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Autore: Ambros    05/02/2014    6 recensioni
[AU!Klaine]
Quando Kurt torna dalla NYADA a Lima per fare una sorpresa al proprio fidanzato, l'ultima cosa che si aspetta è che David l'abbia tradito. Sconvolto, decide di allontanarsi da tutto e da tutti; parte per Firenze, ma l'ultima cosa che si aspetta è di incontrare lì qualcuno che lo farà sentire di nuovo bene: Blaine.
Dal testo:
-Poi il treno si ferma, lui si allunga per prendere la valigia – miracolosamente non la tira in testa a nessuno - scende quei pochi gradini sorridendo educatamente alla ragazza che è stata seduta accanto a lui, ed è lì.
Sul marciapiede grigio scuro attraversato da una linea gialla, il marmo rosso e bianco a qualche passo da lui che risplende per la luce che entra prepotentemente dalle vetrate sul soffitto.
C’è.
Firenze.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Burt Hummel, Dave Karofsky, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Love doesn't care about odds.
Capitolo II






 

Accende automaticamente il portatile ringraziando chiunque abbia inventato Internet.
Ignora bellamente la vocina che gli fa notare quanto tutto quello sia vagamente isterico, e in meno di venti minuti ha già trovato un volo low cost che la sera stessa lo porti a Roma, da lì un treno con cui possa arrivare a Firenze, e un albergo il cui prezzo non superi la retta annuale della NYADA.
Un sorriso esaltato gli si disegna sul viso quando sul desktop campeggia la scritta "Operazione completata con successo", e quasi esulta quando si rende conto che non dovrà nemmeno preparare la valigia, dato che ha pronta quella portata da New York; si alza dal letto con soddisfazione, spostando il portatile sul materasso, e corre in bagno a prendere lo spazzolino, il dentifricio e altri beni di prima necessità.
Si limita a buttarli alla rinfusa nel beauty case per poi tornare in camera; il sorriso sul suo viso si allarga quando nota la valigia poggiata vicino al letto, dove deve averla portata Burt meno di un'ora prima.
A quel punto, si rende conto di essere vagamente isterico. Si ferma nel bel mezzo della camera con un paio di scarpe in mano - nemmeno si ricorda quando esattamente le ha prese quelle scarpe - e la consapevolezza lo colpisce con una forza inaudita, facendolo annaspare.
David l'ha tradito. Tradito. È stato con un altro. Ha scopato con un altro. Perché lui non è mai stato abbastanza. E ha appena prenotato un volo per Firenze, usando la carta di credito intestata a suo padre.
Oltre il danno, anche la beffa.
Si asciuga con stizza una lacrima sfuggita al suo ferreo controllo, e si impone di mantenere la calma. Senza riuscirci. Una sola domanda continua a rimbalzargli in testa, costringendolo ad affondare le mani tra i propri capelli.
Perché?
Potrebbe dover considerare parecchi perché, in verità. In primis, perché David l'abbia tradito. Perché abbia sentito il bisogno di tradirlo. Ma è una domanda a cui non vuole trovare risposta. Poi riesce a prendere il sopravvento la parte pratica della sua mente: perché diamine ha prenotato un biglietto aereo per Roma? E come farà, esattamente, a spiegarlo a suo padre?
Allontana quella domanda dalla propria mente con un gesto infastidito della mano, impuntandosi con stizza: è abbastanza grande da decidere per se stesso. Certo, potrebbe comunque dare il biglietto a Finn; prima di rendersi conto che l'idea non è delle migliori, non può fare a meno di immaginarsi il fratellastro in giro per l'Italia, e la cosa lo fa ridere non poco.
In questo momento è piuttosto consapevole del proprio stato isterico.
Comincia a fare su e giù concitatamente nella stanza, dal letto alla finestra, alla disperata ricerca di una soluzione; scarta immediatamente l'idea di telefonare in Italia per disdire la prenotazione dell'albergo, ma potrebbe comunque annullare quella dei biglietti; li rimborsano i biglietti dell'aereo? E perché diamine David l'ha tradito? Tradito. Magari non era nemmeno la prima volta; nessuno gli assicura che non sia già successo in passato.
Questo pensiero, se possibile, lo fa sentire ancora peggio, e si deve seriamente sforzare per trattenere un conato.
Sta ancora facendo dei respiri profondi, quando la porta di camera sua si spalanca senza troppa grazia; si gira di colpo, e spalanca gli occhi per la sorpresa quando vede un Burt piuttosto alterato che avanza verso di lui con passo deciso “Finn mi ha detto che Karofsky è venuto qua.” Sibila suo padre “E giuro che se ti ha fatto qualcosa di male recupero il fucile del tuo prozio – che andava a caccia di Nazisti, quindi non è robetta da niente – e lo gambizzo finché non assomiglia a Brad Pitt. Chiaro?!”
Kurt lo osserva per qualche secondo, sinceramente sconcertato.
Da quando suo padre conosce Brad Pitt?
Si riscuote un attimo dopo, imponendosi di concentrarsi; “Lui … Mi ha tradito.” Le parole gli sfuggono dalle labbra prima che possa fermarle – e nemmeno vuole davvero farlo – e le sue spalle tremano leggermente quando lo dice ad alta voce. Gli sembra improvvisamente più reale. Fin troppo reale, e alcune lacrime cominciano inevitabilmente a pungergli gli occhi.
“Non ci posso credere” mormora suo padre, spalancando un attimo gli occhi, prima di schiarirsi la gola “Bene. L’ha voluta lui.” Si gira con cipiglio deciso.
“Papà, aspetta!” lo richiama Kurt, conscio del fatto che, molto probabilmente, Burt non sta nemmeno esagerando.
Non vuole che suo padre finisca in galera, tutto qua.
“Cosa?” sbotta Burt, gli occhi ancora assottigliati per la rabbia “Dammi un buon motivo per non farlo! Quel tizio è impossibile, impossibile, come ha potuto anche solo pensare di tradire te, che sei la cosa migliore che gli sia mai capitata dopo l’esaltazione dello stereotipo dell’americano medio, sudaticcio e dedito solo al mirabile sforzo di guardare la televisione?!”
Kurt lo osserva di nuovo in silenzio per qualche secondo, leggermente sconcertato, ma per una volta non gli interessa nemmeno da lontano che Burt abbia definito David un americano medio, sudaticcio e dedito solo al mirabile sforzo di guardare la televisione.
“Ho prenotato un volo per Roma e un treno per Firenze.” Dice, con semplicità, quasi come se fosse la risposta più naturale del mondo.
Burt rimane qualche secondo a boccheggiare, sempre più basito “Come, scusa?” chiede alla fine, certo di aver sentito male.
“Ho prenotato un volo per Roma e un treno per Firenze. Dovrei partire stasera.” Ripete Kurt, velocemente, maledicendosi nel frattempo. “E credo di averlo fatto con la tua carta di credito.” Aggiunge poi, pregando ardentemente affinché la terra si spalanchi sotto i suoi piedi e lo trascini lontano dal fucile del prozio Arnold, famoso cacciatore di Nazisti. Forse non prega abbastanza intensamente, perché non succede niente di tutto quello. “Mi dispiace papà, davvero.” Si affretta quindi ad aggiungere, gesticolando concitatamente per il nervosismo “Non so che cosa mi sia preso, ma non potevo sopportare l’idea di tornare a New York o di rimanere qui, e allora ho pensato di fare un viaggio, ma credo che mi abbia preso un po’ troppo la mano e --”
“No, va bene.” Lo interrompe Burt, curiosamente calmo.
“Cosa?” chiede Kurt, smettendo con qualche secondo di ritardo di gesticolare, certo di aver sentito male.
“Va bene.” ripete suo padre, quasi meditabondo.
“Va bene?”
“Sì. Va bene.” solleva lo sguardo fino ad incrociare gli occhi azzurri del figlio “Insomma, credo che tu ti meriti una vacanza. E magari, mentre sei in Italia, riesco a recuperare il fucile.” Borbotta poi, con una piccola scrollata di spalle e un nuovo accenno di rabbia nella voce.
“Tu … Wow. Okay. Quindi … Non sei arrabbiato?” Kurt non è nemmeno sicuro del motivo per cui continui ad insistere.
Burt sbuffa, con noncuranza “Certo, un po’ sono arrabbiato. Insomma, il tuo è stato un colpo di testa bello e buono, e avresti dovuto ragionarci di più. Ma in fondo sono contento che tu l’abbia fatto. Te lo meriti. E poi dovevo ancora farti il regalo di Natale, no?”
Kurt sente i suoi occhi farsi un po’ più lucidi.
“A che ora hai il volo?”
A quel punto, non può fare a meno di muovere qualche passo in avanti per abbracciare fortissimo suo padre.

*


Il volo dura nove lunghissime, scomodissime ore.
Durante le quali non può fare a meno di pensare, e pensare.
Ora che l’isteria lo ha abbandonato, gli è rimasta solo una cruda e terrificante razionalità.
David lo ha tradito davvero. Insomma, l’ha tradito sul serio. E lui, per tutta risposta, invece di urlargli in faccia, ha prenotato un volo per l’Italia.
Forse non ha mai avuto il coraggio di affrontare davvero le cose.
Ma scuote la testa a quel pensiero, infastidito; non può lasciare spazio solo all’autocommiserazione. Non è vero che non ha mai avuto il coraggio di affrontare la propria vita: è rimasto al McKinley nonostante il bullismo, è riuscito ad arrivare fino in fondo al liceo senza mai scappare. Ha lottato.
Non è debole.
Forse si sente solo un po’ spezzato, questo sì.
Un po’ stanco, magari, e anche un po’ deluso. Amareggiato.
Si chiede se si senta così perché è ancora innamorato di Dave, ma una vocina fastidiosa pretende di sapere se sia mai stato effettivamente innamorato di quel ragazzo.
Decide categoricamente che un aereo non è il posto giusto per domande del genere, soprattutto nel momento in cui nuove lacrime cominciano a pizzicargli agli angoli degli occhi al solo pensiero che lui, per David, non sia mai stato abbastanza.
Chiude gli occhi e si lascia scivolare nel sonno con un breve sospiro, sforzandosi di non pensare a niente.


*

Quando atterra, comincia a sentire un leggero nervosismo.
Si è svegliato da un’ora, circa, durante la quale ha cercato distrattamente di leggere un libro che si è portato in caso di tempi morti, ma vi ha rinunciato quando ha visto il mare.
Il mare. Non l’Oceano. Solo … Il mare.
Una distesa salata non molto diversa da quella a cui è abituato, in effetti, eppure gli sembra di percepirlo in maniera diversa.
Forse sta solo impazzendo. E quel viaggio non è che una prova lampante.
E poi ha visto una prima striscia di terra, sottile, frastagliata, che si è allargata con dolcezza, rivelando sempre più dettagli.
A quel punto, il nervosismo comincia ad afferrargli pian piano lo stomaco.
Non sa nemmeno una parola di italiano, e deve arrivare fino a Firenze praticamente senza sapere dove sia la stazione di Roma.
Prende un respiro profondo, imponendosi categoricamente di non andare nel panico per una cosa del genere. Le persone fanno i turisti tutti i santi giorni, per l’amor del cielo.
Tira fuori dalla tasca del cappotto il breve biglietto che ha preparato a casa, con suo padre, dove ha riepilogato ordinatamente tutte le tappe che deve affrontare per arrivare sano e salvo a Firenze:

- Aeroporto di Fiumicino (meno male che l’ha scritto, perché non avrebbe idea di come leggerlo)
- Taxi fino a Stazione di Roma Termini (ora che ci pensa, potrebbe far vedere il foglietto al tassista e lasciar fare a lui)
- Stazione di Santa Maria Novella, Firenze. Google Maps fino all’albergo. (Qui, qualsiasi aiuto sarebbe potuto venire da delle indicazioni scritte su un fogliettino si è rivelato inutile, e alla fine hanno optato per una soluzione più tecnologica.)

Si sente vagamente più rassicurato mentre scende dall’aereo, e lo è decisamente di più quando arriva all’interno dell’aeroporto dal nome impronunciabile; certo, è grande, ma niente a che vedere con il JFK, e questo gli infonde un deciso senso di tranquillità.
Che svanisce non appena una ragazza poco più bassa di lui evidentemente di fretta lo urta, urlandogli uno “Scusi!” senza fermarsi, che chiaramente non riesce a capire.
Va bene , è in Italia, le persone parlano italiano. È piuttosto normale.
Riesce persino a recuperare la propria valigia in un lasso di tempo accettabile, e si ritiene fin troppo fortunato quando vede un’inconfondibile cartello con su scritto “TAXI”.
Quando finalmente esce all’aria aperta, si sente vagamente destabilizzato, e gli ci vuole qualche secondo a capire perché: il fuso orario.
In Italia sono le 11 di mattina, mentre per lui sono solo le 5.
Un lieve sorriso gli si disegna sulle labbra, e scuote piano il capo mentre osserva il cielo luminoso e terso, mentre l’aria fredda lo fa rabbrividire leggermente, e riesce a pensare che, in fondo, non ha così tanta paura.
Abbassa lo sguardo quando un taxi  - che è assurdamente bianco – si ferma proprio di fronte a lui, e il tassista gli lancia un’occhiata sommaria attraverso il finestrino, prima di scendere e indicare la sua valigia “Vuole che la metta nel portabagagli?”
Okay, Kurt non ha idea di cosa abbia detto; si limita a rivolgergli uno sguardo desolato e un minuscolo sorriso, stringendosi nelle spalle e scuotendo la testa.
“Vuole che la metta nel portabagagli?” gli chiede di nuovo il tassista, stavolta in inglese, anche se con un accento bizzarro.
Kurt sì sente immensamente sollevato, e annuisce con un sorriso più convinto “Oh, sì … Grazie.”
Il tassista si limita a rivolgergli un piccolo cenno col capo prima di prendergli la valigia e, effettivamente, metterla nel portabagagli.
Kurt sale sul taxi poco prima di lui, e si munisce di foglietto con istruzioni.
“Dove deve andare?” gli chiede il tassista, sempre con quell’accento strano che marca le r e le t in maniera innaturale.
“Ehm … Sta —Stazione Roma Ter – Termi –Termini.
Il tassista gli rivolge un piccolo sorriso per la pronuncia incerta, ma si limita ad annuire e partire.
Kurt si rilassa sensibilmente sul seggiolino, e si concede di guardare tranquillamente fuori dal finestrino; non ci vuole molto perché si addormenti di nuovo. In fondo, per lui sono sempre le 5 di mattina.

*

Signore, siamo arrivati” una voce cadenzata lo sveglia gentilmente poco meno di mezz’ora più tardi, e Kurt si stiracchia un attimo guardandosi vagamente attorno, prima che l’occhio gli cada su un’enorme scritta che campeggia sull’edificio davanti al quale ha parcheggiato il tassista: Roma Termini.
Già. È in Italia davvero.
Improvvisamente molto più sveglio, si affretta a pagare il tassista, che lo aiuta a trascinare la valigia fuori dal bagagliaio prima di salutarlo con un “Arrivederci” che Kurt, fortunatamente, riesce a capire.
Entra nella stazione con un vago senso di inquietudine, ma è con un certo sollievo che la trova relativamente piccola e ringrazia qualsiasi entità celeste ci sia perché le indicazioni sono anche in inglese e non ci mette molto ad individuare la scritta Tickets.
Si avvicina alla biglietteria non troppo affollata, e manda un messaggio a suo padre per fargli sapere che è atterrato mentre aspetta pazientemente il proprio turno.
Come posso aiutarla?” chiede con efficienza la ragazza al di là del vetro quando tocca a lui.
“Oh, ehm …”
Negli occhi della ragazza passa un lampo di comprensione, e ripete la frase in inglese.
“Ho prenotato un biglietto a nome Hummel.” Risponde velocemente lui, arrossendo leggermente.
La ragazza controlla un attimo sul proprio computer prima di annuire “Glielo stampo subito.”
E in effetti, qualche secondo dopo gli sta tendendo un biglietto con un sorriso cortese “Binario 21. Buon viaggio.”
Kurt lo afferra prontamente “Grazie.” Risponde, prima di allontanarsi trascinandosi dietro il trolley.
Binario 21.
Vede le indicazioni anche per quello, e ringrazia mentalmente gli italiani che sembrano avere le indicazioni per tutti.
Si avvia con calma, notando che il suo treno non arriverà prima di venti minuti, e decide di sedersi sulla propria valigia nell’attesa.
Tira fuori il cellulare dal cappotto e manda un messaggio a Rachel.

11.56
Sono atterrato. Tutto bene, aspetto il treno per Firenze.


11.57
Kurt. Sono le sei di mattina.


11.57
Oddio, scusa, è vero! Mi ero scordato del fuso orario.


12.00
‘Mpf.
12.01
Ti ho già detto quanto questa idea mi sembri folle, vero?


12.02
Sì. Un paio di volte al minuto durante le ultime dieci ore.
Ma ne avevo bisogno, capisci?


12.03
Avremmo semplicemente potuto picchiare David a dovere.
Avevo già la spranga pronta.
12.04
Lo sai che non mi è mai piaciuto.


12.05
… Sì, lo so.
Ora devo andare, ci sentiamo dopo, okay?


12.07
Va bene. A dopo, tesoro ;)


Kurt sospira, passandosi una mano sul viso.
È uno dei motivi per cui si sente così stupido.
Non hanno fatto che ripetergli tutti quanto quella relazione fosse basata su presupposti molto poco rosei, ma lui non ha mai voluto ascoltarli.
E ora sente di essere stato l’unico a crederci davvero.
Evidentemente, nemmeno Dave ci ha mai creduto davvero.
Scuote la testa, cercando di non pensarci, e ringrazia il treno che arriva sferragliando pochi secondi dopo, permettendogli di concentrarsi  solo su dove si debba sedere.
Una volta trovato il proprio posto ed essere riuscito a sistemare la valigia su quegli affari infernali che sembrano fatti apposta per farti cadere i bagagli in testa, si lascia cadere sul sediolino con un sospiro e la ferma intenzione di godersi il paesaggio per quelle due ore di treno.
Ma poi il movimento dolce e ritmico e il suono ripetitivo del treno che viaggia sui binari lo fanno scivolare di nuovo in un sonno tranquillo e senza sogni.


*

Si sveglia con una lieve sensazione di panico, rimproverandosi perché avrebbe dovuto mettersi una sveglia sul cellulare, o qualcosa del genere, invece di affidarsi completamente al caso.
Vede una ragazza che si dev’essere seduta di fronte a lui mentre stava dormendo, e prega con tutto se stesso che parli inglese.
“Scusa?” le chiede, e lei solleva gli occhi dal libro che sta leggendo, sfilandosi una cuffia dall’orecchio.
“Sì?” chiede educatamente.
“Sai tra quanto dovremmo arrivare a Firenze?”
“È la prossima stazione. Dovremmo arrivare tra una decina di minuti.” Sorride lei, con una parlata curiosamente fluida che lo sorprende.
“Grazie.” Le risponde, immensamente sollevato.
“Di niente.” Torna al proprio libro con una scrollata di spalle.
Kurt si guarda attorno con un lieve sospiro tremante, e si sente sinceramente emozionato.
Poi il treno si ferma, lui si allunga per prendere la valigia – miracolosamente non la tira in testa a nessuno - , scende quelle poche scale sorridendo educatamente alla ragazza che è stata seduta accanto a lui, ed è lì.
Sul marciapiede grigio scuro attraversato da una linea gialla, il marmo rosso e bianco a qualche passo da lui che risplende per la luce che entra prepotentemente dalle vetrate sul soffitto.
C’è.
Firenze.


****

Note:
Ormai siete abituati ai miei aggiornamenti a casaccio, no?
Dunque, intanto vorrei ringraziarvi tutti, siete fantastici e spero davvero di non deludervi! Sul serio, non pensavo che potesse interessare così tanto :)
Poi, lo so, è un capitolo un po' di passaggio; nel prossimo arriverà Blaine (Auguri Darren, btw!)
Che dire; fatemi sapere, come sempre, io vado a finire di scrivere la scena smut. Con mia mamma accanto. Capite la situazione.
Le frasi in corsivo sono in italiano, spero si capisca :)
Un bacione a tutti! Alla settimana prossima (credo).


P.S. Ho scoperto il magico mondo di twitter, oggi. E' la fine. Ma non vi interessa u.u


 






 

  
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