che non smettono mai di funzionare, tra le lancette che si inseguono incontrandosi una volta ogni tanto, quasi come un saluto.
Vorrebbe staccarlo dal muro o romperlo, perché il tempo lo spaventa. Non si ferma mai, non aspetta nessuno.
Il vento invernale lo distrae e lui sposta lo sguardo dall’orologio alla finestra aperta. Le persiane sbattono contro il muro esterno in un ritmo immaginario che sembra quasi la nona sinfonia.  Le tende si incrociano violentemente da una parte all’altra, mosse dal vento. C’è freddo e Lewis lo sente. Sente l’aria invernare sulla pelle, dove prima avevano trovato appoggio quelle parole. Sente anche l’odore di menta e inverno provenire dal giardino. Ha già spazzato via il profumo di Cloe.
Si alza e chiude la finestra con una lentezza estenuante. E’ forse il bianco della neve, che lo destabilizza. Il bianco come la purezza.
Ma lui di puro non ha niente e i temporali sono il suo punto debole. Sono neri e rumorosi, come i suoi pensieri che non si fermano mai. Conducono sempre e soltanto alla stessa persona. Capelli nero corvino e lisci come la seta, occhi verdi come i diamanti più pregiati del Medio Oriente e pelle chiara come la neve.
Sono tutti lì, i suoi pensieri. Sono e saranno sempre puntati su una sola persona. Come i girasoli che seguono il sole, si chiudono in se stessi la notte e quando sopra di loro è pieno di nuvole.
Io sono un girasole e tu sei il mio sole.
Solo che mi trovo in un campo enorme e non è un campo qualunque, è un campo di girasoli.
Sono ovunque e bellissimi.
Enormi e appena sbocciati.
Io sono appassito e piccolo. Chi è lo stupido da scegliere un girasole appassito?
A volte ci nascondiamo nell’illusione e nemmeno ci rendiamo conto di ciò che stiamo facendo.
Siamo impossibili da decifrare, noi esseri umani.
Più misteriosi dei gatti, più furbi delle volpi e mai belli come le farfalle.
E Lewis deve solo aspettare che Cloe ritorni. E’ la sua routine da anni, ma lei non lo sa.
Lei nemmeno lo pensa, in quel momento. E’ arrivata al ristorante per il suo appuntamento e il ragazzo dagli occhi blu sa già cosa succederà appena lei tornerà. Sa già cosa aspettarsi, ma non vede l’ora comunque.
Perché la ragazza tornerà tardi e correrà a raccontargli tutto come un fiume in piena. Sorriderà di pancia fino a sentire gli zigomi dolerle, ma non se ne curerà e continuerà a parlare finché non avrà la gola secca e gli occhi che le si chiudono dalla stanchezza. Allora si intrufolerà a letto insieme a lui, gli si stringerà addosso e si addormenterà stretta a lui. Come sempre, come tutte le notti. E il ragazzo non riuscirà a dire di no. Passerà la notte a guardarla e a bearsi del suo profumo contro la sua pelle. Piangerà in silenzio come tutte le notti e lei continuerà a dormire e a sognare il bel ragazzo dei suoi pensieri, per poi raccontare il sogno al suo migliore amico appena si sveglierà.
Lui lo sa, sa che succederà così. Vivono insieme da anni e non è mai cambiato niente.
Allora si chiude a riccio, ancora più di prima, mentre dondola avanti e indietro cercando di non pensarci troppo.
Sarebbe capace di scrivere canzoni e poesie solo parlando dei suoi occhi verdi che quando nevicano diventano grigi. Sembra un po’ il mare d’inverno, il riflesso dei suoi occhi.
Ti ci porterei solo per metterli a confronto.
Sono le 21:35 quando sposta lo sguardo sull’orologio. Cloe è fuori di casa da un ora e 23 minuti.
21:36, Cloe è fuori di casa da un ora e 24 minuti.
21:37, Cloe è fuori di casa da un ora e 25 minuti.
Torna a casa.
Si alza dal divano e si dirige in cucina con passo strascicato. Si è perso nei suoi pensieri e nemmeno si è ricordato di mangiare.
A volte ci immergiamo così intensamente nei nostri pensieri, da non sentire più niente. Fame, sete, freddo, caldo o rumori intorno a noi.
Scalda gli avanzi del pranzo e si siede a mangiare.
Il silenzio della casa è diventato assordante e dopo due forchettate di pasta, lo stomaco rifiuta il cibo.
Sospira rumorosamente, il ragazzo dagli occhi blu, e si incammina verso la stanza da letto.
Sono le 21:55 e si sente solo vuoto.
Si stende sul letto chiudendo gli occhi, mentre rilassa la mente e cerca di prendere sonno.
Se magari non ti sogno, posso riuscire a non pensare a niente per qualche ora.
Ma il profumo della ragazza, imprigionato tra le coperte, non lo fa rilassare.
Così abbraccia il cuscino, come un bambino che ha paura del buio e si lascia cullare dal profumo di rose e limoni appartenente a Cloe.
Dovrebbero imbottigliare il tuo profumo e venderlo ovunque.
O forse no, forse dovrebbero imbottigliarlo solo per me, per poterlo sentire quando tu non ci sei.
O potresti direttamente non andartene mai.
Così, stretto ad un cuscino, si addormenta.
 
 
I'm out on the edge and I'm screaming my name
like a fool at the top of my lungs.

Sometimes when I close my eyes
I pretend I'm all right but it's never enough.

'Cause my echo, echo is the only voice coming back.
My shadow, shadow is the only friend that I have.

 
 
Sono le 00:54 quando la porta di casa si apre.  Lewis si sveglia si scatto e aspetta, silenziosamente, l’arrivo dell’amica in camera sua.
Ed è quello che succede, esattamente 86 secondi dopo. Li ha perfino contati.
La ragazza entra in camera con il trucco colato dalla pioggia, i capelli bagnati e i tacchi in una mano.
Sorride al suo migliore amico, mentre si libera velocemente del cappotto pesante che indossa.
-Ehi, stavi dormendo?-
-No.. Cioè, si. Ero stanco stasera e sono andato a letto presto.-
-Mi sono divertita moltissimo e Jason è fantastico. Mi ha portato in questo ristorante e abbiamo fatto una cena meravigliosa.-
Il resto del discorso nemmeno lo segue, Lewis, troppo impegnato ad osservare la sua migliore amica che gesticola entusiasta e sorride.
Non è più solo e il resto è insignificante.
Ma sbaglia, però, immaginando se stesso al posto di quel Jason che tanto illumina gli occhi della sua Cloe. Sbaglia perché quando torna ad ascoltare il discorso, sente di baci che non potrà mai dare e carezze che non conteranno niente.
E la ragazza si intrufola felice tra le coperte, per poi stringere in una presa ferrea il suo migliore amico.
-Mi sei mancato.- Sussurra, schioccando un bacio sulla sua guancia.
Non è vero.
-Anche tu.-
Questo invece è vero, Cloe.
Ha un odore nuovo, quella sera. Profuma di tabacco e gelsomino e non riesce più a stringerla.
Aspetta che la ragazza chiuda gli occhi e si alza, lentamente.
Apre la finestra del salotto per poi andare a sedersi sul tetto.
Sono le 3:28 e si sente peggio di prima.
 
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.

Lentamente Muore, Neruda
 
E la felicità sono in pochi a conoscerla. A volte dura poco, il tempo di rendercene conto e subito sparisce. Non riusciamo a viverla mai di persona, la felicità. E’ solo quando va via, quando ci vola via dalle mani come una lucciola notturna, che ci rendiamo conto di averla avuta.
E’ solo quando attraversiamo un periodo più duro del precedente, che ce ne rendiamo conto.
Come le lucciole che teniamo tra le mani chiuse, dove riusciamo a scorgerne la luce. La felicità è un po’ così: una lucciola che ci illumina le mani per un po’, perché poi dobbiamo aprirle e, se non lo facciamo, la lucciola morirà per mancanza d’aria.
Lewis non la conosce la felicità. Forse è Cloe, la felicità. Ma se non può averla, se non può viverla, se può solo sfiorarla in punta di dita e mai farla sua, che felicità è?
E’ una vita breve, la nostra. La felicità dobbiamo andare a cercarla, combattere e rischiare per averla. Non arriva da sola, non lo farà mai.
A volte possiamo scegliere con chi cercarla, la felicità. Con quale persona andarne alla ricerca e con quale persona vivere la tristezza.
Magari saremo soli e tristi tutta la vita, ma io sarei comunque solo e triste con te.
Forse non ne valgo la pena.
Forse per in una vita come la tua, uno come me non può averci nulla a che fare.
E ci arrendiamo, quando non c’è nessuno disposto a cercare la felicità con noi.
Un po’ come Lewis, in quel momento, seduto sul tetto di una casa troppo stretta per due anime come le loro.
Si addormenta lì, il ragazzo dagli occhi blu. Sotto un cielo stellato e nel freddo invernale. Arreso e indifeso.


Non posso essere felice con te, ma lasciami osservare la tua, di felicità.
Lasciamela vivere indirettamente e lasciami illudere di essere qualcosa di più per te.
Tu continua a sorridere perché è solo lì che la vedo, la mia felicità.
Non in me, ma in te.
  
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