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Autore: Keros_    08/02/2014    2 recensioni
[Famous!Au] [Singer!Sebastian + Assistant!Blaine]
Sebastian è uno dei cantanti più in voga del momento, bello, ricco e talentuoso. Il suo personaggio è un po' eccentrico e spesso finisce per andare fuori dai suoi compiti, combinando disastri quasi impossibili da sistemare. All'ennesimo grattacapo che riceve, James Cristin, il manager del ragazzo, decide di tenerlo sott'occhio affibbiandogli un "baby-sitter", un ragazzo con cui dovrà passare la maggior parte del tempo. Questo ruolo finisce nelle mani di Blaine, il ragazzo che vive con James e sua figlia Elizabeth; nonostante i due Cristin non siano molto felici della scelta.
Stare a stretto contatto l'uno con l'altro per i due ragazzi non si rivela affatto facile e come si erano aspettati; questo perché sono simili e differenti allo stesso tempo. Entrambi con un passato difficile che li tormenta ancora.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Cooper Anderson, Sebastian Smythe, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo tre





“Sveeeeglia!” Urlò Elizabeth, saltando sul letto e Blaine si svegliò di soprassalto.

“Cosa? Quando? Dov’è-Ahia!” Disse quando la ragazza si mise a cavalcioni sopra di lui. 

“Ma che abbiamo qui?!” chiese maliziosa, “non sapevo che la mia presenza ti facesse un tale effetto.”

Blaine la cacciò via in malo modo, spingendola per farla cadere di lato sul materasso. “Smettila,” disse con l’accenno di un sorriso tra le labbra. 

“Ok, ok, lo so che quello funziona solo per-“ Elizabeth si bloccò quando l’altro ragazzo la guardò glaciale, “.. l’altro sesso!” continuò alzando le spalle, con fare innocente.

“Ho sonno, lasciami dormire,” cambiò discorso Blaine, girandosi dall’altra parte, stringendo forte il cuscino al petto. 

“No, forza alzati,” El gli tirò per una spalla per farlo voltare un’altra volta. “Sei già in ritardo.”

“E’ impossibile, James aveva detto che dormiva lui da Sebastian questa settimana o lo faceva controllare da qualcuno.”

“James è partito,” disse Elizabeth, mettendosi a gambe incrociate e Blaine la imitò. “Quindi ti devi sbrigare, la casa è grande e Sebastian potrebbe andare via senza che qualcuno se ne accorga.”

“Quando se n’è andato?” Domandò riferito al signor Cristin, “Non sapevo niente.”

La ragazza si sentiva un po’ in difficoltà e abbassò di poco la testa, guardandosi lo smalto sulle unghie dei piedi, “Non lo sapevo nemmeno io. Ha lasciato un messaggio. E’ andato a Boston.”

“Perché?” 

Elizabeth alzò di nuovo le spalle, indifferente. “Credo per un lavoro urgente.”

“Quanto resterà via?”

“Blaine, mi ha lasciato un bigliettino con scritto che andava a Boston e nient’altro. Cosa di questo non capisci?” Sbottò infine, agitata più di quando avrebbe dovuto. Si alzò e si diresse verso la porta. “Hanno preparato la colazione. Non farmi mangiare da sola.”

Una volta rimasto solo in stanza, il ragazzo si ributtò sul letto e chiuse gli occhi. Era stato uno stupido a insistere tanto, avrebbe dovuto capire di tagliare su quell’argomento nel momento esatto in cui l’aveva vista abbassare lo sguardo. 

James era partito su due piedi e non l’aveva neanche avvertita prima, questo aveva riaperto delle vecchie ferite in lei, riportato a galla ricordi lontani ma sempre vividi nella sua mente. Blaine non ci aveva pensato e adesso si sentiva terribilmente in colpa. 

Considerò l’idea di chiederle scusa e, nonostante la trovasse la cosa giusta da fare, decise il contrario. Se c’era una cosa che Elizabeth odiava, era quando qualcuno tentava di affrontare i problemi quando lei non era pronta o non faceva notare d’essere stata male per un determinato gesto; questo perché non sopportava trovarsi in svantaggio e non avere tutto sotto controllo, la certezza di uscirne indenne; altrimenti si sarebbe arrabbiata ancora di più. 

Si alzò dal letto e scese a fare colazione con lei, ignorando quello che era successo.  Chiacchierarono del più e del meno, commentando cioè che diceva il telegiornale e ridendo quando decisero di guardare i cartoni animati, nonostante all’inizio El fosse scettica. 

Quando si alzarono da tavola per andare a prepararsi, la ragazza spense la tv e senza alcun motivo rimase immobile seduta lì dov’era, facendo preoccupare l’altro. 

“Tutto bene?”

Elizabeth restò per un lungo momento in silenzio, guardando il bicchiere vuoto, poi si ricompose e gli rivolse un sorriso. “Si, tutto bene.” 

Blaine fece il giro del tavolo e le si sedette accanto, le spostò la sedia per poterla guardare meglio. Sapeva che cos’era qualcosa che non andava, ma non sapeva cosa dire in quel momento senza rischiare di farle fare una scenata. Rimase in silenzio.

“Hai tutti i riccioli scompigliati, guarda come sei conciato!” Elizabeth gli scostò un ciuffo dalla fronte e controllandogli i capelli, sistemandoglieli a suo piacimento. Blaine stava iniziando a infastidirsi, non sopportava quel comportamento premuroso; le prese i polsi e lei finalmente lo guardò negli occhi. “Quando tornerà?” 

“El-“

“Va bene, scusami. Tu non puoi saperlo.” Disse alzandosi per sparecchiare. 

“Non era questo ciò che stavo per dire.” risponde Blaine, bloccandole il passaggio mettendo la gamba sulla sedia. “Lascia, farà Anita,” continuò riferendosi alla tavola. 

El sbuffò, “Aiutarla non ci farebbe male.”

“Farai sempre così, non è vero?” Blaine non vedendola controbattere continuò; “Ogni volta che partirà ti comporterai in questo modo. Per quanto ancora? Capisco che non è stato facile per te, ma James è cambiato. Non è più l’uomo di quando eri bambina. Non potrai essere terrorizzata a vita. Devi superarlo.”

“Adesso sono io che devo superare qualcosa?” Cambiò subito argomento Elizabeth, poggiandosi una mano al fianco. “Voglio ancora parlare del tuo ‘sono etero’ o del modo in cui ti vesti?!”

“Perché vestito da omosessuale sarei più carino, mi sembra ovvio!” Sbottò Blaine, irritato. 

“Non è mica un vestito da carnevale!” Gli fece notare lei, facendo una smorfia. “Devi vestirti per come ti piace, per come ti senti. Per quello che sei veramente!”

“Finocchio?”

Blaine. Tu sei Blaine. Non gay, stupido, moro, con gli occhi verdi, che diventano castani dopo due secondi e mi fai confondere; ricciolo, il fratello di Cooper, mio fratello o quello che vive con i Cristin. Tu sei Blaine. E dovresti iniziare a esserlo veramente. Anche tu devi superare qualcosa, quindi non venire a fare il superiore con me.”  Elizabeth parlò con rabbia, gli zigomi rossi e l’aria di sfida mista a dolcezza. Gli spinse via i piedi dalla sedia e guardandolo freddamente si diresse verso la porta. “Adesso sbrigati a vestirti e a preparare la valigia. Stasera dormi lì.” 

Blaine strabuzzò gli occhi e rimase per un momento interdetto. Stava per dire qualcosa, ma era già rimasto da solo nella stanza. 

*

Lo schermo del cellulare era illuminato, la scritta “chiama” sotto il nome “papà” era in bella mostra e stava facendo cadere in ipnosi Elizabeth che la fissava intensamente da più di dieci minuti buoni. Era combattuta con sé stessa, indecisa se avviare la telefonata o meno.

Era strano per lei ritrovarsi in quella situazione; non solo perché era rannicchiata in posizione fetale sul materasso, ancora umida dalla doccia con la frangetta che le copriva gli occhi, cosa che non le succedeva da anni; ma solo perché lei non era mai indecisa. 

Se doveva fare una scelta ci metteva sempre poco, calcolava i vantaggi e gli svantaggi, ciò che voleva fare lei e quello che dovevano essere i suoi doveri; tirava poi due somme e ciò che le conveniva di più sceglieva. Calcoli semplici, schematici, un po’ come lei. 

Questo sistema questa volta non poteva essere applicato; semplicemente perché si trattava del suo rapporto con James. Il loro era da prendere con le pinze, non poteva giocarci come fa un bambino con il suo peluche preferito. C’erano voluti anni affinché si guardassero davvero come padre e figlia e nascesse il rispetto che adesso avevano. 

Finalmente avevano la loro stabilità ed Elizabeth era terrorizzata da poterla perdere ancora una volta. 

Se lo avesse chiamato, cosa chi avrebbe detto, precisamente? “Hey, papà che fine hai fatto? Perché sei andato in un altro stato senza nemmeno dirmelo? Quando torni? E’ divertente? Hai ricordato di portarti tutto il necessario per stare fuori casa per... Per quanti giorni hai detto che stai via?” No, non poteva. Lo avrebbe spaventato e fatto preoccupare inutilmente. Era un discorso troppo apprensivo, perfino per lei. 

Avrebbe potuto dire molto altro e manipolare il discorso a suo piacimento, come faceva sempre nelle situazioni sconvenienti. Il problema era che aveva paura di cedere; scoppiare a piangere, ritrovarsi ad urlare senza un vero motivo, mostrare la sua fragilità. Inoltre non voleva darla vinta a Blaine; solo che lei aveva già perso quando gli aveva fatto capire che qualcosa non andava e avrebbe continuato a perdere non facendo notare il suo disappunto al padre per quella situazione, perché lo avrebbe spinto a scomparire di punto in bianco senza avvertire. 

Era nel panico. 

Dall’altra parte della casa, per Blaine le cose non andavano  meglio. Era in piedi davanti all’armadio a scavare all’interno dei cassetti alla ricerca di qualcosa di carino da portare. Non sapeva per quanto tempo avrebbe dovuto dormire a casa di Sebastian. 

Dormire a casa di Sebastian. 

Questo pensiero gli fece scorrere un brivido lungo tutta la schiena, mettendogli addosso adrenalina. Afferrò una camicia rossa, un’altra verde e bianca a quadratini piccoli e due polo, una rosa tendente al fuxia e una grigia; le depose tutte nella piccola valigia vicino al letto e andò a prendere gli accessori e dei pantaloni semplici; dopo aver sistemato anche quelli, si fermò un attimo a guardarla e storse il naso. 

Tirò fuori  i vestiti e li gettò sul letto in malo modo, insieme agli altri presi in precedenza. Si  portò una mano a grattarsi la cute, restando immobile a guardare il disastro che aveva combinato.  Al posto delle lenzuola c’era quasi metà sul suo guardaroba estivo; non sembrava altro che un ammasso di colori vivaci mischiati al nero e al grigio. Gli piacevano, aveva sempre amato i colori, soprattutto quelli sgargianti e un tempo li indossava sempre con spensieratezza, quasi fossero adattabili facilmente o poco riconoscibili. 

Adesso si vestiva con più semplicità e colori neutri, quasi anonimo. 

Prese una camicia bianca e una bianca e verde a quadratini, quella di poco prima; le depose in due mani separate, mordicchiandosi il labbro mentre le guardava. Si ricordò la discussione con Elizabeth e d’impulso lasciò andare la prima camicia e mise la seconda nella valigia, insieme alle altre polo colate, i cardigan leggeri, gli accessori e i pantaloni. 

Per la quinta volta in quella mattina guardò la sua valigia e sorrise. C’erano tutti i colori estivi e i suoi abiti che gli piacevano di più. Face un respiro profondo. 

Era così gay. 

Capovolse il trolley e una volta svuotato lo riempì di nuovo, questa volta di magliette semplici, bianche, blu, nere e grigie; pantaloni lunghi, boxer. La chiuse con rabbia, a scatti. 

El aveva ragione su di lui, non era sé stesso. Con quel pensiero Blaine uscì dalla stanza.

Elizabeth sbloccò lo schermo del cellulare, si alzò in piedi e si diresse verso il bagno per sistemarsi e andare all’università. Blaine non aveva ragione su di lei; preoccuparsi e avere paura non la rendeva l’adolescente ribelle che era stata, la bambina che era cresciuta da sola; la faceva essere una giovane donna indipendente, preoccupata per il padre. Niente di più.. Sperava. 

                                                                                                                                        

“James sa che sei in ritardo?” Disse Sebastian quando sentì le ante dell’ascensore aprirsi. Era ancora a letto, con la testa conficcata tra il cuscino e il materasso, ma sentiva benissimo. 

“Non è affar tuo.” Rispose Blaine bruscamente. 

Oh, era di mal umore. Ottimo per il suo intento, pensò.  In un lampo si mise a sedere e lo guardò con la testa inclinata di un lato. “Hai le spalle tutte tese. Ti faccio un massaggio?”

“Sebastian, se vuoi restare a letto fa pure. Io vado a sistemare i miei vestiti.”

Il diretto interessato guardò Blaine come fosse un insetto parlante proveniente da un altra dimensione.  Non riusciva a far collegare ciò che voleva intendere il moro. Lo fissò intensamente per più di dieci secondi buoni, in completo silenzio, facendolo sentire a disagio. 

“Tu non vai da nessuna parte.”

Blaine incrociò le braccia al petto. “Come scusa?”

“Questa è casa mia. Tu non dormirai qui.” Rispose Sebastian fermamente, sentendo i muscoli irrigidirsi. 

“Non ho detto nello stesso letto-” 

“Dico sotto il mio tetto.” Lo interruppe fermamente. Alzandosi in piedi. “E’ già tanto che ti faccio entrare nella mia stanza. Non m’importa quello che dirà James. Questa è casa mia e decido io gli ospiti; ogni tanto tendete a dimenticarlo.” Si sentì fiero di sé stesso per aver fatto un discorso senza una grinza.

“El mi aveva detto-“ Blaine si zittì di colpo. Era livido di rabbia e stava per perdere la pazienza. “Questo è il mio lavoro e se mi viene detto di dormire qui, dormirò qui.”

“E questa è casa mia, se non ti voglio vedere appena sveglio, non ti vedrò appena sveglio.”

“Come se non ti trovassi a letto ogni mattina.”

“Non io, tu. Sarai orribile di prima mattina.” Disse Sebastian contraendo i muscoli della faccia in una smorfia schifata; “I capelli come se avessi preso la scossa, gli occhi gonfi, la voce ancora impastata di sonno.. Sono sicuro che avrai anche la bava alla bocca.” Quell’immagine prese forma nella sua mente e gli fece venire una certa dolcezza. Doveva essere adorabile. 

Blaine si accorse che aveva indugiato troppo e lo guardò scettico e offeso, “Non ho la bava alla bocca.” Lo guardò per un attimo, “E anche tu non  sei un granché appena sveglio.”

“Vorresti  dirmi che non ti eccito anche così?” lo prese in giro.

L’altro ragazzo alzò gli occhi al cielo, poi li riposò sul suo volto. “Hai preso qualcosa?” Chiese preoccupato – Sebastian si sforzò di pensare che fosse perché non stava compiendo bene il suo lavoro - avvicinandosi di qualche passo, lui sbiancò e lo fermò subito con un gesto della mano. Maledizione, non aveva ancora fatto togliere quella fan - art attaccata al muro.

“Perché lo chiedi?” 

“Hai gli occhi rossi.. E gonfi.” 

“Sono stato al pc fino a tardi,” tagliò corto. Blaine sembrava voler esternare la sua perplessità continuando il discorso ma non gliene diede il tempo. Quando il suo stomaco brontolò, Sebastian si calò giù i pantaloncini, restando in mutande. 

Blaine spalancò gli occhi. “Cosa fai?!”

“Mi spoglio.”

“E perché?!” la sua voce era acuta, ed era musica per le orecchie di Sebastian; gli veniva quasi da ridere.

“Perché mi va.” Gli rispose con una menzogna. Si tolse pure la maglietta e gli andò in contro; lo vide sgranare gli occhi e arrossire nonostante cercasse d’apparire sicuro di sé. Lo schivò all’ultimo memento passandogli accanto, si diresse all’altra parte della sua stanza da letto e afferrò dal divano il cordless. Compose lo zero - uno e aspettò che rispondesse qualcuno. 

“Signor Smythe, buongiorno.”

“Preparami il bagno del mio piano. Muoviti.” Detto questo riagganciò e lasciò di nuovo il telefono dove l’aveva trovato. Sentì due occhi che gli fissavano intensamente la schiena. Si voltò a guardare Blaine. “Cosa?”

“Non puoi stare in mutande davanti a me! Non è rispettoso né per me, né per te stesso. Non hai un minimo di decenza?!” Cominciò Blaine, accusandolo, “Potrei benissimo prendere questo gesto come mobbing e farti causa. E - e anche il modo in cui hai parlato al telefono non è giusto. Ti piacerebbe se parlassero a te in questo modo o se mi spogliassi davanti a te e camminassi in mutande?”

“Si, è tutto molto bello,” disse Sebastian fingendo di non aver sentito nemmeno una parola di quello che gli aveva detto. Continuò a camminare verso il corridoio. 

Blaine gli andò dietro. “Non hai niente da ribattere?”

“No,” rispose frettolosamente.

“Tu hai sempre qualcosa da dire. Su tutto. Quindi dillo e basta!” Blaine lo afferrò per un braccio, costringendolo a guardarlo. Era furioso. Sebastian ne fu sorpreso in un primo momento, poi scoppiò a ridere. 

“Hai tutta questa voglia di litigare, eh?” Disse spavaldo, “Cos’è, hai litigato con qualcuno e adesso ti vuoi sfogare con me? Bene, ma almeno fammi prima fare un bel bagno, poi ti insulterò in tutte le maniere possibili e inimmaginabili, se proprio ci tieni; nano da giardino.”

Blaine lo guardò boccheggiando, non sapendo cosa replicare. Sebastian lo aveva capito in un paio di minuti, aveva letto il tumulto che c’era dietro i suoi occhi. E si sentì completamente nudo. Non sapeva bene se ciò che lo aveva fregato fossero le parole non urlate a Elizabeth che adesso gli salivano su per la gola per essere riversate contro Sebastian o meno; sapeva solo che aveva i nervi o fior di pelle e voleva andarsene in un cantuccio buio e restare lì per ore. Questo significava aver voglia di litigare? Forse. Ma non gli impedì di continuare il discorso. 

Il punto è,” cominciò, calcando bene le parole, “che-“

Sebastian sbuffò, alzò gli occhi al cielo e lo interruppe. “No, sta’ zitto. Te lo dico io quel è il punto. Perché tu sei poco intelligente anche per capirlo. Il punto è che ti piace. Ti piace stare qui, con me. Ti piace che ti cammini davanti nudo, che vada in giro senza maglietta, che mi spogli davanti a te. E no, Blaine, non dirmi che non è vero, perché avresti potuto già andartene dal momento stesso che hai messo piede in casa mia due giorni fa. Sono antipatico, insensibile, egocentrico, stronzo, bastardo, pezzo di merda, cinico? Si, è vero, ma a te tutto questo piace. Hai ancora tre giorni per andartene, ma tu non sembri averne alcuna intenzione. E non uscirtene con la solita scusa “io ho bisogno di soldi,” perché io conosco James, Elizabeth e di come ti trattano come un figlio, fratello, zio, cognato, nonno e bisnonno. So cosa hanno fatto in tutti questi anni per te, anche se il motivo mi resta ignoto. Non hai bisogno nemmeno di un dollaro. Quindi risparmiati la scusa e tutti i bei discorsetti sui miei brutti modi di fare.” Sebastian gli rivolse un sorriso tirato. Vedendo che Blaine era rimasto lì immobile a fissarlo, continuò. “Ah, e per quanto riguarda tutti gli altri, non ti preoccupare tanto: piace anche a loro. Non ti fare fregare, se volessero andarsene non ci metterebbero molto a trovarsi un nuovo lavoro; molti in questa città si tirerebbero i capelli a vicenda pur di assumere qualcuno che ha lavorato qui. E semmai non ci riuscissero, tu conosci James: farebbe un paio di telefonate e li sistemerebbe. Quindi, signor paladino della giustizia e della morale, non parlare a vanvera di ciò che faccio o succede in casa mia dopo due giorni che ci metti piede.” Sebastian non gli diede neanche il tempo di replicare, girò sui tacchi e si diresse verso le scale per scendere al piano di sotto. “Hai due possibilità Blaine: o te ne torni a casa e non ti fai più vedere; oppure chiedi a una di quelle due imbecilli che lavorano qui, di accompagnarti nella stanza che riservo a quelli che mi stanno sul cazzo.”

*

 

 

Blaine credeva che Sebastian l’avrebbe spedito nella dependance con gli altri domestici, dall’altra parte del giardino; invece si sorprese quando una delle due donne – delle quali doveva ancora imparare i nomi - lo giudò fino al piano terra e attraverso varie stanze, fino a davanti una porta chiusa. 

“Arrivati!” disse lei con un sorriso, facendogli spazio per entrare. 

Blaine le sorrise cordiale e restò sorpreso davanti all’arredamento. Non sapeva bene cosa si era immaginato, forse una brandina con il materasso fatto di fieno e un armadio in legno che cadeva a pezzi, o qualcosa di davvero orribile, per come Sebastian gli aveva fatto capire. Invece la stanza era graziosa, non era la più bella della casa, ma non poteva lamentarsi. 

Era luminosa, l’arredamento era bianco e nero, completamente moderno. L’armadio a specchio ad anta scorrevole occupava una parete, quella di fronte al letto matrimoniale. A Blaine piaceva quella stanza, nonostante stonasse un po’ con il resto della casa. 

“E’ carina. Non capisco perché Sebastian ci mandi le ‘persone che gli stanno sul cazzo.’” Commentò Blaine, più con sé stesso che con la donna.

“Uhm, hai intenzione di restare qui  a lungo?” 

“Non ne ho idea, ma credo proprio di no.” Le rispose con un sorriso, “Appena tornerà James starà lui qui.”

“Oh, lui sì che è un sant’uomo.” la donna face un sorriso un po’ troppo grande e alzò contemporaneamente gli occhi color nocciola al cielo. “Dovrebbero proprio dargli una medaglia,” dopo scoppiò a ridacchiare.

Perfetto. Aveva una cotta per James. Se lo appuntò tra le cose da non dire a Elizabeth. “Già, è un uomo fantastico.” 

“Si, lo è!” rispose ridacchiando ancora, “Sai perché non è qui?” 

Blaine alzò le spalle e si mordicchiò il labbro. Sapeva che era partito, niente di più, e questo lo metteva a disegio. “In realtà no. Mi dispiace.”

“Ah,” disse, rabbuiandosi. “Comunque, sarà meglio  che tu non abbia paura del buio, delle ombre, e che ti alzi presto.”

Il ragazzo stabuzzò gli occhi, “Come scusa?”

“Si, sai.. Hai gli alberi fuori dalla finestra e di sera danno un aspetto macabro alla stanza, dato che non ci sono tende. E accanto c’è la cucina, Pascal si mette a lavoro presto. Qui c’è sempre troppo caldo o troppo freddo.”

Blaine era senza parole, non sapeva bene come rispondere. “No, io non ho paura del buio, quindi sono a posto e poi Pascal non farà così tanto chiasso, no? Starò bene qui. Grazie.” 

“Allora io.. Vado,” concluse lei, sorridendogli timidamente prima d’uscire dalla stanza. 

Il ragazzo, una volta rimasto solo, lasciò la valigia a centro di stanza e si gettò sul materasso e chiuse gli occhi. Era stanco. E non erano nemmeno le nove e mezza. Si sentiva uno straccio. In quel momento avrebbe voluto davvero addormentarsi e dormire per giorni; o scomparire dalla faccia della terra. 

Se il buongiorno si vede dal mattino, Blaine era nella.. Merda.

Prima Elizabeth, poi fare i conti con sé stesso e adesso Sebastian. Non sarebbe arrivato a fine giornata, lo sapeva. 

Fondamentalmente si era cacciato lui in quella situazione, perché avrebbe potuto evitarla senza troppi problemi, ma, come al solito, quando si toccava l’argomento “orientamento sessuale”, si creava uno scudo impenetrabile e rispondeva acidamente. Questo, che doveva essere un modo per essere lasciato in pace, in realtà non faceva altro che peggiorare ancora di più la situazione, soprattutto con Elizabeth che, con il suo fare – fastidioso - da mammina, si preoccupava per lui e non faceva altro che stressarlo ancora di più, li portava a litigare e poi Blaine si vedeva costretto a sfogare la rabbia su altre persone o ad esprimere in maniera sbagliata.

Quella mattina non aveva nessun motivo per rispondere male a Sebastian, almeno inizialmente, ma era talmente nervoso che non se n’era nemmeno accorto. Il ragazzo aveva fatto quella battuta in tono leggero, come un po’ pentito dal comportamento del giorno prima e volesse rimediare. Comunque era inutile ripensarci adesso, non aveva nessuna voglia di chiedergli scusa e quindi non sarebbe cambiato niente; Sebastian avrebbe continuato a odiarlo perché lui aveva sprecato l’occasione di provare a stargli simpatico. 

Non che gli importasse particolarmente, dopotutto erano in piena guerra civile. 

 

*

 

“... Che vuoi? Ho da fare in questo momento.”

“Buongiorno anche a te, mia cara. Sei sempre così gentile e carina, che per poco non ti scambiavo per un cupcake ambulante.”

“E da quando sai fare questi parallelismi con qualcosa che non sia a sfrondo sessuale?”

“Quando li faccio su di te. Sei la cosa meno eccitante sulla faccia della terra.”

“Dopo te in accappatoio, una asciugamano in testa e un estetista a limarti le unghie dei piedi,” la voce di Elizabeth era divertita. “.. O dopo Blaine vestito ad Halloween da donna, con la parrucca caduta di lato, il trucco sbavato e il gesso al piede perché era caduto con i tacchi.”

Sebastian per poco non scoppiò a ridere. “Davvero l’ha fatto?”

“Si, aveva otto anni e lo fece per tirarmi su di morale,” Rispose lei in tono semplice.

“Interessante.”

Percepì una nota di scuro interesse nella voce, e lo ammonì. “No, non lo è. Perché mi hai chiamata? Ho da fare.”

“Cosa? guardare il soffitto di camera tua?” 

“Shopping, a dire il vero.”

Ah, Sebastian ne rimase sorpreso. Non era certo ciò che si aspettava. La immaginava invece rannicchiata in camera sua, persa e sconsolata, perché il padre era partito lasciandola a casa. “Il tuo amico ha per caso bisogno di un vibratore?”

Anche se non poteva vederla, Sebastian immaginava una smorfia sulla faccia della ragazza, lo poteva capire dal modo in cui rispose un “No,” disgustato.

“Secondo me ne ha proprio bisogno.” Continuò lui, “Ha sempre i nervi a fior di pelle, si scalda con poco-“

“Apprezzo davvero la tua preoccupazione nei suoi confronti, ma al momento non potrebbe importarmene di meno.”

“Grazie.”

“Di cosa?”

“Mi hai appena dato la conferma.” Sebastian rise, “Avete litigato stamattina.”

Elizabeth sbuffò, “Mi stai distraendo mentre provo un vestito.. Per questo?”

“Non è del tutto vero; vedi, sto facendo il bagno completamente solo e tutti i miei amici a quest’ora dormono. Non avevo nessun altro da torturare.”

“Tortura te stesso!” 

“Sai che non posso, mi zittirei da solo dopo pochi secondi.” 

Proprio come farò io adesso! Ciao.”

“Servirebbe un bel vibratore anche a te, sai?” Continuò Sebastian, divertito, “Forse ne hai più bisogno, tu di Blaine. Hey, ma aspetta! Voi non state insieme?”

“Sebastian, finiscila.”

“Per cosa ti sei offesa di più? Perché ho dubitato della tua bravura a letto, della sua, che sicuramente è gay e per questo sei sempre tesa? Cosa?”

“Dei tuoi modi di fare.  So benissimo quel è il tuo intento, di’ che sei geloso e basta.”

Sebastian fece una lunga, fragorosa, acuta e falsa risata. “Io non sono geloso di nessuno.”

“Bene, allora ciao.”

“Perché mai dovrei esserlo?”

“Non ne ho proprio idea... Magari perché ti piace da.. Emm... Fammi riflettere.. Da quando l’hai visto la prima volta, anni fa? E non dirmi il contrario. Hai solo una fanart in giro per casa, addirittura attaccata difronte al letto e l’ha fatta Blaine.”

“Per tua informazione quella cosa è scomparsa stamattina.”

“Ti mancherà tanto stanotte non poterla fissare, non è vero?

“Te l’ho mai detto, che se tutto questo acido fosse vero, mi piaceresti?”

“Si, quasi tutti i giorni della tua esistenza.”

“Non ci vediamo tutti i giorni.” Precisò Sebastian, mettendo le cose in chiaro.

Si, allora qualcosa come sei giorni alla settimana su sette.”

“Non importa e poi i calcoli sono sbagliati. Sono una persona impegnata al contrario di te.”

“Fare orgie tutto il giorno.. Uffa.. Deve essere così impegnativo.” Disse lei sarcastica.

“Oh, non puoi capire quanto.”

Lei rabbrividì, “Comunque ho appena trovato un altro vestito in saldo della mia misura, addio.”

“Tu non compri mai in saldo.”

“Mi stai confondendo con te.”

“Si, forse hai ragione.” 

“Bene. A risentirci mai più.”

“Perché avete litigato?” Domandò Sebastian, frettolosamente per non farle chiudere la conversazione. 

“Perché mai dovrei dirlo a te?” Chiese lei a sua volta.

“Non si risponde a una domanda con un altra domanda. E’ maleducazione.”

“Perché tu sei educato vero?” Domandò retorica, sbuffando. “Sebastian, ho da fare, non posso stare al telefono con te. C’è Blaine per farti da baby-sitter, consulente, da cagnolino da compagnia.”

“Hai appena dato del cane a tuo fratello?! La cosa è grave.”

“Blaine non è mio fratello.” Elizabeth stava iniziando a perdere davvero la pazienza. “Dimmi cosa vuoi e basta.”

“Te l’ho detto: mi sto annoiando e voglio passare tempo.”

“Senti, se sei geloso e vuoi sapere ciò che è successo a Blaine, basta dirlo. Se vuoi che torni io a farti da baby-sitter, dillo e basta.”

“Niente di ciò che hai detto ha senso.” Sebastian cercò di tagliare quell’argomento. 

“Ti devo ricordare che ci conosciamo da anni e che con me la scusa ‘sono annoiato’ non regge!? Ti conosco meglio di quanto pensi. Ora o parli o chiudo la conversazione.”

“Non ti sopravvalutare, chihuahua. Tu conosci me come io conosco te. Allo stesso modo. Non lo scordare.”

“Bene. Ciao.”

“Come sei noiosa. Blaine è di là e non voglio restare solo troppo a lungo.”

“Non è questo ciò che volevo sapere.”

“Sei insopportabile. Come vorrei mai volerti di nuovo come assistente? Per non parlare che non sei bella nemmeno la metà di Blaine. Dimmi perché avete litigato e non se ne parla più.” Disse gongolante.

“Apri bene le orecchie, perché lo dirò una sola volta e perché mi piacciono le scarpe in quella vetrina con lo sconto: abbiamo litigato per Jemma,” mentì. Non poteva dargli la soddisfazione di dargli ragione, di fargli capire che si conoscevano allo stesso modo, ‘a livello avanzato’, per così dire.

“..Quindi non perché James se n’è andato senza dirti niente e avvisando me, invece? O perché lui è finocchio fino a dentro le ossa e non lo dice?” Domandò Sebastian incolore; ma El lo conosceva abbastanza da capire che ne era deluso. 

“No.”

“Andiamo, ti conosco,” continuò lui.

“No, invece. Jemma mi sta antipatica e non mi piace che esca con Blaine, perché io lo amo.”

“Non ci credo che ha la ragazza,” commentò lui, acido. “Lo so che non è vero.”

“Se ti fa sentire meglio..”

“Dimmi la verità. Sono pur sempre Sebastian Smythe. Chi non direbbe la verità alla grande stella?”

“Sebastian, apprezzo il tuo credere che siamo amici nonostante ci destiamo, e forse lo siamo. Insomma, qualcosa c’è, non siamo conoscenti. Ma io e Blaine potremo pure litigare, tirarci i capelli, fare la lotta perché l’altro vince una sfida ai videogame o le scommesse, farci scene di gelosia e fare prendi e molla ogni tot di tempo, ma alla fine resteremo sempre Elizabeth e Blaine, migliori amici, fratelli, coinquilini, colonna portante della vita dell’altro... Mentre tu, Sebastian.. Resterai sempre e solo Sebastian. Non tradirò mai Blaine, men che meno per te.” Lei sapeva benissimo d’essere sempre stata un po’ cattiva, ma le era venuto spontaneo dire quelle parole, perché erano vere, dalla prima all’ultima. Non sentendo nessuna risposta dall’altro capo, chiuse la conversazione.

 

*

 

Sebastian gettò il cellulare sul pavimento, con rabbia; sentì un lieve “crack”. Era lo schermo del telefono che si rompeva. Non  gli importava, neanche un po’. 

Non poteva credere che Blaine avesse davvero la ragazza ed Elizabeth gli andasse dietro. Anzi, non ci credeva punto e basta. Lui la conosceva, da molti anni ormai, e sapeva che non era il tipo da innamorarsi di del suo fratellastro o qualunque cosa Blaine rappresentasse per lei. Insomma, tutti i suoi ex, erano ragazzi alti mediamente venti centimetri in più di lei, belli, muscolosi, un po’ scemi e come anche James sosteneva “Casi umani.”

Sebastian si immerse sott’acqua, frustrato. Non era abituato a non ottenere ciò che voleva. Rimase lì sotto, a cercare di rilassarsi, fin quando non ebbe la necessità di respirare. In quel momento sentì bussare alla porta. 

“Chi rompe i coglioni?” Chiese infastidito,  tirando in dietro i capelli bagnati. 

“Sono io,” rispose Blaine da dietro la porta, “Hai finito?”

“Manca poco.”

“Ok, vuoi che chieda a Pascal di preparati la colazione o i vestiti per-“

“Entra.” 

Ci fu un lungo momento di silenzio, dall’altra parte della porta Blaine era immobile. Poco dopo la porta del bagno si aprì lentamente e il ragazzo entrò. Era in imbarazzo.

Dato che era” Etero”, non avrebbe avuto nessun problema a stare in bagno con lui. 

 “Dopo usciamo, sono stufo di stare a casa,” esordì Sebastian stiracchiandosi. Vedendo che stava ancora in piedi a fissare tutto tranne lui continuò: “Siediti, voglio stare un altro po’ in acqua, ci vorrà tempo.”

Blaine allora lo guardò accigliato. Non c’erano sedie dove sedersi, soltanto il mobile del lavandino con sopra lo specchio che prendeva quasi tutta la parete e la vasca da bagno incastonata nel pavimento da dove si entrava tramite degli scalini in mosaico blu e azzurro. 

Il ragazzo si tolse i mocassini, si alzò i pantaloni fino a metà polpaccio e si vedette a bordo vasca. “Puoi uscire?”

“Certo che posso, non sono mica agli arresti domiciliari,” rispose Sebastian,  fissandolo. 

Blaine alzò le spalle, “Dove vuoi andare?”

“Ho voglia di fare shopping, sono un po’ a corto di vestiti.” Sebastian si mise in piedi, l’acqua che gli arrivava subito sopra il pube, mettendo il bella mostra il tatuaggio che portava vicino l’osso iliaco sinistro. 

Blaine accavallò le gambe. E cercò di concentrarsi su ciò che il ragazzo gli stava dicendo e non sul suo corpo. “Non hai.. Un.. Una stilista per i vestiti e.. Unacabianaarmadiopieno?”

“Si, ma quelli sono per gli eventi, concerti, interviste e blablabla.”

“Oh,” non ci aveva mai pensato. E lo ringraziò mentalmente quando si risedette e le bolle di sapone o ricoprirono fino al petto. 

“Potresti chiedere alla tua fidanzata di venire con noi.” 

“No-o. Al momento è all’università, sai.. Lei studia.”

“Tu perché non sei all’università?”  

Blaine rimase sorpreso da quella domanda, non credeva che Sebastian lo sapesse, né tanto meno che gli importasse approfondire l’argomento. Magari voleva solo chiacchierare. “Io.. Beh..” si fermò non sapendo bene come rispondere. “Diciamo che.. Non volevo più fare ciò per cui stavo studiando, tutto qui.” Vedendolo aggrottare le sopracciglia, continuò. “Recitare non è una cosa che mi appassiona come la musica, ma anche lì.. Non ne ho più tanta voglia. Mi sono accorto che le canzoni erano tutte uguali o già sentite.” 

“Canzoni?”

“Si, sai, canzoni, come quelle che canti tu, hai presente?” scherzò per un momento, poi tornò serio. “Solo che non mi davano più soddisfazione. E mio fratello è il solito stronzo che non aiuta affatto a tirarmi su di morale, anzi ha solo peggiorato la situazione.”

Sebastian sembrava sorpreso e confuso. Era davvero bello quando rifletteva. “Scrivi canzoni.. Di che genere?  E hai un fratello? Da quando?”

“Non abbiamo un fratello, io ho un fratello,” chiarì subito Blaine, sapendo che si riferiva a lui e a El. “Per quanto riguarda le canzoni, di tutti i generi,” iniziò a muovere i piedi nell’acqua, perso nei pensieri, “il testo e la parte strumentale. Suono diversi strumenti e quindi mi veniva facile. Era molto gratificante, soprattutto all’inizio. Non erano capolavori ma li mandavo a Cooper e lui ne era entusiasta; poi insieme alle sua band e con chi di dovere le sistemavano, rendendole più orecchiabili. Loro si prendevano il merito, ma questo non mi dava fastidio, lo facevo per Cooper, non per guadagnarci.”

Sebastian non l’avrebbe mai ammesso, ma il discorso lo interessava. Voleva sapere di più e per qualche ragione, tutta la voglia di metterlo in difficoltà, sparì. “Hai smesso di mandargliele?”

Blaine fece una risata amara, “Già, da otto mesi ormai,” si schiarì la gola, “o giù di lì, settimana più, settimana meno. Ho continuato a comporre, a suonare, recitare; poi ho smesso e ho lasciato l’università.”

“Che è successo?” 

“Lascia stare.” Blaine cercò di chiudere il discorso e si alzò in piedi. 

“Tuo fratello è un coglione per vari motivi. Avrebbe dovuto darti  i riconoscimenti e qualsiasi cosa sia successa, sono convinto che avrebbe dovuto continuare a mantenere i contatti.” Sebastian si alzò di nuovo, “Prima di uscire passami l’accappatoio, è poggiato sopra il lavandino.”

Blaine annuì e fece come gli aveva detto; quando glielo passò, l’altro continuò: “L’armistizio è finito, più tardi preparati al peggio. Ci vediamo tra cinque minuti in camera mia.” 

 

*

 

La prima cosa che Sebastian fece appena andò al quarto piano, si diresse immediatamente davanti al suo letto e guardò la parete di fronte, aggrottò le sopracciglia guardando il poster che vi era attaccato sopra, l’unico ad abbellirla. 

Come gli aveva ricordato Elizabeth, glielo aveva regalato Blaine anni orsono, ormai Sebastian non si ricordava né l’anno né il periodo preciso, ma ricordava che fosse per un avvenimento importante. Glielo aveva portato James, messo nella pellicola, arrotolato e chiuso con un elastico. Quando lo aveva visto ne era rimasto sorpreso e l’aveva subito attaccato alla parete. Erano altri tempi, quelli. Era più piccolo e adesso dava dello stupido a quel Sebastian, ma forse lo capiva. Quella era forse la prima fan - art di lui, dove in realtà, proprio lui, mancava. Raffigurava un palco ripreso dal basso, con i riflettori a illuminarlo. C’era una band in controluce che suonavano e i tanti fans con le braccia al cielo; al centro, dove doveva esserci lui, c’era una scritta “Un giorno il tuo cuore risplenderà d’amore e riuscirai a sconfiggere i tuoi demoni.”

Sebastian lo staccò dalla parete, lo arrotolò e si avvicinò al cestino; fece per gettarlo ma poi guardò la parete vuota e ritrasse la mano. Dandosi dello stupido, decise che l’avrebbe tenuto. Dopotutto era stato parte del suo arredamento per anni. Si avvicinò alla cassettiera vicino al letto e aprì il secondo cassetto, dove teneva le magliette e lo incastrò in fondo, dove sarebbe stato difficile trovarlo a meno che non si sapesse della sua presenza.

Sentì le porta dell’ascensore aprirsi e poco dopo Blaine bussare alle parete. “Non sei ancora pronto?”

“Certo che lo sono, dammi solo cinque minuti.” Rispose lui in tono piatto. Prese una maglietta a maniche corte con un teschio stampato sopra e, nel cassetto sotto, un paio di jeans leggeri, strappati qua e là. Se li infilò gettando sguardi di sottecchi all’altro, che sembrava fare lo stesso.  “Andiamo.”

“Tu vestito così?” Chiese Blaine, sconcertato. “Davvero?”

Sebastian piegò la testa di lato, “Si, oggi non ho intenzione di farmi i capelli.” 

“No, dico.. Ok,” tagliò corto l’altro, facendo per andarsene.

“Ok niente, torna qui e dimmi cosa stavi per dire. Puoi insultarmi liberamente, non mi offenderò.”

“No è che..” il moro di mordicchiò il labbro, “..Che di solito di vesti in modo meno ‘normale’, ecco tutto.”

“Oh,” Sebastian scoppiò a ridere e iniziò a camminare, lo superò e si diressero verso l’ascensore, “no, io mi vesto sempre così quando sono per i cavoli miei. Jennifer non mi ha detto d’indossare niente in particolare, quindi faccio quello che voglio.”

“Si, ma sei scalzo,” gli fece notare Blaine.

“Si beh, adesso andiamo nell’armadio del ‘mio personaggio’” disse le ultime due parole facendo un gesto con le dita. Entrarono nell’ascensore e scesero di un piano. Sebastian uscì e camminò imperterrito, non facendo caso se Blaine lo seguisse o meno. 

Arrivarono dove, al  piano superiore, c’era la stanza di Sebastian, davanti a una porta di legno, chiusa. Il padrone di casa l’aprì. “la cabina - armadio di Sebastian Smythe, il cantante eccentrico” 

Blaine restò a bocca aperta, il vano era diviso in tre parti da degli archi, alle pareti vi erano scarpiere, vestiti appesi e cassettiere; tutto era diviso in base alle stagioni, ai colori e alle occasioni. Sparsi qua e là c’erano dei divanetti e dei banconi. Sembrava di essere in un negozio d’abbigliamento a tutti gli effetti. 

“Devo dire che non mi spettavo una cosa.. Del genere,” farfugliò il moro, avvicinandosi a dei vestiti, ma poi si accorse che Sebastian si stava dirigendo verso il fondo della stanza e lo seguì.

“Credevo che ci fossi abituato.”

“Si, ma i tuoi vestiti sono molto più eccentrici di quelli di molti altri personaggi famosi e questo rende tutto più strano e-“ Blaine si bloccò, non sapendo bene come continuare, ma quello che aveva detto era vero: con la luce, i lustrini e gli Svarosky attaccati agli indumenti brillavano così tanto che  davano fastidio agli occhi e si riflettevano sulle pareti, tanto alla stanza un aspetto più fiabesco. 

“Sembra una cabina - armadio da donna, non è vero?” domandò Sebastian con un ghigno avvicinandosi alla parete dove vi erano in mostra tutte le sue scarpe.  Le guardò a lungo, ne aveva di tutti i tipi: brillantinate, semplici, sportive, eleganti, alcune con la suola rialzate di cinque centimetri e un paio addirittura erano da ginnastica ma con i tacchi – fortunatamente non le aveva mai dovute indossare. 

“No, sembra proprio il tuo armadio.” 

Sebastian si trattenne dal sorridere; era ovvio che Blaine non voleva offenderlo. Lo guardò di sottecchi e lo trovò ad ammirare una giacca di pelle con la zip incastonata di brillanti e le borchie colorate, sembrava volesse toccarla. Sebastian sentì il bisogno di dargli il permesso di provarla, ma non lo fece, anzi gli voltò le spalle e prese un paio di scarpe a caso e si ritrovò con in mano un paio color oro con la punta brillantinata di arancione. Fece una smorfia e per un attimo si chiese perché avesse delle scarpe del genere, ma poi decise che non gli interessava; la colpa era tutta di Jennifer. 

Blaine lo fissò mentre indossava le scarpe, con un mezzo sorriso sulle labbra. L’altro ragazzo lo guardò torvo. “Che vuoi?”

“Niente, mi piacciono.” 

Sebastian lo guardò come fosse un insetto gigante, perché davvero quelle scarpe erano orrende, come potevano piacergli? Forse era davvero etero. “Che gusti di merda.”

“Ti ricordo che quello che le sta indossando sei tu e che, sempre tu, sei il proprietario.” 

Sebastian lo guardò torvo. E se ne andò via, lasciandolo lì.

Blaine rise, uscì dalla cabina armadio e andò a chiamare l’autista. 

 

*

 

Blaine insisté per restare vicino casa ma Sebastian non ne volle sapere, così tra una parola di troppo, una lite durata più di dieci minuti buoni, finirono a Beverly Hills senza sapere né come né perché; appena scesi dalla macchina entrambi si guardarono e diedero la colpa all’altro, dato che nessuno dei sue voleva stare lì. 

Sebastian superò Blaine sbuffando e lanciandogli uno sguardo omicida si diresse verso la spiaggia. “Almeno c’è il sole.” Disse sistemandosi meglio gli occhiali da sole sul naso. 

“Siamo in California, c’è sempre il sole.” Gli fece notare l’altro, un po’ acido. 

“Già,” Sebastian sorrise, “ma a Parigi no.”

“A Parigi, mi sembra ovvio. Tu sei qui e pensi a Parigi.” Blaine scosse la testa e incrociò le braccia al petto. “Quindi che vuoi fare?”

“Se me lo permetteranno, colazione.”

“Permetteranno?” Ripeté il moro accigliato; Sebastian gli indicò con la mano un gruppo di ragazzine poco più avanti. “No,” farfugliò subito, “no, no, no, no, NO!”

Troppo tardi, le ragazze stavano già correndo verso di loro, urlando e ben presto tutta la spiaggia si accorse della presenza di Sebastian Smythe.

In meno di pochi secondi Blaine si ritrovò distante di almeno tre metri da Sebastian, con delle ragazze che lo spingevano sempre più lontano. Ecco, lui non ci aveva pensato quando aveva accettato di uscire: avrebbero passato l’intera giornata perseguitati dai fans.

Nonostante le sue supposizioni, la confusione durò poco, un quarto d’ora - Blaine aveva guardato incessantemente l’orologio - e poi Sebastian chiese di essere lasciato in pace dicendo “Ho fame, mi dispiace, ma è arrivato il momento d’andare a fare colazione... Perché voi non volete che mi sciupi, vero?”  e con grande stupore del moro, le ragazze se ne andarono subito dopo aver finito di scattare l’ultima foto al loro cantante preferito. 

“Questo va oltre qualsiasi legge! Solitamente non se ne vanno prima di un ora o anche più!” 

“Io ho il mio fascino.” tagliò corto Sebastian, sistemandosi il ciuffo viola che gli ricadeva sulla fronte. 

“Come no.” farfugliò Blaine, camminando cercando di non farsi investire da qualche passante in bicicletta o sullo skate.

“Anche tu ne sei affascinato.”

“Non direi proprio.. No.” 

“Ma davvero?” Il più alto si finse sorpreso e lo guardò da sopra le lenti degli occhiali, “Allora se.. Uhm verdiamo.. Se mi levassi la maglietta tu non mi guarderesti?”

“Quello sarebbe giocare sporco. Non saresti affinante, ma bensì provocante.”

“..È  la stessa cosa,” ribatté Sebastian, non sapendo come rispondere adeguatamente. Fece un cenno con la mano a due ragazze che li stavano fissando: sue fans che non avevano il coraggio di avvicinarsi a chiedergli un autografo o una foto; gli capitavano più spesso di quanto si pensasse. 

“Sai già dove vuoi andare a mangiare?”
“Perché lo chiedi?” domandò a sua volta Sebastian, scorbutico. 

“Forse perché stai superando un sacco di bar?”

“Si, so già dove andare.” 

Continuarono a camminare lungo la strada, dove tutti non facevano altro che additarli, bisbigliare tra loro quando gli passavano vicino, scattargli fotografie. Qualcun altro si era avvicinato per chiedere una foto o un abbraccio a Sebastian e lui diceva di sì a tutto, con un sorriso finto sulle labbra. 

Blaine si sentiva strano. Non sapeva bene come cosa fare. Al contrario di ciò che gli avevano detto James ed Elizabeth, Sebastian sembrava davvero uno di quei cantanti  che “Vi amo fans, siete tutta la mia vita. Sono stanco morto ma la foto con voi la faccio ugualmente.”  Era gentile, abbracciava chiunque glielo chiedesse e firmava autografi senza battere ciglio. 

Si chiese se Sebastian non soffrisse di doppia personalità; insomma tutto sommato poteva essere, no? No che non poteva essere; Blaine si diede dello stupido. Semplicemente Sebastian aveva capito come si doveva comportare con i suoi fans o forse la partenza di James aveva avuto un certo effetto anche su di lui. Era possibile? 

“Non fare quella faccia.” 

“Cosa?” Blaine sbatté più volte le palpebre, voltandosi a guardare Sebastian. “Quale faccia?”

“Quella che fai quando sei sovrappensiero,” gli spiegò mentre tornava a camminare, “è irritante.”

“Secondo me ti irrita perché in realtà è adorabile e ti piace.”

Sebastian scoppiò a ridere e Blaine si pentì immediatamente d’averlo detto. Cosa gli era passato per la mente? Perché mai avrebbe dovuto piacergli? Per cercare di sistemare la situazione disse: “...Lo dicono gli altri che è adorabile, non.. E solitamente piace a tutti. Però non volevo dire che io piaccio a tutti.” Capendo di star solo peggiorando la situazione si zittì e guardò l’altro di sottecchi.

Sebastian stava sorridendo, con la mano poggiata sul tatuaggio dietro la nuca. Si accorse che lo stava guardando e lo guardò a sua volta, “Il bar è quello.”

Blaine annuì ma non si girò a guardare, abbassò lo sguardo a terra. “Dentro o fuori?” 

“Fuori, ho voglia di godermi il sole.”

I due si diressero verso il bar e si sedettero nei tavolini esterni. L’uno di fronte all’altro. Senza scambiarsi una parola presero i menù e Blaine colse l’occasione per nascondersi del tutto dietro il foglio, facendo finta di leggere con attenzione. 

Aveva immaginato mille volte come fosse stato uscire con Sebastian, prendere un caffè insieme e parlare del più e del meno, ridendo e scherzando. E invece nella realtà non faceva altro che stare seduto, in silenzio e con un foglio a coprirlo. 

Bravo Blaine, continua così. 

“Siete pronti per ordinare?” Chiese il cameriere, che stava appuntando qualcosa sull’apparecchio elettronico che utilizzava per prendere le ordinazioni. 

“Si, io prendo-“

“TU SEI SEBASTIAN SMYTHE.” 

Blaine alzò di scatto gli occhi dal menù per posarlo sul ragazzo, che con tanto di berretto in resta, stava letteralmente saltellando sul posto. 

“Voi esaltati,” cominciò Sebastian, “mi mettete sempre di buon umore.”

“Potrei chiederle-“

“Si, da il cellulare a Blaine, ci farà lui la foto.” Lo interruppe Sebastian, facendo segno di sedersi sopra la sua coscia.

Blaine strabuzzò gli occhi. 

“Mi chiamo Kyle,” disse il ragazzo mentre poggiava il cappellino sul tavolo; si sistemò i folti capelli neri all’indietro, si tolse il grembiule e poi guardò interrogativo Sebastian.

“Allora Kyle, vuoi questa foto o no?” gli domandò scherzoso quest’ultimo. “Accomodati pure. Ormai faccio sport, ho delle cosce davvero comode.”

Blaine era allibito. 

Kyle, con tanto di risatina e faccia da ebete, non se lo fece ripetere due volte e quasi gettando il telefono sul tavolo, si sedette su Sebastian. “Devi-“ disse riferito a Blaine, ma lui lo interruppe.

“Lo so.” 

“Si, ma-“

“Ho capito,” lo zittì una volta per tutte e Kyle lo guardo confuso. 

“Non farci caso, è antipatico di suo.” disse Sebastian, mettendo una mano sul fianco del ragazzo, “Adesso sorridi e non ci pensare.”

Kyle sorrise e guardò la camera del cellulare. Blaine, teso come una corda di violino, aspettò mezzo minuto buono prima di fare la foto, tanto per vedere quanto riuscisse a tenere quel fastidiosissimo sorriso perfetto che faceva vedere quei denti ancora più bianchi e perfetti. I modelli che facevano la pubblicità dei dentifrici, al confronto avevano un brutto sorriso. 

“Non l’hai fatta sfocata, vero? Dimmi di no, per favore,” lo supplicò il ragazzo e Blaine lo guardò così male che per poco Kyle non si spaventò. 

“Che problema c’è?! Blaine, facci altre due foto, così saremo sicuri che almeno una venga bene.” Intervenne Sebastian, sorridendo beffardo.

“Questa foto è venuta buona.” 

“Si, ma io ne voglio un’altra con Kyle. Muoviti.” 

Blaine sbuffò e con malavoglia scattò un altra foto, ma questa volta il telefono si bloccò subito dopo. Sbuffò un altra volta e batté entrambi i pollici sullo schermo. “Dai, non puoi bloccarti adesso, o questo non si schioda più.” Farfugliò sottovoce, senza nemmeno essersene accorto. 

Dopo aver battuto altre due volte sullo schermo, il cellulare riprese a funzionare e Blaine lo puntò sui  due ragazzi e rimase a bocca aperta mentre scattava, poi, insieme alla mandibola, il telefono cadde a terra. 

Kyle e Sebastian si stavano baciando con tanta foga che Blaine non si sarebbe sorpreso minimamente se di punto in bianco si fossero strappati i vestiti di dosso e messi lì sul tavolino a fare sesso. Erano completamente schiacciati uno sopra l’altro, Sebastian aveva la mano dentro la tasca posteriore del pantalone di Kyle, questo aveva le sue tra i capelli si Sebastian. 

Blaine non sapeva bene cosa sentisse dentro, era un misto di tante cose –rabbia, odio profondo, di nuovo rabbia, profonda tristezza, di nuovo rabbia. Come al solito agì senza riflettere: pestò con forza il piede di Sebastian. 

“Fanculo. Sei impazzito?”

“Cosa?” Chiese Kyle, guardando confuso e spaventato Sebastian, “Ti ho morso troppo forte il labbro?”

Blaine rimandò giù un conato di vomito. “Qui offrite sempre un ospitalità del genere o vi limitate a servire i tavoli? Perché Sebastian voleva chiederti due pancake, una ciambella e un caffè con un cioccolatino dentro.”

Kyle si alzò immediatamente da Sebastian, boccheggiando.

“Ti muovi o devo dirlo al tuo capo?”

“No, io.. Sì.” Il ragazzo prese il cappello, il cellulare e corse via dentro il bar. 

Blaine, vedendo che Sebastian stava per dire qualcosa, disse: “Cosa c’è?”

“Niente.” rispose lui con un sorriso. 

“Bene.”

“Ok.”

“Si può-“

“Mi sei sembrata Elizabeth per un momento.”

“Io non sembro Elizabeth.”

“Ok, era solo per dire.” 

“E allora non dire.”

Sebastian soffocò una risata e si fece più vicino al tavolo e ci poggiò sopra una mano, vicino a quella di Blaine. Stava per toccarlo quando Kyle tornò quasi di corsa con un vassoio.

“Ecco, qui c’è il caffè e tutto ciò che avete ordinato.” disse poggiando tutto sul tavolino. Il suo sguardo cadde sulle loro mani vicine sul tavolo. Non erano intrecciate e mancavano ancora un po’ di centimetri per potersi sfiorare, ma davano ugualmente un senso di intimità. “Mi dispiace tanto,” disse tornando calmo, “I-Io non ne avevo idea. Davvero, io credo che fossi single Sebastian e.. E sono davvero mortificato. Io-“

“Sei ancora qui?”

Kyle guardò Sebastian per cercare sostegno, ma non ne trovò: stava fissando Blaine; così andò via borbottando altre scuse.

“Visto che hai ordinato tu, prenditi le cose che hai preso per te.”

“Non ho fame,” tagliò corto Blaine intrecciando le braccia al petto. “Quello è per te. Non è quello che mangi di solito?”

“Si.”

“Allora mangia.” 

Sebastian rise e diede un morso alla ciambella. “Vuoi assaggiare?”

“Ho detto mangia.”

“Lo sai che mi piaci?”

Blaine spalancò gli occhi e sentì il cuore battere.

“Non nel senso in cui pensi tu, non ho una cotta per te. Dico in questo momento. Sei sexy, con la tua faccia incazzata e l’espressione da duro.” 

Il battito di Blaine tornò regolare. 

“Il caffè è buono, sicuro di non volerne? Ti do il cioccolatino se vuoi.”

“Perché?” Gli domandò il moro in tono piatto.

“Così,” mentì Sebastian con tanto di scrollata di spalle.

“Non può essere così e basta. Fino a cinque minuti fa aveva l’aria di uno che voleva uccidermi.”

“Si, cinque minuti fa. Ora no.” Sebastian si scolò tutto il caffè, lasciando il cioccolatino mezzo sciolto nel fondo del bicchiere. Lo spinse verso Blaine e tornò a mangiare la ciambella e i due pancakes. 

Quando ebbe ingurgitato pure l’ultimo boccone, Sebastian si stiracchiò e cambiò sedia, mettendosi accanto a Blaine. Gli sorrise.

“Qualsiasi cosa hai in mente, non funzionerà.”

“Perché non vuoi il mio cioccolatino?” Domandò così innocentemente da far sentire spaesato Blaine. Si avvicinò ancora di più con la sedia, fino a far sfiorare le loro spalle. “Dai, accettalo.” 

“Non ho fame.”

“Immaginavo,” commentò Sebastian scuotendo la testa. Fece scivolare la sua mano sulla coscia dell’altro ragazzo. 

“Sebastian. La mano. Toglila.”

“Sei geloso.” Sebastian rise per ciò che aveva detto, “sei geloso. Ti piaceva da anni per caso? Oppure l’avevi solo visto qualche volta? Non farne una tragedia, puoi ancora averlo.”

“Ti ascolti quando parli?” chiese furioso Blaine, non rispondendo alle domande di Sebastian. Infilò una mano sotto al tavolo e scostò via quella di Sebastian dalla sua coscia, ma invece finirono per intrecciarle.

“Vuoi un consiglio? Accetta il cioccolatino.” 

“Si può sapere che cos’hai con questo cioccolatino?”

“Ho capito. Lo mangerò io.” Sebastian finì la discussione; prese il bicchiere dal tavolo e si verso nella bocca la cioccolata. 

“Io vado a pagare,” Disse Blaine, alzandosi  e lasciando andare la mano di Sebastian. “Torno subito.”

“Ricordami che a casa devo darti i soldi.”

Blaine scosse la testa ed entrò dentro il bar. Si diresse alla cassa, dove accanto a un uomo di mezza età, corpulento, ci stava un ragazzo alto e muscoloso, con i tratti del viso delicati: Kyle. Gli si avvicinò a lui in modo tale che nessuno poteva sentirli: “Tieni, chiama a questo numero,” disse tirando fuori dalla tasca anteriore dei pantaloni un biglietto da visita, “ti risponderà Elizabeth, tu digli una cifra e lei te la darà; in cambio non dovrai parlare con nessuno di quello che è successo e cancellerai la foto del bacio qui davanti a me.”

Kyle lo guardò confuso. “Non voglio soldi.”

“Già come vuoi, ma devi cancellare la foto. Dammi il telefono.”

“Non potrei.. Tenerla?” 

“No, cancellala qui davanti a me e la mia amica ti darà una ricompensa. E’ un buon affare tutto sommato, se la metterai su internet ti spenneranno vivo.”

Kyle ci rifletté un attimo, poi gli passò il telefono. Blaine cancellò la foto, ma lasciò le due in cui il ragazzo era seduto sopra Sebastian; gli restituì il cellulare e si avvicinò all uomo dietro la cassa, chiedendo il conto. 

Fece per tirar fuori il portafogli dalla tasca ma si accorse che era vuota; le controllò tutte ma non c’era niente. Non avendo con sé borsello o giubbotto, decise che l’aveva lasciato sul tavolo.  Uscì fuori in tutta fretta, con Kyle dietro di lui che lo seguiva per sparecchiare. 

Sebastian non c’era più, aveva lasciato il cellulare sulla sedia con la bozza di un messaggio aperto. Blaine lo afferrò, lesse e fece una risata isterica. 

La prossima volta accetta il cioccolatino. 

 

*

 

Per poter lasciare il bar, Blaine dovette aspettare l’arrivo di Elizabeth che pagò il conto e diede duecento dollari a Kyle; facendo sentire l’amico stupido e inutile: non era riuscito a tenere d’occhio Sebastian per più di tre quarti d’ora.  

Essere ancora arrabbiati per quella situazione gli dava ancora più fastidio, soprattutto sapendo che avrebbero finito per litigare un altra volta. “Scusami.” farfugliò Blaine mentre uscivano.

“Ci sono tante cose per cui dovresti chiedere scusa. Per quale esattamente?” chiese lei acida, indossando degli occhiali da sole modello vintage che stavano a pennello con il suo vestitino.

“Immaginavo una tua risposta del genere.”

“Sapevo che te la saresti aspettata.” Disse Elizabeth seriamente, poi si fece sfuggire una piccola risata. E cercò dentro la borsetta il cellulare. 

“Senti, lo so che sei arrabbiata,” iniziò subito Blaine, allarmato, “ma ricordati che sono sempre il tuo migliore amico e se dirai a James quello che è successo, allora perderò il lavoro.. E tu non mi vorresti vedere depresso per il resto della mia vita, non è vero?”

Elizabeth alzò un sopracciglio e fece un ghignò, “Non avevo la minima intenzione di farlo, ma sai adesso che mi ci hai fatto pensare, non sarebbe poi così male.”

Blaine rise perché capì che stava scherzando. “Allora.. Cosa vuoi fare col telefono?”

“Trovare Sebastian,” rispose lei alzando le spalle.

“Si, ma come? Non ha il cellulare con sé, di conseguenza niente GPS.”

“Oh, tranquillo, quello non ci serve!” iniziò a scrivere sul cellulare, “Ci basterà seguire il delirio dei suoi fans.” si spostò la frangetta che gli andava negli occhi. “C’è una cosa che devi sapere Blaine Anderson: quando una fangirl incontra il suo..” fece una smorfia, “idolo, loro proprio non riescono a tenerselo dentro e finiscono per sbandierarlo ovunque, quindi...” cliccò un’altra volta lo schermo e sorrise, “caricheranno tutto su internet.” Mostrò il cellulare a Blaine; c’era la pagina di Instagram aperta su una foto: Sebastian che stringeva a sé una bellissima ragazza bionda. “L’hanno caricata esattamente tre minuti fa. Esattamente due chilometri più avanti.”

“Non si è allontanato molto,” notò Blaine.

“Già, si sarà divertito,” Elizabeth lo afferrò per il polso e iniziò a camminare. “Si può sapere come ha fatto a sfilarti il portafogli?”

“Non lo so, credo d’averlo perso.”

Lei rise, “Già, lo credi davvero?”

Blaine sbuffò, “No. Solo che non ci ho fatto caso. Non me ne sono accorto. Era nella tasca dei pantaloni e..” si sboccò di colpo, “Quando mi ha messo la mano sulla coscia. E’ stato lì che me lo ha sfilato e non me ne sono accorto.”

El scosse la testa, “Bene, quindi non solo sei stato uno scemo, ma gli hai fatto anche capire che non sei gay. Neanche tutto il piano che avevo progettato!”

“Di cosa stai parlando?”

“Se a un ragazzo etero, un altro ragazzo gli poggia la mano sulla coscia.. Quello gay si ritrova con un occhio nero nel giro di pochi secondi.”

“Oh.”

“Oh.” gli fece eco lei. 

“Che piano, comunque?”

“Avevo intenzione di far conoscere Jemma a Sebastian, così da rendere il tutto più reale. Ma ormai è andata; questa storia è andata fin troppo avanti. Credo sia arrivato il momento di lasciar stare.”

Blaine non aveva alcun intenzione di riaprire l’argomento e nemmeno Elizabeth, così lasciarono cadere il discorso. Dopo poco si ritrovarono a camminare mano nella mano. “Pace?” Chiese il ragazzo accarezzandole il dorso. 

“Così sembrerebbe.” rispose lei sorridendo.

 

 

Quando arrivarono al punto in cui era stata scattata la foto che avevano trovato su Instagram, decisero di ricontrollare il social network, nella speranza di trovare qualcos’altro. E beh, diciamo che più fortuna di così non potevano avere: una ragazza aveva scattato una foto a Sebastian mentre provava un paio di jeans in un negozio. 

“Sai qual è?” Chiese Blaine, continuando a guardare lo schermo del cellulare. 

“Oh si.” Elizabeth sorrise. “Non lo facevo così ripetitivo.” Allo sguardo confuso dell’altro continuò: “Lo ha fatto anche con me, il primo giorno. Vieni, di qua.”

Camminarono per un altro mezzo chilometro - Elizabeth dirigeva, Blaine si limitava a seguirla - controllando ogni passante ed edificio. 

Di punto in bianco Elizabeth svoltò a destra ed entrò dritta in un negozio. Andarono fino al quarto piano, utilizzando l’ascensore, e poi ai camerini. Si fermarono davanti al terzo di sinistra e senza pensarci due volta, Elizabeth scostò la tenda. 

Un ragazzo alto, con il fisico scolpito, i capelli biondi a spazzola e bello come pochi, sorpreso, si coprì immediatamente il basso ventre nonostante avesse i pantaloni.  “E voi chi siete?”

“Dov’è Sebastian?” Chiese Elizabeth accigliata.

“Qui,” disse una voce alla loro spalle. 

Tutti e tre si girarono, “Finalmente.” Dissero Blaine ed Elizabeth in coro, l’altro ragazzo disse “OH DIO SEI SEBASTIAN SMYTHE.”

“Si, ma questo non è il momento. Non ti stavi provando una maglietta? Ecco, provatela e zitto.” Rispose Elizabeth bruscamente, chiudendogli la tenda. 

“Immaginavo sareste venuti insieme, ma devo ammettere che la manina mi sorprende.” Commentò Sebastian sorridendo. 

Allontanarono le mani all’unisono. “Hai finito?”

“Si,” Sebastian prese dei vestiti che aveva provato, “Chi dei due vuole andare a pagare?”

“Nessuno.” Rispose secco Blaine, “Andiamo tutti insieme.” 

“Lui alla cassa? Facciamo un altra volta magari,” Elizabeth prese gli indumenti dalle mani di Sebastian, “Vado io, voi aspettatemi fuori.” Stava quasi per andare via quando si ricordò, “Il portafogli.”

“Già,” Sebastian tirò fuori dalle tasche il suo e quello di Blaine e li porse ad Elizabeth.  “Mi servirebbe il cellulare.” 

“Lo terrò io per un altro po’.” il moro sorrise all’altro, “Facciamo un giro? Ci sono gli sconti.”

Sebastian non rispose, si limitò a fare strada e insieme diedero un occhiata al piano e poi scesero a quello di sotto. “Che taglia sei?”

“Perché lo vuoi sapere?” Domandò torvo Blaine.

“Così cerchiamo nel reparto.”

“Voglio fare un giro.” Tagliò corto. 

Sebastian annuì e tanto per stuzzicarlo ancora di più, lo disturbava ogni due minuti proponendogli capi d’abbigliamento improponibili, come un maglione piano di stampe di gattini, magliette rosa con paillette, pantaloncini femminili e così via. Blaine si limitava al silenzio.

“Uh, sei davvero arrabbiato.”

Silenzio.

“Ti ho già detto che sembri ancora più sexy così?” 

Blaine sbatté una giacca che aveva guardando di nuovo nello scaffale. 

“Perché non sbatti me così?”

“Perché lo hai fatto?”

“Non te l’hanno-“

“Sebastian, non uscirtene con non te l’hanno detto che non si risponde a una domanda con una domanda? Perché non lo sopporterei.” Blaine aspettò che il ragazzo annuisse per continuare, “Ora voglio capire perché te ne sei andato e mi hai lasciato lì senza portafogli. Che ti saltava per la mente? Senti, so di non essere la persona più simpatica, carismatica e di compagnia del mondo, ma era così necessario mollarmi lì?”

“Siamo in guerra. Ricordi?”

“Si che ricordo” – in verità non ci aveva pensato - “ma è diverso. Te ne sei andato con il mio portafogli, senza che potessi pagare il conto! Sarei potuto.. Non so.. Finire in prigione!?”

“Come la fai lunga.” Rispose Sebastian annoiato, guardando una maglietta. “E se vuoi saperlo mi fa male il piede. Quindi non fare la vittima.”

“Te lo sei meritato.”

“Perché bacio un ragazzo hai il diritto di fratturarmi il piede?!”

“Non te lo sei fratturato ed eravamo in pubblico e ti ho pure scattato una foto per sbaglio. Ti rendi conto che avresti potuto far saltare la tua copertura da ragazzo etero!?”

“Come la tua?” lo sfidò Sebastian.

Blaine non voleva mettere di mezzo James, ma lo fece comunque. “Risponderai così al tuo manager?”

“Non sono cose che ti riguardano.”

“Ok.” 

“Bene.”Blaine tornò a guardare i vestiti. 

Sebastian continuò a fissarlo, ripensando alle sue parole: Blaine non aveva la minima idea dell effetto  che aveva sulle persone, se pensava quelle cose di sé stesso; perché Blaine era carismatico, divertente, dolce, stare insieme avrebbe messo di buon umore chiunque. Era un idiota se pensava davvero ciò che aveva detto. 

Sapeva anche che in parte era colpa sua, insomma Blaine aveva ragione: avrebbe potuto risparmiarsi di portarsi via il portafogli, infondo aveva già vinto quando aveva baciato quel ragazzo e lui si era ingelosito; ma infondo strafare fa sempre bene quando l’intento è farsi odiare dall’altra persona. 

“Ragazzi,” Elizabeth tornò quasi correndo da loro, “Mi ha chiamato papà.”

Blaine la guardò ansioso, Sebastian preoccupato.

“E’ a Chicago.” Si scosto la frangetta freneticamente.  Le tremavano le mani. “Tu e Sebastian dovete raggiungerlo il prima possibile.”

“Perché? Che ha detto precisamente?”

“Niente, solo che dovete raggiungerlo. Sai... Affari.”

“E tu?” Continuò a chiedere Blaine, vedendola sempre più agitata. 

Elizabeth fece una smorfia e prese un respiro profondo, “A malapena mi ha salutata  e ha fatto soltanto i vostri nomi. Conosco mio padre, ok? Non si sarebbe dimenticato di dire il mio nome se mi avesse voluto con voi.”

Sebastian fece una finta faccia dispiaciuta, “Qualcosa mi dice che stanno arrivando le lacrime, quindi io vado al piano di sotto.” e con questo si allontanò da solo velocemente. 

Blaine si avvicinò ad Elizabeth, ma lei gli fece cenno di non farlo e lui si fermò. “El-“

“Io lo conosco ok? Non so cosa gli ho fatto, ma ce l’ha con me. Ce l’ha con me, capito? Mi ha solo detto ‘Ciao Elizabeth, Blaine e Sebastian sono li con te?’ Mi ha chiamata Elizabeth. Da quando in qua mi chiama Elizabeth dopo un giorno che non mi vede?!”

Quando le vide gli occhi riempirsi di lacrime, Blaine la prese e la abbracciò stretta, nonostante lei cercasse di sgusciare via; lui non cedette e alla fine El si rilassò tra le sue braccia e si fece scappare perfino un singhiozzo. 

“Shh, va tutto bene.” Blaine poggiò il mento sulla sua testa, “Shh, queste sono tutte teorie tue, vedrai che esageri come al solito.”

“N-no, non è vero!”

“Shh,” le baciò i capelli. “Magari è solo il ciclo.”

“No, mancano ancora due settimane. E’ impossibile, mi dispiace,” El ridacchiò.

“Tranquilla. Parlerò io con James appena arriverò a Boston e mi farò dare delle spiegazioni.”

“Dovrai farti dare molte spiegazioni.”






 



Visto che non sono morta e sono tornata? xD 
 
Ebbene si, eccomi qui viva e grassa per postarvi questo capitolo (piccolino vero? LOL) 
Ok, bene, adesso io LO SO che siete ancora più confusi di tutti i capitoli precedenti, ma tranquilli, è tutto regolare muahaahhah ahahah ahah ah -.- 
Prometto che dal prossimo avrete mooooolte spiegazioni riguardo a tutta questa vicenda, dato che finalmente Blaine muoverà il sedere e farà delle domande a James. Curiosi da sapere le risposte? Se avete qualche domanda che vorreste fargli potete benissimo scrivermele nella mia pagina autore o inserirla nella recensione e io vedrò metterle nel capitolo (non prometto niente però.) 
E con questo vi dico ciao!
Baci, 
Mirma :3 
 
P.s. nessuno si aspettava una reazione del genere da parte di El, vero? muahahah 

 
   
 
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