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Autore: Chains_    02/02/2014    41 recensioni

N= {a, i, l, n} A= {a, i, l, n}
Allin guardò il pezzo di carta passatole dal suo compagno di banco e si accigliò, non capendo subito le sue intenzioni.
“A meno N...” Sussurrò Niall scrivendo l'operazione d'insiemistica.
“Uguale insieme vuoto.”
“I nostri nomi!” Esclamò sorpresa la ragazza.
“Sì, sono composti dalle stesse lettere.”
“E se uno viene sottratto all'altro...”
“L'altro si annulla.” Concluse Niall sorridendo.

Quando Allin ebbe la possibilità di frequentare il liceo di Mullingar, non avrebbe mai pensato che la sua vita sarebbe stata sconvolta dalla presenza di un ragazzo. Per sfortuna gitana, acrobata nel circo di famiglia, non avrebbe voluto né potuto innamorarsi di un irlandese. Eppure fu grazie a Niall che Allin iniziò a credere in un futuro in cui essere zingara sarebbe stato solo un ricordo. Ma il peggio doveva ancora venire. I due dovevano ancora esser separati.

"Sai cosa c'è, cugina? C'è che è sempre stato A-N, non N-A. Chi vieni sottratto a chi? Ora lui sta ad XFactor ed io qui, distante chissà quanto!"

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=t652GzFXWqc
La Fanfiction prende ispirazione dal vero.
[Personaggisecondari: LittleMix, 5Sos...]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Blackout.

 
Dunque, buonasera! Due cose importanti e poi vi lascio alla lettura: la parte in corsivo è un flashback. 
PS: Fermatevi a leggere lo spazio autrice. :)
 
Silenzio. Anche il quasi impercettibile rumore dello sbattere delle palpebre fu udibile ad Allin. La ragazza girò su se stessa. Il pavimento sembrò cambiare angolazione e con lui, tutta la roulotte. La ragazza si accasciò a terra. Le ginocchia toccarono il finto parquet sotto di lei, così come i palmi delle sue mani quando dovette fare forza sulle braccia per non crollare del tutto. Niall mosse qualche passo verso l'acrobata. Questa lo sentì, voltandosi di scatto, per poi abbassare ancora la testa. Alcune gocce salate scesero lungo le sue guance, cadendo infine sul pavimento. L'irlandese si guardò intorno, spaesato. Si voltò verso l'uscita, verso l'esterno. L'atmosfera nella roulotte era tetra, dolorosa e... A lui estranea. Ebbene, Niall si sentiva di troppo, così tanto che un nodo si formò nella sua gola, impedendogli di prendere aria. Sensibile, anche troppo a volte, il biondo sentì i suoi occhi pizzicare e per questo si morse con forza la lingua pur di non singhiozzare, pur di non piangere. Sarebbe mancato solo il farsi consolare, poi avrebbe potuto giudicarsi davvero ridicolo. L'irlandese sospirò e, quando lo fece, sentì del bagnato scorrere lungo la sua guancia destra.

“Almeno ho la certezza che quella teoria secondo cui la prima lacrima di un pianto causato dalla tristezza esca dall'occhio sinistro è una cavolata.” Pensò con ironica tristezza.

Niall strinse i denti e si avvicinò ad Allin con impeto. Poi, sfruttando un momento di coraggio, l'abbracciò, facendo aderire il torace alla sua schiena.

“Sono sola!” Allin scosse violentemente la testa.

"Allin." Intervenne Niall, dolcemente.

"Non è possibile." Mormorò flebilmente questa, grattandosi violentemente il cuoio capelluto, come faceva ogni qualvolta era nervosa.

"Ti stai facendo del male. Smettila."

"Voglio mamma!"

"Sh." Niall, con non poca fatica, riuscì a intrappolare le mani di Allin in una presa stretta.

Se le rigirò tra le sue. Sotto le unghie notò del rossastro. Sangue.

"Ti rendi conto che con questo non cambia niente?" Domandò con voce tremante l'irlandese, scosso dalla reazione violenta della fidanzata.

I due giovani si guardarono e, azzurro nell'azzurro, cominciarono a piangere copiosamente, fronte contro fronte, cuore contro cuore.

"Ti aiuterò io." Niall riportò alla memoria il loro primo giorno, la prima frase che le aveva detto.

Una promessa che aveva sempre mantenuto, sempre e comunque.

"Fa male." L'acrobata si sporse sul ragazzo, stringendolo fortissimo a sé, tant'è che gli procurò un po' di dolore. Niall era uno dei suoi pochi appigli, l'unico che ci sarebbe sempre stato.

"Allin, dovresti chiamare qualcuno."

"Dannazione, lei non può essere morta! Non può avermi lasciata sola." La ragazza corse di scatto fuori dalla roulotte, per poi appoggiarsi ad una delle sue pareti esterne.

L'irlandese la seguì.

"Non sei sola, diamine. Ci sono io. Lo vuoi capire che non ti abbandonerò? Che non potrei mai lasciare o stufarmi di una parte di me, che saresti tu?" Niall intrappolò Allin tra la roulotte e il suo torace.

La bionda lo guardò, poi incominciò a piangere rumorosamente, cercando di soffocare le lacrime nella sua maglia.

"Sapevo che sarebbe successo." Ammise Allin.

"Ieri mi ha ripetuto troppe volte 'Ti voglio bene'! Significa che lei lo sapeva, lo immaginava." Chiarì poi.

"Forse non ti ha detto nulla per non farti preoccupare." Azzardò Niall, sentendosi ancora una volta in difetto a piangere davanti all'acrobata.

"Sai cosa ha aggiunto più volte?"

"Cosa?"

"Non ti perderai finché starai accanto a Niall. Come amici, come fratelli, come fidanzati, questo non importa."

"Dio mio, Allin." L'irlandese si portò una mano al petto. Indescrivibili furono le sue sensazioni a quelle parole.

"Puoi farmi un favore? Quando tutti verranno qui... Non te ne andare." La bionda afferrò il fidanzato per la maglietta.

"Tuo padre. Non può vedermi.”

“Ma io ho bisogno di te.”

“Chiama tutti, falli venire. Io ci sarò.” Promise Niall, sigillando questo giuramento con un bacio.

* * *

“Lui chi cazzo è?” Gonzalo rivolse uno sguardo furioso ad Allin, indicando con impeto il biondino accanto a lei.

“Papà... E' un mio amico.” La ragazza, senza rendersene neanche conto, cinse con possessività la vita di Niall, quasi volesse difenderlo e, contemporaneamente, essere difesa.

“E' quindi lui la causa delle tue distrazioni e dei tuoi ritardi! Bene!” Costatò l'addestratore di tigri. Avrebbe preso provvedimenti, lo sguardo terrorizzato dell'acrobata ne era la conferma.

“Lasci stare sua figlia!” Niall si liberò dalla presa di Allin, spostandosi davanti a lei.

“Gonzalo, calmati. Marie... Sta arrivando già il carro funebre, abbiamo trovato anche la Chiesa disponibile per il funerale. Non puoi arrabbiarti. Non ora.” Ad intervenire fu Diego che riuscì a far rinsanire, almeno temporaneamente, il fratello.

“Sì che può! E' solo un egoista d'altronde!” Esclamò la bionda, rivolgendosi allo zio. “Io ti odio!” Aggiunse poi e quell'affermazione fu tutta per suo padre.

* * *

La chiesa era quasi spoglia quel pomeriggio. Il funerale di Marie Dooley non risultava essere poi tanto importante per la cittadina di Mullingar. Allin se ne stava sola, seduta all'ultima panca, lo sguardo perso nel vuoto. C'era Niall accanto a lei, come sempre del resto. Le stringeva forte la mano, disegnando ghirigori immaginari con leggeri tocchi sul palmo e sul dorso. Il biondo sapeva che Allin avrebbe pianto nuovamente, glielo si vedeva dagli occhi. Gonfissimi, arrossati, ridotti in due fessure. Si guardò intorno. Alle prime panche c'era Gonzalo, insieme a suo fratello, le sue nipoti e sua cognata. Altri posti erano stati occupati dalla quindicina di membri della compagnia. La tristezza era nell'aria, diventata angusta e pesante anche a causa del forte odore di incenso.

"Quanto è brutto morire." Pensò Niall asciugandosi una lacrima, mentre il prete continuava con la messa.

Allin guardò il ragazzo, poi poggiò la testa sulla sua spalla, allora pianse ancora. Lì per lì non seppe dire se il pianto fosse conseguenza solo del dolore immenso dovuto dalla perdita di sua madre o dalla delusione di non vedere a quel funerale tanta gente, come lei avrebbe voluto e meritato. Tutta colpa della vita ristretta che le aveva imposto Gonzalo. La messa finì presto. In tutta la sua durata Allin non aveva rivolto parola a nessuno, aveva solo versato qualche lacrima in silenzio. Ci fu quindi il momento dei saluti. La bionda gitana si ritrovò sola, davanti ad una bara che presto sarebbe stata posta sotto terra, così lontano da lei.

"Mamma. Perché mi hai lasciato?" Domandò Allin con voce rotta, preda di un pianto convulsivo.

La ragazza si buttò a terra, in ginocchio, con le braccia a cingere quella cassa di legno mogano che tanto stava odiando.

"Adesso chi mi ascolterà? Chi mi capirà? Chi mi amerà se tu non ci sei?" Aggiunse la giovane. Si sentiva una cretina, una povera, sciocca illusa. Stava parlando con un morto del resto, come avrebbe potuto non ritenersi tale?

"Io, Allin. Io." Fu Niall a parlare, facendo voltare Allin verso di lui, con un'espressione sorpresa sul volto.

"So di somigliare, in fin dei conti, ad un ramo sottile. Non sono il più forte, ma ti potrai appoggiare sempre a me." Il biondo si avvicinò alla fidanzata, chinandosi su di lei, stringendola così forte che entrambi chiusero gli occhi, per godersi meglio l'abbraccio.

"Io ti proteggerò, anche se non ho ali." Soffiò l'irlandese, strofinando il naso sul collo di Allin, quasi fosse una mamma gatto intenta a coccolare un suo cucciolo.

"Vieni a cercarmi se ti senti persa. Ogni istante, ogni attimo, io ci sarò, ti guiderò, ti aiuterò."

"Ho paura." Il tono di voce dell'acrobata fece rabbrividire Niall. Risultò così cupo, così atono, così incredibilmente avvilito che lo fece tacere, sebbene non avesse capito esattamente di chi o cosa Allin avesse paura.

"Del futuro Nì, del futuro." Rivelò questa facendo spallucce, quando si accorse che non si era spiegata bene, vedendo della confusione nello sguardo di Niall... Incredibile come quei due erano capaci di capirsi a vicenda.

"Dai, pensa alle nuove crocchette di pollo che domani andremo a provare..." Niall si fece pena da solo, pensando che avrebbe fatto assolutamente meglio a starsene zitto.

Un riso, anche se amaro, fuoriuscì dalle labbra della zingara. In un modo o nell'altro quel dolce ed ingenuo ragazzo la faceva sempre sorridere. Anche nel buio, lui era il suo rifugio felice. Le sue braccia la accoglievano senza mai esitare, la cingevano con forza, la cullavano dandole ciò di cui aveva bisogno. Stretta al suo torace, Allin ispirava l'odore pungente tipico dal deodorante dell'uomo e finalmente stava bene, si sentiva al sicuro. Isolata da tutte le tristezze. Isolata da tutti. Niall la prese sottobraccio poi, insieme, uscirono dalla chiesa.

Fuori, la piccola folla circense era impegnata a consolarsi, chi più chi meno.

"Sembra quasi umano." Mormorò Allin. Niall rivolse quindi lo sguardo nel punto in cui quello della ragazza si era soffermato. "Già." Si ritrovò a concordare, guardando Gonzalo con lo sguardo perso a fissare un qualcosa di indefinito.

"Senti, piccolina. È meglio se vado. Devi stare con i tuoi, è giusto così. Domani, pero', ti rapisco e ti porto prima da Nandoo's, poi nel nostro luogo felice." Niall poggiò la fronte su quella di Allin. Amava farlo, amava la loro, seppur non eclatante, differenza di altezza che permetteva loro di accoccolarsi l'uno sull'altra.

“Il nostro luogo felice.” Affermò la ragazza, con voce flebile.

Nì, cosa devi farmi vedere?” Allin correva a perdifiato, mano nella mano con Niall, per il grande parco dove era stato anche collocato il circo di famiglia.

Ti ricordi la quercia?” Domandò l'irlandese sorridendo sghembo.

Certo che sì!” Come avrebbe potuto la ragazza dimenticarsi del luogo in cui si era rivelata del tutto al ragazzo che aveva ad amare?

Ecco... Ti ho fatto un regalo. Non iniziare a rompere dicendomi che non è il tuo compleanno e che al diciannove Giugno mancano circa tre mesi.” Il biondo le coprì gli occhi con entrambe le mani, arrestando la corsa.

Cominciò quindi a camminare in silenzio, lentamente.

Questo sarà il nostro rifugio. Un posto in cui potremmo stare del tutto soli.” Niall concesse ad Allin di aprire gli occhi.

Alla ragazza per poco non cedettero le gambe. Le aveva costruito una casa sull'albero, dopo che lei gli aveva rivelato che spesso anche la sua roulotte sembrava opprimerla.

Ho chiesto a Greg e ad alcuni suoi amici di aiutarmi. Le altalene alla base e le corde per arrampicarsi le ho aggiunte io. So che ti fa sentire ancora bambina montarci sopra.”

Niall.”

Sì?”

E' una delle cose più belle che abbiano mai fatto per me.” Dichiarò la ragazza, mordendosi poi le labbra per placare l'emozione.

"Sei fondamentale, Nì." Allin incominciò a piangere, ancora una volta ebbe l'orribile sensazione che lei e Niall si sarebbero separati, per sempre.

* * *

Era sera. Allin aveva appena finito di piangere, sciacquandosi per l'ultima volta il suo viso caldo ed arrossato.

"Allin, sbrigati. Sistema tutto. Ce ne andiamo." Gonzalo entrò nella sua roulotte, con impetuosità.

"Cosa, scusa? Scherzi?" La ragazza si alzò il di scatto, il suo cuore aumentò il ritmo dei battiti, incominciando a scalpitare come un cavallo al trotto.

Gli occhi azzurri di Allin si posarono su quelli scurissimi di Gonzalo, cercando in questi una traccia di scherzo, un qualcosa che le avrebbe permesso di capire che l'uomo le stava mentendo. Passò un minuto.

"No... Cioè... No!" Esclamò allora la ragazza, cui labbra cominciarono repentinamente a tremare.

"Sì invece. Di corsa anche." L'addestratore di tigri guardò la giovane con odio, fermezza, incrociando le braccia muscolose al petto.

"Papà... Ti prego!" Allin si inginocchiò letteralmente a terra, unendo le mani a mo' di preghiera. Si sarebbe abbassata a tutto, avrebbe perso ogni dignità, pur di restare, pur di avere la possibilità di vedere Niall un'ultima volta.

"Sta zitta! Questa è una mia scelta. Tu devi solo sottostare."

"Mamma non lo avrebbe mai fatto!" Urlò la bionda, usando anche ingiustamente la carta della madre.

"A me non frega un cazzo di quello che avrebbe detto tua madre.” Affermò Gonzalo. “Un emerito cazzo." Ribadì con più durezza nella voce, emettendo un ghigno gutturale che spaventò la diciassettenne.

"Ti prego. Non ora! Non così almeno!”

"Stupida ragazzina. Partiamo adesso."

"Dannazione. Ti chiedo solo un giorno in più! Uno! Perché mi fai questo? Perché?! La tua mente è malata!" Allin incominciò ad avere coniati di vomito, per il troppo pianto.

“Tu mi hai rovinato la vita! Hai rovinato tutto.” Tuonò ancora l'uomo, schiaffeggiandola su una guancia.

La bionda spalancò gli occhi, non a causa del gesto violento del padre, ma del fremito che lo aveva scosso, facendogli tremare la voce.

Gonzalo poi voltò la testa, le lanciò un'occhiata colma d'odio, infine uscì dalla sua roulotte per agganciarla al camper, con il quale i due sarebbero partiti per la Spagna, aspettando la compagnia che li avrebbe raggiunti in settimana.

* * *

“Gonzalo. Sai che a noi non frega niente di andarcene da qui... Ma sappi rovinando la vita ad Allin non raggiungerai niente. Quello che è successo diciassette anni fa non cambierà mai.” A parlare fu Diego, che si arrestò alle spalle di Gonzalo, sangue del suo sangue.

“Io la odio. Quanto ho pianto a causa sua, fratello? Te lo ricordi?! Tutte quelle notti passate insonni... E la cosa peggiore? Dover sopportare tutto senza potersi ribellare!” Lo spagnolo rise amaramente, in modo quasi inquietante. Non avrebbe pianto, non più: lo aveva fatto per troppo tempo.

“Per cosa poi?! Per salvare il culo a nostro padre, al nostro clan che si stava lentamente sgretolando perché composto solo da ladri falliti... E adesso? A cosa sono serviti i soldi dei Dooley? A un cazzo!” Aggiunse infine, dando un pugno sul cruscotto del camper.

“Io mi sono fatto il culo con questo circo, io ho sopportato di stare accanto ad una donna che non amavo più, io mi sono accollato Allin! Quantomeno adesso voglio tornarmene in Spagna.” Gonzalo afferrò il fratello per le spalle, guardandolo dritto negli occhi.

“Con i nostri soldi. Non con quelli dei Dooley, di quegli stronzi nomadi irlandesi che, alla fine, hanno pure rinnegato Marie lasciandole un bel nulla!” Diego deglutì. Si rese conto che suo fratello ne aveva passate così tante da diventare un mostro.

“Questo è il cellulare di Allin, gliel'ho preso come hai chiesto tu. Quando glielo darai?” La moglie di Diego, , raggiunse i due gitani.

“Tra qualche ora, giusto il tempo di avere la certezza che gli Horan avranno trovato la mia sorpresina, soprattutto Niall.” Gonzalo ghignò furbo, afferrando il cellulare dalle mani della cognata.

“Hai rovinato la vita ad un'innocente.” Costatò la donna.

“Non rompermi i coglioni. Ci vediamo in Spagna tra qualche giorno. Guai a voi se provate a dire qualcosa alla famiglia del biondino. Vi ammazzo.” L'addestratore di tigri diede uno strattone al fratello, poi salì sul posto del guidatore, chiudendo pesantemente lo sportello.

“Cercheremo di metterci in viaggio già domani pomeriggio.” Lo informò Diego.

“Ciao fratello.” Rispose lui freddamente.

* * *

L'ennesimo singhiozzo fuoriuscì dalle labbra di Allin, andando a sovrastare il dolce suono del carillon che aveva tra le mani. Il padre l'aveva chiusa dentro, l'aveva fatta privare anche del cellulare, unica cosa che la legava al mondo esterno. Chissà per quale motivo a lei sconosciuto. Il suo nido sembrava stringerla in una morsa mortale, il suo respiro si fece irregolare, pesante. All'improvviso Allin si alzò dal letto, in un momento in cui "lucida" non era certo l'aggettivo che meglio le si addiceva. Le lacrime le solcavano letteralmente il viso, quasi fossero acido in grado di scioglierlo, di distruggerlo, corroderlo.

"Apritimi!" Urlò con voce così roca che si fece paura da sola, udendo la sua stessa disperata richiesta.

"Ti prego!" Continuò ancora e a quel punto la sua voce sembrò scomparire.

La gola, inoltre, le bruciava terribilmente, chiusa dal pianto e infastidita dal gridare. Un attacco d' ira la scosse letteralmente. La ragazza iniziò a muoversi caoticamente nella piccola roulotte. Con un gesto fulmineo fece cadere a terra tutti le decine di statuette di coccio che teneva ad impolverare sulla cassettiera, facendole rompere in mille pezzi. Prese poi i tanti cuscini sul letto, lanciandoli con violenza dietro di sé. Distratta, inciampò sul tavolinetto basso posto al centro dell'abitacolo, ritrovandosi con la faccia a terra. Si alzò leggermente, giusto quanto le bastò per battere incessantemente un pugno al pavimento, per scaricare la rabbia, la tristezza e quel groviglio, quell'accumulo di sensazioni negative.

“Vaffanculo!” Urlò quindi la ragazza, alzandosi e rivoltando così, con forza, il tavolinetto. La bionda aveva perso completamente il lume della ragione, ma, sfruttando quel poco di lucidità, salvò i suoi appunti di vita e il calendario che segnava ormai il numero trecentosessantaquattro. Allin si guardò intorno. Alcune piume d'oca, imbottitura dei cuscini, erano sparse qua e là. Il pavimento era costellato da numerosi pezzi di coccio, biancheria, soprammobili... Rise. In un momento di pura follia. L'avrebbero sicuramente presa per pazza, ma cosa le importava?! Il suo corpo fu attraversato da un fremito. La sua parte razionale era in blackout: lo sguardo folle, le mascelle serrate, il volto contorto da un'espressione spaventosa lo confermavano. L'acrobata posò lo sguardo sulla cassettiera in legno, la cassettiera che conteneva i suoi mostri, i suoi incubi. L'aprì, di scatto. Uno dopo l'altro i suoi nastri, i suoi costumi da scena, le sue scarpette volarono per la stanza, raggiungendo i più disparati angoli nascosti. Non le importava se poi avrebbe dovuto ricacciare tutto apposto, tanto, in fin dei conti, le sarebbe servito per distrarsi dalla vita del circo.

Improvvisamente il suo respiro si fece nuovamente regolare. Allin chiuse gli occhi, quando li riaprì il suo viso si bagnò di lacrime. La ragazza si accucciò sul suo letto, prese in mano il cuscino, stringendolo poi tra le braccia. Ne annusò l'odore e sentì esserci quello di Niall. Quella vita la stava privando anche del ragazzo per cui avrebbe fatto ogni pazzia, del ragazzo che amava.

Allin sarebbe voluta scappare, subito. Lo desiderava ardentemente. Lei pero', sapeva benissimo che, minorenne, non sarebbe potuta andare lontana. Inoltre il padre da qualche minuto stava sfrecciando ormai in autostrada. Proprio per questo, se Allin avrebbe forzato e in fine aperto la porta della sua roulotte, sarebbe morta.

Schiacciata sull'asfalto.

Allin non voleva morire.

Sebbene completamente svuotata, Allin voleva vivere. Perché, vedendo il suo calendario, capiva che un barlume di speranza c'era. Trecentosessantaquattro giorni, poi avrebbe preso in mano la sua vita.

“Trecentosessantaquattro.” Mormorò, quasi a voler accertarsi che quella era la realtà.

Incredibilmente, com'era iniziato, tutto finì. Allin chiuse gli occhi, portandosi le mani sulla fronte, per cercare di alleviare il mal di testa. In quel momento sentì la roulotte fermarsi. Il padre aveva probabilmente deciso di fare una sosta per mettere benzina.

“Questo è il tuo cellulare.” Gonzalo scese dal camper e raggiunse Allin nella ruolotte, lanciandole poi il suo smartphone sul letto. L'uomo non degnò la ragazza di uno sguardo. Uscì e riprese a guidare verso il porto, dove avrebbero preso la nave per raggiungere la Spagna.

"Niall..." La ragazza notò la presenza di un messaggio del biondo, non appena inserì il codice di sblocco.

“Allin. Dimmi perché. Perché hai fatto tutto questo? Perché mi hai illuso per mesi? Credevo che mi volessi bene! Mi hai solo mentito e... Rovinato la vita. Non azzardarti neanche a rispondermi, non inventarti scuse inutili ché, davvero, ne ho abbastanza.”
 

Spazio autrice

Non mi piace. Non mi piace per niente, lo ammetto. Ma tralasciamo... Come avrete capito, da questo capitolo la storia prende una nuova svolta. Ho volutamente eclissato alcune scene e dettagli, per poi riprenderle nel capitolo successivo e lasciarvi un po' di suspance in questo... Dunque. Sappiate che ho una cotta per Gonzalo e che la sua storia è più intrecciata di quanto sembra. Che dire... Quell'uomo cova dentro un enorme odio. Marie sapeva che sarebbe morta? Sì e questo le ha permesso di fare qualcosa che poi aiuterà Allin, almeno per un po'. Tornando a Gonzalo... Prima la sua chiacchiera con il fratello, poi il messaggio di Niall. Nulla è casuale e verrà spiegato più avanti. Bene, detto ciò posso ringraziarvi? Sappiate che con le vostre recensioni e con le vostre risposte a quel messaggio di avviso mi avete commossa. Sono dolce io, a volte. Un grazie anche alle 56 persone che mi hanno inserita tra gli autori preferiti. Spesso ringrazio per recensioni o inserimenti, ma tralascio questa lista. Beh, scusatemi, davvero. Cosa posso aggiungere... Ah, in questa settimana avrò lasciato una quarantina di recensioni, ma ho anche stilato un calendario giornaliero con le cose da fare. Domani dedicherò due ore al rispondere alle recensioni, martedì le lascierò alle storie che seguo e così via. Sono motivata e decisa! Inoltre sto scrivendo una OneShot Ziall che posterò qui e che parteciperà ad un concorso... Mi sto rendendo conto di star maturando come pseudo scrittrice e devo dire che questo mi ha lasciata davvero sopresa.
Beh direi che ho finito il mio spazio, a domenica prossima!
Come sempre vi invito a recensire. Avete una settimana di tempo, vi prego. c:
Giorgia.

 

   
 
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