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Autore: Yssel    02/02/2014    0 recensioni
Questa è una raccolta, una raccolta di vari episodi.
Vari episodi della vita di cinque ragazze che hanno realizzato il loro sogno.
Questa raccolta è tratta dal primo capitolo, che potete trovare qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2398761&i=1
Un insieme di istanti di vita e aggrovigliati ricordi di un passato non proprio rose e fiori.
A trascinarvi avanti e indietro, tra momenti di una vita da sogno e ricordi indimenticabili, sarà il quaderno nella mia mente, una terza persona che si adatterà spesso ad una bassista, Joh.
Benvenuti nelle "Cronache del Basso Scordato".
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Joh guardava lo schermo, immobile, con la lattina di birra fra le mani portata vicino alla bocca. Stava guardando l’ ennesima partita di rugby con la differenza che la sua concentrazione era da tutt’ altra parte. Aveva sempre amato il rugby come sport, tanto che era persino andata a iscriversi alla squadra scolastica quando ancora frequentava le scuole, ed era parecchio brava: placcava, lanciava e faceva alla perfezione tutto quello che il mister le diceva di fare. Era riuscita ad essere la prima della classe di educazione fisica benché la materia non le piacesse per niente, ed aveva pensato che sì, per il rugby poteva anche fare qualche sforzo in più. Dopo la scuola cominciò ad abbandonare quello sport, a guardarlo solo attraverso la televisione, a parlarne e a sostituirlo con le ore in palestra per mantenere i muscoli che le si erano formati addosso. Ma niente più rugby.
Red, al fianco della bassista, si era accorta dell’ assenza del suo sguardo ormai da un’ ora a quella parte, e, sotto sotto, sapeva a cosa l’ altra ragazza stesse pensando. La rossa lasciò cadere le spalle sul divano, socchiudendo gli occhi e poggiando la sua lattina su un ginocchio, nel disperato tentativo di tenerla in equilibrio.
“Ci stai pensando ancora, vero?”, esordì allora, spostando lo sguardo sulle gambe divaricate di Joh, che non si muovevano di un millimetro. Quest’ ultima annuì distrattamente e prese un sorso di birra, deglutì e si decise a rivolgersi a Red, l’ unica che, se toccava quell’ argomento, era disposta a tranquillizzarla senza un qualunque senso di pietà nei suoi confronti.
“E’ passato tanto tempo da quando è successo, dici sempre di averlo superato. E poi guarda.” Red era un po’ come Joh, saggia. Spesso aveva ragione, per questo il rapporto fra le due durava e non era soggetto a liti. Si capivano, anche se con discreta difficoltà, intuivano il pensiero dell’ altra e vi si scagliavano senza pensarci due volte. Facevano di tutto a patto che l’ altra stesse bene.
“Guarda cosa?”
“Pensi ancora a lei.”
“E’ sempre intorno a me, penso sia normale.” Joh sospirò, passandosi la mano libera fra i capelli e sistemando infine gli occhiali sul naso. Era passato tanto tempo da quando ne avevano parlato l’ ultima volta e la bassista aveva già sotterrato i suoi morti- peccato che questi tornavano in vita e le prendevano a calci il cuore. Era come un continuo soffocare e riemergere, senza sosta, tutti i giorni, tutte le ore, tutti i minuti. Tutte le volte che vedeva il suo viso o sentiva la sua voce, non riusciva a passare oltre. Si fermava e pensava, talvolta sorrideva, e, solo segretamente, si concedeva il sapore amaro della delusione sulla lingua. Era come se Joh si stesse drogando, tutti i giorni prendeva una dose diversa e maggiore di stupefacente solo nella speranza di, un giorno, non sentire più niente quando l’ ago bucava la pelle. E Red, con questo, non poteva combattere.
La rossa scosse il volto, cercò il telecomando fra i cuscini e, appena lo trovò, abbassò drasticamente il volume del televisore- azione che indispettì Joh e le fece storcere la bocca.
“So che è difficile, okay? Lo so. E so anche che sei stanca dei miei discorsi perché sono tutti uguali, ma sono anni che stai così tutte le volte che lei non ti vede. Non importa quello che le dici, perché so che a volte senti ancora male. Io ti vedo, non sono una credulona.”
E la bassista sbuffò, alzandosi ed evitando quelle parole come se si fosse bruciata col fuoco. Si rifugiò i cucina, ma Red non la lasciò respirare e le fu subito alle costole, a braccia conserte. Joh cercò il cestino come se fosse cieca, aprì un’ anta dei mobili che lo contenevano e, trovatolo, vi lanciò la lattina vuota di birra. L’ errore madornale fu il mancare il cestino. La ragazza si accanì sull’ anta che aveva aperto e la chiuse con forza, con troppa forza. Red, in un primo momento, si spaventò, poi mutò la sua espressione in una delle più tristi e dispiaciute che potesse assumere.
La bassista si accostò al lavandino ed incassò la testa fra le spalle, tentando di riprendere il controllo e la calma. La batterista le sfiorò una scapola e fu colta alla sprovvista da un rivolo rosso che colava fino al buco dello scarico.
“Non dire nulla.”, anticipò Joh, sollevando la mano insanguinata.
“E che inventerai stavolta?”, domandò Red. “Che ti sei tagliata mentre cucinavi? E cosa cucinavi. I tuoi sentimenti?”
Joh, sconsolata, si voltò fino ad essere perfettamente davanti alla sua compagna di band. “Senti, non… Non ce la faccio. Davvero, non ce la faccio. E penso proprio che rimarrò sola per sempre, solo perché aspetterò lei. Era lei che mi ripeteva di non uccidere le mie speranze e per quanto io desideri arrendermi, non ce la faccio.” Detto questo, mise la mano nel lavandino e lasciò scorrere l’ acqua per cancellare dalla pelle tutto quel rosso.
“Finirà?”
“Mai.”

  
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