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Autore: chos    08/02/2014    5 recensioni
Echi nascosti di grida
e pianti gelati di sangue.
Noia.
Il dolore non raggiunge i salotti imporporati di lusso.
Silenzio.
Non v'è dio che ascolterà
le tue suppliche.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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-7 Marzo 1942-

Non avrei dovuto tenere d'occhio quell'uomo, lo so, ne sono consapevole, ma quei due pozzi ghiacciati mi hanno seguito ovunque ed io non ho potuto farne a meno, monitorando i suoi spostamenti e le sue azioni.
Le condizioni delle lesioni erano peggiorate, le ferite suppuranti dovevano dolergli da impazzire nonostante sgobbasse come tutti gli altri, seppur con un braccio solo visto che l'altro era rimasto slogato dal nostro primo incontro, e la curiosità in me è cresciuta fino alle estreme conseguenze: stamani infatti ho trascorso la mia pausa pranzo nel cortile, in compagnia di Heimefreid e Peeke, due gemelli che, potrei scommetterci, si definiscono in giro come “di stirpe ariana pura”, con i loro capelli dorati e gli occhi che pur essendo chiari non sostengono il minimo confronto con quelli di Sherlock del numero 2212.
Loro stavano di guardia, controllavano "quegli sporchi ebrei” con uno sguardo, che si intrecciava al minimo sgarro, al minimo pretesto per dare giù di pugni su chi lo meritasse, ma che si è posato su di me non appena ha percepito il mio strano interesse.

“Cosa ci fa davvero lei qui, dottor Watson?”, mi ha chiesto quindi il più tarchiato dei due con lingua di serpente pronta a stilettare le mie spalle, ed io cosa potevo fare, se non fingere?
Avevo precedentemente pensato che la scusa della vendetta personale fosse un buon motivo per prestare tanta attenzione a quella forma inferiore di vita, così ho fatto spallucce aggrottando le sopracciglia in un'espressione ostile rivolta al 2212.
“Quello -ho detto, accennando all'obiettivo- ha tentato di aggredirmi due giorni fa, nel mio studio. Non ne ha ricevute abbastanza, comprendi?”

Pessimo attore, tuona nella mia mente la sua voce profonda.
I due quindi si sono scambiati un'occhiata dubbiosa, poi complice, infine si sono messi a ridere di gusto, “Non sono mai abbastanza!”, e con il loro consenso tutto è stato più semplice, o quasi: muovere i passi pesanti contro di lui lo è stato, lo è stato anche afferrargli fermamente la spalla dolorante fingendo di bearmi dei suoi gemiti di sofferenza... ma non sostenere la tempesta che mi provocano quelle sue fiammelle blu di pura forza.
Gli sghignazzi dei fratelli miei colleghi saturavano l'aria, ma la dura e flebile voce che è uscita a stento dalle labbra rigate dal sangue coagulato dell'uomo che nel frattempo stavo trascinando via è riuscita a coprirle completamente.
Schlechte schauspieler1”, mi ha ripetuto con un mezzo ghigno, e l'attimo dopo eravamo in una delle poche stanze spoglie ed inutilizzate del campo.
L'ho sistemato su di uno sgabello di fortuna, e senza distogliere per nulla al mondo lo sguardo dalla sua figura, ho cominciato a curarlo in un silenzio che è stato interrotto di tanto in tanto da qualche suo grido che giurerei abbia emesso di proposito, per reggere il mio gioco.

“Tu sei diverso dagli altri della tua razza”, ho esordito infine, con un forzato tono di indignazione, concentrato nel disinfettare un taglio che, infetto, divideva in due in obliquo, il suo braccio destro, “perché non ti rassegni?”
“E tu perché mi stai curando?”.
“Già, perché lo sto facendo?”, e la mia domanda, rivolta più a me stesso che a chi stavo curando, è stata subito seguita da un urlo di finto dolore che mi ha aiutato, in un modo o nell'altro, ad accantonare tutte quelle stupide domande che non ha senso farsi senza potersi dare una risposta, e a lasciar spazio quindi a tutte le altre questioni che sono sorte subito dopo le sue rivelazioni sul mio conto, riguardo quella strana attenzione che aveva avuto nei miei confronti, ed ho aperto la bocca per parlare, ma come se gli stessi occhi che tanto mi fanno perdere il senno siano riusciti a captare i miei pensieri, mi ha anticipato.

“Deduzione”, si è limitato a bisbigliare, con un ghigno sul volto che non saprei dire se volesse comunicarmi l'orgoglio che provava per le proprie capacità, oppure una tale saccenteria da farmi sentire quasi a disagio, visto che quei fari, invece di rischiarire i miei pensieri, li avevano solo resi più confusi ed offuscati.
“Con un solo sguardo posso capire se la moglie del tuo grande e valoroso superiore dalla sovrabbondante salivazione si diverte in sua assenza e non di certo giocando a scacchi con la figlia”, ha detto ridendo lievemente, e tutt'ora non so se avrei dovuto schiaffeggiarlo come sono soliti fare i miei connazionali o rimanere stupito perché nessuno ha mai detto in sua presenza che quell'uomo sia sposato, né che abbia figli, invece che rimanere a guardarlo tentando di riuscire a venirne fuori da solo con pochi risultati.
“Come ci sei riuscito?”.
“Dottor Watson, lei guarda e non osserva, ma con mio grande stupore e giubilo lei è uno dei pochi che ha compreso che qui qualcosa non va”, ha detto, e che il mein Furher mi perdoni per ricordarmi persino le parole precise del suo discorso, “se solo usassi davvero il tuo cervello, o almeno il 60% di esso potresti persino causare una rivoluzione”.


1Pessimo attore.

   
 
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