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Autore: jackfrost87    08/02/2014    0 recensioni
I nostri protagonisti, se così vogliamo indicarli per rendere più facile il ritmo narrativo a voi lettori, son due e si possono impersonificare, identificare, in due soggetti che hanno in comune solo pochi elementi: l'età, un inizio e vicende familiari tragiche. Sul resto questi due ragazzi, si son di sesso maschile, più diversi non potrebbero essere: sia a livello fisico che d'animo. Uno biondo, come il grando d'estate, solare e pieno di bontà che come un sole estivo emana su ciò che lo circonda un calore quasi da canicola opprimente, almeno per chi come me è appartenente alle tenebre perpetue, capace di sciogliere i cuori ache più ghiacciati e induriti da percosse che la vita a volte ti riserva. L'altro invece: bruno come la notte, pallido quanto la luna che si vede stagliata in cielo nelle notti in cui spesso nei racconti si elevano ululati di strane creature pelose e pericolose. Bruno e nero anche nello sguardo dentro cui potresti perderti. Freddo e spigoloso quanto un monolite, una figura geometrica nera mistica la cui origine e significato si attribuisce come, entità astratta incomprensibile e irraggingibile: amante delle tenebre.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Itachi, Kiba Inuzuka, Naruto Uzumaki, Sai, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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c2sai Capitolo primo: Il big bang

Molti studiosi non sanno dare una spiegazione precisa, come anche collocazione precisa sulla linea del tempo immaginaria e imprecisa umana, su come l'universo abbia avuto inizio come creazione. Si sa che in un determinato momento, con l'effetto di una grossa esplosione, il bigbang, si è formato ciò che noi chiamiamo universo.
Un insieme di masse gassose e pianeti che insieme formano galassie. 
Si può dire che anche un copro di un essere vivente: sia di per sè, una sorta di universo colmo di particelle che tutte insieme formano un organismo complesso e splendido, per come si evolve e interagisce con ciò che lo circonda. Ovviamente il DNA è qualcosa che racchiude in sè una quantità di informazioni unica e inesauribile, capace a volte di compiere reali salti evolutivi. L'essere umano ha avuto origine proprio in questo modo, grazie alla selezione naturale avvenuta in milioni di anni.
Eppure più si evolveva più la sua massa cerebrale aumentava, le sue competenze cognitive si diversificavano e divenivano complesse aumentando così anche la capacità di interazione col mondo circostante e con altri esseri viventi. La sua infelicità è così inversamente proprorzionale con l'evoluzione della sua massa cerebrale e capacità cognitiva. Più diveniva intelligente, maggiore era la consapevolezza di angoscia che il mondo circostante fosse un cumulo di insidie capace di poterlo uccidere o rendere infelice. Da allora le cose son cambiate si, ma la natura umana è sempre alla ricerca, dall'alba dei tempi, di un luogo ove chiunque possa essere in pace e in perfetta armonia ed equilibrio con ambiente e "fauna" circostante. Ahimè, essendo di base pur sempre, animali evoluti: siamo imperfetti e questo ci porta spesso ad avere una vera e propria ossessione di cercare di limare le origini "bestiali", snaturando così la natura umana che è unica nel suo genere proprio perchè evoluta ma anche da considerarsi eclettica poichè colma di sfumature primitive animalesche.
La nostra storia si colloca a cavallo tra il ventesimo e ventunesimo secolo, senza partire dagli inizi, posso fare un breve riassunto di chi mi accingo a narrare le loro vicende personali, tenendo a precisare che non è mio vanto nè obiettivo di prendere alcun merito di ciò che sto per andare ad esporre.
I nostri protagonisti, se così vogliamo indicarli per rendere più facile il ritmo narrativo a voi lettori, son due e si possono impersonificare, identificare, in due soggetti che hanno in comune solo pochi elementi: l'età, un inizio e vicende familiari tragiche. Sul resto questi due ragazzi, si son di sesso maschile, più diversi non potrebbero essere: sia a livello fisico che d'animo. Uno biondo, come il grando d'estate, solare e pieno di bontà che come un sole estivo emana su ciò che lo circonda un calore quasi da canicola opprimente, almeno per chi come me è appartenente alle tenebre perpetue, capace di sciogliere i cuori ache più ghiacciati e induriti da percosse che la vita a volte ti riserva. L'altro invece: bruno come la notte, pallido quanto la luna che si vede stagliata in cielo nelle notti in cui spesso nei racconti si elevano ululati di strane creature pelose e pericolose. Bruno e nero anche nello sguardo dentro cui potresti perderti.  Freddo e spigoloso quanto un monolite, una figura geometrica nera mistica la cui origine e significato si attribuisce come, entità astratta incomprensibile e irraggingibile: amante delle tenebre.
Apparentemente questi due figure uamnoidi, non hanno alcuna parvenza di essere minimamente simili o collegati. Invece no: hanno un filo rosso che li tiene legati strettamente, il cui il destino dell'uno influenza e fa mutare quello dell'altro. Agli antipodi e tanto vicini quanto lontani, come due numeri primi. Tanto simili, tanto vicini quanto eternamente distanti. Eppure io son stato testimone di vari eventi ed è la ragione per cui mi sto accinggendo a narrare le loro gesta.
Mi scuso se inizialmente questo racconto potrà sembrare come un trattato scientifico sull'uomo e sulle origini dell'universo, ma a mia difesa posso riportarvi che non sono un soggetto capace di esprimere appieno una forma di dialettica-narrativa simile ai romanzetti rosa.
Pertanto sarà mio intento di cercare di essere maggiormente accurato, di utilizzare un linguaggio adatto a descrivere al meglio ciò che sto per accingermi a narrarvi.

Tutto si può dire che abbia avuto inizio quando nel marzo del 2003 ho messo piede nel liceo Takeishi a Osaka. Per rendere più comprensibile del motivo per cui faccio risalire l'inizio di questa storia proprio con il mio trasferimento: è per semplificazione e perchè tutto si può dire che abbia avuto inizio in quell'istante. Ricordo ancora che era gennaio e l'anno scolastico era già cominciato. Inusuale che uno studente della prefettura di Kanegawa venga trasferito altrove, proprio nel mezzo dell'anno scolastico. Posso solo accennare la motivazione: avevo raggiunto quell'età legale per potere andare via dall'orfanotrofio e decidere di dove andare a vivere. Quindi ovviamente ho deciso di andare più lontano di quanto potevo da ciò che è stato per quasi sedici anni della mia vita:  un carcere senza sbarre. 
Quel giorno era freddissimo e avevo indosso il semplice indumento che loro chiamano: divisa. Mai prima di allora avevo messo piede fuori dall'orfanotrofio e quindi risultavo spaesato di recarmi a scuola, in mezzo a gente nuova che non avevo mai visto e che le persone mi guardassero come se fossi visibile. Quindi era tutto nuovo, tutto interessante e al contempo mostruiosamente pauroso. Camminavo a testa china, non riuscivo a sostenere quegli sguardi indagatori sulla mia persona. A rischio di ruzzolare per terra, svariate volte, son giunto a piedi a scuola. Un edificio grigio alto tre piani e con intorno diversi zone verdi e di cemento addibite ad attività extrascolastiche/sportive. So che ero in ritardo, perchè non ero abituato che ci si debba recare da qualche parte rispettando degli orari precisi. Già...

Primo giorno di scuola e son già in ritardo, cammino velocemente e mi reco nell'atrio della scuola che avrei imparato presto sarebbe pullulato di giovani ragazzi e ragazze, in piena voglia di non studiare e di evadere da quell'edificio che ora mi pareva così triste e solitario. Desolato quasi. Son dentro il suo ventre e mi sento spaesato, così colmo di corridoi e porte mi sento spaesato come se fossi all'interno del ventre di un grosso cetaceo. Però quello che provo non è nausea dovuto al "rollio" della balena che, nel mentre tente di digerirmi, nuota nei profondi abissi. Son semplicemente in un edificio scolastico e banalmente non essendoci mai andato da solo mi ritrovo spaesato e sperduto. Trovo la segreteria e mi imbatto in personaggi singolari, la cui gentilezza pare essere incartapecorita come i loro aspetti smunti e tossici già alle prime ore del mattino. Impressione assolutamente desolante. Tramite somme indicazioni riesco a giungere nella aula in cui per i prossimi tre anni trascorrerò le mie giornate insieme a dei perfetti sconosciuti: definiti compagni di classe. La mia mano, come il resto del corpo, è imperlata di sudore e con grande stupore mi rendo conto che un gesto flebile io ho dato il via al meccanismo di aprire la porta che mi dà accesso al regno inferale, o meglio la mia aula.
Vengo investito da un religioso silenzio mentre una serie di teste fissano la lavagna e al centro vi è un professore dall'aria umanamente disponibile appassionata a spiegare qualcosa. Quello che mi colpisce è la geometria in cui son disposti i miei compagni di classe nei loro banchi e il ruolo centrale, il fulcro delle loro attenzione, su quell'ometto dall'aria umana e appassionata. Qualcosa di dissonante in tutta quella precisione maniacale geometrica del luogo che mi aumenta lo stato di spaesamento e nausea. Poi l'inevitabile, il professore si accorge di me. Addio invisibilità e anonimato tanto amato sino in questo istante.
Il professore, moro dalla strana capigliatura lunga e raccolta in un alto codino, occhi dolci e sensibili, carnagione scura e sorriso umanamente colmo di comprensione: viene verso di me, ed io mi rendo conto che sto appiccicato al piano ligneo della porta che stupidamente mi son tirato dietro per chiuderlo. Stupide abitudini da bravo bambino. Non ho scampo me ne rendo conto dalle migliaia di paia d'occhi che come un mostro a dieci teste puntano su di me: la vittima sacrificale.

« Benvenuto...tu sei il nuovo studente che viene dalla prefettura di Kanegawa? Piacere mio io sono il tuo professore di storia, ti basti sapere che sono Iruka» l'insegnante così sorride ad un suo scolaro nuovo. Un ragazzo dall'insolito pallore e sguardo severo per un sedicenne, appiattito e visibilmente a disagio contro la porta. Gesti di accoglienza gli riserva, con le braccia protese con movimenti lenti, con un sorriso e sguardo colmi di dolcezza quasi paterna. In qualche modo riesce a convincerlo di staccarsi di lì e infatti lo segue, timidamente, sino a che giunge nei pressi della cattedra. Il professore così continua « Date il benvenuto al vostro compagno, si chiama Sai ha sedici anni e viene dalla prefettura di Kanegawa dalla capitale. Siate gentili con lui e dategli il vostro benvenuto». Un coro si leva all'unisono: « Benvenuto Sai!» ma la curiosità invece di scemare si attacca ancora di più sulla figura alta e magra, pallida quanto un cadavere, del povero neo giunto che vorrebbe fuggire altrove. Eppure incontra un paio di occhi azzurri che assenti lo fissano e lu ricambia con sgomento. Quegli occhi così intensi, seppur privi di alcuna luce, son ancora in grado di inchiodare quelli senza fondo di un ragazzetto di sedicianni vissuto per tutta la vita in un orfanotrofio. Il professore, ignaro del gioco di sguardi tra i due scolari, proclama: « Bene Sai, siediti pure in quel banco accanto a Naruto Uzumaki. Sarà il tuo compagno di banco...spero vivamente che diveniate amici.» e detto ciò incita il neo studente con un colpetto gentile sulla spalla per farlo muovere e così poter riprendere il normale svolgimento della lezione.
Il ragazzo moro si desta così dall'imbambolamento in cui era caduto muovendosi, come una marionetta a scatti, verso il banco che il professore gli ha gentilmente indicato. Lo sguardo della persona che poco prima gli aveva fatto perdere la cognizione del tempo è stata oscurata da un giramento di capo biondo verso la finestra. In qualche modo gli è grato perchè riesce così a prendere posto al proprio banco. Poggiando la propria cartella e prendendovi posto, tenta di seguire la lezione oramai giunta a metà del suo svolgimento. Si guarda attono. La curiosità è sempre latente, sente su di sè come lampi di sguardi ma l'unico che gli interessa lo sta bellamente ignorando mettendogli in mostra una criniera indomata bionda. Solo a fissare quella chioma gli viene in mente il grano visto disegnato in una illustrazione di un libro chiamato il piccolo principe. Si disperde così a fissarlo non redendosi conto di stare dando spettacolo ai propri neo compagni di classe, sino a che reincontra un paio di occhi azzurri che nel momento incrociano i propri, cominciano ad acqustare vita. Si rende conto di essere stato uno stupdio, come poteva credere che già così fosse in balia del suo potere nascosto, quella luce allegra e curiosa prende e fa capolino. Come anche un sorriso che lo abbaglia, talmente è radioso e colmo di calore umano. Sconcertato il povero neo arrivato, comincia a sudare freddo: pentendosi di aver intrattenuto uno sguardo di troppo nei suoi confronti. Il biondo però non si dà pace e con insistenza cerca un contatto con questo nuovo neo compagno che dall'aspetto è più morto che vivo.
« Ehi, tu devi essere il nuovo studente...» comincia a parlare con voce bassa per non farsi riprendere, l'ennesima vota, da Iruka, il professore. Il moro non lo calcola pare ostentare di non averlo sentito, quindi rimarca la cosa poggiando una mano calda sul suo braccio semi scoperto. « Ehi dico a te compagno di banco...mi senti o sei sordo?» quel contatto indesiderato fa sobbalzare Sai che si volta verso Naruto guardandolo in tralice. « Non sai cosa significa rispettare i confini altrui? Ovvero la distanza tra due corpi appartenenti a due perfetti sconosciuti. Detta anche privacy o semplicemente spazio vitale?» arcua in modo significativo il bel sopracciglio mancino sulla fronte alta e pallida. Il biondo ne rimane incantato da tale perfezione e lo giudica non più ordinario, ma degno della propria ammirazione e attenzione. Appena scosta la mano e scuote vivacemente il capo biondo leonino: « Scusa, non volevo essere invadente...cominciamo da capo. Ciao sono Naruto Uzumaki, il tuo compagno di banco. È un vero piacere averti qua tra di noi...» e attende che gli dica il nome. Il moro sbuffa e aggiunge monosillabico:« Sai». « Sai, bel nome, spero che tu ti trova bene qui...già» seguita il ragazzo biondo che con aria sorniona sta già pensando cosa escogitare come scherzi al neo arrivato, che non sospetta, non sia minimamente il soggetto ideale che apprezza le burle. Il moro inconsapevole, torna a tentare di seguire una lezione che reputa già perduta, che diverse paia di occhi son puntati e hanno lo stesso sbarluccichio sinistro di colui che gli è a fianco anche se volutamente ignora.
  
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