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Autore: sakura182blast    14/06/2008    5 recensioni
La nostra Sakura si è ormai sposata e trasferita da quella città da lei tanto amata. Ma oggi è un giorno importante, è ritornata per rivedere le persone a lei più care. Soprattutto una. *Dedicata a Fabi, per ringraziarla di tutto*
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Kinomoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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one shot Questa shot la dedico a Fabi (FataFaby89), una preziosissima amica che ho conosciuto esattamente il 21 Aprile (XD grazie all’archivio conversazioni di msn!) ed alla quale, da quel giorno, ho cominciato ad affezionarmi sempre di più!
Se stessi qui ad elencare tutte le cose che abbiamo in comune chissà quanto ci metterei? Siamo arrivate al punto che abbiamo decretato che io e lei siamo la stessa persona, però in dimensioni differenti (Come ha detto sorellina Fabi, un po’ come in Tsubasa! XD).
Quindi ho deciso di dedicarle questa one shot per dirle grazie, un po’ per tutto  ^__^   (Soprattutto per la nostra elaboratissima teoria sui Tronky  U.U)
Quindi, sorellina Fabi, come ti avevo promesso, questa è tutta per te, spero che ti piaccia!






Ti voglio bene, amica mia




Lunedì 21 Aprile.
Niente da ribattere, quella era davvero una magnifica giornata.
Il sole splendeva alto, l’aria era frizzante, se la primavera non era già iniziata, ebbene era sicuramente alle porte, mentre quel cielo terso, una tinta unica azzurro pastello, le impediva di essere in qualche modo triste o giù di corda.
E poi quel giorno… L’avrebbe rivista, uno dei motivi per i quali, dopo tanto tempo, era tornata a Tomoeda.
Ormai erano passati almeno cinque anni da quando, dopo il suo matrimonio, si era trasferita ad Hong Kong per ragioni di lavoro di suo marito, Li Shaoran, ma il suo cuore non aveva mai potuto essere strappato dall’unico luogo che poteva aver mai chiamato casa mia, la ridente cittadina che l’aveva vista nascere e crescere, innamorarsi e sposarsi, per poi andare via, abbandonando a malincuore tutto il suo passato, per dedicarsi ad un futuro ricco di novità.
Però quel giorno in cui partì se lo ripromesse, lo promesse a sé stessa ed a lei, che sarebbe ritornata proprio in quell’esatto giorno, perché non era una data qualunque, no.
Quel giorno erano trascorsi esattamente venti, lunghissimi anni da quando erano diventate amiche, lei e Tomoyo Daidouji.
Con un sorriso malinconico a farsi strada sul suo volto, l’ormai Sakura Li si sedette su una panchina sul marciapiede opposto a quell’edificio imponente che gli si stagliava dinnanzi: la scuola elementare Tomoeda.
Non era cambiata affatto in tutti quegli anni, era sempre lo stesso stabile che ricordava, dalle pareti chiare e dall’aspetto immenso… Si stupì del fatto che anche ora, nonostante fosse cresciuta, si sentisse ancora abbastanza intimorita da quell’edificio, forse in memoria di tutti i giorni in quei non sapeva mai dove sbattere la testa per colpa di qualche verifica o interrogazione.
All’improvviso la campanella suonò e pochi attimi dopo una grande massa di bambini fece capolino dalla scuola, precipitandosi immediatamente verso la libertà al di fuori da quel cancello in ferro battuto.
Sorrise, scostandosi una lunga ciocca di capelli mielati dietro ad un orecchio… Chissà se anche quando lei aveva l’età di quei ragazzini che ora correvano festosi verso casa si considerava ancora una bambina?
Sospirò, conscia del fatto che la risposta sarebbe stata negativa… Tra le carte di Clow da combattere e le sue due cotte, l’ultima delle quali l’aveva condotta ad un felice matrimonio, non era in grado di pensare alla sé stessa di venti anni prima come ad una bambina spensierata ed allegra.
Fece scivolare i suoi occhi smeraldini sull’orologio da polso, constatando che Tomoyo era in ritardo… Che si fosse dimenticata dell’appuntamento?
No, impossibile!
Se lo sarebbe aspettato da tutti, non da lei, non dalla sua inseparabile migliore amica.
Sorrise di nuovo, ripensando a come si erano conosciute… Tutto grazie a quella gomma a forma di coniglio…




21 Aprile.
Niente da ribattere, quella era davvero una pessima giornata.
Lo doveva proprio ammettere, era cominciata male, ma era pronta a scommettere che sarebbe finita ancora peggio, ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Si era alzata davvero molto tardi, quella mattina, si era dovuta vestire di fretta, aveva mangiato di fretta, poi ancora preparare la cartella… Tutto di fretta.
Lei odiava essere di fretta.
Era una cosa che la rendeva davvero nervosa, quella sensazione di terrore che avvertiva ogni qualvolta si sentiva in ritardo.
Era un po’ come essere in trappola, sentirsi inseguiti da qualcosa, oppure essere all’inseguimento della stessa… Una sensazione per lei assolutamente indescrivibile.
E poi… Quella pioggia che diluviava da quel cielo cupo?
Cosa stava a significare?
Perché doveva piovere proprio quel giorno, in cui lei era davvero in un ritardo mostruoso?
Anche la pioggia era una cosa che lei non vedeva di buon occhio… Tutta quell’acqua scrosciante, quel cadenzato ticchettio che produceva cadendo in picchiata sui tetti e su quell’asfalto ormai fradicio, sembrava quasi che frenasse le azioni attorno a lei.
Il mondo intero sembrava essere visto al rallentatore se a condire l’intera scena c’era della fitta pioggia.
E poi l’acqua era così… Bagnata!
Si fermò un secondo soltanto, un fuggente istante, per abbandonarsi ad uno sbuffo rassegnato che fece scivolare via dal suo sguardo color giada alcune dispettose ciocche di capelli color miele, provocatoriamente scappate alla sua frangia sbarazzina.
Approfittò di quell’attimo di stallo per verificare se i suoi vestiti fossero ancora asciutti, dato che li sentiva umidicci ed incollati alla sua pelle come se fossero stati fradici.
No, tutto a posto, era solo quell’aria pesante, satura di umidità, a darle quella fastidiosa sensazione.
Storcendo il naso infastidita, la ragazzina ritornò sui suoi passi, ricordandosi solo allora che avrebbe dovuto essere a scuola entro i prossimi cinque minuti se non voleva una nota di demerito sul registro.
Si rimise a correre, con quell’ombrello che le era proprio d’impaccio e che aveva un aspetto proprio traballante mentre oscillava ritmicamente a destra ed a sinistra intanto che lei filava dritta e sicura lungo quella strada quasi deserta, se non fosse stato per quelle passeggere auto che rischiavano di schizzarla d’acqua sporca tutte le volte che le transitavano accanto.
Finalmente eccolo, lì davanti a lei, quel tanto agoniato cancello della scuola elementare che le garantiva finalmente la sicurezza di essere arrivata a destinazione.
Con uno sprint finale si precipitò verso gli armadietti e cambiò lesta le scarpe, precipitandosi poi verso la sua aula.
Arrivata nel corridoio dove era situata la sua classe lanciò un breve urletto di gioia nello scoprire che la porta era ancora aperta e che, di conseguenza, il professore non era ancora entrato.
Infatti varcò la soglia nell’esattissimo istante in cui la campanella che decretava l’inizio della mattinata suonò.
“Sempre puntuale, eh Sakura?” ridacchiò una voce accanto a lei che riconobbe essere di Chiharu Mihamara, una delle sue miglior amiche.
“Già!” Sorrise Kinomoto andando verso l’appendiabiti posto al fondo dell’aula per sistemare il cappotto, leggermente umidiccio, ed il cappello d’ordinanza, così come voleva il regolamento scolastico.
Alcuni attimi dopo fece il suo ingresso nell’aula il professor Terada, richiamando gli alunni all’ordine ed aprendo un pesante tomo di matematica.
Erano poche le cose che Sakura Kinomoto odiava… E la matematica entrava tra queste.
Mogia, si recò al suo posto e si afflosciò sul proprio banco come una pianta secca, davvero abbattuta da tutti quegli elementi per lei negativi… Il ritardo, la pioggia, la matematica… Cos’altro poteva ancora capitarle?
L’insegnante si era messo a spiegare un nuovo argomento, già dal titolo la cosa non le piaceva: le frazioni, soltanto un altro enorme muro da abbattere per arrivare alla sufficienza, era poco ma sicuro.
Incominciò a prendere appunti stando molto attenta a quella spiegazione, ma verso metà ora aveva già iniziato a perdere totalmente il filo del discorso e si era anche stancata di scrivere sul suo quaderno cose di cui non capiva il senso logico.
Si stese sul proprio banco passivamente, attendendo che quella noiosissima ora di aritmetica finisse e la smettesse di torturare la sua povera testa.
Improvvisamente, però, un sommesso “Accidenti!” la riportò alla realtà dei fatti.
Alzò stancamente il capo e si voltò verso la propria destra, dove la sua compagna di classe sembrava essere un po’ in difficoltà.
Era Tomoyo Daidouji: una delle più brave dell’intera sezione e che faceva anche parte del coro dell’istituto.
La bambina stava rovistando affannosamente nel suo astuccio, probabilmente alla ricerca di qualcosa che le serviva.
Sakura si morse un istante il labbro inferiore; non aveva mai rivolto la parola a Tomoyo se non in rare occasioni e non si conoscevano particolarmente bene, così tanto da essere considerate amiche.
Stava anche di fatto che lei era una ragazzina che non aveva molta dimestichezza a trattare con persone che non conosceva, ma sicuramente non avrebbe mai negato aiuto ad una persona che ne aveva bisogno.
Così, sottovoce, chiamò la vicina di banco che ancora rovistava nel portapenne.
“Pssst! Daidouji?”
La moretta voltò lesta il capo verso sinistra, così veloce che alcune ciocche corvine si mossero all’unisono con lei.
“Kinomoto?” domandò con tono fievole e con aria curiosa. “Dimmi, che cosa c’è?”
“Hai per caso bisogno? Hai scordato a casa qualcosa?” domandò allora Sakura con la mano attentamente a parare la propria bocca in movimento dallo sguardo vigile di Terada.
“In effetti sì…” mormorò la ragazzina in risposta, lasciando andare l’astuccio che ancora teneva fra le mani. “A quanto pare ho dimenticato la gomma da qualche parte.”
Sakura fece un sorriso e si volse verso il proprio astuccio, estraendo da quello una bella gomma, all’apparenza nuova, di una tonalità rosa pastello e dalla tenera forma di coniglietto.
“Non hai una gomma?” domandò la ragazzina castana con un sorriso allungando una mano verso la sua compagna di banco. “Se vuoi ti presto la mia!”
Daidouji tese la sua mano verso quella della bambina ed afferrò il piccolo oggetto.
“Grazie, sei davvero molto gentile.” Mormorò ricambiando anche il sorriso radioso.
Veloce, Tomoyo cancellò quell’errore dal suo foglio e si rivolse di nuovo verso Kinomoto, passandole di nuovo la gomma.
“E’ davvero molto graziosa!” esclamò riporgendo il piccolo oggetto, ma Sakura le richiuse la mano, allontanandola da sé.
“Se ti piace la puoi tenere!” disse la castana convinta.
“Ne sei sicura?” domandò titubante Daidouji. “E tu come farai?”
“Non preoccuparti!” la rassicurò la compagna, mostrandole un’altra gomma. “Io ne ho un’altra, quella non mi serve.”
Tomoyo ritrasse il braccio verso di sé, stringendo il pugno destro contenente l’oggetto in modo affettuoso.
“Ti ringrazio.” Mormorò infine verso Kinomoto. “Sei davvero gentilissima.”
“Sakura e Tomoyo, vorreste prestare attenzione alla lezione?” le richiamò all’improvviso il professor Terada, che si era prontamente accorto della loro distrazione.
Con un mortificato “Ci scusi…” pronunciato all’unisono, le due tornarono a seguire la spiegazione in completo silenzio.
Pochi istanti dopo, però, entrambe voltarono casualmente lo sguardo nella reciproca direzione, scatenando per questo l’una l’ilarità dell’altra.
Con un sommesso risolino ed un sorriso d’intesa, le due volsero di nuovo i propri volti verso il libro di matematica, ritornando a prendere appunti.
E fu esattamente da quel giorno che la vita della piccola Sakura Kinomoto cambiò radicalmente, trovando un’amica sincera che non aveva eguali, della quale, scoprì, si poteva ciecamente fidare e che mai aveva fatto nulla che potesse ferirla o renderla triste.
E fu esattamente così che la piccola Sakura Kinomoto trovò la sua migliore amica.




Stava seriamente cominciando a pensare che Tomoyo si fosse dimenticata del loro appuntamento…
No, lei non le avrebbe mai fatto una cosa simile.
Eppure… Il dubbio aveva cominciato ad insinuarsi nel suo cuore.
Sospirò di nuovo e congiunse le mani sulle ginocchia, temendo che la sua cara amica non si sarebbe presentata.
Ma ecco che, all’improvviso, una voce da lei conosciuta la chiamò da poco distante.
Sakura alzò il capo speranzosa, vedendo una donna dalla fluente chioma corvina avvicinarsi a lei a grande velocità e sbracciarsi per richiamare la sua attenzione.
“SAKURA!” esclamò di nuovo; questa volta era più vicina e riconobbe per certo che quella donna era Tomoyo.
“Tomoyo!” esclamò la castana alzandosi in piedi e parandosi davanti all’amica che le si fermò dinnanzi davvero trafelata.
“Scusa per il ritardo.” Ansimò la moretta cercando di riprendere fiato. “Ho avuto un contrattempo imprevisto alla ditta.”
La castana sorrise; a volte dimenticava che Daidouji era super - impegnata da quando aveva preso a lavorare nella ditta gestita dalla madre.
“Non preoccuparti.” La rassicurò allora Sakura con un sorriso. “L’importante è che tu sia venuta.”
Tomoyo la abbracciò forte; erano davvero anni che non la vedeva, ma non era poi cambiata tanto, per fortuna.
“Non sarei potuta mancare per nulla al mondo!” esclamò convinta allora, rafforzando la stretta dell’abbraccio. “Sono così contenta che sei tornata, mi sei mancata tanto!”
“Anche tu, Tomoyo. Davvero tantissimo!” ammise l’altra ricambiando con maggior trasporto la stretta della donna.
Una solitaria lacrima percorse le guance avorio di Daidouji, e ringraziò silenziosamente il cielo tante volte per averle fatto conoscere quella persona fantastica.
“Ti voglio bene, amica mia, te ne vorrò sempre.”


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