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Autore: Kerura Kaguya    04/02/2014    0 recensioni
Questa storia parla di Kerura Kaguya, la sorella minore di Kimimaro Kaguya, e si propone di narrare la sua storia in prima persona, dalla sua infanzia, fino alla sua morte. Durante la sua storia, Kerura incontrerà molti ninja e dovrà fare i conti con il suo passato e con le sue origini, in un Villaggio della Nebbia ormai in decadenza, fino a trovare la sua via, dopo molte vicende, non sempre fortunate. Il personaggio è interamente ideato da me, ed è nato dall'amore verso il Clan Kaguya e dalla voglia di riscattare questo Clan, solo accennato nell'opera originale. Kerura si muoverà all'interno del mondo di Naruto, e vivrà una personale storia con molti dei personaggi dell'opera originale. Non mi resta che augurare a tutti buona lettura, sperando che vi piaccia. Ogni consiglio e/o critica è sempre ben accetta :)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo XVIII
Arrivederci, Konoha.



Quella sera, io e Itachi dormimmo nella stessa stanza, abbracciati sul letto, su cui ci stavamo a malapena. Eravamo pensierosi di quello che ci avrebbe atteso, viaggiare di inverno era comunque rischioso, anche se eravamo ninja potenti. Non potevamo dimenticare Alba, e altri criminali pronti a tutto pur di derubare, uccidere e via dicendo. Tsunade aveva inviato a tutti i Villaggi i dispacci sullo status di Itachi, e a quanto pare alcuni non erano molto contenti di questa decisione, però dovevano rispettarla, sussisteva un tacito accordo tra i Kage: se per un Villaggio un criminale non era più un criminale questi dovevano assecondare questa grazia, ma se avessero colto in flagrante il criminale compiere atti contrari alla legge, sarebbero stati legittimati ad ucciderlo subito invece che consegnarlo al rispettivo ex Villaggio di appartenenza, o di torturarlo, o di farne quello che si voleva, insomma, il criminale diventava di proprietà di chi lo aveva visto perpetrare il suo crimine. Tsunade era certa che Itachi non avrebbe fatto nulla di male, mai più, si fidava di lui, e di me. Mi strinsi sulla spalla di Itachi e lui mi accarezzò il viso: ”non temere, qualunque cosa accada noi staremo insieme per sempre e ti proteggerò per sempre, arriveremo a Kirin sani e salvi e rimetteremo in piedi quel Villaggio”- “non sei mai stato a Kirin?”- “no, mai”- “io non l’ho mai vista in realtà, ho sempre vissuto in prigione con Kimimaro, non ho idea di come sia fatta”- “da quanto dicono è impenetrabile e introvabile”- “lo pensavamo tutti, ma Orochimaru ha ucciso tutti gli abitanti del Villaggio, compreso mio padre, e anche degli innocenti”- “Orochimaru ha fatto molte cose sbagliate, ma adesso non dobbiamo più preoccuparci di lui, amore mio. Adesso pensiamo a dormire, ci aspetta un lungo viaggio”- mi baciò in fronte e chiudemmo gli occhi, anche se sapevo che Itachi era sempre vigile. La notte la passai un po’ agitata, sentivo che non ero tranquilla, ma Itachi, ogni volta che mi muovevo nel letto, mi rimboccava le coperte, mi abbracciava e mi accarezzava, come un fratello quasi. Matatabi mi scaldava per bene e il suo calore lo percepiva anche Itachi, ero sempre un falò acceso!

Albeggiò, ma la timida alba era coperta dalla neve, così potente, così inarrestabile. Mi svegliò Matatabi –“amore mio, Keru, Itachi è già in piedi, forza!”- ebbi un sussulto e mi svegliai, vidi Itachi indossare il copri fronte della Foglia non rigato, e stringerlo dietro alla nuca, ben saldo, sopra quei capelli raccolti sempre in una coda bassa –“buondì tesoro mio, sta notte sei stata parecchio agitata”- disse Itachi, mentre chiudeva le sacche. Gli tirai un cuscino in testa, colpendolo in pieno –“non siamo ancora sposati e tu ti comporti da marito?”- Itachi mi rilanciò il cuscino ed ingaggiammo una battaglia a cuscinate, il problema era che lui era avvantaggiato, aveva lo Sharingan! Io potevo solo lanciarli altrove, non avevo voglia di impegnarmi a schivarli. Poi Itachi saltò sul letto e mi afferrò per il camice da notte usato come pigiama improvvisato, mi sfregò le nocche sulla testa, scompigliandomi ancora di più i capelli, maledetto! Alla fine scoppiammo a ridere e ci prefiggemmo di preparare tutto in tempi brevi. Itachi era rimasto bambino, amava giocare e farmi scherzi con cuscini e cose simili. In mezzora eravamo pronti per partire. Scendemmo le scale dell’ospedale lentamente, e fuori, all’ingresso, trovammo molti ninja di Konoha asserragliati per salutarci, l’ultimo saluto della Foglia: c’erano il Maestro Kakashi e Naruto, Jiraya, Tsunade, Gai, Rock Lee, Sakura, Neji, Shikamaru, e altri ancora. Naruto venne verso di noi, con le lacrime agli occhi: ”Keru, in questo mese ti ho conosciuta e mi sembra di conoscerti da sempre. Spero vivamente che il tuo popolo ti ami, e che tu sia un buon Kage, anzi, il miglior Kage, almeno per ora, finché non diventerò Kage anche io!”-“lo spero anche io, Naruto. Spero proprio che il tuo sogno si avveri, tu sei uguale a me, abbiamo molto in comune”- Naruto allungò il pugno, e io risposi sempre con il pugno, e poi ci abbracciammo –“senti, io non sono bravo con i regali, ma abbiamo pensato di lasciarvi un pensierino ciascuno prima di partire, questo è il mio. L’ho comprato al mercato, è uguale al mio”- Naruto mi porse un piccolo porta monete a forma di ranocchio, era verde e molto carino, sulla sua pancia c’era ricamato il nome “Naruto” –“così, ti ricorderai di me sempre”- mi commossi, e lo abbracciai di nuovo, forte –“non potrei mai dimenticarti, Naruto, nemmeno sotto illusione!”- gli altri ninja si avvicinarono e Naruto si rivolse a Itachi –“oh! Stacci attento, che lei è tremenda!”- “eh, non lo sapessi, ma lo so! Stai tranquillo”- i due si strinsero la mano e si sorrisero. Kakashi si avvicinò a me e tirò fuori da dietro la schiena un giubbotto da jonin –“ormai non abbiamo più nulla da insegnarti, anzi, tu puoi insegnare a noi. Io e tutto il Villaggio abbiamo pensato di regalarti il giubbotto da Jonin, e la tua promozione speciale a Jonin, per merito in battaglia, non hai più nulla da dimostrarci, sei semplicemente la migliore”- io non mi rendevo conto del solco profondo che avevo scavato nelle anime di quelle persone, che avevo odiato e amato allo stesso tempo, non mi sembrava di aver fatto nulla di speciale in fondo, nemmeno un mese prima avrei voluto spazzare tutto via. Accettai il giubbotto verde con le mie mani tremanti dall’emozione –“io vi ringrazio davvero di questo grande onore, anche se è immeritato, lo accetto. Volevo solo dirvi però che mi avete lasciato molto di più di un semplice giubbotto o di una promozione, e questa è la Volontà della Foglia, l’amore che avete per il vostro Villaggio e per i vostri compagni non è pari a nessun regalo o pensierino che sia, è qualcosa che senti dentro, e io la sento. Vi ringrazio davvero molto. Davvero, siete la mia famiglia!”- non potevo trattenere le lacrime, abbracciai Kakashi con tutte le forze che avevo –“Maestro, se avessi potuto scegliere un padre, questo saresti stato tu. Non mi hai mai deluso, e ti prego, perdonami!”- Kakashi si lasciò andare ad un pianto davvero straziante, silenzioso e straziante, mi baciò la fronte e mi aiutò ad infilarmi il giubbotto da Jonin, che mi stava alla perfezione, sopra alla tunica viola che ero riuscita a cucirmi, con lo stemma del mio Clan –“per me, sarei sempre mia figlia, lo sei sempre stata, e lo sarai sempre!”- quella scena, così commovente, era davvero l’essenza dell’amore tra padre e figlia, lo amavo profondamente e avevo un rispetto tale da togliermi la vita per lui, come lui avrebbe fatto per me. Abbracciai ad uno ad uno tutti i membri di quel “gruppetto del saluto, ognuno mi aveva portato qualcosa, chi un ricamo, chi una bisaccia per kunai, chi delle scarpe, chi di libri, tutto era gradito. Sentivo che anche Matatabi piangeva, dentro di me, non lo aveva mai fatto, se non di nascosto per Kimimaro. Prima di andare definitivamente Matatabi mi fece un’insolita richiesta: ”Kerura, fammi uscire, vorrei salutare anche io gli abitanti del Villaggio, e anche Kurama”- intanto, Kurama fece la stessa richiesta a Naruto, e, si sa, le Forze Portanti possono interpretare anche la volontà dei cercoteri altrui. Io e Naruto ci rivolgemmo a Tsunade, pregandola di esaudire questa richiesta, e lei acconsentì, titubante. Ci spostammo fuori dal Villaggio, di qualche centinaio di metri, ci guardammo negli occhi, io e Naruto e in un breve istante fummo pervasi da una luce accecante, lui gialla e io blu. I capelli iniziarono ad alzarsi e in un istante i due Demoni erano usciti dai nostri corpi. I ninja di Konoha erano un po’ intimoriti dall’imponenza di quei due animali, così potenti. Io e Naruto impugnammo un kunai e ci salutammo con il pugno teso, e i due Cercoteri fecero lo stesso, con le zampe: ”Kurama, ti ho sempre odiato, ma sono fiero di te, hai reso questo ragazzo davvero speciale”- “Matatabi, devo ammettere che nemmeno tu hai fatto malaccio, complimenti”- Matatabi appena riceve un complimento si gasa e quindi iniziò a fare fusa, cercando di nasconderle a tutti i costi. La scena era impressionante, due cercoteri e due ninja che si scambiavano un segno di pace e di rispetto, non era mai successo nella storia di tutti i ninja. A Tsunade scesero alcune lacrime di commozione, era contenta di vedere una nuova generazione così piena di speranze. Matatabi poi si rivolse a Kakashi, abbassando il muso verso di lui, i suoi occhi illuminavano il viso pallido del figlio di Zanna Bianca della Foglia, dopodiché alzò la zampa infuocata e cercò, con un polpastrello, di appoggiarla alla sua spalla –“Grazie, Kakashi, sapevo che ci saresti riuscito”- Kakashi era un po’ impaurito, quel polpastrello era infuocato, ma non lo scottava. Timidamente allungò la sua mano verso l’enorme polpastrello –“grazie a te, a presto mi auguro!”- Matatabi sorrise e poi lanciò un ultimo sguardo a Kurama. Entrambi i cercoteri rientrarono nei rispettivi corpi. Ero davvero commossa da quella scena, così strana a vedersi, ed impossibile da credere. Mi voltai ed evocai Manda, che comparve diradando il fumo che lo avvolgeva: ”Ciao Kerura, che posso fare per te?”- feci segno a Manda con la mano di abbassare il muso, lo accarezzai intorno alle narici e alla bocca –“te la sentiresti di portarci fino al mare? Per Kirin? Sotto terra?”- “ma certo, da qui saranno circa 8 giorni, se tutto andrà bene”- “grazie, amico mio”- mi voltai ancora una volta verso Konoha, verso un pezzo della mia vita, e, con le lacrime agli occhi entrai nella bocca di Manda, insieme ad Itachi, alzai la mano urlando “arrivederci” e la bocca si richiuse. Era l’ultima immagine di Kakashi, Gai, Tsunade, Jiraya, Naruto. Non un addio, ma un arrivederci.
   
 
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