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Autore: Yuri Black    07/02/2014    1 recensioni
Non crediate che gli eroi siano unicamente persone dai poteri paranormali, anzi. Lui non è affatto un eroe, è solo un ragazzo comune con poteri che usa per sè stesso. Perché? Semplice, fa ciò che chiunque persona farebbe se avesse i poteri, siccome loro vengon poi considerati mostri e perciò pericolosi e Dimitri non è scemo, lo sa bene.
Inizia la storia di un non-eroe che vive la propria vita giocando coi propri poteri, ma magari qualcosa può farglieli usare per uno scopo preciso. Cosa sarà?
Genere: Azione, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Gender Bender, Violenza
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Il lutto per la morte inspiegabile di uno studente del terzo anno del liceo Mahomina si era prolungato nei giorni, pochi ragazzi ne parlavano, la maggior parte ci pensava. A Dimitri non piaceva quella situazione, era esasperato dal falso buonismo della gente attorno a lui. Tutti in quell'istituto, chi più, chi meno, lo aveva preso in giro nel corso della sua permanenza lì, per cui il blaterare di quei ragazzi gli dava il voltastomaco. In classe non rivolse più la parola a nessuno, il silenzio era l'unico suono che usciva dalle sue labbra, andava in classe e, finite le lezioni, si dirigeva in biblioteca come da rituale. La situazione non cambiò fino alla fine delle vacanze natalizie. Ormai da tempo studenti e docenti si erano ripresi e la polizia archiviò il caso, Dimitri taceva ed evitava chiunque gli si avvicinasse, non tanto per la morte di Mirco, ma perché le persone iniziavano a disgustarlo nel profondo.

 

Di nuovo in biblioteca, la tosse degli studenti in quel luogo era l'unico rumore a rompere il silenzio che si era formato. Dimitri non alzava mai gli occhi dalle lettere stampate sulle pagine bianche del libro di storia, eppure non riusciva a concentrarsi. Continuava a toccarsi i biondi capelli che gli ricadevano sulla nuca, si grattava insistentemente il braccio fino quasi a spellarsi. Qualcosa nell'aria lo infastidiva terribilmente, si leccava le labbra ogni minuto anche se non era necessario. Si alzò dalla sedia ed andò a posare il libro nello scaffale dal quale l'aveva preso, richiuse la borsa e si diresse fuori. Ad attenderlo c'era un uomo vestito in modo elegante, di nero, che posteggiava una BMW coupè bianca. Dimitri fece finta di non vederlo e, come niente fosse, prese a camminare seguendo il marciapiede per tornare verso casa.

-Puzzi.- disse all'uomo che lo seguiva senza dir una parola, dopo essersi stancato di venir pedinato fino a casa. Svoltò dunque all'angolo e si fermò di fronte ad un negozio che era propenso a chiudere, fingendo di osservar la vetrina dove erano esposti degli abiti costosi. Questo non rispose, si fermò nello stesso istante in cui anche il ragazzo lo fece.

-Puzzi di marcio.- ribadì -Cosa vuoi da me?-

-Il padrone ha ordinato di prenderti.- la sua voce pareva meccanica alle orecchie di Dimitri, infastidendolo alquanto.

-Sparisci.-

-Il padrone ha ordinato di prenderti, Dimitri Vlacovshky.- ripeté come un disco rotto, irritando maggiormente l'animo del ragazzo che iniziò a spazientirsi.

-E a Dimitri Vlacovshky non frega un cazzo del tuo padrone e dei suoi ordini. Sparisci.-

-Il padron...-

-Chi c'è con te?- Dimitri si voltò finalmente in quella direzione, vedendone quel tizio ed un secondo vestito di bianco, vestiti eleganti i suoi, agghindato con un cilindro candido. Il suo volto era solcato da un sorriso che poteva sembrar cortese e da buon uomo, se non dagli occhi che ne tradivano le reali intenzioni. Dimitri poteva esser tutto fuorché ingenuo.

 

-Vuoi venire nella mia scuola? Non te ne pentirai.- propose l'uomo che si era presentato con il nome di Claiton. Dimitri scoppiò in una sonora risata, si piegò in due dal ridere, non c'è che dire, era davvero così sicuro quell'uomo di ciò che stava facendo?

-Ho già un liceo da frequentare, mi spiace.- lo liquidò accompagnando le parole con un gesto della mano che ne dimostrava il proprio assenso. -E mi basta.-

-Non è una scuola per persone comuni. Ti insegneremo ad usar i tuoi poteri, nessuno ti eviterà.- tentò di convincerlo. Una lampadina s'accese nella mente del ragazzo quando si ritrovò a sorridere ed annuire all'uomo.

-Sono tutti come me, quindi?-

-Sì, tutti.-

Dimitri sorrise, era proprio ciò che voleva e, solamente per questo, accettò.

 

Era di fronte ad un enorme istituto circondato da un prato all'inglese, era chiuso da un enorme cancello riccamente decorato. Il luogo in cui si ereggeva quella scuola era in mezzo ai boschi di collina. Era affiancato dal presunto preside e quello strano tizio che puzzava di marcio, ma non li degnò di alcun interesse e non appena si aprirono i cancelli ferrei e metallici, avanzò senza chieder nulla come fosse solito avventurarsi in quel posto. Attorno all'edificio vi erano vari ragazzi e ragazze. Contando le finestre, Dimitri riuscì a capire che quell'istituto aveva dieci piani al proprio interno, compreso il piano terra, al che rimase abbastanza stupito. Si guardò attorno. Aveva ragione quel coglione del preside, qui c'è davvero tanta gente. Mi divertirò. Con questo pensiero, Dimitri entrò nell'edificio.

Il preside gli procurò un'uniforme e la chiave del dormitorio in cui avrebbe dovuto dormire o andar a studiare, stanza 369, venne poi scortato da quell'uomo che odorava di marciume e latrina al proprio olfatto.

-Che stanza enorme.- notò guardandosi attorno dopo aver appoggiato la propria borsa sul letto celeste sul lato destro della stanza, vedendone però un secondo sul muro opposto al proprio, al che arricciò la bocca in una smorfia di assenso, corrucciando lievemente la fronte formando così delle piccole rughe espressive sul viso pulito dalla pelle pura. -Chi cazzo sta qui?- si voltò fulmineamente verso la porta ormai chiusa, al che digrignò i denti ed uscì senza pensarci due volte, dirigendosi verso l'ufficio del preside. L'ultima cosa che avrebbe voluto era trascorrere la propria giornata in compagnia di qualche demente e dover condividere le proprie cose. Non si fidava più di nessuno dopo Mike, era finito il tempo in cui lui stava calmo e buono, in cui lui si fidava di qualcuno. La vita era solo un gioco per lui, un gioco dove chi pensava al meglio le proprie mosse vinceva, e il fidarsi era una mossa azzardata alla quale non avrebbe più concesso di esistere nel proprio mondo.

Sbatté la mano aperta sulla cattedra in cedro dell'uomo di fronte a lui, adagiato sulla propria comoda seduta rossa, il quale non si mosse dalla propria postazione. Teneva infatti il pugno davanti le proprie labbra un poco screpolate tenendo il peso sul proprio gomito puntato sul bancone della cattedra enorme e cosparsa di fogli. Il telefono alla sua sinistra squillò proprio quando Dimitri ebbe finito di lamentarsi con Claiton, così l'uomo rispose.

-Si? … oh sì, certamente. Ah ah. mh... sì...- il ragazzo ringhiò appena, drizzò la schiena facendola scricchiolare al movimento. Claiton gli fece cenno con una mano d'attenderlo fuori mentre si girò con la seduta, dandogli le spalle come se non esistesse minimamente. Recepito il messaggio, Dimitri si accomodò fuori per attendere quelli che dovevan essere un paio di minuti, ma che si prolungarono a molti di più.

Al diavolo. Mi arrangerò da solo. Si alzò dalla sedia e si diresse al dormitorio che ora era affollato di gente di tutte le età. Sembrava quasi un raduno di gente strana, nessuno fece caso a lui e non sapeva se fosse un bene o un male.

Stanza 369, giuntogli dinanzi notò che era appoggiata alla serratura preannunciando che qualcuno era all'interno. L'aprì il più lentamente possibile per constatare che il proprio coinquilino, in realtà, era una ragazza. Sbiancò letteralmente e sbatté la porta rimanendo fuori, attirando però l'attenzione di un paio di ragazzi che si voltarono verso di lui, il quale fulminò con lo sguardo.

-Che volete?-

-Nulla.- si affrettarono a rispondergli prima di voltargli le spalle e andarsene.

Questi si fidano fin troppo di me. Che imbecilli. Pensò mentre le sue labbra accennarono un lieve sorriso appena percettibile sul proprio viso. Una donna in camera con me... che pazzia. Fu la sua conclusione di quella bizzarra condizione. Eppure una cosa era strana: non c'era odore di donna in quel dormitorio maschile.

 

Quella notte non rimase nel dormitorio, andò però a perlustrare i dintorni. Vedeva tremendamente bene, quasi meglio che in pieno pomeriggio. Si muoveva agilmente tra un masso ed un altro, facendo attenzione a non scivolare qualora la superficie non era liscia o bagnata, ritrovandosi in breve tempo a più di duecento chilometri dall'istituto, in mezzo ai boschi, mentre seguiva il corso di un fiume tranquillo dalle acque stranamente pure.

-Oh luna, Madre...- mormorò mentre chiuse gli occhi prima puntati a quella tonda ed argentea figura circolare che ora si ritrovava in mezzo al cielo scuro, circondata dalle stelle brillanti. Stava esalando a pieni polmoni l'aria fredda della notte, si sentiva tremendamente potente, sorrise e si alzò osservando il circondario con gli occhi che gli brillavano d'argento, la sua pupilla stava lentamente sparendo mentre il colore delle iridi andava via via scemando cedendone il posto al bianco accecante che la luna stessa imponeva con la sua presenza. Iniziò a muover rapidamente le proprie gambe, camminava sopra all'acqua, si tolse i vestiti rimanendo nudo, percorrendo tutto il bosco ad un'incredibile velocità. Non aveva freddo, anzi, si sentiva come dovesse esplodere da un momento all'altro, era diventato un animale. Evitava alberi e inseguiva animali di grossa e piccola taglia tenendo loro testa. Aveva i polmoni che sembravano bruciare di brama d'aria e il cuore agitarsi come a volersi staccare dai vincoli che gli imponevano i vasi sanguignei attaccati ad esso. Si arrampicò senza tregua sugli alberi più alti e, una volta raggiunta la vetta, si lanciava nel vuoto senza timore, aggrappandosi ai rami di altre piante che di certo non mancavano, come una scimmia leggera ed esperta dei propri movimenti. Sembrava non aver alcun peso in quel momento, come fosse uno spirito vagante, ululava e urlava, non gli faceva alcuna differenza.

La mattina seguente giunse, all'alba, la propria stanza per poter prender la propria sacca per poi dirigersi in presidenza per la consegna dei propri manuali ed attrezzatura. Si era rivestito non appena l'effetto idilliaco su colei che era sempre stato propenso a nominare Madre sul proprio corpo non svanì, era tornato quello di sempre.

Aprì la porta velocemente entrando, non curandosi di nulla e nessuno, dirigendosi verso il proprio letto ancora immacolato.

-Sei il mio compagno di stanza quindi?- la voce alle spalle di Dimitri lo fece voltare, guardando con noncuranza la figura minuta di fronte a lui che si stava sistemando la divisa femminile della scuola.

-Io sono Krisa.- l'accento che aveva ricordava l'Olanda.

-Dimitri.-

-Sei russo?-

-Presumo di sì.-

-Presumi...?- domandò con una nota di scherno nel tono, le iridi di Krisa erano neri mentre le pupille erano sottili fili rossi che solcavano quell'oceano di oscurità.

Dimitri non le rispose, si limitò semplicemente a prender la propria sacca ed uscire dalla stanza a passo tranquillo in direzione della segreteria. Krisa non puzzava affatto di femminile, ma neppure di testosterone. Era chiaro che qualcosa c'era sotto, ma poco gli importava, finché non lo avesse infastidito, per lui quell'essere non esisteva come la maggior parte delle persone di quel luogo.

Si diresse in classe dopo aver ricevuto ciò di cui aveva bisogno, la struttura della scuola era uguale a quella dei dormitori, era solamente situata due piani più in alto di quest'ultimi. Quando Dimitri aprì la porta dell'aula vide i suoi compagni seduti ai banchi in silenzio che voltarono i loro volti verso di lui, non vide però il professore.

-Scusate il ritardo. Ma il professore?- da dietro la porta, dopo che Dimitri chiese, comparve un uomo sulla ventina dai lunghissimi capelli bianchi legati in una coda di cavallo portata alta e gli occhi color smeraldo, i suoi abiti sono celesti come il cielo mentre fissava il giovane ritardatario. Con un gesto elegante della mano lo invitò a sedersi senza aprir bocca, c'erano tre banchi vuoti e Dimitri decise di andare a sedersi in quello più isolato affiancato dalla finestra.

-Prof! Ma perché ci sono dei poteri che aumentano d'intensità in determinate ore del giorno?!- domandò la voce squillante di una ragazza dai capelli corti e violacei ai primi banchi.

-Ci sono varie tipologie di poteri.- spiegò il professore, si era appena seduto sulla cattedra e guardava i suoi studenti con quell'intenso sguardo -ci sono gli Elemental, coloro che hanno poteri su un particolare elemento naturale quale può essere il fuoco, l'acqua e così via, ci sono poi i Phisics, coloro che mutano forma in altre persone, in animali o in ibridi. Ci sono quindi gli Psycho ovvero coloro che usano i poteri della mente come la telepatia, la telecinetica, la psicologia, le parole ed altro ancora, ci sono i Rockbreak che usano la loro forza disumana o particolari doti sensoriali sviluppate oltre la norma o caratteristiche fisiche come la resistenza e la velocità ed infine esiste una razza che ha poteri che variano in base al momento e allo stato d'animo, gli Agona, considerati i più pericolosi in assoluto poiché non sono prevedibili. Con questa premessa posso dirvi, ragazzi, che i poteri d'ognuno vengono potenziati soprattutto da un determinato orario perché può dipendere se diurno o notturno. Questo varia però a seconda della tipologia dell'anima.-

Agona? Che razza di nome... Dimitri guardò oltre i vetri delle finestre pulite. Il suo pensiero era rivolto a tutt'altro che a quella lezione.

Voglio combattere contro qualcuno, voglio divertirmi, diamine.

-Signor Vlacovshky siamo in classe, non su d'un campo da prova.- il cupo tono dell'insegnante richiamò all'ordine Dimitri che lo vide di fronte a lui, rimanendo interdetto per la realtà delle sue parole.

-Come... lei...-

-Telepatia, sono uno Psycho. Oh, ho dimenticato di dirvi un'altra cosa ragazzi, tutti noi...- si voltò appoggiando le spalle al muro rivolgendosi all'intera classe -possiamo avere un qualche aspetto o un particolare segno distintivo fisico che può far intuire a quale razza apparteniamo, Agona a parte. Inoltre ci sono gli ibridi tra queste razze che potrebbero somigliare ad un Agona, ma hanno tratti distintivi fisici che ne confermano le due stirpi d'origine.-

-Prof. Ma se gli Agona sono esseri perfetti, chi può competer con loro? Altri Agona e basta? Insomma... sarebbero i padroni del mondo!- intervenne un ragazzo in fondo all'aula.

-No, affatto. È vero, gli Agona sono terribilmente potenti, ma ricordatevi che un meticcio può comunque gareggiare contro uno di loro.-

-Esistono ibridi tra un Agona e un'altra razza?- azzardò Dimitri, puntando gli occhi contro quelli del professore in piedi di fronte a lui che accennò ad un sorriso compiaciuto.

-Sarebbe impossibile fermarlo.-

Si udì un mormorio proveniente da tutti gli alunni, tranne che da Dimitri.

Impossibile...? Interessante.

-La lezione è terminata. Potete deporre le vostre cose e andare. Arrivederci.-

-Arrivederci!- esclamarono tutti all'unisono.

Una volta fuori da quella classe, Dimitri incontrò Krisa.

-Ciao Dimitri.- salutò lei, ricevendo solamente un cenno del capo in risposta. -Dove stai andando?-

-In stanza.-

-Anche io.- sorrise seguendolo. Non parlò nessuno dei due finché non giunsero in strada.

-Come mai tu non odori di nulla?- interruppe il silenzio Dimitri dopo essersi adagiato sul materasso comodo, cercando di capirne il reale sesso.

-Il mio odore? Che intendi scusa?-

-Il tuo sesso effettivo.- precisò scrutando quell'esile figura stesa sul materasso appoggiando tutto il proprio peso sul suo fianco sinistro, rivolgendo l'attenzione al ragazzo. Il suo viso era solcato da un lieve sorriso compiaciuto, si sollevò, sedendosi, guardandolo.

-Sono un asessuato. Krisa infatti significa senza-genere nell'antica lingua del mio popolo.-

-Un asessuato? Quindi sei un neutrale?-

-Più o meno, dammi del maschio.- Dimitri intrecciò le labbra in un'espressione di stupore. Di certo sarebbe stato difficile considerando ciò che indossava, ma non era impossibile abituarsi.

-Ok, Krisa.- sorrise alzandosi, per poi uscire dalla porta.

   
 
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