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Autore: semplicementeme     11/06/2008    8 recensioni
Questa era nata come una one-shot, adesso si è trasformata in una sorta di raccolta di fanfic sull'argomento dell'amore e delle sue diverse forme.
Tratto dal capitolo IV:
Un nome che racchiudeva più di mille significati.
Un nome che era il centro del suo mondo.
Un nome.
Un nome che era stato la sua famiglia
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: OOC, What if? (E se ...), Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III

- Chi ti credi di essere per parlarmi in questa maniera?

- Io? Ma ti senti quando parli?

- Come… credo di non aver capito cosa vorresti insinuare?

- Non sto insinuando nulla, sto evidenziando la realtà. Sei terribilmente arrogante, tanto da essere insopportabile.

Strinse i pugni per non rispondere all’ennesima provocazione. Era sempre la stessa storia. Tutti erano pronti a definire il suo comportamento come arrogante ma, mai nessuno si fermava a chiedersi il perché delle sue azioni. Non era colpa sua. Si difendeva dalla sofferenza. Era questa la ragione del suo comportamento. Non voleva essere vittima degli eventi. Era un male questo? No. Su questo non c’erano dubbi.

Tornò sui suoi passi e si diresse verso il Lago Nero. Stavano tornando alla loro Sala Comune prima che iniziassero a litigare. Adesso, però, era fuori discussione tornare e poi non aveva nessuna intenzione di restare a parlare con qualcuno che non aveva intenzione di ascoltare le sue ragioni. La testa alta. Lo sguardo fisso. Non aveva intenzione di piegarsi di fronte a nulla. Di fronte a nessuno.


In riva al Lago Nero si stava bene. Poteva restare a pensare senza paura del giudizio degli altri. Poteva apparire triste o felice. In quell’angolo di paradiso non aveva importanza, poteva essere chi voleva.

La schiena poggiata sulla grande quercia, il capo reclinato, gli occhi chiusi. In una parola: tranquillità. Anzi, solitudine. Da lì dominava l’intera distesa d’acqua. Si sentiva come quel lago che era placido all’apparenza, mentre i suoi abissi nascondevano mille misteri... ecco la similitudine perfetta, il suo carattere era tale e quale a quel lago.

Poi ogni volta era sempre la stessa storia. Tutti si sentivano autorizzati a giudicare le sue scelte ed il suo modo di agire. Tutti, nessuno escluso.

- Posso sedermi?

La voce di Hermione era stata un fulmine a ciel sereno, non si aspettava che qualcuno avesse il coraggio di giungere sin lì e di sedersi accanto, non quando era in quelle condizioni ma, in ogni modo, fece buon viso a cattivo gioco. Annuì ma continuò a guardare verso il Lago Nero. Non voleva certo cambiare il suo atteggiamento perché lei era lì. Doveva dimostrare che niente e nessuno poteva scalfire la sua corazza. Il suo guscio era necessario per resistere agli orrori del mondo.

- Come mai questo muso lungo?

Doveva aspettarselo un terzo grado dalla Grifona. Era nel suo carattere. Era nella sua indole. Era nel suo essere Grifondoro. Essere puri di cuore. Certo. Puri di cuore e tremendamente indiscreti. Non poteva restare in silenzio a godere di quella pace momentanea? Non poteva fare come lui ed assaporare la quiete di quel parco? No. Lei doveva sapere perché aveva il muso lungo. Lei doveva sapere il perché avesse quell’espressione incazzosa. Lei non poteva vivere senza sapere sempre tutto.

- Oddio sei talmente insopportabile. Non te ne accorgi vero?

Anche lei. Come era possibile che tutti dicevano sempre la stessa cosa. Non era colpa sua se preferiva restare in silenzio quando gli facevano una domanda. Che male c’era? Qualcuno lo obbligava a rispondere? No. Ma con lei era diverso. Lei era lei. Non poteva dirle di no. Sarebbe esploso, ne era certo, questa volta sarebbe esploso e neanche Hermione sarebbe riuscito a placarlo.

- Se ti dà fastidio il mio muso lungo puoi anche andare e lasciarmi qui. Non morirò di certo.

Lei si mise a ridere. Una risata serena che riempì il silenzio del Lago Nero. Scostò una ciocca che era finita davanti gli occhi e la riportò dietro l’orecchio. Osservò il ragazzo che aveva accanto. L’espressione arcigna. Gli occhi arrabbiati. Le labbra serrate. Stavolta gli sorrise in maniera materna, era al limite, stava per esplodere e non voleva rischiare di far crollare l’intera Hogwarts. No. Doveva intervenire e placare il suo animo.

- Avete litigato ancora?

- Sì, ma non comprendo come la cosa possa riguardarti.

Era stato avventato nello rispondere. Lo sapeva ma non voleva avere nessuno attorno, non quando era arrabbiato. Se Hermione voleva restare lì bene, ma non doveva disturbarlo. Doveva accontentarsi del suo silenzio, per quel giorno non avrebbe dato altro.

Di contro la ragazza si avvicinò ulteriormente e dopo averlo fatto voltare in sua direzione lo guardò per un attimo negli occhi prima di chinarsi sulle sue labbra e baciarlo dolcemente. Si separarono delicatamente dopo poco e lui fu il primo a parlare.

- Vuoi corrompermi?

- No, ma vorrei che tu imparassi a fidarti maggiormente di chi ti vuole bene.

- Che vorresti dire?

- Non so perché avete litigato ma se lui ha deciso diversamente da come avevi ipotizzato devi accettarlo. Non puoi decidere anche per gli altri.

Lui la guardò e le accarezzò una guancia. Era dolce e sensibile. Tutto quello che non era lui. La guardò un attimo infinito negli occhi e poi tornò ad assaggiare le sue labbra. Dolci. Mielate. Le sorrise ancora, quando era con lei non sapeva fare altro, anche se era infuriato con il suo migliore amico. La guardò un’ultima volta poi aggiunse…

- Io non decido per gli altri. Sono gli altri che devono adattarsi alle mie decisioni.

Lei lo colpì con un buffetto sulla guancia sorridendogli dolcemente. Si alzò e si pulì la gonna cercando di riassettare la divisa che si era stropicciata. Passò una mano tra i capelli lunghi e ricci. Socchiuse gli occhi e si fece baciare ancora un attimo dai raggi del sole. Inspirò l’aria fresca e sorrise al suo ragazzo.

- Fai come credi, adesso però io vado. Ci vediamo in Sala Grande.

Prima di lasciarla andare però volle fermarla, forse perché voleva godere ancora un po’ della sua compagnia, o forse perché non voleva restare solo.

- Hermione?

Lei si voltò ed in quel momento, il gioco di luce tra i suoi capelli, la fecero apparire come una fata dei boschi.

- Grazie… e perdonami.

- Come? Cosa dovrei perdonarti?

- Il fatto di essere tanto insopportabile. È difficile starmi accanto.

- Non puoi neanche immaginare quanto, ma lo sai, se ti sto accanto è perché ti amo.

Lui la guardò e, per un attimo, si sentì un verme. Non la meritava. Era un mostro. Lui non meritava una ragazza simile. Era fortunato a restarle accanto. Doveva ringraziare il cielo e approfittare della sua vicinanza per i giorni a venire.

Lei lo osservò un attimo poi sorrise ed andò via senza aggiungere altro. Con lui le parole erano superflue. I fatti valevano molto di più.


- Posso?

- Figurati, fino a prova contraria è anche la tua camera. A meno che tu non decida che sia troppo rischioso restare assieme.

Scosse la testa e si rese conto che, stavolta, farsi perdonare sarebbe stato più difficile. Più difficile del solito. Si passò una mano tra i capelli e li spettinò più del dovuto. Si mise seduto sul suo letto e guardò l’altro occupante della stanza. Si corresse. Non sarebbe stato difficile. Sarebbe stato incredibilmente difficile.

- Possiamo parlare?

- Sicuro? Non vorrei farti sprecare del tempo prezioso.

Incredibilmente difficile? No. Epico.

Si mise comodo e cercò di riordinare le idee. Doveva scusarsi. Doveva trovare il modo per fargli capire che se aveva scelto così era solo per la sua incolumità.

- Da quanti anni ci conosciamo noi due?

Quella domanda ruppe il pesante silenzio calato nella stanza. Era una domanda improvvisa, senza un senso apparente. Appunto apparente. Lui voleva andare a parere proprio sul loro legame.

- Che razza di domanda è?

- Tu rispondi e basta.

Sembrò rifletterci prima di rispondere, alla fine scosse la testa e rispose a quella che pareva una domanda senza senso.

- Da sempre credo.

- Puoi togliere il credo. Rispondi a quest’altra mia domanda. Su chi ho sempre contato in tutta la mia vita?

Ancora un’altra domanda insensata, lo guardò, forse stava iniziando a capire il suo ragionamento. Forse, non era certo, con lui non si poteva mai sapere. Era imprevedibile.

- Prima di metterti con Hermione? Su di me.

Draco sorrise. Era qui che voleva andare a parare. Sulla loro secolare amicizia. Blaise doveva capire che per lui era necessario il suo appoggio, almeno in un momento tanto delicato. Doveva essere Blaise il suo appiglio. Non poteva contare su altri a parte Hermione. Ma con lei era diverso. Doveva proteggerla la guerra incombeva.

- Esatto. Quindi non puoi voltarmi le spalle. Non adesso. Sei il mio migliore amico. Sei il mio unico amico.

Blaise guardò Draco. Era sincero. I suoi occhi adamantini non mentivano, non con lui per lo meno. Ma come poteva accettare la sua scelta, era da folli.

- Draco siamo amici da una vita ed è per questo che ti chiedo di pensarci attentamente. Non puoi. Non è necessario che tu ti batta in prima fila. Quello lascialo fare a Potter o Weasley. Sono loro che si vanno a cacciare sempre nei casini. Noi siamo Serpi. Preferiamo vivere al sicuro.

Draco fissò Blaise negli occhi e poi senza chinare il capo rispose.

- Ed Hermione? Non pensi a lei? Sarà sicuramente in prima linea con Potty e Lenticchia. Non posso tirarmi indietro. Io devo proteggerla.

Blaise sorrise e scosse il capo mestamente. Ormai Draco era un caso irrecuperabile. Era perdutamente innamorato della Grifona. Cosa avrebbe potuto fare per salvare l’amico? Nulla. Poteva solo appoggiarlo, come era giusto che fosse.

- Potremmo sempre rapirla e rinchiuderla al sicuro da qualche parte fino a che questa guerra non sarà finita. Non credo che i suoi amichetti faranno tante storie. Forse, per la prima volta in vita loro, ci ringrazieranno per qualcosa.

Draco si mise a ridere all’idea dell’amico. Non era male come piano, magari era vero Potter e Weasley sarebbero stati loro riconoscenti. Forse gli avrebbero affidato anche la rossa, ma non poteva. Non poteva rapire Hermione. Lei non lo avrebbe mai perdonato. Doveva lottare al suo fianco, solo così poteva essere sicuro di proteggerla.

- Ottimo piano Blaise solo che Hermione sarebbe capace di cruciarci a vita se solo osassimo fare una cosa del genere.

Blaise osservò l’amico e lo trovò diverso dal ragazzino pallido e freddo che aveva conosciuto negli anni. Draco era sempre stato controllato nelle sue emozioni, ma da quando stava con la Grifona era cambiato. Era diverso. Il sangue per la prima volta aveva preso a scorrere nelle sue vene, rendendo caldo quel cuore e quel corpo, così freddi. Sorrise interiormente appena formulò quel pensiero.

Scosse la testa. Non si poteva tornare indietro. Posò le mani sulle spalle del biondo e riprese a parlare.

- Allora vorrà dire che io sarò con te.

Il volto dell’ultimo dei Malfoy si incupì. Si alzò rapidamente dal letto, si liberò delle mani di Blaise e lo trucidò con lo sguardo, poi andò verso la porta, ma la voce del moro lo bloccò con la mano sulla maniglia.

- Non puoi decidere anche per gli altri.

Le stesse parole di Hermione. Chinò il capo. Strinse con forza il pomello della porta e poi parlò con voce grave.

- Se anche tu dovessi prendere parte a questa guerra io non potrei dividermi tra te ed Hermione. Non potrei difendere entrambi. Blaise se sei amico mio, allora restane fuori.

L’altra Serpe fece di no con la testa, come se il biondo, di spalle, potesse vederlo.

- E tu cosa credi? Che io resti nascosto ad aspettare che ti uccidano. Ne abbiamo già parlato Draco. Se tu combatti, io sarò al tuo fianco.

Draco si girò di scatto e guardo con occhi furenti l’amico, poi iniziò ad urlare.

- Perché? Per quale ragione vuoi impelagarti in questa fottutissima guerra. La tua famiglia non è schierata né con Voldemort né con l’Ordine e tu… tu decidi di seguire me. Un rinnegato per i Mangiamorte ed una spia per l’Ordine della Fenice. Perché Blaise. Rispondimi perché io non riesco a capirti.

- Perché per me sei come un fratello e la nostra amicizia vale più di tutto e non voglio sentire più nulla a riguardo. Io ci sarò e sarò al tuo fianco. Che tu lo voglia o no.

Semplice. Coinciso. Diretto. Tipico di Blaise. Tipico dell’amicizia. Niente giri di parole. Solo sincerità. Quello che seguì fu un abbraccio fra amici. Fra fratelli. Sorrisero insieme. Insieme si prepararono ad affrontare quella che sarebbe stata la battaglia per la libertà.


Ed ecco qui un’altra forma di amore, l’amicizia. Certo ho dato spazio anche all’Amore, con la A maiuscola, ma è stata poca cosa. Almeno, io credo che l’amicizia sia una forma di amore, per voi non è così? Volevo farvi notare che volutamente ho fatto iniziare sia a Hermione, sia a Draco il dialogo con la stessa domanda. Così come è voluto il voler svelare solo a metà l'identità dei protagonisti del capitolo! Non prendetemi per pazza, però... ammettetelo però, in questo capitolo credo che sia stato abbastanza logico capire chi era l'interlocutore misterioso di Hermione!

Ne approfitto per ringraziare tutte le persone che hanno commentato il capitolo dedicato a Ginny e Ron. Purtroppo sono di corsa e non potrò, ancora una volta, ringraziarvi singolarmente, spero che possiate perdonarmi.

Il prossimo capitolo credo che sarà l’ultimo, ma se a qualcuno venisse in mente qualche altra forma di amore può benissimo suggerirmela ed io cercherò di elaborarla. A presto e grazie a chi legge ed un Grazie con la G maiuscola a chi lascerà una recensione.

P.S. Per freddymercury… ho corretto la parte da te evidenziata nel primo capitolo, grazie per avermi fatto notare l’inghippo!

   
 
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