Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Saeko Nogami    06/02/2014    3 recensioni
Quando tua sorella minore porta il tuo stesso nome, ma in versione più figa ed esotica, è praticamente impossibile che non nascano delle rivalità. Specialmente se quella mocciosa riesce a fare tutto prima di te e i tuoi genitori non riescono proprio a non fartelo pesare. E quando la piccola Coraline annuncia il suo matrimonio, Caroline non può far altro se non ricorrere a misure drastiche.
Tutti nella vita cerchiamo qualcosa. Caroline, cerca solamente il modo di primeggiare una volta per tutte su sua sorella. O forse no?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

«Ci siamo innamorati con loro. Abbiamo odiato. Ci siamo arrabbiati. E ora finalmente scopriremo la verità»

Mi volto repentina verso la TV. Quale verità?

«E questa è la storia di come ho conosciuto vostra madre»

Esce la nuova serie di How I met your mother? Cavolo, ma io alle alle 21 sono appena uscita dal lavoro... Dovrò registrarmi gli episodi. Ma quanto può essere figo Barney? Certo che Robin è proprio scema. Se avessi dovuto decidere io tra Ted e Barney non avrei mica aspettato tutte quelle stagioni. Anzi, fossi stata al posto di quella culona di Robin, io già alla quarta puntata ci facevo una notte di passione col biondino. Oddio, ma cosa dico? Io sono fidanzata! Cancella il pensiero, reset. Se Richard sapesse una cosa del genere... No, aspetta, ma che c'è di male? Voglio dire: è una star. E andare con una star non è considerato tradimento, no? Vero? Devo parlarne con Richard. Scommetto che anche lui vorrebbe andare con una star... No, ferma. A me starebbe bene che Richard va con un'altra? D'accordo, magari è famosa. Ma non è carino lo stesso. Cioè, non so. Devo rifletterci bene sopra.

Oddio, mi sono distratta di nuovo. Ma questo vestito m'ingrassa? Mi volto nuovamente verso lo specchio, scettica. Oggi è la mia serata. Voglio essere al massimo della forma. Va bene, basta. Sono quaranta minuti che sto bloccata in camera a cambiarmi e ricambiarmi.

Stai bene. Carol, stai alla grande. Convincitene, forza. Non hai tempo per ricambiarti un'altra volta.

«E ora, torniamo alle questioni economiche!» Una voce femminile proviene dalla TV. «Dopo il ritorno della famiglia Gray al comando, la Demetra's Enterprise è tornata al suo antico splendore, con un picco istantaneo del +52% del prezzo delle azioni. Sembra che il giovane Gray abbia istanteamente giovato alla ditta, dopo il crollo dovuto a Gray Senior e agli amministratori delegati che l'hanno mandata in bancarotta negli ultimi dieci anni. Si prevede un anno volto alla novità e ai giovani, questo! Infatti, anche le azioni delle Cage Industries sono salite del 25%. Pare che la neo stella dell'azienda, Coraline Cage, stia portando davvero una ventata d'aria fresca all'impresa di famiglia. Abbiamo qui con noi Joseph Landgraab, il massimo esperto in materia. Dottor Landgraab, che ne pensa del rinnovato successo delle industrie Cage?»

«Be', credo proprio che la figlia minore di Sean Cage stia fruttando migliaia di dollari alla famiglia. E' incredibile come le sue idee riescano a rivoluzionare...»

Pigio sul telecomando e le immagini si riducono in un piccolo puntino bianco al centro dello schermo, per poi spegnersi definitivamente.

Al diavolo.

Ora pure quello stupido aggeggio deve ricordarmi di quanto quella cretina di mia sorella sia geniale? Oggi è la mia serata. Non voglio neppure lontamente sentir parlare di Coral. Che poi, non capisco. Sono io la primogenita. E' a me che dovrebbero andare le redini della società. Perché tutti i meriti se li prende sempre quell'arpia? Perché? Che gli ho fatto all'universo per punirmi tanto? Chi cavolo ero nella vita precedente? Hitler? Stalin?

Okay, Carol, ora basta. E' la tua serata. Pensa a te stessa. Al diavolo tua sorella, al diavolo tuo padre, al diavolo l'azienda. Pensa solo a goderti la serata.

Fisso il mio sguardo nello specchio, mentre cerco di convincermi a seguire il mio stesso consiglio.

«Ascoltami bene, Caroline Cage», mi dico, puntando il dito contro il mio riflesso, «tu non sei inferiore a nessuno. Hai capito? Nessuno. E adesso, scendi di sotto e glielo dimostri a tutti.»

Giusto. Ho ragione! Adesso scendo di sotto, scintillante nel mio abito da sera, e vado a dimostrare a tutti quanto io sia perfetta.

E continuando a ripetermelo, giungo finalmente alle scale.

Siamo nella casa di famiglia. Nella mia enorme, ricca e stupenda villa che ospita la famiglia Cage. Sì, questa è la Cage Mansion. Il fiore all'occhiello di tutta Niceview Valley, California. E sì. Io sono Caroline Cage, figlia primogenita di Sean Cage, proprietario delle Cage Industries. Be'. Non sono proprio ricca sfondata, ma posso dire che i soldi non mi mancano di certo. Anche se è da parecchi anni che ormai non uso più i soldi di famiglia. Insomma, lavoro, ho un mio stipendio. Certo, vivo ancora nella Mansion, ma dove la trovo un'altra casa così a Niceview Valley? Appunto.

Come prendo a scendere le scale, comincio già a sentirmi rinvigorita, beandomi di quel momento fatato quale è l'istante esatto in cui ti rendi conto che sei la star della serata. Ogni volta che, ben vestita, devo scendere una rampa di scale mi sento una principessa. Sarà a causa di tutti quei film, dove la bellissima scendeva le scale molto lentamente, il morbito guanto bianco che a malapena sfiorava il corrimano, e tutti si voltavano – incantati – a guardarla.

Va da sé, ovviamente, che a me questo non succede.

Nessuno che si volta a guardarmi, né tanto meno nessun guanto che scivola sul corrimano senza un briciolo di polvere. Qualcuno si stupisce? Be', c'è poco da fare. Questa è una festa di compleanno organizzata dalla mia famiglia. E chi c'è nella mia famiglia che si prende tutte le attenzioni? Proprio lei. Quella simpaticona di mia sorella. Che infatti in questo momento sta discorrendo amabilmente con i miei ospiti, il mio fidanzato, i miei amici e mio padre.

Sono nata nella famiglia sbagliata, non c'è dubbio.

«Guardate chi c'è! La festeggiata!» Mia sorella si volta all'improvviso verso di me, regalandomi un inutile sorriso a tremila denti.

«Non fare l'asociale, vieni a parlare con noi» Prosegue poi, sbattendo le ciglia lunghe. Perché ha le ciglia così lunghe? Non sono naturali. Si sarà messa le ciglia finte.

Sorridendo mogia, mi avvicino al gruppo. «Dov'è la mamma?» Chiedo, guardandomi attorno.

«In cucina» Risponde mio padre, sbrigativo, per poi ridere a una battuta della Iena.

Avrei dovuto ucciderla. Soffocarla quand'era ancora in fasce. Non sarebbe stato meraviglioso?

«Vado a vedere se ha bisogno di una mano...» Provo a dire, ma nessuno mi sta più dando retta.

Che noia così, però. Non ci sarebbe neppure divertimento a raccontare la storia della mia vita a qualcuno, un giorno. E se vorranno fare una biografia sulla famiglia Cage? Che gli racconto? Che sono la "seconda scelta"? Che neanche al mio compleanno non riesco ad essere la protagonista?

Pensa come si annoierebbero a morte i lettori. Ho bisogno di una fata madrina. Decisamente.

«Perché così triste, bambina? E' il tuo compleanno, sorridi!» Davanti a me, la nonna è spuntata fuori praticamente dal nulla.

La nonna è una donna minuta, che dall'alto dei suoi settantanove anni è praticamente l'unica persona al mondo che non si lascia incantare da mia sorella. Si potrebbe dire che è la mia unica fan. «Nonna! Sei riuscita a venire» Commento l'ovvio, mentre un sorriso gigantesco si fa largo sul mio viso.

Adoro la nonna. Da quando ero piccola mi viziava sempre, mi faceva tanti regali e ogni domenica mattina mi portava in riva al lago a pescare. E' la madre di mio padre, ma in comune probabilmente hanno solo il colore degli occhi.

«Certo che sono venuta!» Squittisce entusiasta. Non si direbbe che ormai è vicina agli ottanta, vero?

«Potevo mica perdermi il compleanno della mia nipote preferita?» E mi da un buffetto sulla guancia.

Sorrido, mio malgrado. «Nonna, non si dicono queste cose. Coral potrebbe restarci male» Ecco, questo è quel che dico. Quel penso, invece, somiglia più o meno a questo: "Sì, rosica brutta vipera egocentrica!", condito da una risata maligna. Ovviamente, il tutto accade solo nella mia testa.

«Oh, al diavolo Coraline» Esclama a bassa voce, sminuendo con un gesto della mano. «Non mi sembra che le manchino attenzioni» Aggiunge poi, indicandola con un gesto del capo. E in effetti, mia sorella in questo momento sta allegramente monopolizzando la conversazione. Tanto per cambiare.

«E poi, sei tu la festeggiata. E' a te che vanno tutti i complimenti, oggi» Continua la nonna, stringendomi in un portentoso abbraccio. Fin troppo portentoso, per una donna della sua età.

«Grazie, nonna» Le sorrido riconoscente, mentre mi sciolgo dalle sue braccia.

Mi sorride di rimando. «E ora» Attacca, guardandosi attorno con aria circospetta. «Dov'è quella santa donna della mia nuora?»

Ridacchio. Tra la mamma e la nonna c'è il classico astio che c'è tra ogni suocera e nuora. Solo che a un orecchio poco attento, sembrerebbe che si adorano. Infatti usano tra di loro sempre appellativi affettuosi, anche se poi ogni per ogni cosa diventa guerra aperta. Ho sempre sospettato, però, che loro due in realtà non solo si sopportano molto bene, ma si stiano anche simpatiche. Sono, diciamo, schiave di questo luogo comune che vuole rivalità tra mamma e sposa.

«Papà dice che è in cucina. Stavo giusto andando da lei» Rispondo.

Nonna unisce le mani a mo' di preghiera e lancia uno sguardo al soffitto. «Per l'amor del cielo! Non dirmi che ha intenzione di avvelenarci tutti» Esclama, gesticolando in maniera teatrale.

Anche questa ormai è diventata una sua frase cult. La ripete ogni volta che mamma cucina qualcosa e ormai abbiamo tutti imparato a non farci caso.

«Vuoi venire anche tu?» Le chiedo, indicando la cucina.

«Per forza, devo salvaguardare la vostra la salute» Annuisce con entusiasmo e mi fa cenno di farle strada.

Mentre arriviamo dalla mamma, chiacchieriamo del più e del meno. Principalmente, la nonna si lamenta delle persone presenti, perché solo poche di queste sono effettivamente miei amici.

«Visto? Ecco cosa non ho mai sopportato degli uomini d'affari. Ogni festicciola intima diventa un modo per farsi conoscere o stringere nuovi accordi. Anche tuo nonno era così. Pensa che al nostro matrimonio...» E bla, bla, bla.

Adoro la nonna, sul serio. Ma la sua memoria ogni tanto fa cilecca e finisce per ripetermi sempre le stesse cose. Per inciso, questa storia del loro matrimonio l'ho già sentita ai miei ultimi tre compleanni, agli ultimi due compleanni di mia sorella, ogni Natale da che mi ricordi, e anche all'ultimo giorno del ringraziamento. In pratica, al loro matrimonio il nonno aveva invitato due o tre parenti reali e il resto degli invitati erano altri uomini con cui lui faceva affari. E, dopo il taglio della torta, ha tirato fuori dal nulla la sua valigietta ventiquattrore e ha cominciato a stilare accordi e contratti, lasciando lei in balia delle damigelle d'onore. Ormai la storia la conosco a memoria. Tuttavia, non me la sento di dirle che l'ha già raccontato diverse volte: adoro sentire il suono della sua voce.

«...E quindi...» S'interrompe un momento, notanto l'entrata alla cucina. «To', siamo arrivate» E si volta verso di me col sorriso più luminoso che è in grado di fare.

Le sorrido di rimando e varchiamo la soglia.

Mamma sta armeggiando col forno, controllando continuamente che non le si bruci l'arrosto.

«Per l'amor di Dio, lascialo cuocere!» L'ammonisce la nonna, con il solito tono di voce mezzo alterato che tiene quand'è in compagnia della mamma.

Quest'ultima si rialza di scatto, neppure l'avessimo beccata a frugare nella scorta di dolciumi, e si volta verso di noi con un'espressione indecifrabile. «Ines» Esclama dopo qualche secondo. «Sei riuscita a venire, alla fine» E nel tono colgo un accenno di delusione.

Nonna Ines annuisce con vigore. «Tutto grazie a quel giovanotto dei Pembleton, che mi ha accompagnata con la sua nuova macchina. Mi sono sentita una scolaretta, in quella decappottabile» E ridacchia, afferrandomi il braccio. «Sai cara, ora che è cresciuto si è fatto davvero tanto-tanto carino. Dovrei presentartelo» Prosegue, rivolta a me.

Sorrido. La nonna da sempre cerca di trovarmi marito, nonostante io le abbia spiegato decine di volte che sono fidanzata. «Nonna, il figlio dei Pembleton ha finito il liceo la scorsa estate. E' troppo piccolo, per me. E poi, io ho Richard» Lancio uno sguardo a mamma, che sta roteando gli occhi annoiata.

«Richard» Ripete la nonna, condendo il nome con la simulazione di uno sputo. «Tesoro, che te ne fai di un uomo che alla sua età fa ancora il fattorino per l'azienda in cui lavora?»

Mi verrebbe d'istinto dire qualcosa per difendere Richard, ma in effetti non mi viene in mente nulla. Ha ragione. Che altro posso dirle?

«E poi non essere così antica», prosegue nonna, «ormai non ci sono più questi vincoli d'età. Gli uomini non crescono, abituatici. Diventano solo più flaccidi e più brontoloni.»

«Ha ragione, sai» S'intromette mamma. «Pensa che tuo padre ancora fa le modifiche alla macchina, come quando avevamo diciott'anni» E annuisce convinta alle sue stesse parole.

Nonna annuisce di rimando, infervorandosi. «Ecco. Anzi! Uno più giovane è e meglio è. Sicuramente resterà attivo a letto più a lungo» Conclude, ammiccando.

Oh mio Dio. Non l'ha detto. «Ma nonna!» Squittisco sconvolta, per poi arrossire violentemente fino alla punta dei capelli e, lanciando uno sguardo a mamma, noto che anche lei è parecchio imbarazzata.

Diciamolo, la mia non è una famiglia alla "Settimo Cielo". Da me i genitori non ti fanno il discorsetto sul sesso a quindic'anni, dandoti una scorta di preservativi e raccomandandoti ti stare attenta. Anzi, piuttosto la mia è una di quell famiglie in cui il padre ti si avvicina con sguardo minaccioso e, puntandoti un dito contro, ti domanda indagatorio: "Allora, tu e il Tiziochestaifrequentandoalmomento fate sesso?" e tu non puoi rispondere altro che "Certo che no, papà!", anche se in realtà ci date dentro come conigli. Ed ecco, quindi, che giungi all'età di ventotto anni con tuo padre che è ancora convinto tu sia vergine.

«Che c'è di male? Il sesso è salutare, e poi...» Nonna cerca ancora di difendere la sua idea, ma veniamo interrotte dall'arrivo in cucina di un ragazzo, con in mano due bottiglie di vino.

«Signora Cage, queste vanno bene?» Domanda rivolto alla mamma, che ora sembra ringraziare Dio per averla salvata da quella situazione imbarazzante.

«Sì, vanno benissimo, grazie» Squittisce allegra, afferrandogli la bottiglia dalle mani. «Ah, Carol, lui è...»

«Ah, così tu sei Caroline!» L'interrompe lui, affabile, e porgendomi la mano destra, mentre mi inchioda con i suoi occhi magnetici. Incantata, prendo delicatamente la sua mano. Il contatto è breve, principalmente perché ho il terrore che prendano a sudarmi le mani per l'emozione. La ritraggo rapida.

Chi è? E' il ragazzo più carino che abbia mai visto. Da dove è spuntato fuori? Quanti anni ha? Che lavoro fa? E' etero? Mi vuole sposare?

«...è veramente un piacere conoscerti, finalmente» Conclude, con tutta l'aria di aspettarsi una mia risposta.

Cazzo. Ha detto il suo nome, vero? Mentre io mi stavo immaginando in una casa piena di bambini con lui, lui s'è presentato, vero? E allora come diavolo si chiama? Sembra aspettarsi da me una qualche risposta, quindi sorrido, inclinando la testa di lato. «Altrettanto» Dico, nel dubbio. Come diavolo si chiama?

«Bene, l'arrosto è pronto!» Si entusiasma la mamma. «Forza, filate. Tutti a tavola!» Incita, cacciandoci lettaralmente dalla cucina.

Poco dopo, siamo tutti seduti a tavola e il tipo favoloso si siede vicino a mia sorella. Anzi, non solo si siede vicino a lei, ma ho scoperto che si frequentano da tre mesi. Ecco, ti pareva che il ragazzo più figo che avessi mai incontrato, dovesse essere già preso da mia sorella. Un cliché, no?

«Sentite questa. Un masochista a un sadico: "Picchiami" e il sadico: "No!"» E Richard scoppia a ridere da solo alla sua battuta. Mi tocco la fronte imbarazzata. Richard è... Be', Richard è un bravo ragazzo. Solo che ha questo senso dell'umorismo ridicolo, dove racconta le barzellette scadenti e finisce sempre che solo lui ride alle sue battute. E quando si accorge che tutti gli altri lo guardano imbarazzati, esclama: «Non l'avete capita? Ve la spiego...»

«No, tesoro, non ce n'è bisogno. L'abbiamo capita» Sibilo a Richard interrompendolo, mentre noto il ragazzo di mia sorella che dice qualcosa all'orecchio di quest'ultima e poi ridacchiano. Scommetto che le ha detto che sto con uno sfigato. Che imbarazzo.

«Allora sentite quest'altra. Che cos'è una battuta?» Attimo di silenzio nella sala da pranzo.

Mi sembra quasi di sentire i grilli che stridono sotto al tavolo. «Non lo sapete? Ma è ovvio, dai! La tuta di Batman!» E riprende a ridere da solo.

E' in queste occasioni che mi rendo conto di cosa pensa la gente di lui: è un cretino. E io sto con un cretino, quindi sono cretina di conseguenza. E proprio oggi deve fare l'idiota, quando c'è il ragazzo figo di mia sorella. Non potrebbe almeno per oggi comportarsi normalmente? Oddio, voglio sprofondare.

Fortunatamente, la cena bene o male giunge a termine e ora siamo tutti riuniti in soggiorno a bere champagne.

«Alla nostra Caroline!» Esclama la nonna in un brindisi, e tutti ripetono in coro «A Caroline!»

Cos'è questo calore che mi sale dallo stomaco? Be', a livello obiettivo probabilmente è solo lo champagne che comincia a fare effetto, ma mi piace pensare che sia il calore di un focolare. La sensazione di benessere che deriva dall'avere tutta l'attenzione puntata su di sé, tipo per la prima volta da diverso tempo a questa parte. E' una sensazione meravigliosa. Come vorrei che durasse per sempre.

Ma, ovviamente, non dura per sempre. Anzi, non dura neppure cinque minuti. Perché quella viziata di mia sorella non riesce a stare cinque minuti senza farsi notare da tutto il mondo. E' per questo, quindi, che fa un passo avanti e si schiarisce la voce. «Un attimo di attenzione, prego, ho un annuncio da fare»

E ti pareva che non avesse qualcosa da dire su se stessa. Quando mai sono così fortunata? Finisco lo champagne tutto d'un fiato e poggio il bicchiere da qualche parte alle mie spalle. E mentre lei continua a blaterale, io mi chiudo nel mio mondo. Un mondo in cui, ascia alla mano, mi diverto a tagliarla in tanti piccoli pezzettini. Chissà se sono potenzialmente una serial killer, facendo questi pensieri. Magari mi ritrovo tra dieci anni che uccido tutte le sorelle minori che mi capitano a tiro. E quando verranno ad arrestarmi – perché prima o poi mi beccheranno – io continuerò a ripetere, tipo pazza: "Non ci posso credere, non ci posso credere", perché scommetto che anche da morta quella vipera riuscirà a manipolare tutte le attenzioni. E al mio compleanno, invece di stare qui con me a festeggiare, andranno tutti a trovare la sua tomba al cimitero. E probabilmente sulla lapide ci sarà una battuta stratosferica o una di quelle sue frasi che affascinano tutti e quindi le persone andranno lì e saranno tutte di buon umore. E avrà vinto di nuovo, perché oltre tutto io diventerò brutta e vecchia, mentre lei resterà giovane in eterno, e come se non bastasse...

«...E quindi ci sposiamo!» Esclama, a metà tra l'euforico e il titubante.

Aspetta. Cosa? Chi è che si sposa? Perché si sposa? Ma soprattutto: con chi?

Il salone scoppia in un applauso entusiasta, mentre sento Richard al mio fianco farle gli auguri più fastidiosi che siano mai stati pronunciati. «Che culo! Eh, se la piccola Coraline non fosse stata troppo giovane per me, le avrei chiesto anch'io di sposarmi!» E scoppia a ridere. E per tipo la prima volta, tutti ridono con lui.

E mentre faccio due più due, osservando famiglia e amici che l'abbracciano congratulandosi, sul mio viso passano qualcosa come trecento emozioni diverse.

Per ultima, la rabbia. Mi volto, cercando di mantenere un contegno. Farsi vedere accigliata mentre tua sorella si sta per sposare è troppo da sfigate, persino per me.

Dio, quanto vorrei strangolarla...

Quando riesco a reprimere la rabbia, mi volto di nuovo verso tutti, osservandoli mentre si congratulano con la vipera. Io davvero non ci posso credere. Non è possibile, dai!

«Ma... ma non potete sposarvi!» Esclamo, rendendomi conto troppo tardi che l'ho detto ad alta voce.

Tutti gli sguardi si puntano su di me, ostici. Alzo le mani a mo' di scuse, sentendomi totalmente stupida.

«E perché no?» Il viso di mia sorella è sereno, ma nel tono si percepisce un veleno mortale.

Perché sei mia sorella minore, per la miseria! Non puoi sposarti prima di me, non è giusto. Non puoi sposarti con uno figo, almeno in questo dovevo essere io a vincere! «Perché vi conoscete solo da tre mesi» Dico, invece.

«Ma è amore, Carol. Tu credi nell'amore? Quell'amore puro e sincero, l'anima gemella, il colpo di fulmine?» A rispondermi è il fidanzato di mia sorella. Il tipo di cui ancora non ho afferrato il nome.

«Sì...» Mormoro a bassa voce. Sì, io credo nell'amore. Ma ci credo per me. Doveva capitare a me! Non a lei.

«Dai, Carol. Prima o poi ti sposerai anche tu» Mi consola Richard, sollevando il pollice a mo' d'incoraggiamento. Poi si volta verso gli altri, con tutta l'aria di volerne sparare una delle sue. «Sempre se trova un fesso che se la piglia!» E scoppia a ridere, seguito da mio padre e mia sorella. Gli altri, invece, mi guardano con pena.

No, non è vero. Tutto questo non sta accadendo: è solo un brutto sogno. Richard non mi tratterebbe mai così, no? Lui mi ama, no? Allora come può farmi questo? Dovrebbe essere dalla mia parte, lui sa quel che ho passato con mia sorella. Perché allora si comporta così?

Perché è un idiota. Hanno ragione tutti gli altri, sto con un completo imbecille. Che fa battute ridicole e mi mette sempre in imbarazzo.

Ma ora basta.

Senza neppure accorgermene, mi ritrovo a schiarirmi sonoramente la voce, gli sguardi di tutti mi si puntano addosso. Quando apro la bocca, non sono io parlare. Non sono parole mie. Non so neppure cosa sto facendo. Sento solo dentro rabbia e rancore e pena. Pena per me stessa, perché dovrei avere abbastanza amor proprio da non lasciarmi trattare così. Specialmente da un uomo con il quale ho passato gli ultimi sei anni della mia vita.

«Sai che c'è?» Sbotto a mezza voce.

«Carol...» Sento la voce della nonna cercare di calmarmi, ma ormai non serve a nulla.

«Cosa?» Chiede, ingenuo, Richard.

Faccio un respiro profondo, sento il petto alzarsi e abbassarsi ritmico sotto il mio respiro affannato. Non posso credere che lo sto davvero dicendo. «Vai al diavolo, Richard» Concludo, a voce più alta.

«Caroline!» Mi rimbecca mamma, con tono severo, ma non serve a nulla. Le lancio uno sguardo glaciale, per poi guardare uno per uno tutti i presenti. «Andate al diavolo tutti. Tutti voi. Mi fate schifo. Tutti! Tranne tu, nonna. Ma per il resto di voi: tutti.»

E con queste parole, mi allontano dalla sala.

Con passi pesanti salgo in camera e afferro una borsa. Senza pensarci troppo, arraffo le prime cose che mi capitano sotto mano e le spingo come un automa nella valigia improvvisata.

Poi, a lavori conclusi, scendo di nuovo le scale in tutta fretta. Mi sento chiamare, mentre mi allontano, ma cerco di non badarci. Passano pochi istanti e vedo me stessa mettere la borsa sui sedili posteriori della macchina, pronta per salirci anch'io.

Dove sto andando? Cosa sto facendo? Non lo so ancora. Ma di tutto questo, non ne posso davvero più!

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Saeko Nogami