Quella mattina nuvolosa la mia compagna di banco era felice, aveva preso un bel voto, ma poi di punto in bianco pianse davanti a tutta la classe, continuava a ripetere “Non mi sento bene” ma il suo cuore diceva altro, io lo sentivo.
Chiese di andare in bagno, ci rimase per troppi minuti. La prof chiese a qualcuno di andare a chiamarla ma lei tornò con gli occhi lucidi e il polso stretto tra una mano, la manica era rossa a chiazze e cercava di nasconderlo, ma io vedevo.
La ragazza continuava a scrivere sul suo quaderno che un giorno sarebbe tornata a casa, che qui era solo di passaggio oppure mi implorava di impiccarla con il sorriso stampato in faccia, come se stesse ironizzando la situazione. Ma non era divertente. Io ero innamorato della mia compagna di banco.
Quel giorno ero pronto a dirle che mi piaceva, ma non presi abbastanza coraggio.
Quella mattina nuvolosa la mia compagna di banco non tornò a casa dopo scuola, sua madre aveva provato a chiamarla troppe volte e alla fine chiamò la polizia.
La mia compagna di banco quella sera fu trovata appesa al soffitto del bagno delle ragazze, uno sgabello sul pavimento sporco di sangue e un biglietto tra le mani.
"Dite al mio compagno di banco che lo ringrazio, per essermi stato vicino, per non aver creduto alle mie balle e non essere cascato in uno dei miei falsi sorrisi. Per aver capito, almeno, che stavo male. Ti amo." il biglietto recitava.
Ed io ero stato uno stupido…
Ti amo, compagna di banco. Ti amo.