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Autore: Sophias Doll    08/02/2014    0 recensioni
Aprii la porta cigolante e mi si schiuse un sorriso sul volto quando era intento a lucidare la sua chitarra malconcia. Al Forno la vendevano per 432 rubie e inutile dire che risparmiò per anni soldi guadagnati non cacciando ma svolgendo lavori qua e là nel Distretto 12 per comprarla.
“Sei sempre più bravo. Quando ti potrò chiedere un autografo?” Gli chiesi ridendo. Stranamente né mi rispose né sorrise ma appoggiò la chitarra a terra. Si avvicinò a me con passo lento e posò le sue mani sulle mie guance lattee “Mi devi promettere che non parteciperai mai e poi mai agli Hunger Games.” Sospirai e tolsi i suoi palmi dal mio viso per poi cingergli le spalle con entrambe le braccia.
“Sai che non lo possiamo decidere noi. Se ci toccherà partecipare agli Hunger Games però promettimi che rimarremo sempre insieme e non cercherai mai di uccidermi.”
“Te lo prometto, Katnip.”
Storia ispirata a Hunger Games e Battle Royale.
Genere: Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
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Hunger Games



Don't Be Scared.
 “Mi raccomando, siate educati con il sindaco Madge. E restate sempre con la Professoressa McGranit non vorrei vi perdesse nel municipio.” Ci raccomandò Judith, intenta a sistemare il colletto rovinato della blusa di Louis.
“State sempre vicini, va bene Katniss?” Mi chiese mentre con entrambe le mani sistemava accuratamente la lunga treccia di capelli sulla mia esile spalla.
“Va bene Judith ma mollaci! In fondo è solo la nostra prima gita, non succederà niente di troppo emozionante o pericoloso.” Le sibilò scocciato Louis. Ci sistemammo la cartella nera, sporcata dalla cenere, e dopo aver salutato uno a uno tutti i bambini chiudemmo la porta dietro di noi.
Sospirammo e raggiungemmo quasi correndo la Piazza Principale del Distretto 12, fortunatamente avevamo preso la corriera trasandata e terribilmente puzzolente prima che partisse senza di noi.
E con il sorriso stampato sul volto cominciammo a cantare assieme agli altri studenti una canzone che cantavano gli antichi minatori mentre estraevano il carbone dalle miniere, emozionati dalla meta che avremo raggiunto di lì a poco.
Se ci fossimo arrivati. Giravano voci dagli studenti più grandi, che la corriere del Distretto 12 aveva una pessima fama nel trasporto, di fatti si diceva che si bloccasse almeno ogni due o tre viaggi. E ben più di una volta gli alunni sono dovuti scendere dalla corriera per spingere il veicolo almeno fuori dalla strada non asfaltata.
Mentre intonavo l’allegro ritornello dalla canzone Louis, nel posto accanto al mio, mi stirò il braccio e fece portare il mio sguardo dentro la sua cartella colma di buste di cui ignoravo il contenuto.
“Guarda cosa ho preso ieri al Forno.” Estrasse un sacchetto di carta, unta e sporca, dalla cartella e con calma fece scivolare sul palmo della mano il contenuto.
“Hai la cioccolata alla fragola?!” Gli sussurrai stupita prima che appoggiasse la mano senza caramelle sulle mie labbra, zittendomi.
“Sai meglio di me che non le possiamo mangiare.” Gli ricordai mentendo a me stessa perché nel mio profondo volevo anch’io assaggiarne una. La cioccolata alla fragola veniva da Capitol City ma per quanto odiassimo la temuta capitale non facevamo a meno di acquistare illegalmente i suoi cibi che erano infinitamente più gustosi delle bacche selvatiche che mangiavamo di solito.
Ne scartò una e guardandomi negli occhi me la passò. Sprizzante di gioia gli diedi un bacio sulla guancia e ne mangiai una metà. Il gusto di fragola si diffuse velocemente nella mia bocca ma quando lui stava per portare alla bocca la sua cioccolata la corriera, inaspettatamente, morse il freno.
La cioccolata alla fragola sfuggì dalla presa ferrea di Louis, alzò gli occhi al cielo sia perché la sua cioccolata alla fragola, costata minimo tre rubie –l’equivalente di tre settimana di caccia-, era caduta sotto il sedile di Remus Lupin sia perché la corriera s’era fermata. E tutto d’un tratto il pensiero di scendere dal mezzo e spingere balenò nella mia testa e fu quasi inevitabile sbuffare dalla noia.
Porsi a Louis la mia metà di cioccolata alla fragola “ Mangia tu la mia.”
“Questa l’ho comprata per te. Io mi arrangerò.”
“Stai scherzando? Le rubie erano le tue non le mie.”
Il rumore delle porte aperte fece concludere bruscamente il nostro discorso e un minuto dopo nessuno aveva più la forza di parlare.
Sbadigliai e ebbi la forza di nascondere l’involucro della Cioccolata nel sedile per poi vedere un Louis assonnato che percorreva la via centrale della corriera.
Un soldato di Capitol City gli si parò davanti e gli diede una botta in testa. Mi alzai con un’immensa fatica dal mio posto e mi guardai attorno. Tutti avevano smesso di chiacchierare e le loro teste ciondolavano fuori dal sedile, erano tutti addormentati.

 
***



***

 
“Katniss svegliati!” Mi urlò terrorizzato Louis nell’orecchio.
Lui non aveva mai paura, era sempre lui a incoraggiarmi difronte a tutti gli ostacoli più terrificanti e non osai immaginare cosa gli facesse così tanta paura, ma non potei scappare dalla realtà e aprii gli occhi.
Mi ritrovai in una stanza scarsamente illuminata colma di ragazzi  che erano spaesati più di me. Non conoscevo nessuno fra loro e il desiderio di trovare qualche volto familiare si faceva mano a mano più irraggiungibile mentre scorrevo velocemente le facce dei presenti.
“Dove siamo Louis?” Gli domandai non capendo quello che mi sarebbe successo di lì a poco.
“Non lo so Katniss. Non lo so.” Mi abbracciò dolcemente e mi lasciò un bacio fra i capelli puliti e privi di odore di fumo o cenere. Si alzò titubante dalla sedia con me al seguito, infondo alla stanza scorsi una porta di legno massiccio aperta e non esitai neanche un minuto prima di correre verso di essa.
Uscita, trovai due soldati armati fino ai denti che mi afferrarono bruscamente per le braccia e mi buttarono come un sacco pieno di patate dentro la stanza.
Avevo battuto la testa contro un mobile di acciaio che stranamente sembrava una cattedra, mi alzai da terra e cercai con lo sguardo Louis che invece stava provando a forzare la finestra assieme a due ragazzi mai visti prima.
Vestivano meglio di noi due. Indossavano delle camicie verde acqua che risaltavano sopra i pantaloni privi di toppe. Sicuramente nessun abitante del Distretto 12 poteva permettersi vestiti del genere. Erano…più ricchi di noi.
Guardai ogni ragazzo presente nella stanza e solo allora mi accorsi con terrore dove ci avevano portati. Mi appoggiai al mobile di ferro dietro di me e allargai il colletto della mia blusa, sbottonando qualche bottone. La tensione stava divorando la mia sanità mentale mentre il pensiero di trovarsi in trappola stava dilagando nel mio cervello.
 Ma quando le mie dita cercarono il primo bottone di legno entrarono a contatto con un pezzo di ferro, di cui non mi ero minimamente accorta fino a quel momento. Lo cercai di togliere ma invano. Era come un collare che si metteva al bestiame. Un collare che mi stringeva il collo tanto da risultare asfissiante.
“Tira di là.” Sul collo di Louis si intravedevano le sue vene rosse e pulsanti  -in parte coperte dal mio stesso collare- mentre si sforzava di sollevare un vetro di una finestra assieme ad altri due ragazzi.
Un uomo con gli occhi aguzzi e il naso largo superò l’uscio della porta, era diverso dai due uomini di prima. Non era armato e indossava una giacca elegante che poteva appartenere solo ad un abitante di Capitol City benestante. L’ozio in cui vivevano quegli uomini non era minimamente paragonabile alla vita del più ricco abitante del Distretto 12.
“Buoni ragazzi! Fate un attimo di silenzio, per favore!” Si fermarono tutti nella stanza e scrutarono con i loro occhietti indagatori l’omino appena entrato che sfoggiava un sorriso da un orecchio all’altro.
Sembrava quasi divertito davanti al nostro terrore e la nostra angoscia. Angoscia dell’ignoto e paura di non vedere mai più la propria a casa e i propri familiari.
Andò con passo lento dietro la cattedra e cominciò a scrivere sulla lavagna con un gessetto arancione, la calligrafia era pulitissima e più che comprensibile. Per nostra sfortuna.
“Allora visto che a quanto pare vi siete svegliati tutti adesso vi spiego tutto!” esclamò con gioia mentre si sistemava la cravatta a righe mostrando un sorriso sornione.
“Io sono il vostro nuovo responsabile, il mio nome è Seneca Crane.” Dal fondo della sala qualcuno sussultò impaurito mentre Louis strinse la mia mano in una presa talmente forte da non far passare più il sangue. Mi lanciò uno sguardo triste mentre una lacrima amara del sapore della sconfitta attraversava la sua gote destra. Aveva già capito tutto.
“Ehi! Il Gioco a cui parteciperete è estremamente interessante e tutti voi avrete la possibilità di ricoprire un ruolo attivo.” Passò fra i nostri corpi eretti e ciondolanti mentre a ogni ragazza accarezzava i capelli possessivamente. Quando stava per toccare me Louis gli lanciò uno sguardo inceneritore che fece arrestare il movimento della sua mano. Seneca Crane sorrise meschinamente a Louis prima di strizzarmi la guancia che si arrossò dopo poco.
“Tra di voi ci saranno quelli non ce la faranno e quelli che ce la faranno…quelli che cercheranno di unirsi a un gruppo…e coloro che giocheranno individualmente…quelli che non si fideranno di nessuno” Lanciò uno sguardo canzonatorio a Louis “…ma che, ciononostante proveranno a farlo e poi ci saranno anche alcuni che impazziranno!”
Un mormorio di voci giovanili si fece più alto della voce di Seneca Crane.
“Che cosa?” Mormorò uno “Non è possibile!” Disse un altro “Eh?”
“Fantastico no?” Continuò sorridente  “Ma per farla breve finche fra le 24 persone qui presenti non sarà uscito un vincitore voglio che voi.” Prese una pausa e un lungo respiro “Voglio che voi vi ammazziate a vicenda!”
La stanza cadde in un silenzio spettrale. Una lacrima solcò il mio viso.
Come avrei fatto ad uccidere Louis? Come? Lui per me era come un fratello. Lui c’era sempre stato nei momenti peggiori. Con lui avevo condiviso tutto quello che possedevo e quello che provavo, come avrei fatto ad ammazzare la persona che più mi era cara al mondo? Chiusi gli occhi e morsi il labbro inferiore mentre scoppiavo silenziosamente a piangere.
“Non la faranno franca. Noi due non ci uccideremo.” Mi sussurrò all’orecchio Louis con voce tremante dalla rabbia. Neanche lui ne era sicuro. “Noi vivremo…insieme.”
Un urlo straziante e colmo di disperazione ci fece sobbalzare. Un urlo tanto agghiacciante che potevo paragonare solo a quello di un uomo prima di morire.
Ci girammo tutti incrociando con gli occhi l’esile corpo di una ragazzina di 14 anni che stringeva i pugni saldamente e piangeva a dirotto. In frazioni di secondi si lanciò come una furia su Seneca Crane.
“IO NON VOGLIO GIOCARE. VOGLIO TORNARE DAI MIEI GENITORI NELLA MIA CASA!”
Un soldato si avvicinò alla figura avvinghiata della ragazzina ma prima che portasse fuori dal fodero la pistola Seneca Crane aveva già sparato un colpo al viso della ragazza che cadde a terra, inerme, accanto a lui. Si alzò da terra e si spolverò i pantaloni pieni di polvere e si pulì le mani.
La sua capacità di aver ucciso una ragazzina senza batter ciglio fece perdere il respiro a tutti i presenti e fece scatenare l’ira di Louis che si fiondò sull’omino.


 

Buongiorno. Ecco a voi il secondo capiolo da Hunger Games.
Come avrete capito Capitol City ha catturato i nostri due arzilli e pimpanti protagonisti.
Avrete già capito qualcosa sull'odio che provano Katniss e Louis verso Capitol City.
Ho deciso di ommettere tutto il 'Pre-Hunger Games' prendendo spunto da Battle Royale.
Toglierò la parte del vestito, del talk show con Caeser e manterrò solo il pezzo della cornucopia perchè a mio parere è
FA-VO-LO-SO.

Se lascerete recensioni risponderò sicuramente.
Baci e al prossimo capitolo,
Sophias Doll.
 
(Vi lascio con Silente e vado a vedere Pottahh su Italia 1.)
   
 
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