II. Attimi di terrore
Quando
il treno si fermò ad Hogsmeade Katiusha era già riuscita a conquistarsi
l’antipatia sempiterna di Sirius suggerendo a James ogni mossa per
stracciarlo, talvolta fornendogli anche più possibili opzioni quando era
il suo turno. L’imprudente ragazzo, dunque, appena il treno si fu fermato
completamente, si lanciò fuori dallo scompartimento e poi a terra di
volata.
Balzò
giù dal treno così, impetuoso, animato e incarognito a morte, i
capelli di corvo scomposti sul viso, gli occhi argentei balenanti di
un’irritazione che accresceva l’aspetto tenebroso e il mantello
svolazzante alle sue spalle, e l’effetto di quella scenica comparsa fu
tale che persino Hagrid fu raggelato dallo sgomento.
Dapprima
un urlo corale immondo, di un’acutezza agghiacciante che sfondava i
timpani, provenne violento dallo strano vagone di coda. Poi quello
tremò, ondeggiò, sobbalzò sui binari ed infine
vomitò sulla pensilina di Hogsmeade un fiume
di fanciulle urlanti che, dopo un momento di isteria e balzelli scomposti sul
posto, caricò con furia di centauri imbizzarriti. La pensilina
tremò quasi ci fosse stato un terremoto e Sirius si ghiacciò sul
posto sgranando gli occhi con incredulità assoluta, inerme davanti a
quell’aggressione bella e buona a danno della sua persona. Vide solo una
marea di gambe lunghe, tette balzellanti e bocche spalancate in un grido
famelico avvicinarsi a rapidità inusuale – molte tra le ragazze,
del resto, possedevano capacità fisiche inconsuete degne dei più
eccelsi sportivi – e poi l’onda d’urto lo investì
tremenda.
“Occhio!”
sbraitò James, che si stava affacciando dal treno per seguirlo,
affannandosi a richiudersi la porta del vagone alle spalle e poggiarvi contro
la schiena, lanciando agli amici uno sguardo terrorizzato.
“Cos’era
quel boato?” chiese Remus, finendo di allacciarsi il mantello.
In
quel momento il loro vagone dondolò sinistro, e Peter quasi ruzzò
in terra.
“Credo
che Pad sia stato assalito da una quarantina di Selene,” mugugnò
James nervosamente. Remus sgranò gli occhi mentre Katiusha,
nell’udire un nome femminile accostato a quello del suo Siry, si fece pronta e attenta. Poi il licantropo
rientrò nello scompartimento, lanciò un’occhiata fuori dal
finestrino e sbiancò in viso.
“Per
Godric!” sbottò allarmato. “E tu lo lasci così? Ma
che razza di amico sei?” eruppe all’indirizzo di James,
raggiungendolo in due salti e spostandolo bruscamente dalla soglia che si
affrettò a riaprire, intrepido.
Lo
spettacolo era terrificante: Sirius era ormai scomparso sotto quella valanga di
prorompenti corpi femminili che si agitavano come Spioscopi
idrofobi e Hagrid tentava invano di scavare tra essi
per recuperarlo. Una ragazza dai capelli biondi lunghi fino alle ginocchia lo
stava strozzando con un incantesimo raccapricciante: la sua folta chioma si
muoveva come animata da una forza sconosciuta, serrandosi intorno al suo collo
per strangolarlo.
“Lo
conosco!” esclamò Katiusha, comparendo
al fianco dell’ex Prefetto. “E’ il terribile Incanto Raperonzus! Ne ho letto sul De Potentissimus Marisuibus,
è un anatema di grandissima potenza. Dobbiamo intervenire,”
stabilì risoluta, sgambettando giù dal predellino col fido libro
stretto in mano.
“Il
De cosa?” ripeté James,
urlando per sovrastare gli starnazzi delle predatrici. Un nuovo movimento di
quel serpente umano si espanse fino a urtare il vagone, che quasi si
ribaltò, lui perse l’equilibrio, rotolò sgraziatamente
contro Remus ed entrambi precipitarono a terra. Ormai erano in ballo e, da veri
Gryffindor, si buttarono nella mischia lanciando Schiantesimi per soccorrere l’amico, mentre Katiusha si occupava di liberare Hagrid
stordendo l’avversaria con alcune frasi pronunciate nell’oscura
lingua di Mordor, che padroneggiava alla perfezione.
“Ha
la sua canottiera!” ruggì improvvisa una voce cristallina.
“Quella vacca ha la sua canottiera!”
A
pronunciare quelle parole risentite era stata un giovane sui quindici anni, con
corti capelli ricci e neri e occhi d’un magnetico viola intenso, puntando
la mano verso una seconda pulzella che, nascosta sotto un mantello intarsiato
in oro massiccio, cercava di scivolare fuori dalla ressa senza farsi notare
dalle altre che ancora si accalcavano su Sirius. Tra le mani aveva un
canottiera bianca stracciata che serrava spasmodicamente.
Una
serie di borbottii ostili cominciò a diffondersi e poi un unico, sordo
ringhio animalesco sancì il nuovo attacco ai danni della ladra di
biancheria. Man mano le ragazze si spostarono per assalirla, accumulandosi
l’una sull’altra come pezzi del Tetris, sicché
dopo alcuni momenti mentre Katiusha, con precisi
colpi di bacchetta e un po’ di sputo guaritore brevettato Mary Sue,
rimetteva in piedi Hagrid alla meglio Remus
poté intravedere una carcassa abbandonata a terra. In mutande.
“Sirius!”
sbottò con enfasi, mentre James scuoteva la testa con espressione
funerea e dolente, mormorando qualcosa come era
un grand’uomo, e un vero amico. Il
licantropo non gli badò, slanciandosi verso l’animagus
infortunato.
Sirius
era scompostamente riverso a terra. Presentava abrasioni multiple, lividi e
contusioni, era sconvolto e semincosciente.
“No…no…pietà,”
cantilenava sommessamente, respirando a stento.
“Pad…coraggio,
ti portiamo in infermiera,” tentò di calmarlo Remus, stringendogli
affettuosamente la mano.
Lui,
a quel nuovo tocco, tremò e si ritrasse spaventato, estraniato dalla
realtà.
“Ti
prego, lasciami le mutande!” gemette stordito.
Remus
sbatté gli occhi un paio di volte, sconcertato.
“Non
pensavo di…togliertele adesso,” borbottò senza potersi
trattenere, perplesso. “Sono io, Sirius, stai tranquillo. E’ tutto
finito,” aggiunse più dolcemente, commosso dal suo smarrimento e
dalla sua evidente prostrazione.
“Su,
andiamo, prima che si ricordino di lui,” intervenne James risoluto,
carezzando rassicurante la spalla nuda e pesta del migliore amico intanto che
Peter, guardingo, si avventurava giù dal treno. “Evans! Gryffindor-barriera!”
impartì deciso, dando prova di vero spirito di Caposcuola. La compagna,
che insieme ai Prefetti di tutte le Case aveva tenuto a distanza di sicurezza
gli altri studenti, annuì ferma, prima di puntare la bacchetta in aria
ed emettere un grazioso sbuffo rossiccio, mentre Hagrid
si affrettava a portare in salvo gli studenti del primo anno, tutti
terribilmente sconvolti da quello spettacolo crudo e violento.
“Rosso
oro, in formazione!” esclamò Lily imperiosa. Di scatto, tutti i
membri della Casa di Godric si portarono coraggiosamente in avanti a proteggere
la ritirata dei Marauders, nel classico schema
definito dai Muggles “a testuggine”. I
tre amici caricarono Sirius sulla prima carrozza, che partì rapida in
direzione del castello.
“Li…vedo…li…sono
enormi,” biascicava Sirius, fissando ad occhi sgranati l’apertura
sul davanti della carrozza.
“Vedi
cosa, Pad?” gli mormorò James comprensivo, ravviandogli i capelli
sudati.
“Sono
loro…la carrozza…”
Remus
s’illuminò di comprensione, serrando la presa sulla mano
dell’amico.
“I
Thestral,” affermò cupo
all’indirizzo degli altri due. “Può vederli solo chi ha
visto la morte,” spiegò lugubre.
James
annuì in silenzio, fosco, deglutendo a fatica mentre Peter, terreo, si
appoggiava alla parete della carrozza con un muto gemito.
Due
ore dopo, in seguito alle cure di Madama Chips,
Sirius Black aveva parzialmente recuperato la straordinaria avvenenza che gli
era propria, oltre a parte della sua salute mentale. Gli avevano cacciato in
gola a viva forza sette etti di cioccolata per calmarlo e farlo smettere di
gemere e, nonostante lamentasse a quel punto un violento mal di stomaco, almeno
aveva smesso di tremare. Era abbandonato sul materasso in una posa
involontariamente languida, i capelli scompigliati in un’onda d’inchiostro
che gli contornava il viso, ancora pallido ma già tornando
all’armoniosa piacevolezza incantevole di sempre, e sorrideva sfavillante
ai tre amici che, fedeli, non avevano lasciato per un solo istante il suo
capezzale.
“Mi
avete salvato,” affermava con enfasi. “Siete fantastici, ragazzi.
Mi avete salvato.”
“Per
te questo e altro, Pad,” si schermì James con enfasi. “Non
temere, è tutto a posto. Io e Moony abbiamo elaborato una teoria,”
aggiunse con fare cospiratore.
“Quale
teoria?” s’informò il convalescente, prima di mugugnare
disgustato perchè Madama Chips gli aveva
infilato in bocca un altro quadretto di cioccolata approfittando del fatto che
l’avesse aperta per parlare.
James
si voltò verso Remus, che annuì sbrigativo.
“Noi
pensiamo che si tratti di allucinazioni,” spiegò serio.
“Abbiamo ragione di credere che quello in cui siamo stati coinvolti sia
stato un episodio di vaneggiamento collettivo dovuto alla dispersione di
pozione delirante sul treno,” continuò, per la verità
piuttosto dubbioso.
“Ma
quelle chi erano? Io non le ho mai viste! Cosa vogliono da me?”
ribatté l’altro con angoscia.
“Potrebbe
trattarsi di allucinazioni,” osservò James deciso.
“Ma
mi hanno quasi pestato a morte!” protestò giustamente Sirius.
“Magia
Oscura,” mormorò Peter, rabbrividendo inquieto.
Sirius
si rabbuiò, torvo, stringendo le mani a pugno.
“Sono
sicuro che c’entra Snivellus,”
sbottò stizzito.
Remus
e James si scambiarono un’occhiata inquieta e rassegnata, il primo
sospirando tra sé, il secondo grattandosi il mento con imbarazzo.
“Sirius,”
fece infine Remus, riluttante, “questa tua ossessione…”
“Non
è un’ossessione! E’ stato lui, ne sono certo!”
berciò il Pureblood indignato.
“Dicevi
così anche quando non riuscivi a trovare il portapenne…e quando la
stringa del tuo stivale si è spezzata…e quando sei caduto dalla
scopa durante gli allenamenti dei ragazzi della squadra…”
borbottò James a disagio.
“Ma
era vero, quella volta!” protestò lui con sempre più
veemenza.
“Ma
se non era nemmeno a scuola…” sbottò Remus esasperato.
“Fingeva
di non esserci! Era tutta una montatura!”
“Ma
c’era il funerale di suo padre…” osservò Peter
sottovoce.
“Esatto!
Lo ha ucciso apposta per far credere a tutti che sarebbe stato assente, ma era
qui, è stato un piano per farmi cadere dalla scopa. Ve lo giuro!”
continuò Sirius con sguardo fanatico, addentando con foga
dell’altro cioccolato e sputandolo via subito dopo non potendone
più. “Snivellus è il Male…”
continuò, lo sguardo perso a fissare il vuoto con cupezza.
James
si schiarì la voce, preferendo soprassedere. Fece per riprendere a
parlare, ma la porta dell’infermeria si aprì in quel momento, e
Remus scattò in piedi pronto ad azzannare qualunque ragazza estranea che
si fosse palesata, balzandole contro. Fu quindi con un certo imbarazzo che si
immobilizzò con le mani arpionate al polso e i denti a due centimetri
dalla carne del braccio incartapecorito del Preside Dumbledore.
“Buonasera,
signor Lupin,” lo salutò questi con leggiadra allegria. “La
trovo bene.”
“Preside…
Buonasera,” borbottò il licantropo affrettandosi a lasciargli il
braccio. “Io stavo…Non è come sembra.”
Dumbledore annuì comprensivo, allungandogli subito
dopo una pacca sul sedere.
“Difendere
gli amici, questo è vero spirito Gryffindor,”
commentò con approvazione, mentre Remus si affrettava discretamente a
ritrarsi. “Come si sente, signor Black?” aggiunse con premura.
Sirius
fece spallucce con espressione eroica, sotto il noto sguardo definito
penetrante e in realtà atto a lumare le grazie
dei suoi studenti dell’anziano Preside.
Del
resto non lo aveva espulso dalla scuola dopo un tentato omicidio, e una ragione
doveva ben esserci.
“Sto
meglio,” affermò sostenuto. “Cos’è
successo?”
Dumbledore si fece serio e pensoso, giocherellando con
la punta della barba.
“Suvvia,
Sirius,” commentò distaccato, “mi pare lampante: alcune
delle nostre nuove studentesse manifestano un certo interesse per la sua
persona. Come dar loro torto, del resto,” aggiunse lezioso, con un
occhiolino.
Sirius
sospirò preoccupato, voltando lo sguardo su James.
“Ma
Preside, cosa ci fanno qui?” chiese lui, venendogli in soccorso.
Dumbledore sospirò meditabondo, gli occhi
azzurri lontani.
“Sembra
che quest’anno ci sia stato un trasferimento in massa nella nostra
scuola. Ci sono pervenute trentacinque richieste, tutte accolte,”
spiegò mite.
“Perché
tutte?” obiettò Remus contrariato.
“E’
convinzione del collegio docenti, cioè mia,” iniziò Dumbledore solenne, “che tutti gli studenti meritino
l’occasione di frequentare Hogwarts, come lei stesso sa bene.”
“Ma
io la gente la sbrano, non la stupro!” protestò Remus
scandalizzato.
“Comunque
sia,” replicò l’anziano mago bonario, “sono certo che
simili episodi non si ripeteranno. Riposatevi, cari ragazzi,” concluse,
con uno sguardo carezzevole ai bicipiti di James. Sorrise indistintamente agli
astanti, prima di lasciare la stanza.
“Vecchio
rincoglionito!” sbottò Sirius infuriato. “Lui e tutte le sue
menate sulla tolleranza e l’apertura! E adesso io che devo fare,
barricarmi in dormitorio fino al giorno dei MAGO?”
Nessuno
gli rispose.
Un’ora
dopo, Madama Chips gli diede il permesso di rientrare
alla torre di Gryffindor e i quattro Marauders, finalmente, poterono raggiungere la lo stanza
spostandosi con lo schema concordato per i casi di pericolo: Remus in
avanscoperta, i denti digrignati e le mani pronte a graffiare, James alle sue
spalle con la bacchetta sguainata, Sirius, insolitamente titubante e guardingo,
pronto a trasformarsi e mordere e Peter avvinghiato alla sua gamba con
espressione atterrita.
“Guarda,”
commentò Sirius asciutto, “che ce l’hanno con me, non con
te.”
“Non
si sa mai,” fu la prudente risposta di Pettygrew.
“Meglio a te che a me, come si dice.”
Sirius
sbuffò rassegnato, continuando a tirarselo appresso come un koala
aggrappato alla madre, finchè non arrivarono
al dormitorio, dove Frank Paciock
li aspettava sveglio.
“Oh,
Sirius,” esclamò rasserenandosi. “Stai bene? E’ stato
tremendo, mi dispiace.”
Lui
annuì stoico, allungandosi sul letto.
“Com’è
andato lo Smistamento?” chiese James gioviale.
Frank sgranò gli occhi, guardandolo allibito.
“Non
lo sapete ancora?” chiese stupefatto. “La quinta Casa!”
esclamò enfatico.
Remus
aggrottò la fronte, allarmato.
“Quinta
Casa?” ripeté cauto.
“Proprio
così!” confermò Frank, annuendo
vigorosamente. “La Casa delle nuove studentesse: Gryffindor,
Slytherin, Hufflepuff, Ravenclaw e Pussyrose!”
“Pussyrose?” intervenne Sirius interessato, non avendo
ancora ben compreso le dimensioni del problema nonostante i fatti intercorsi
parlassero chiaro.
“Certo.
E’ andata così…” iniziò Frank,
accoccolandosi sul proprio letto.
Hermykitty: Mmmh…bè. Non so se sono nomi già sentiti. È
possibile, perché ho cercato di sceglierli con criterio Mary Sue, ma non intenzionale. Sono lieta che la
storia ti diverta, che i Marauders non sembrino
troppo snaturati e che, insomma, l’insieme sia godibile. Quanto al
matrimonio tra Peter e Selene…bè, vedi,
lei è innamorata di Sirius ^__^. Ma chissà, forse è
proprio per questo che Peter farà quel che sappiamo, è geloso
della bella criceta. Hihi.
A presto.
Anna Mellory: Dai, hai scritto quasi giusto. Solo che è Mary e non Marie, ma il concetto è lo stesso. Ed eccoti il
seguito. Grazie.
Facsa: hihi. Non è proprio il caso
di adorarmi per così poco. Anche perché in effetti è vero,
non c’è bisogno di sforzarsi più di tanto per rendere
questo genere di situazioni ridicole, lo fanno da sé. Proprio stamattina
leggevo una storia che…oh, fa niente. Ringrazio le prolifiche autrici che
mi forniscono tanti begli spunti. Sì, Sirius è un po’ una
Mary Sue. Succede spesso che venga reso così – anch’io ho
talvolta quest’insana tendenza – e ho pensato bene di calcare la
mano anche su questo nella ff. grazie.
LilyLuna: oh, grazie. Non penso proprio di essere un genio –
è una delle ultime parole che userei per descrivermi, in effetti –
e soprattutto non per questa scemata. Grazie anche per le dolci parole sull’aggiornamento
di Ambitions, e per la Table,
e per le lacrime versate sulle tristi vicende dei Marauders.
fog: ma no, mi spaventi la gente in sala d’attesa dal
dentista, ma poveracci, già sono lì che aspettano di farsi
sforacchiare le gengive… Sono lieta di avere anche stavolta la tua
approvazione (finora in effetti mi hai bocciato solo Les
Jours Tristes, e un po’
te ne voglio per averlo fatto ^__^) e sai, quanto al fatto di non essere
costretti a leggere certe robacce sono giunta alla conclusione che, almeno nel
mio caso, si tratti di puro masochismo. Quindi mi commuovo nuovamente per la
dolce sviolinata nella parte finale (tra l’altro, di’ a billy che è inutile che sia geloso: la mistica
intesa tra il mio cervello e il tuo è qualcosa cui nessuno può
opporsi) che come sempre mi colma di giuoia profonda.
Ah, dimenticavo, una cosa che mi hai chiesto tempo fa: sì, ho i capelli
rossi (ma tinti, non è il mio colore naturale). E gli occhi verdi. Ma le
analogie, credimi, finiscono qui ^__^. A presto, splendore.
Mixky: io invece ho riso tantissimo per il tuo commento, non so perché.
Sarà che mi sono immaginata quel “povero Remus, è troppo
sfigato” detto con calore e partecipazione, e m’è partita la
sghignazzata. È verissimo, del resto, Moony ha una iella che non
è umana. Grazie, a presto.