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Autore: Checie    12/06/2008    2 recensioni
Questa è la mia vita, in pochi capitoli. Tutti i fatti e le persone citate sono realmente esistenti o esistiti. Tutti i riferimenti sono puramente voluti. Spero vi piaccia!!!!!!!
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pasta5 LATO OVEST (Il Sol Calante, o quello che è, alias i maschi)

Matteo, Andrea e Alberto, aka Teo, Pera e Abe: il Trio delle Meraviglie per eccellenza, i maschi della mia classe (a parte Enrico, che ha il suo spazietto personale, non abbiatevene a male). Il primo altissimo, magro con il naso leggermente pronunciato e uno dei compagni di banco più assurdi che abbia mai avuto, il secondo moro, occhi azzurri, pallavolista ed incredibilmente maturo (il 70% delle volte) ed il terzo biondo, fastidiosamente bello, enigmatico ed accanito sperperatore della sua invidiabile intelligenza. Sono stata in banco con tutti e tre (anche se quelle tre mattinate passate di fianco ad Alberto non possono definirsi un gran successo, è come se io venissi da Kuala Lumpur e lui fosse un Papuano) e sono davvero indescrivibili. Fra Teo che mi teneva delle conferenze sulle sue vacanze a Sottomarina e cercava ogni sistema per scappare dalla Benedetta, per non parlare dei dibattiti infiniti con Pera sugli immigrati ed il concetto di famiglia ed i discorsi-non discorsi con Abe (il massimo che abbiamo raggiunto è stato incollare sul suo avambraccio un incarto vuoto di gomma per cancellare Staedtler per farci non mi ricordo più cosa). Teo forse è il più fuori dal mondo, che scruta i libri che leggo durante le ore di lezione (ehm-ehm…) con espressione criptica, ma in compenso mi aggiorna su ogni dettaglio della Juve, al che io, interista, spengo le orecchie. Con Teo siamo anche stati sposati, ma abbiamo divorziato subito, non c’era abbastanza feeling, grazie a Dio! Pera è più, non saprei…molto particolare…insomma, può tirare una bestemmia (molto male), ma poi essere il più saggio di tutti e trovare una soluzione super-brillante ad un problema incredibile. L’unico dramma sono le lingue straniere, ma credo che prima o poi ne uscirà (insomma, fra 3 anni le superiori saranno finite e per lui anche la tortura di inglese e tedesco). Abe, invece, è su un altro pianeta, sistema, galassia, forse anche un altro universo, non lo so, non l’ho mai capito, ed è la mia più grande frustrazione. Tu, Alberto, lo devi lasciar vivere in pace, con i suoi bei vestiti, gli occhi limpidi e la personalità impenetrabile. Se non ti parla, se ne va, oppure si limita a fissarti come se ti volesse uccidere, beh…magari non ti vuole così male, è solo fatto così, non c’è altro da chiedersi. Se vorrà ti parlerà, altrimenti no. Ed è inutile che tu ti preoccupi o cerchi qualcos’altro. E’ così.


Marco: Marco ha milioni di pregi, ma perché elogiarne le qualità, come fanno tutti (me compresa), quando ha dei difetti così interessanti??? Per esempio, è superstizioso. Sto parlando di livelli patologici, roba del tipo “macchina gialla porta sfortuna”, oppure “mai appoggiare un berretto/cappello sul letto” o ancor meglio “se non riesci subito a forare l’Estathè con la cannuccia prendine un altro e bevi quello che non si apriva solo per ultimo, una volta finiti tutti gli altri”. Un altro fattore che lo rende un filino orrendo, ma anche assolutamente delizioso, è l’abbigliamento: magliette sformate che si perdono sul suo fisico mingherlino, felpe con degli strani robot disegnati o in alternativa con un cuore dentro a una stella dentro a un cerchio, scarponcini da trekking con aggiunto plantare, pantaloni di velluto a coste che puntualmente distrugge giocando a calcio e poi loro, I CAPPELLI. Ora, il cappello è passato di moda negli anni settanta, soprattutto la coppola da pensionato e il berretto moscio di lana da puffo, ma a Marco non interessa: sfoggia con ammirevole sprezzo del ridicolo cappellini da baseball arancioni con occhiali da sole (senza stanghette, logicamente) incorporati nella visiera, cappelli da cowboy, strane architetture di panno che sembrano dei copri stufa e altri pezzi rari, tutti reperibili presso la boutique del cappello di Lillo Bacco, di cui Marco è l’unico cliente da qualche decennio a questa parte. Lui non ti dice che lo fai arrossire, ti dice che sta magentando, se ti fa male il polso si offre di scuoiare un bue per poi usare le pelle come benda, ti salta in groppa senza dirtelo prima, facendoti rovinare al suolo sotto lo sguardo esasperato della signora Patrizia, se stai male con te stessa ti porta a camminare sotto la pioggia di luglio e salta dentro una pozzanghera solo per vederti ridere, si dipinge dei baffi finti e comincia a parlare con accento francese, fingendo di fotografare tutti, si arrotola un maglione sulla testa, poi ci mette sopra un cappello e gira per tutta la piazza conciato così, salta e balzella ovunque posseduto dal demonio, fregandosene delle ore pomeridiane di Cotronea, dei flebili richiami della signora Lorella e del regolamento d’Istituto. È…non saprei…Marco. Credo che come definizione sia sufficiente. Altre non ne ho.


Enrico: è il mio compagno di banco da tre anni, mio figlio (anche se solo per finta), uno che abita nella traversa dopo la mia, il fidanzato della Gloria, il ragazzo più imbecille che abbia mai conosciuto e anche il più chiassoso. In pratica gli voglio molto bene. Detto ciò le parole si sprecano: ha una fissa per la moto (la sua), la ragazza (la sua), i muscoli (i suoi), la palestra (la sua), la squadra di basket (la sua) e tutto quello che si può contare fra i suoi possedimenti. È infinitamente alto con due spalle infinitamente grandi e infinitamente incassate perché allena solo i pettorali e non gli addominali (se avesse ascoltato le sagge parole di Matteo, ora sarebbe tutto diverso). Non sta zitto un attimo, tranne la mattina alle otto (ma neanche tanto) o quando legge Dylan Dog, non si preoccupa MAI delle conseguenze di quello che fa e, naturalmente, ha classificato lo studio come attività incredibilmente dannosa per la sua salute psicofisica. Ha un fratello che sembra uscito da un revival di Starsky&Hutch che passa la metà del suo tempo in bagno, una madre e una zia che quando si siedono in macchina la testa non spunta dal finestrino ed un padre catanese che lo porta nei meandri del bronx siciliano ad ogni festa comandata. Usa fondamentalmente quattro parole: figo, figa, tipo, assurdo. Basta. Se si sente particolarmente ispirato infila anche qualche “cioè” di qua e di là. Leonardo, il suo nipotino di un anno, ha un vocabolario molto più ampio. È noto per indossare assurde camicie gialle o rosse, canotte da scaricatore di porto che lasciano intravedere rigogliosi ciuffi di pelo nero e per tenere sempre i colletti alti, da bravo tamarro quale è. Si fa rimbambire dall’house e passa molti weekend in discoteca, gli piacciono le ragazze col culo sgonfio (tranne la Gloria) e se una non è anoressica non la caga nemmeno di striscio.
Questo è quello che da a vedere, il resto è privilegio di pochi.





SPAZIO ASSOLUTAMENTE MIOOOO:
Dunque dunque…che dire? Mi sentivo particolarmente ispirata perciò ho dato vita anche al Lato Ovest, e ho scaricato un po’ il mio cervellino sovraccarico di idee e di affetto immenso per questi ragazzi che, in fin dei conti, sono davvero la mia vita. Questo è però anche un momento piuttosto triste, perché sono giunta all’oggi, e qui in teoria finisce la mia vita (nel senso che la sto ancora vivendo). Però se la storia vi piace, se ci tenete, ditemelo, che ho qualche ideuzza sparsa per parlare di altri aspetti del presente (e perché no? Anche del passato) che ho tralasciato, che ho approfondito meno, o che proprio non ho nominato…insomma fatemi sapere!
Arrivederci al prossimo capitolo (se lo vorrete),
Checie

ZERBY:non smetterò mai di ringraziarti per tutti i tuoi complimenti…sei gentilissima!

URDI: che ti devo dire? Quando mi metto qui per rispondere alle tue recensioni mi sento così bene…leggerle è ogni volta un piacere immenso! Credo che tu possa tranquillamente essere la mia gemella perduta, si dice che ognuno abbia una copia carbone di se stesso da qualche parte nel mondo, forse io ho trovato la mia!XD Poi il fatto che ti chiami Annalisa, come mia madre, secondo me è un segno….a parte gli scherzi, sono molto più che felice di conoscere un’altra persona che la pensa come me. Onestamente scriverei 800 capitoli di questa fic quasi solo per poter leggere le tue recensioni!^_____^Comunque, ti ringrazio per aver definito il mio modo di vedere le cose “semplicemente chiaro e perfetto”…Io ne dubito ancora. Non so tu ma certe volte mi sembra di avere una frittata in testa e di non capire più un tubo di niente! E questo le mie amiche lo sanno bene, costrette spessissimo a sopportare le mie crisi mentali…ogni due-tre giorni il cervello mi si fonde neurone per neurone e io passo del tempo praticamente con un brodo dentro le ossa craniche, e non è che sia proprio una bella cosa!
Grazie ancora e scusa la risposta infinita. Baci!
  
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